giovedì 30 giugno 2011

Sgarbi show, 800 mila euro di scenografia Doveva “restare alla Rai”, finirà al macero. - di Carlo Tecce


Guardate bene l’immagine in pagina. Una fotografia preziosa, quasi unica. Abbiamo pubblicato quel che sarà un reperto storico, un’opera classica e moderna insieme: la scenografia del programma diVittorio Sgarbi, chiuso per fallimento di ascolti, era talmente avanti, troppo. E anche inutile, molto: così la Rai ha ordinato la demolizione immediata per far sparire con un colpo di vanga 800 mila euro (mal) spesi. Pochi telespettatori (due milioni) hanno ammirato la raffinata riproduzione di Raffaello: la Scuola di Atene che avvolgeva un palco immenso, e poi cariatidi in gesso, colonne in stile dorico, ionico e corinzio.
L’esperimento televisivo di Sgarbi è durato una puntata, tre ore abbondanti. L’azienda l’ha segato sul più brutto – dati Auditel drammatici per Rai1 – bruciando milioni di euro.
Non basta una fiammella per cancellare un investimento imponente per una prima serata.

Per Viale Mazzini il conto è aperto: il contratto con la società Ballandi per 2,35 milioni di euro, un milione di euro per il critico con un accordo in scadenza a dicembre, un milione per i costi industriali e di rete.
E ancora, la beffa per gli inserzionisti: 1,6 milioni di euro per una vetrina pubblicitaria trasformata in scantinato per cinque serate su Rai1 con un minimo garantito del 18 per cento di share, e invece Ci tocca anche Sgarbi, or vi sbigottirà (anagramma del suo nome) ha avuto vita breve e faticosa con esordio-addio un mercoledì di metà maggio con l’8,27 per cento di share e minimi monoscopici al 5,65, nel senso che il monoscopio tira di più.

Osservatore artistico e poco matematico, il sindaco di Salemi ha sempre rifiutato un confronto numerico: “La televisione è estetica”.
L’ex scenografia di via Tiburtina aveva il pregio di farsi guardare e un difetto economico: la spesa aveva una ragione se spalmata nel lungo periodo, ma per tre ore – quasi 300 mila euro ogni 60 minuti, il rischio era calcolabile – era un lusso spropositato persino per le casse (pubbliche) di Viale Mazzini. E finanche per le tasche private.

Non ha portato fortuna la visita notturna di Silvio Berlusconi, di soppiatto a mezzanotte con codazzo di scorta negli studi romani tra ponteggi ancora bullonati e scatoloni pieni di roba. Il Cavaliere, però, annusava l’errore: “Struttura magnifica eppure troppo eccessiva. Da noi non l’avresti mai fatta”, disse al padrone di casa Sgarbi, infilzato da un commento resistente a qualsiasi gesto scaramantico. Inconferenza stampa con le occhiaie evidente per il brindisi nella notte a Palazzo Grazioli, il sindaco di Salemi parlava ai giornalisti mentre la Rai calava la saracinesca sul programma: “Fanno bene. Poteva essere un matrimonio, è stato un funerale”. Soltanto che la celebrazione, seppure luttuosa, è finanziata con i soldi Rai. Adesso manca persino il luogo della scomparsa, forse la scientifica potrebbe rintracciare un pezzetto di acquerello o una pietra di statua: c’è il nulla in via Tiburtina, il programma è letteralmente al macero con le sue stravaganze e i suoi gioielli.



E pensare che Sgarbi, per limare il sacrificio di Viale Mazzini (circa 4 milioni di euro), desiderava lasciare in eredità la Scuola di Atene. Lo aveva ribadito insieme a Carlo Vulpio, autore anche lui del flop, nella conferenza del 19 maggio. “Poteva costare anche 1,2 milioni di euro, tanto è bella, tanto è fatta bene, tanto è utilizzabile per il resto”. Aspettando un erede del critico, occupare uno studio all’infinito era l’ennesima spesa immotivata per la Rai, ancora più difficile che trovare uno sgabuzzino per custodire il lascito di Sgarbi.
La fine indegna è nella spazzatura.



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e:




Cyber-guerra sulla delibera. - di Federico Mello


Sulla delibera Agcom è guerra, anzi, cyberguerra. Dal 6 luglio un provvedimento emanato dall’Autorità permetterà la chiusura dei siti web che contengono contenuti pirata, e questo senza passare dalla decisione di un giudice. Come sottolineato da una galassia sempre più folta di associazioni, blogger e cittadini, la delibera rischia di prestare il fianco a censure: un contenuto che viola il copyright (per esempio un video) potrebbe essere comunque di pubblico interesse; l’autorità, inoltre, non avrebbe la struttura adeguata per esaminare con attenzione tutte le richieste di rimozione.

Ieri gli hacker del gruppo Anonymous, nati in solidarietà a Wikileaks e molto attivi ultimamente, hanno attaccato il sito dell’Agcom proprio nel nome della libertà della Rete. In particolare, denunciando i rischi che porta con sé il provvedimento, gli hacker lanciano un appello: “Questa normativa dovrebbe entrare in vigore tra pochi giorni e perciò chiediamo l’aiuto di tutti in questa protesta contro misure che minano alle fondamenta il diritto di avere una Rete libera e imparziale”. Ma a cadere vittima di un attacco informatico è stato ieri anche www.sitononraggiungibi  le.it  ; sito web realizzato dall’associazione Agorà Digitale contro la delibera Agcom. Secondo l’avvocato Fulvio Sarzana, molto attivo nella campagna anti-delibera, l’attacco “è stato diretto principalmente verso la banca dati contenente le e mail delle migliaia di cittadini che hanno sottoscritto l’appello per la moratoria delle regole dell’Agcom”. “Non ci fermeremo, non ci fermeranno” aggiunge Sarzana sul suo blog. Infine, dobbiamo una risposta ad Enzo Mazza, presidente della Fimi e legittimamente schierato – come larghissima parte del mercato – a favore del provvedimento. In riferimento a un articolo pubblicato ieri dal Fatto, Mazza fa presente (in una lettera che potete leggere qui sotto) che già adesso la legislazione italiana consente alla “autorità competente” di “porre fine alle violazioni sulla rete”. È così infatti, come indicato dall’Europa. Ma attualmente la legge non specifica la modalità di tale intervento: fino ad oggi è sempre stato disposto da un giudice. Dal 6 luglio basterà il placet dell’Autorità che, pur essendo soggetto amministrativo, si arrogherà il diritto di entrare nel merito di informazioni e contenuti sensibili pubblicati online.
Il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2011
f.mello@ilfattoquotidiano.it

