Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 2 luglio 2011
Il Guardasigilli ostenta la svolta "Voglio un partito degli onesti".
ROMA
Prima che le telecamere si spengano sul «set» del Pdl, le ultime parole di Silvio Berlusconi sono rivolte ad Angelino Alfano e sono parole semplici: «Buona fortuna...». Un modo di dire? Oppure, dopo 17 anni di autocrazia berlusconiana, siamo a un passaggio di consegne sostanzioso, una roba vera? Le tv a circuito chiuso ad uso dei giornalisti si spengono e a quel punto sul palco dell’Auditorium della Conciliazione si consuma una scena che vedono soltanto i mille quadri del Pdl, una sequenza che aiuta a capire il senso delle parole augurali pronunciate poco prima dal capo. A sorpresa, dalla regia non partono i soliti jingle e neppure inni dionisiaci del tipo «meno male che Silvio c’è...». Un epilogo silenzioso e impersonale: in 17 anni non era mai capitato. Ma c’è di più: Berlusconi, con un viso meno trionfante del solito, scende dal palco e lassù lascia soltanto il neoeletto segretario del Pdl, Angelino Alfano. Completo grigio ferro alleggerito da una cravatta viola e da una camicia bianca (senza sinistrorsi button down), alto, asciutto, stempiato, Angelino distribuisce sorrisi, strette di mano. Solo sul palco, a godersi i riflettori. Tutti per lui.
Nell’Auditorium che un tempo ospitava i concerti di Herbert von Karajan e che ormai è diventato il teatro del Pdl (un anno fa qui si consumò il famoso «Mi cacci?» di Fini) la cerimonia dell’incoronazione di Angelino Alfano è durata poco più di un’ora e alla fine quasi tutti i presenti sciamavano convinti di aver assistito a un evento a suo modo epocale: «Quello tra Berlusconi e Alfano è stato un vero passaggio di consegne» chiosa Giorgio Stracquadanio, berlusconiano tra i più «grintosi» e attenti alle novità. Certo, la trasmissione di poteri riguarda il partito e (per ora) solo il partito. Ci vorrà tempo per capire se sarà mantenuta l’impegnativa promessa che Berlusconi avrebbe confidato al suo pupillo: «Faremo delle primarie, con tanti concorrenti e vincerai tu».
Intanto, da ieri, il Pdl lo comanda Angelino, il quarantenne siciliano che dà del «lei» a Berlusconi, che suona sviolinate al capo ma senza esagerare e che parla con un lessico soft, senza spine, diversissimo dallo slang aggressivo, col coltello in bocca di tutta la classe dirigente Pdl. E il nuovo vicecapo Alfano - grossa novità ha una storia personale opposta a quella dell’imprenditore che gli ha «ceduto» il partito: figlio di un democristiano fanfaniano di Agrigento, Alfano è un uomo che in vita sua ha fatto soltanto politica, un professionista del ramo, che non dirà mai di «aver dovuto bere l’amaro calice», come fece il suo mentore Berlusconi. Per dirla con una deliziosa battuta del ministro Gianfranco Rotondi all’uscita dall’Auditorium: «Alfano? Un Forlani tecnologico».
Un segretario politico che per il momento non si «impiccia» di questioni di governo. La Lega? Ignorata. La manovra economica? Mai menzionata. Giulio Tremonti e Umberto Bossi? Rimossi. Ma di partito, Alfano parla eccome e lo fa con un piglio revanchista che piace tantissimo ai mille della nomenclatura pidiellina. Il tutti contro tutti che vige nel Pdl? «Servono regole, regole e sanzioni!». Boato e seconda battuta: «Non è possibile che chi non gradisce il Pdl si faccia la sua lista CocaCola». La moralità del partito? «Lei, presidente, è stato perseguitato dalla giustizia», «ma lo dico chiaro: noi dobbiamo lavorare a un partito degli onesti». Battuta che fa tanto «titolo», buona per un giorno, tanto è vero che è applaudita dai tanti imputati eccellenti presenti in sala. E infatti piacciono assai di più le battute pensate per i notabili di territorio. Come questa: «Deve vincere chi ha i voti, non chi ha i soldi». Ironia sui «figli di papà» e battute dedicate ai due, tre cardinali che fanno politica. Come questa: «Tutti credono che il nucleo essenziale sia la famiglia composta da uomo e donna».
