domenica 7 agosto 2011

Cersasi supereroe. - di Francesco Guerrera.


A Wall Street, lo chiamano «il concorso di bruttezza» – la battaglia tra America ed Europa per stabilire chi stia peggio, tra economie in tracollo, deficit enormi e monete allo sbando. Venerdì sera la competizione è diventata ancora più brutta. Per la prima volta nella storia, gli Stati Uniti hanno perso l’importantissima «tripla A». L’agenzia di credit ratingStandard & Poor’s ha bocciato la politica economica Usa, togliendo al Paese il rating più alto – un imprimatur che, per 70 anni, ha rassicurato investitori e governi del fatto che lo zio Sam paga sempre i suoi debiti. La decisione bomba della S&P è stata subito contestata dall’amministrazione Obama che ha accusato l’agenzia di un errore di calcolo di 2 triliardi di dollari. S&P – una delle tre «big» nel mondo del rating che contribuì alla crisi finanziaria del 2008 - non è certo senza peccato. Ma il tempo delle recriminazioni è ormai passato. La mossa-choc di S&P è arrivata alla fine di settimane campali in cui i due pilastri dell’economia mondiale – l’America e l’Europa – hanno vacillato pericolosamente. Gli Stati Uniti sono partiti per primi, con un accordo sulla riduzione del loro debito enorme che non ha soddisfatto nessuno. Il governo Obama e la Federal Reserve ci hanno messo del loro, facendo poco e nulla per convincere i mercati – ed anche la gente comune – che hanno i mezzi economici e la volontà politica per evitare un «doppio tuffo» nella recessione. L’Unione Europea non è stata da meno, con una dimostrazione di inanità politica ed impotenza finanziaria che ha spaventato gli investitori. I mercati sono creature dalla psiche fragilissima e parole come quelle del presidente dell’UeJosé Manuel Barroso e di Silvio Berlusconi hanno rappresentato l’avverarsi di un incubo. Se non si hanno soluzioni concrete, ammettere, come ha fatto Barroso, che l’ultimo summit di meno di un mese fa non ha risolto niente e dichiarare che la crisi non è più confinata alla periferia di Portogallo, Grecia ed Irlanda ma ha contagiato l’Italia e la Spagna, è giocare col fuoco. E se si è il leader di un Paese nel mirino di investitori pieni di paura e scetticismo, dare la colpa a fattori esterni quando il debito pubblico è al 120 per cento del Pil e la crescita è pressoché zero, non è la maniera migliore per rassicurare i mercati. L’inadeguatezza delle istituzioni politiche ha costretto la banca centrale europea a rimangiarsi le sue parole di austerità, probabilmente proferite in tedesco, per dichiararsi pronta a comprare buoni del Tesoro spagnoli ed europei già da domani.

Per la Bce, che da Novembre verrà guidata da Mario Draghi, si tratta di un’ammissione che la crisi sta attaccando il cuore pulsante dell’Europa, una constatazione che a mali estremi bisogna opporre rimedi costosi e rischiosi. I mercati, ovviamente, hanno reagito. Giovedì il Dow Jones – l’indice guida della borsa di New York e il punto di riferimento per investitori di tutto il mondo – è crollato del 4,3 per cento, il giorno peggiore dal 2009. I mercati europei hanno seguito lo stesso copione. «Questa settimana è stato un bagno di sangue», mi ha detto un investitore ieri sera, esausto dal continuo vendere di azioni, poco prima di farsi scappare una volgarità dopo aver visto la notizia del downgrade della S&P. L’aspetto più preoccupante di questa crisi è che il crollo dei mercati non è stato provocato da una ragione sola. Di solito, la caduta a precipizio delle Borse è causata da un elemento catalizzatore: dati economici deboli, problemi politici, guerre e così via. Questa volta, i mercati sono stati mossi dalla scomparsa della fiducia degli investitori nella capacità dei governi di controllare la crisi. Non si è trattato di un «big bang» – uno scoppio immediato della paura – ma piuttosto di un’erosione lenta ed inesorabile della fede del mondo della finanza nel mondo della politica. Wall Street e la City di Londra hanno votato lasfiducia alla Casa Bianca, Bruxelles e Palazzo Chigi. Il problema ora è che, un volta persa, la fiducia dei mercati è difficile da riconquistare. La differenza fondamentale tra il terremoto finanziario del 2007-2008 e quello attuale è che allora la crisi fu causata da banche e risparmiatori incauti ed avidi, non da politici incapaci e banchieri centrali indecisi. Quando le banche vanno in malora, ci sono sempre i governi a salvarle con i miliardi dei contribuenti – una soluzione inefficiente e dolorosa che pero’ riesce a prendere l’economia per i capelli prima che raggiunga il baratro. Nel 2008, le banche centrali coadiuvarono i governi, pompando miliardi di dollari nell’economia mondiale grazie a tassi bassissimi e programmi di liquidità per investitori e istituzioni finanziarie. Quella dose da cavallo di stimolo riuscì ad evitare un’altra Grande Depressione negli Usa e a proteggere i cittadini europei da una dura recessione. Ma oggi? Se i governi e i banchieri centrali non possono, o non vogliono, far nulla, chi si ergerà a super-eroe dell’economia mondiale? Le condizioni e le circostanze sono veramente infelici. In America, la congiuntura politica – con le elezioni presidenziali nel 2012 e un Congresso diviso tra Repubblicani e Democratici – non è favorevole ad un stimolo economico. Il dibattito pubblico negli Stati Uniti è tutto su come ridurre il deficit, con misure di austerità e tagli di spesa. Una posizione senz’altro lodevole nel lungo termine, vista la situazione fiscale del Paese, ma non certo utile quando l’economia è nei guai seri. I luogotenenti di Obama guardano alla Fed, ma la banca centrale può fare poco e nulla in un frangente economico in cui i tassi d’interesse sono già a zero. Il problema non è che non c’è denaro in circolazione ma che aziende, consumatori e banche non vogliono né spenderlo né investirlo. «E’ un problema di fiducia, non di soldi», mi ha detto uno sconsolato funzionario della Fed questa settimana Per l’Europa, la soluzione è più drammatica.