Ricevo e pubblico qui di seguito la lettera che ci ha inviato Enzo Mazza, Presidente di FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) e la contro-replica a Mazza di Fulvio Sarzana

Nessuna censura per il web da parte del provvedimento AGCOM

Gentile Federico, ho letto con molta sorpresa l’articolo in merito al Provvedimento AGCOM e ci terrei, come rappresentante di uno dei settori interessati e direi anche più colpiti dal fenomeno della pirateria digitale, a porre l’attenzione su alcuni punti chiave:

1) Il Legislatore si è già espresso più volte, nell’ordine: art. 182-bis della legge 633/1941; art. 14-17 dlgs 70/2003 (commercio elettronico); dlgs 44/2010. Con queste norme il Parlamento ha dato all’Autorità il potere di intervenire. Nello specifico, i poteri inibitori su cui si sta riflettendo, oltre ad aver avuto il placet di larghissima parte del mercato, sono in linea con quanto previsto dal decreto 70 che consentono all’autorità “amministrativa avente funzioni di vigilanza” (cioè in Italia, AGCOM) di agire prontamente per porre fine alle violazioni sulla rete. L’AGCOM è un’autorità indipendente e già opera in materia di risoluzione delle controversie, rispettando i diritti dei soggetti coinvolti attraverso il contradditorio tra le parti. Lo fa in materia radiotelevisiva ad esempio. Perché non potrebbe farlo anche in materia di diritto d’autore? Vi è una copiosa giurisprudenza in cui si precisa che il binario amministrativo e l’intervento del giudice penale non sono escludenti, bensì complementari. E’ assodata la possibilità che norme penali ed amministrative convivano, con funzioni ed effetti diversi nella sfera giuridica del soggetto cui sono irrogate. Quindi, la riserva esclusiva non esiste de iure còndito. Perché dovrebbe esistere per il copyright?

2) Non si sta parlando di comprimere le libertà digitali. Qui lo snodo è bloccare l’illegalità diffusa ed aiutare il mercato legittimo. Inibire quindi quelle (poche) piattaforme web palesemente pirata. Non blog, forum, motori di ricerca, siti personali e quant’altro. Ma pirate-bay, btjunkie, dduniverse, roja-directa, ecc!! Ricordo che in Italia esiste un’identica misura di inibizione per le scommesse online non autorizzate, dunque perché invece per i diritti di proprietà intellettuale questo provvedimento sembra così scandaloso?

3) Stiamo parlando di un provvedimento che giunge in un momento fondamentale per lo sviluppo dell’offerta digitale di musica nel nostro Paese, oggi siamo a quasi il 20% del totale mercato. Ancora troppo poco rispetto a tanti altri paesi d’Europa e del Mondo. Un freno allo sviluppo è certamente rappresentato dalle piattaforme illegali.

Ho preso parte al primo G8 di internet qualche settimana fa. Ci sarà un motivo per cui a livello internazionale è stata condivisa l’opportunità di una governance della rete realmente sostenibile e funzionale anche ai fini di tutelare i nuovi modelli di business che stanno nascendo? L’obiettivo – ritengo condiviso – è quello di creare una rete libera, forte ed aiutare la costruzione di un sano e-Content Market. Non garantire l’illegalità perpetua!

Enzo Mazza
Presidente di FIMI, Federazione Industria Musicale Italiana

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1) l’AGCOM non ha e non può avere poteri diretti di cancellazione di contenuti sulla rete né di inibizione per i cittadini italiani dai siti esteri.
Il legislatore italiano all’ art 182 bis della legge sul diritto d’autore assegna si la vigilanza all’AGCOM ( in collaborazione con la SIAE peraltro) in materia di diritto d’autore ma tutti i poteri attribuiti all’Autorità dall’art 182 bis della legge sul diritto d’autore prevedono il necessario ricorso alla magistratura senza la possibilità di alcuna valutazione discrezionale e senza alcuna possibilità di istituzione di un meccanismo “parallelo” di attribuzione di responsabilità rispetto a quello già esercitato dal giudice.

2) La vigilanza che Mazza vorrebbe assegnata dal decreto legislativo 70/2003 ( decreto sul commercio elettronico) all’AGCOM non fonda in alcun modo un potere generalizzato di intervento sanzionatorio e inibitorio all’AGCOM e soprattutto deve essere esercitato, in caso di attività di pirateria a scopo di lucro da un altro Organo ovvero il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, che come è logico in un ordinamento costituzionalmente corretto DEVE riferire alla Magistratura..
3) Interpretando la norma come la vorrebbe Mazza si assegnerebbe all’AGCOM un potere generalizzato di intervento in tutte le fattispecie che hanno a che fare con la rete, dal diritto d’autore, al diritto d’accesso ad internet, alla possibilità di cancellare contenuti sulla rete diffamatori, al diritto all’oblio. Il che equivale a dire che l’intero sistema giudiziario del nostro paese è del tutto inutile perché c’è chi in internet (l’AGCOM) può fare il mestiere della polizia, del pubblico ministero, del giudice presto e meglio e, soprattutto, da solo e senza alcun controllo
4) Il sistema non riguarderà pochi siti ma centinaia di migliaia di siti, di blog, di forum che pubblicano file presuntivamente protetti da diritto d’autore, e lo dimostrano i casi recenti che hanno visti contrapposti in giudizio Yotube e Mediaset.
Per fare un esempio le segnalazioni che arrivano alla sola Youtube per la cancellazione dei file televisivi “postati” dagli utenti sono già nell’ordine delle migliaia, immaginate quante segnalazioni verranno fatte in base a questo “perverso” meccanismo di cancellazione.