Abile nel dosare sostantivi, citazioni ed elogi, Alfano si è «perso» una volta sola. Quando si è addentrato sul terreno scivoloso dell’eredità del Cavaliere, ha usato un lessico crudo («il testamento politico» di Berlusconi), anche se poi, intuita la gaffe, si è corretto: «Noi non abbiamo bisogno di eredità o di lasciti: abbiamo bisogno del sorriso, dell’entusiasmo del presidente: lei vincerà ancora una volta le elezioni del 2013». Già da qualche anno Alfano era diventato il «cocco» di Berlusconi. Nel 2001 aveva ottenuto un ufficio a palazzo Grazioli accanto a quello del capo, che aveva imparato ad apprezzare quel mix di sapienza democristiana e di decisionismo che una volta hanno fatto dire a Berlusconi: «Angelino? Il più talentuoso di tutti». Mai indagato, privo di un passato ex missino, Alfano non è soltanto un personaggio senza zavorre: dopo averci messo la faccia col famoso lodo, Alfano è stato un Guardasigilli che ha polemizzato costantemente con l’Anm, ma senza mai attaccare frontalmente i giudici e neppure la Corte Costituzionale. Ricevendo in cambio lo stesso trattamento.
http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/409676/
Siamo una manica di coglioni.
Reminiscenze di sintassi mi portano a scrivere che non si dovrebbe mai cominciare una frase con un avverbio; reminiscenze di geografia, di tanto in tanto, riportano alla mente, per esempio, che la capitale della Mongolia è Ulan Bator, mentre quelle di matematica mi ricordano che per il concetto di limite, pur tendendo a zero, la X ne sarà comunque sempre separata da un valore Epsilon sufficientemente grande da impedirne l’uguaglianza. Ricordo poi che in latino fero fers tuli latum ferre (portare) è il paradigma di un verbo irregolare e che nella madre lingua la cavallina storna era quella che portava colui che non ritorna proprio il contrario di quanto diceva G.B. Vico, filosofo illustre, che predicava dei corsi e ricorsi della storia: insomma la mente umana non finisce mai di stupire per quanta capacità ha di immagazzinare cose per poi ricordarle quando magari non servono. Allo stesso modo la stessa mente ha una capacità di ottundimento in espansione geometrica quando decide di non voler vedere ciò che invece sarebbe una lama di fuoco negli occhi di chiunque.
Negli ultimi diciassette anni abbiamo assistito ad una esaltazione dell’OSSIMORO, figura retorica che racchiude assieme due termini in assoluta antitesi tra loro ( oh viva morte …!), e dell’ASSURDO BIOLOGICO, qualcosa di inesistente in natura, mostrarsi in tutte le loro applicazioni possibili oltre quelle grammaticali e fantascientifiche, di conseguenza abbiamo potuto sapere di presidenti di volta in volta operai o minatori o contadini; abbiamo avuto la fortuna di vedere assurgere a ruoli di assoluto rispetto nani, ballerine, entreneuse (dal francese, intrattenitrici, honny soit qui male y pense); abbiamo avuto la certezza che persone chiamate ad incarichi di rilievo quali possono essere quelli di deputato o senatore, essere dei beoti e creduloni incredibili quando hanno mostrato di credere una puttana essere la nipotina verginea ed imberbe di un capo di stato; abbiamo visto un partito dell’amore essere in realtà il partito della maldicenza, del turpiloquio e dell’odio; abbiamo visto spacciare per interesse generale quello che era interesse particolarissimo di una sola persona; abbiamo visto definire “cancro mortale” quella categoria che per antonomasia è l’antibiotico essenziale per una società sana; corriamo il rischio di diventare tutti ciechi, muti e sordi, in nome di una privacy di persone che hanno fatto del loro privato una questione di trivio; abbiamo visto ricchi lamentarsi e poveri tirare dignitosamente la carretta fino alla consunzione e resa; abbiamo visto firmare cose per evitare di doverlo fare per forza … . Abbiamo guardato a tutte queste cose e, pur vedendole ben chiare e distinte, “Cristalline” diceva un personaggio di un film, non abbiamo voluto prenderne coscienza dividendoci tra quelli emuli delle tre scimmiette, non vedo non parlo non sento, e quelli che urlano alla luna per far sentire il loro abbaiare ma che non mordono per conservare lo smalto dei denti.
DUNQUE ecco l’ultima: IL PDL DIVENTI IL PARTITO DEGLI ONESTI!. Certo la speranza è sempre l’ultima a morire esattamente così come è vero che i cimiteri sono pieni delle tombe dei buoni propositi, per cui lasciate ai posteri queste due ulteriori banalità la successiva domanda che sgorga come acqua di fonte dalle altissime purissime limpidissime cime di meissneriana memoria è:
“ Questi ci prendono per il culo perché sono troppo bravi loro o perché SIAMO NOI AD ESSERE EFFETTIVAMENTE UNA MANICA DI COGLIONI?
A VOI LA SCELTA …!.
venerdì 1 luglio 2011
Cetrioli Verdi Fritti alla fermata di Pontida e il concorso del Misfatto.