5) Ci sarebbe da sorvolare sulle affermazioni di Mazza in ordine all’equiparazione fra diritto d’autore e giochi d’azzardo on line o pedofilia ma poche parole debbono essere spese: in quei casi infatti c’è la certezza dell’illecito che consente la cancellazione.
Nel caso dei giochi d’azzardo c’è per esempio una concessione rilasciata dall’Amministrazione dei monopoli di Stato che stabilisce quali soggetti possano lecitamente fornire sistemi di gioco sulla rete e quali no , mentre nel caso del diritto d’autore sarebbe l’AGCOM che in piena autonomia e in un termine di tempo oggettivamente ridicolo deciderebbe la liceità di una condotta di un blogger, di un sito privato, di un sito UGC, sovrapponendo le proprie competenze a quelle di un Magistrato senza le garanzie che un giusto processo ( costituzionalmente previsto) fornisce a chi sta compiendo un illecito.
Cordialmente
Fulvio Sarzana

Spiace osservare come le affermazioni di Enzo Mazza non corrispondano alla realtà del diritto ma ad interpretazioni “di comodo” delle norme positive del tutto avulse dalla realtà

1) l’AGCOM non ha e non può avere poteri diretti di cancellazione di contenuti sulla rete né di inibizione per i cittadini italiani dai siti esteri.

Il legislatore italiano all’ art 182 bis della legge sul diritto d’autore assegna si la vigilanza all’AGCOM ( in collaborazione con la SIAE peraltro) in materia di diritto d’autore ma tutti i poteri attribuiti all’Autorità dall’art 182 bis della legge sul diritto d’autore prevedono il necessario ricorso alla magistratura senza la possibilità di alcuna valutazione discrezionale e senza alcuna possibilità di istituzione di un meccanismo “parallelo” di attribuzione di responsabilità rispetto a quello già esercitato dal giudice.

2) La vigilanza che Mazza vorrebbe assegnata dal decreto legislativo 70/2003 ( decreto sul commercio elettronico) all’AGCOM non fonda in alcun modo un potere generalizzato di intervento sanzionatorio e inibitorio all’AGCOM e soprattutto deve essere esercitato, in caso di attività di pirateria a scopo di lucro da un altro Organo ovvero il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, che come è logico in un ordinamento costituzionalmente corretto DEVE riferire alla Magistratura..

3) Interpretando la norma come la vorrebbe Mazza si assegnerebbe all’AGCOM un potere generalizzato di intervento in tutte le fattispecie che hanno a che fare con la rete, dal diritto d’autore, al diritto d’accesso ad internet, alla possibilità di cancellare contenuti sulla rete diffamatori, al diritto all’oblio. Il che equivale a dire che l’intero sistema giudiziario del nostro paese è del tutto inutile perché c’è chi in internet (l’AGCOM) può fare il mestiere della polizia, del pubblico ministero, del giudice presto e meglio e, soprattutto, da solo e senza alcun controllo

4) Il sistema non riguarderà pochi siti ma centinaia di migliaia di siti, di blog, di forum che pubblicano file presuntivamente protetti da diritto d’autore, e lo dimostrano i casi recenti che hanno visti contrapposti in giudizio Yotube e Mediaset.

Per fare un esempio le segnalazioni che arrivano alla sola Youtube per la cancellazione dei file televisivi “postati” dagli utenti sono già nell’ordine delle migliaia, immaginate quante segnalazioni verranno fatte in base a questo “perverso” meccanismo di cancellazione.

5) Ci sarebbe da sorvolare sulle affermazioni di Mazza in ordine all’equiparazione fra diritto d’autore e giochi d’azzardo on line o pedofilia ma poche parole debbono essere spese: in quei casi infatti c’è la certezza dell’illecito che consente la cancellazione.

Nel caso dei giochi d’azzardo c’è per esempio una concessione rilasciata dall’Amministrazione dei monopoli di Stato che stabilisce quali soggetti possano lecitamente fornire sistemi di gioco sulla rete e quali no , mentre nel caso del diritto d’autore sarebbe l’AGCOM che in piena autonomia e in un termine di tempo oggettivamente ridicolo deciderebbe la liceità di una condotta di un blogger, di un sito privato, di un sito UGC, sovrapponendo le proprie competenze a quelle di un Magistrato senza le garanzie che un giusto processo ( costituzionalmente previsto) fornisce a chi sta compiendo un illecito.

Cordialmente,
Fulvio Sarzana

mercoledì 29 giugno 2011

Arriva la tassa su suv e auto potenti Stretta sulle transazioni, slitta l'Iva.

Nel testo della manovra spunta
un piano di tagli agli enti locali
«Ma i virtuosi sono premiati»

Una stretta sui possessori di auto potenti, una tassa sulle banche, e un piano di riduzione costi per gli enti locali, da applicare nel biennio 2013-2014 mettendo al riparo, contemporaneamente, i “virtuosi”. A ventiquattrore dal via libera in cdm continuano a spuntare le novità della manovra.

Auto
Scatta da quest'anno la tassa per i Suv e le auto più potenti. La norma prevede un'addizionale annuale erariale della tassa automobilistica, che interesserà i veicoli di potenza superiore ai 125 kw (circa 170 cavalli). A partire dal 2011, si legge nella bozza, «per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose è dovuta una addizionale erariale della tassa automobilistica» che si applicherà a ogni chilowatt superiore i 125. In caso di mancato pagamento si applica una sanzione pari al 30% dell'importo non versato.

Enti locali
Tagli agli enti locali e alle Regioni per 9 miliardi di euro nel biennio 2013-2014. Le riduzioni, secondo quanto si apprende, dovrebbero essere suddivise in circa 3,5 miliardi di euro nel 2013 e 5,5 miliardi nel 2014. Sempre secondo quanto si apprende da fonti al lavoro sul Dossier, verrà introdotta contestualmente la norma che salvaguarda dai tagli i comuni «virtuosi».

Banche
In arrivo anche la tassa sulle banche: si tratterà - da quanto si apprende - di una tassazione separata al 35% sull’attività di trading. L’aliquota del 35% si applicherà al risultato complessivo netto derivante dalla gestione delle attività detenute per la negoziazione. Tranne i titoli di debito e le quote negli Organismi d’investimento collettivo di risparmio.

Slitta l’aumento dell’Iva
L’aumento di un punto percentuale dell’Iva sulle aliquote del 10 e del 20% non sarà inserito in manovra e non scatterà da subito. La norma - secondo quanto si apprende - non sarà nel decreto legge ma solo nel disegno di legge di riforma fiscale che quindi richiederà un’attuazione successiva. Nella delega sono anche previste le tre aliquote Irpef del 20, 30 e 40% e la cancellazione dell’Irap dal 2014. Il ddl delega prevede anche l’unificazione della tassazione sulle rendite finanziarie.

La norma anti-badanti
La norma sull'aumento dell'età per la pensione di vecchiaia delle donne nel settore privato ci sarà nella manovra, ma non partirà dal 2012, come previsto in una delle prima bozze circolate. Attualmente il requisito anagrafico è di 60 anni e il progressivo innalzamento per arrivare, a regime, a 65 anni, dovrebbe partire dal 2015. Nelle ultime ore, tuttavia, sta prendendo quota l'ipotesi di un ulteriore slittamento al 2020. L'adeguamento a 65 anni, in entrambi i casi, avverrebbe in un arco di tempo piuttosto lungo, circa 10 anni. Confermato, invece, l'anticipo al 2014 dell'aggancio automatico alle speranze di vita per tutte le pensioni. Stop alla rivalutazione delle pensioni elevate (cinque volte sopra il minimo Inps) e arriva la stretta sulle pensioni di reversibilità nei casi di matrimoni tra il titolare anziano e un partner giovane. Si tratta della norma che la Lega chiama “anti-badante”.


http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/409330/



I DEPUTATI DELLA CALIFORNIA SENZA PAGA FINCHÉ NON SARÀ AZZERATO IL DEFICIT.


Finalmente anche i politici della California hanno capito che la crisi economica del loro Stato è molto preoccupante. Da un giorno all’altro si sono visti sospendere il loro stipendio di parlamentari per una ragione semplice: non sono stati in grado di approvare una legge finanziaria credibile entro il 15 giugno. Così John Chiang, lo State Controller, un severo funzionario che vigila sui conti pubblici, ha ordinato di bloccare ogni pagamento. Fino a quando a Sacramento democratici e repubblicani non raggiungeranno un accordo sulla manovra. Insomma, i legislatori della California si sono trasformati in lavoratori a progetto. Tutto questo non poteva che scatenare un putiferio. I democratici hanno subito detto di aver già presentato la loro proposta ai repubblicani e al governatore Jerry Brown. Peccato però che quella manovra fosse del tutto campata in aria. Si prevedeva una spesa da 1,85 miliardi di dollari in più di quello che sarebbe arrivato dalle tasse. Il governatore è ricorso al diritto di veto e così la legge è stata bloccata. Il temibile signor Chiang, l’uomo di cui tutti parlano nella capitale, si è appellato ad una nuova legge che prevede una serie di penalità nel caso in cui non si approvi il budget entro il periodo stabilito. È stata votata nei mesi scorsi dai californiani, esasperati dalla cattiva gestione del loro Stato da parte dei politici. L’impatto sul portafoglio dei membri dell’Assemblea è stato notevole. Per ogni giorno di ritardo nell’approvazione della finanziaria i legislatori perdono circa 400 dollari. Soldi che verranno scalati dal salario annuale, pari a 95.291 dollari. A questi si devono aggiungere i 142 dollari al giorno di indennità. Quando il nuovo governatore, il democratico Brown, è subentrato al repubblicano Arnold Schwarzenegger, il deficit della California era di 26 miliardi di dollari. Una serie di tagli e una politica di austerità hanno permesso di portare il disavanzo a 10 miliardi. Intanto su internet è stato acclamato l’eroico funzionario Chiang, che qualcuno vorrebbe addirittura come nuovo governatore dello Stato. Insieme agli elogi sono arrivate anche le critiche, da parte di quei politici che non possono contare su grandi ricchezze. Come il democratico Mike Gatto, 36 anni, un giovane membro dell’Assemblea. «Ora devo spiegare a mia moglie e mia figlia che non sarò in grado di pagare le bollette perché un politico si vuole mettere in mostra a spese nostre». Fra l’altro Chiang è un democratico, ma nel partito rischia di essere sempre più isolato. «È concentrato ad attrarre tutta l’attenzione su di sé e in futuro si vorrà candidare come governatore », ha detto Charles Calderon, capogruppo democratico. Anche i repubblicani sono critici, ma l’impasse dei loro avversari non fa che giocare a loro favore. Di sicuro un effetto positivo c’è stato. Ora i deputati lavorano senza sosta per trovare un accordo, col timore di non avere più uno stipendio.



L’Ue dichiara guerra alle frodi sui fondi europei e al contrabbando. - di Alessio Pisanò



Secondo la Corte dei conti Ue i finanziamenti agli Stati non dovuti pesano sul bilancio per quasi 6 miliardi di euro, mentre l'importazione illegale di sigarette e alcolici vale 10 miliardi di mancati introiti fiscali. Il commissario Šemeta: "Contrastare questi fenomeni è un dovere verso i contribuenti"

La Commissione europea lancia una nuova strategia contro le frodi sui fondi Ue. Le parole d’ordine sono prevenzione, controlli e sanzioni, ma viste le cifre del malaffare la battaglia si annuncia tutt’altro che facile. Ruolo chiave sarà giocato dall’Ufficio europeo anti frode (Olaf), guidato dall’italianoGiovanni Kessler. Che però è cronicamente a corto di personale e finanziamenti.