Italia, anno 2011 : la politica italiana, il governo e il Parlamento sono in ostaggio di un orda di post-visigoti dalle camicie verdi che hanno deciso di chiamarsi Padani in ossequio a una formidabile cazzata storico/geografica che s’è inventato il loro Leader, l’unico al mondo su cui l’ictus non ha lasciato segni riconoscibili perché da come parlava sembrava che ce l’avesse pure prima. Da anni, novelli Robin Hood che rubano allo Stato per dare a sé stessi, ma solo ai residenti fino alla via Emilia, promettono di combattere l’arricchimento dei politici che governano a Roma, e per portare a compimento la missione vengono a governare a Roma. Nel Paese, però, c’è ancora chi abbocca e li prende sul serio ed ogni settimana crede ai continui, seriali, ossessivi, a volte anche creativi ultimatum che i post-visigoti lanciano a Berlusconi. “Cetrioli Verdi Fritti alla Fermata di Pontida”, prossimamente nei peggiori Parlamenti, tipo, cioè, quello italiano.
Scoperto Quasar ai confini dell'universo.
E' il piu' distante, al suo interno un gigantesco buco nero.
Demolire Ofelia.
Distruggere la credibilità dell’accusatrice, era fin dall’inizio la missione principale degli avvocati difensori di DSK. E quest’opera di demolizione della donna delle pulizie avrebbe avuto come bersaglio principale la sua biografia. E’ un classico nei processi americani: mettere in dubbio l’integrità personale, trovare qualcosa di losco nel passato della vittima, è una via maestra per il riscatto dell’imputato. Che una rifugiata guineana avesse qualche tallone d’Achille nel suo passato era prevedibile. Ma gli avvocati di Strauss-Kahn sembrano aver fatto “jackpot”, il colpo grosso, la supervincita al lotto della giustizia.
Tre settimane fa il New York Times per conto suo aveva già dato indicazioni preziose sulle debolezze di Ofelia (il nome con cui viene designata la denunciatrice di DSK). Un lungo reportage a cui avevano lavorato tre giornalisti, sia in Guinea sia nel Bronx dove vive la donna, era ricco di spunti interessanti per la difesa. In quel reportage la donna veniva trattata col massimo rispetto (incluso l’anonimato suo e dei parenti) e in apparenza l’articolo seguiva fedelmente la traccia narrativa fin qui prevalente: la donna povera e sfortunata, sbarcata a New York per sfuggire a un destino di persecuzioni, che aveva trovato il suo riscatto in un lavoro umile. Complessivamente veniva descritta nelle testimonianze dei conoscenti come una persona perbene, religiosa, onesta.
C’erano però in quella approfondita ricostruzione del New York Times delle lacune, delle cose non dette, forse altrettanto significative di tanti giudizi positivi. Non c’era spiegazione su come fosse riuscita a ottenere la Green Card, l’ambito permesso di residenza. Non c’era spiegazione sul “salto professionale”, tutt’altro che banale, dal mestiere di cameriera in una bettola del Bronx a quello di donna delle pulizie in un hotel di lusso a mid-Manhattan. E c’era infine una sottolineatura forte: nella Guinea ex-colonia francese si sa tutto su quel che accade in Francia, spiegava quell’articolo; i telegiornali locali sono pieni di notizie sulla politica parigina, DSK è da anni una celebrità molto più di quanto lo fosse negli Usa da direttore generale del Fmi. La conseguenza veniva lasciata al lettore: è improbabile che una ragazza della Guinea trapiantata a New York potesse non riconoscere quell’uomo potente trovandoselo di fronte in una stanza del Sofitel.
Ora si scopre che la “povera Ofelia” sarebbe la frequentatrice di un giro di criminali, e avrebbe telefonato a un carcerato per parlare del possibile “bottino” da estorcere a DSK con la denuncia per stupro? Siamo sempre alle anticipazioni, indiscrezioni, illazioni. Tra poche ore ne sapremo di più. E’ evidente che stiamo assistendo al “secondo tempo” di una partita (rimonta della difesa con goleada ai danni della procura) che potrebbe avere ancora colpi di scena e tempi supplementari. Avvocati miliardari che sono riusciti a fare assolvere dall’accusa di pedofilia quel Michael Jackson che andava regolarmente a letto con stuoli di bambini, sono capaci di qualsiasi miracolo. Però il colpo per il procuratore generale Cyrus Vance rischia di essere mortificante, se è vero che l’accusa ora descrive come “bugiarda” una donna su cui si poggiava tutta l’istruttoria. I francesi torneranno alla carica con le accuse della prima ora, sulla “gogna disumana” inflitta a DSK in pregio alla presunzione d’innocenza. Il mito della polizia di New York e della procura di Manhattan può uscirne demolito tanto quanto la reputazione di Ofelia.
http://rampini.blogautore.repubblica.it/2011/07/01/demolire-ofelia/?ref=HREA-1