Solo nel 2009 gli Stati membri hanno dichiarato sospetti casi di frodi sui fondi Ue per 280 milioni di euro, una cifra tutto sommato contenuta (lo 0,2% del bilancio Ue complessivo), ma che non prende in considerazione tutte le frodi che non sono state scoperte o denunciate. Più dura la relazione annuale 2009 della Corte dei conti europea, secondo la quale una percentuale tra il 3 e il 5% dei fondi Ue (tra 3,5 e 5,8 miliardi di euro) non avrebbe nemmeno dovuto essere erogata.

Algirdas Šemeta, commissario Ue responsabile dell’Antifrode, ha dichiarato: “Abbiamo l’obbligo nei confronti dei contribuenti europei di trarre il massimo dal bilancio Ue. Per questo dobbiamo dare l’esempio assicurando che le risorse Ue raggiungano i legittimi beneficiari e vengano utilizzate per gli scopi ai quali sono destinate”. Parole che però si scontrano con “la scarsa volontà politica e la mancanza d’impegno nel contrastare davvero questo fenomeno”, denunciati dalla commissaria Ue agli Affari interni Cecilia Malmstrom.

Ma la Commissione europea sembra determinata a dire basta: “Bisogna aggiornare e ammodernare le politiche in materia di lotta contro la frode”, ha detto Šemeta. Così i commissari vigileranno sui fondi Ue a tutti i livelli e in tutti i settori, con migliori strumenti per prevenire e individuare le irregolarità all’interno di un “ciclo della lotta antifrode”, ossia prevenzione, individuazione, sanzioni delle frodi e da ultimo recupero dei fondi. Nel mirino non solo i fondi gestiti direttamente dagli uffici europei, ma soprattutto quelli amministrati dagli Stati nazionali (l’80%), tra cui i fondi strutturali e a sostegno di agricoltura, pesca e spese sociali.

A danneggiare i bilanci dell’Ue non ci sono solo le frodi sui fondi, ma anche il contrabbando di sigarette e alcolici nell’Europa dell’Est. Si stima che solo il traffico delle sigarette costi all’Ue 10 miliardi di mancati introiti doganali e fiscali (una percentuale dell’Iva viene versata infatti a Bruxelles), senza considerare il grave danno alla salute di chi consuma prodotti illegali e non certificati (più pericolosi di quelli legalmente venduti). Per questo la Commissione ha dichiarato guerra anche contro il contrabbando. Tra le azioni considerate, troviamo il rafforzamento dei controlli su entrambi i lati del confine, il dispiegamento di unità mobili e di nuovi dispositivi lungo le frontiere, come strumenti di riconoscimento automatico, scanner, strumenti per la visione notturna.

A fare la parte del leone nella lotta alle frodi sarà l’Olaf. Istituito nel 1999, l’ufficio è incaricato di condurre delicate indagini su tutti gli ambiti di spesa del bilancio Ue (133,8 miliardi di euro), sia quelli relativi all’amministrazione delle istituzioni, che quelli relativi ai fondi. Tra le ultime iniziative dell’Olaf, il cui direttore dallo scorso dicembre è Kessler, c’è stata l’indagine su quattro eurodeputati accusati di corruzione da dei giornalisti che si sono spacciati per lobbisti.

Nella nuova iniziativa contro le frodi c’è un punto dolente: se la nuova strategia della Commissione attribuisce più poteri e autonomia all’Olaf e incentiva la sua collaborazione con le autorità locali (attraverso Europol ed Eurojust), resta irrisolto l’annoso problema del personale e delle risorse a disposizione. L’Ufficio anti frode, infatti, dispone solo di 500 dipendenti, molto pochi se si considera che la regione Sicilia, ad esempio, ne vanta circa 21mila (dati di agosto 2009).



Mario Borghezio: quello che wikipedia il Corriere non dicono/2




La Stampa, 22.02.1979
In carcere per bancarotta un assessore di Cuorgnè, Giovanni Jaria, e due avvocati


Truffe e strane operazioni finanziarie che hanno per sfondo la fantomatica cooperativa «Aurora» di Borgaro continuano a interessare la magistratura che sta indagando su fatti e misfatti di questa società in cui parecchia gente in buona fede ci ha rimesso i risparmi credendo di poter un giorno diventare proprietaria di un alloggio. Ieri il giudice istruttore Accordon ha emesso sei mandati; di cattura eseguiti dai carabinieri del reparto operativo. Sono stati arrestati due avvocati. Veniero Frullano di 50 anni e Mario Borghezio, 32 anni, un assessore di Cuorgnè, Giovanni Jaria, impresario e personaggio pubblico piuttosto «chiacchierato» tanto da essere espulso dal partito socialista in cui militava attivamente. (…)

La Stampa, 23.02.1979
Dietro i raggiri della falsa cooperativa l'ombra del delitto di Vauda Canavese?

Tra i cocci della cooperativa «Aurora» di Borgaro. dichiarata fallita nell'autunno scorso, c'è di tutto: truffa, falsi in contabilità, raggiri, «buchi» per decine di milioni, bilanci fasulli, un'estorsione e, domani, forse, la spiegazione di un delitto che pareva destinato alla polvere degli archivi. Vediamo di riassumere gli ultimi sviluppi della complessa vicenda. Tra ieri e martedì notte il giudice istruttore Accordon ha interrogato le persone arrestate; gli avvocati civilisti Venicro Frullano e Mario Borghezio; l'impresario ed assessore di Cuorgnè Giovanni Iaria; il suo socio Luigi De Stefano e un commerciante di Vimodrone (Milano), Giovanni Tornaghi, 47 anni. Costui, in concorso con Alfredo Luca, 50 anni, radiotecnico di Milano, avrebbe tentato un'estorsione a due non meglio specificati soci della «Aurora». Come? Cercando di farsi consegnare un paio di brillanti del valore di 10 milioni e offrendo in cambio il silenzio sull'imbroglio che Gian Maria Massari farmacista di Borgaro e factotum della cooperativa, ed i suoi più stretti collaboratori, andavano tessendo alle spalle dei «soci». (…) E c'è di più: da questa fitta ragnatela dovrebbero venire fuori i nomi e le ragioni di un delitto commesso presso Vauda Canavese il 30 agosto scorso. Quella sera, due contadini scorsero nelle vicinanze di un loro vigneto affiorare dal terreno il braccio di un cadavere sepolto da poco. La fossa, scavata qualche ora prima, conteneva il corpo di Loris Silvestri, ex cuoco, «giustiziato» con due colpi di pistola alla testa. C'è il sospetto che il Silvestri avesse ficcato il naso troppo a fondo proprio nelle attività delle società fantasma che pullulavano nella zona, minacciando forse di parlare. Da qui l'ordine di farlo tacere per sempre. Esistono collegaimenti tra le indagini che sta svolgendo il magistrato sulla cooperativa di Borgaro. e varie «affiliate», e il delitto di Vauda (la pratica è pure nelle mani del giudice Accordon?) Lo si saprà forse tra pochi giorni.

La Stampa, 03.05.1980
La cooperativa-truffa a Borgaro Rinviate a giudizio 11 persone

La truffa ai danni di persone che sono alla ricerca di una casa sta diventando sempre più frequente. Un esempio viene dalla cooperativa fantasma «Aurora», di Borgaro. costituitasi nel marzo del '77 e dichiarata fallita nel gennaio del '79. I soci avevano nel frattempo versato oltre alle 50 mila lire di capitale sociale e alle 250 mila, a titolo di fondo spese, quote pari al 10 per cento del valore degli alloggi vale a dire, dai 2 al 2 milioni e mezzo di lire ciascuno. Al centro della vicenda, nata da una denuncia dell'ottobre '78, e i successivi esposti dei soci che avevano ormai intuito la truffa ordita ai loro danni, un gruppo di spregiudicati professionisti, in questi giorni il giudice istruttore Acordon ha chiuso l'inchiesta, chiedendo il rinvio a giudizio davanti al tribunale per undici persone. Tutte devono rispondere di associazione per delinquere e concorso nella truffa. Sono: Giuseppe De Vita, 37 anni, ex postino e vicesindaco di Borgaro, socialista come Gian Maria Ammassari, 35 anni, che abbandonò la gestione della farmacia nel paese per darsi alla politica (era segretario del psi della locale sezione) e agli affari; (…) Maria Luisa Aime, 25 anni, di Leinì, impiegata, socia e consigliere d'amministrazione, grazie alla sua amicizia con il farmacista; (…) l'imprenditore edile Giovanni Iaria, 33 anni, che secondo l'accusa forni fatture «di comodo» per un importo di 91 milioni, a titolo di spese per materiale edilizio mai consegnato; gli avvocati Veniero Frullano e Mario Borghezio, che dovevano assistere come legali gli amministratori e parteciparono invece agli utili dell'impresa truffaldina; (…) Il via alla cooperativa-truffa risale all'inizio del '77. Il progetto è allettante: 150 alloggi da tre a cinque vani, prezzi vantaggiosi. L'iniziativa viene sponsorizzata dalla locale sezione socialista (segretario Ammassari, il farmacista) e dal vicesindaco De Vita, intraprendente e conosciuto. I guai cominciano quando i soci, che nel frattempo hanno versato il 10 per cento del valore degli alloggi, chiedono informazioni più precise sull'ubicazione del terreno e sulla concessione da. parte del Comune dell'autorizzazione a costruire. La verità viene a galla in consiglio comunale quando il sindaco Sola, rispondendo all'interrogazione di un esponente della Democrazia Cristiana, in minoranza nel Comune, rivela che il terreno dell'«Aurora» non esiste. Poi va dal pretore di Ciriè Di Palma che fa partire l'inchiesta.

La Stampa, 18.12.1993
«On. Borghezio, lasci l'Antimafia»

Il caso della cooperativa socialista «Aurora» di Borgaro coinvolge nuovamente Mario Borghezio, oggi deputato e capogruppo della Lega Nord nella Commissione parlamentare antimafia. Il senatore e il deputato dei Verdi Emilio Molinari e Massimo Scalia e il senatore della Rete Carmine Mancuso, in una lettera, hanno domandato al presidente della commisione Luciano Violante, pidiessino, se il comportamento di Borghezio nella bancarotta della Cooperativa Aurora (e nell'ammanco di 90 milioni) sia compatibile con il suo attuale incarico di commissario dell'Antimafia. Tanto più che il tribunale condannò assieme a lui (e ad un'altra dozzina di persone) «tal Giovanni Iaria, indagato per legami con la mafia calabrese». (…) In altre parole i due senatori Verdi e il deputato della Rete sollecitano il presidente dell'Antimafia ad invitare Borghezio a dimettersi. Ma il deputato della Lega risponde picche: «E' curioso che questa faccenda ritorni a galla alla vigilia dello scioglimento delle Camere». Contrattacca: «Siamo di fronte a una chiara manovra anti-Lega, orchestrata per far riemergere quella vecchia storia». Una storia di ammanchi (dalla cooperativa sparirono 90 milioni) e una «bancarotta fraudolenta» che parevano dimenticati. Anche perché, dopo la condanna (due anni) pronunciata dal tribunale nell'84 e confermata in corte d'appello nell'86, la Suprema Corte annullò le sentenze per vizio di forma: i due dibattimenti, a giudizio della Cassazione, si erano tenuti nonostante che il fallimento della cooperativa fosse stato impugnato, quindi non esecutivo. «Senza la sentenza di fallimento non poteva configurarsi il reato di bancarotta» dice Borghezio. (…) E sulla questione Iaria: «Non ho avuto rapporti diretti con lui. In quella cooperativa ero solo un legale. Fui chiamato quando il buco di 90 milioni c'era. Che potevo fare? (…)

La Stampa, 22.02.1979
In carcere per bancarotta un assessore di Cuorgnè, Giovanni Jaria, e due avvocati

(…) Esaminando i libri contabili della fallita cooperativa «Aurora» sarebbe emerso che un «buco» di 90 milioni avrebbe avuto la copertura fasulla di fatture emesse dallo Jaria, o meglio dall'impresa «Ice» di cui Jaria era amministratore. Perché? L' Ammassari, factotum della «Aurora», con quelle fatture fittizie avrebbe dimostrato ai soci che la contabilità societaria era perfetta e che i lavori sarebbero cominciati presto. Tanto è vero che sarebbe riuscito grazie a quelle «credenziali» a far versare altre somme ai soci, soldi finiti poi non si sa bene dove. L'«operazione fatture» sarebbe un'iniziativa dell'Ammassari, conclusa con l'aiuto degli avvocati Borghezio e Frullano che gli avrebbero presentato Giovanni Jaria.

CNEL – Osservatorio socio-economico sulla criminalita, L’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia di alcune regioni del Nord Italia, 23 febbraio 2010

(…) Si può cominciare da Cuorgnè, in provincia di Ivrea,che è un esempio di come sia stato possibile realizzare un determinato inserimento in quelle realtà. Protagonista della vicenda fu Giovanni Iaria che protestò sempre la sua innocenza di fronte alle accuse dei magistrati che in tempi diversi s’occuparono di lui. Era amico di Mario Mesiani Mazzacuva, capobastone di Bova che aveva interessi economici nel canavese e in Val d’Aosta, e di un altro mafioso di spicco della ‘ndrangheta di quegli anni originario di Marina di Gioiosa Jonica e operante a Torino, Francesco Mazzaferro. Quando verrà battezzata la figlia di costui, Iaria era presente, anche se dirà di aver partecipato a quel battesimo per l’amicizia che lo legava al cantante Mino Reitano ingaggiato per allietare la festa. Iaria era un imprenditore edile. Sui suoi cantieri, a quanto pare, lavoravano “pregiudicati calabresi” che avevano ottenuto il beneficio della semilibertà “grazie a richieste nominative di imprese legate a Iaria”. Insieme ad un altro socio aveva il controllo della manodopera locale di origine calabrese e con essa riusciva ad inserirsi in vari lavori. E’ significativo il fatto che un grosso imprenditore di Cuorgnè “quando aveva bisogno di manodopera si rivolgeva allo Iaria” e questi, d’altra parte, “era in grado di praticare prezzi enormemente vantaggiosi rispetto a quelli che potevano praticare altre ditte esecutrici dei lavori”. Il che può spiegarsi solo con il fatto che Iaria “disponeva di manodopera meno costosa e, cioè, sottopagata o in ‘nero’”. Giovanni Iaria cominciò a tessere relazioni con vari ambienti. Non sorprende allora trovarlo in rapporto “con quei personaggi che rappresentavano le istituzioni la cui frequentazione è in grado di conferire prestigio ed immagine e, al tempo stesso, aggiungere potere”. Il rapporto con il procuratore della Repubblica di Ivrea costò caro al magistrato che si dimise dall’ordine giudiziario. Né può sorprendere il fatto che lo stesso Iaria si sia dato attivamente a fare politica: “Già nel 1975 era in grado di controllare una buona fetta dei voti degli immigrati”, 500 a suo dire. Con quei voti fu eletto consigliere comunale di Cuorgnè e divenne subito assessore. (…)

http://piste.blogspot.com/2011/01/mario-borghezio-quello-che-wikipedia-il_22.html

E da wikipedia:


L'11 luglio 1976 viene fermato dalle autorità a Ponte San Luigi, valico di confine nei pressi di Ventimiglia, e trovato in possesso di una cartolina firmata "Ordine Nuovo" ed indirizzata "al bastardo Luciano Violante" (magistrato allora impegnato in inchieste contro l'eversione di matrice neofascista). Il testo del messaggio, accompagnato da alcune svastiche e da un "Viva Hitler", era il seguente: "1, 10, 100, 1000 Occorsio". Vittorio Occorsio, anch'egli giudice protagonista della lotta contro il terrorismo nero, era stato ucciso appena due giorni prima in un agguato.[4]

Nel 1979 nel corso delle indagini per "truffe e strane operazioni finanziarie che hanno per sfondo la fantomatica cooperativa «Aurora» di Borgaro...il giudice istruttore Accordon ha emesso sei mandati di cattura eseguiti dai carabinieri del reparto operativo, tra i quali Mario Borghezio". «La Stampa 22 febbraio 1979»

Nel 1993 è stato condannato a pagare una multa di 750.000 lire per violenza privata su un minore in relazione ad un episodio risalente al 1991, quando aveva trattenuto per un braccio un venditore ambulante marocchino di 12 anni, illegalmente in Italia, per consegnarlo ai carabinieri.[5]

Nel 1998 fonda insieme a Max Bastoni, Omar Tonani ed Enrico Pau i Volontari Verdi, associazione vicina alla Lega Nord passata alla storia per le famosissime ronde, che presero il via proprio da quella fondazione.

Il 1º luglio 2000, al termine di una fiaccolata antidroga del «Coordinamento Piemonte dei volontari verdi», Borghezio viene ritenuto responsabile insieme ad altri sette leghisti dell'incendio scoppiato presso i pagliericci di alcuni immigrati che dormivano sotto il ponte Principessa Clotilde a Torino. Per questo gesto verrà rinviato a giudizio e condannato in via definitiva dalla Cassazione nel luglio 2005a due mesi e venti giorni di reclusione, commutati poi in una multa di 3.040 euro per concorso nel reato di danneggiamento seguito da incendio[6][7][8][9]. Secondo quanto riferito dallo stesso Borghezio l'incendio sarebbe stato invece causato accidentalmente da una torcia caduta di mano ad un militante leghista durante la ronda.[10]

Il 19 gennaio 2001 è stato aggredito su un tram in centro a Torino e colpito da uno sconosciuto, che poi è fuggito a piedi[11].

Nel luglio del 2005, durante un intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi al Parlamento Europeo si è reso protagonista, insieme ad altri parlamentari della Lega Nord, di una vivace contestazione contro l'introduzione dell'euro, da lui considerata colpevole dello stato di crisi dell'economia italiana. Per questo motivo è stato fatto allontanare dall'aula[12].

La sera del 17 dicembre del 2005 balza alle cronache per un pestaggio subìto in treno sulla tratta Torino-Milano. Riconosciuto il parlamentare europeo in uno scompartimento, un gruppo di no-global[13]lo ha raggiunto e ha iniziato a percuoterlo minacciando di gettarlo dal treno in corsa. La tragedia è stata evitata dall'intervento di due agenti in borghese della Polizia Ferroviaria che nello scontro hanno riportato gravi contusioni.[14] Il referto medico per l'esponente leghista, emesso al momento del ricovero all'ospedale di Chivasso, riportava di una "frattura ossea nasale e trauma cervicale distrattivo" con trenta giorni di prognosi. Borghezio e i no-global avevano preso parte a due distinte manifestazioni NO-TAV in Val di Susa. I Carabinieri avevano sconsigliato in precedenza a Borghezio di salire su quel treno, considerandolo, vista la situazione, poco sicuro[2][15][16].

A febbraio 2006 la situazione si ripete a Livorno, dove Borghezio stava tenendo un comizio organizzato dalla Lega Nord Toscana; fuori dalla sala civica si raccoglie una manifestazione di un centinaio dino global e di frange estremiste degli ultrà livornesi, dispersa dalla forze dell'ordine[2][17].

Il giorno 11 settembre 2007, 6º anniversario dell'attentato alle Torri Gemelle, l'eurodeputato leghista è stato fermato dalla polizia prima di una manifestazione contro l'islamizzazione dell'Europa aBruxelles. Borghezio racconta di essere stato malmenato, prima di essere fermato insieme a un'altra ventina di persone. In realtà i fermati sono oltre 150, compresi il leghista, il leader e il presidente del partito fiammingo di estrema destra, il Vlaams Belang, Filip Dewinter e Frank Vanhecke. Tutti i fermati sono stati caricati su furgoni con i vetri oscurati e portati al Palazzo di Giustizia. Poco dopo le 18 Borghezio ha lasciato il palazzo di giustizia di Bruxelles. La manifestazione anti-Islam era stata vietata dal comune di Bruxelles, nonostante ciò gli organizzatori (riuniti dalla sigla Stop the islamization of Europe) avevano annunciato che l'avrebbero comunque attuata.[18] Il 21 marzo 2008 ha partecipato al "Congresso contro l'islamizzazione" a Colonia indetto dal movimento locale di destra Pro Köln. Il sindaco di Colonia, Fritz Schramm, definì i manifestanti dei non benvenuti "facinorosi camuffati da benpensanti, razzisti in abiti civili". La polizia tedesca sciolse la manifestazione per ragioni di ordine pubblico, trascinado via a forza Borghezio dal palco. Roberto Calderoli e Roberto Castelli presero le distanze sostenendo che la partecipazione di Borghezio era avvenuta "a titolo personale".[19]

Nel 2009 è apparso in una videoinchiesta di Canal+ dal titolo Europe: ascenseur pour les fachos (Europa: ascensore per i fascisti). Invitato nella sua veste di parlamentare europeo della Lega Nord[senza fonte] ad un «incontro di formazione» del movimento nizzardo identitario francese 'Nissa Rebela' (considerato di estrema destra dai media francesi[20]), lo si nota al termine del suo accorato intervento mentre si ferma a parlare con alcune persone dando loro dei consigli per conquistare il potere gradualmente, penetrando nelle istituzioni, senza però essere etichettati come fascisti. L'operatore riesce ad avvicinare Borghezio, che dice ad alcuni militanti:

« Bisogna rientrare nelle amministrazioni dei piccoli comuni. Dovete insistere molto sull'aspetto regionalista del movimento. Ci sono delle buone maniere per non essere etichettati come fascistinostalgici, ma come un nuovo movimento regionale, cattolico, eccetera, ma sotto sotto rimanere gli stessi. »
(Mario Borghezio)

In Italia, il video non è stato notato dai media, salvo un comunicato stampa di Jacopo Venier (Comunisti Italiani)[21] e una citazione sul quotidiano l'Unità[22] e su La7[23]. Il video appare anche all'interno del sito dell'MpS di Nichi Vendola[24].

Il 27 maggio 2011, commentando l'arresto del generale serbo Ratko Mladić, accusato di genocidio e presunto responsabile del massacro di Srebrenica in cui persero la vita oltre 8.000 civili, ha dichiarato: "Non ho visto le prove, i patrioti sono patrioti e per me Mladić è un patriota. Quelle che gli rivolgono sono accuse politiche" [25].

Il 9 giugno 2011 viene malmenato dagli uomini della sicurezza della riunione del Gruppo Bilderberg a St. Moritz in Svizzera [26].

Borghezio, non invitato, voleva partecipare come uditore in veste di europarlamentare, ha perciò mostrato il suo tesserino ma è stato allontanato e trattenuto da guardie che si sono presentate come polizia elvetica. Non ha ricevuto assistenza medica di alcun tipo, hanno svolto un'accurata perquisizione della macchina dove viaggiava e delle sue carte. L'ambasciata italiana ha garantito per Mario Borghezio ma le autorità svizzere a tutela dello svolgimento della riunione hanno decretato l'allontanamento entro 6 ore dal suolo Svizzero per tutta la durata del meeting del gruppo Bilderberg[27].

http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Borghezio