L’unica strada per uscire dalla crisi senza abbandonare l’euro passa per una maggiore integrazione fiscale tra i Paesi membri. Ovvero: Paesi i cui governi si sono dimostrati non all’altezza di gestire la propria economia dovranno delegare le loro politiche di tassazione e spesa ad un’entità europea. E’ un passo enorme, una cessione di sovranità che lascerebbe l’amaro in bocca a molti, soprattutto perché la Germania emergerebbe come leader della nuova Europa – un risultato problematico per ragioni sia storiche sia culturali. Ma l’alternativa – la decomposizione della zona-euro e la balcanizzazione delle economie nazionali – non è auspicabile. Nel concorso di bruttezza tra le due economie-guida del pianeta, non ci può essere una medaglia d’oro ed una d’argento. Per il bene dell’economia mondiale, l’America e l’Europa sono obbligate a tornare a splendere insieme. Speriamo solo che non ci siano due perdenti.

Francesco Guerrera è il caporedattore finanziario del Wall Street Journal a New York.

http://ilgiornalieri.blogspot.com/2011/08/cersasi-supereroe.html


Sospesi....






















Nun te scordà de me.





Nun te scordà de me - I primi tepori, verso la fine dell’inverno, fanno rifiorire questa pianticella … L’associazione d’idee fa nascere questi versi dedicati ad una donna che è un fior d’angelo primaverile. Facile è la composizione del sonetto, data dal nome del fiore “nontiscordardimé”, con le divagazioni in esso inserite.






Ho riccorto ’sto fiore cor penziero
de dallo a te, co tutta la speranza
che drento er Paradiso, da stragnero,
t’incontrerò pe quarche circostanza.

Te dico questo, e qui io so’ sincero:
èpperché da ’sta vita d’ignoranza,
che nun me fa venì l’inzogno vero
d’abbraccicatte e vive una romanza,

m’aspetto tanto d’èsse conzolato
si l’anima respira a l’artro monno
quanno che er còrpo lei avrà lassato.

Si accosì fusse, devi da sapé,
te cercherò puranche a lo sprofonno.
Nun te scordà, nun te scordà de me.

Roma, anno 2000

Elio Malloni, detto: Manico d’ombrello


Gli scrupoli mancati di Nitto. - di Liana Milella.


milella

Premessa d’obbligo.
Ho volutamente lasciato “vivere” una settimana il blog per dire “ciao” a Peppe D’Avanzo. E’ tanto tempo per un blog, lo so, ma troppo grande è il senso di sperdutezza per la sua partenza. Mi deprime doverlo sostituire con uno dedicato al neo Guardasigilli Francesco Nitto Palma. Ma se non lo scrivessi credo se ne avrebbe a male il suo predecessore Angelino Alfano per le tante volte che l’ho attaccato.

Ora, va detto subito. Alfano, che è un politico di esperienza e un uomo con il “naso mediatico”, non avrebbe mai rilasciato al giornale di famiglia, il “Giornale” appunto, un’intervista che finisce a pagina 10, pure quella pari, che ha una pecca grande come una bella anguria matura. NON HA IL RICHIAMO IN PRIMA PAGINA. Adesso: il neo ministro della Giustizia parla di fatto per la prima volta, se si escludono le dichiarazioni a caldo, a ridosso della nomina. E qual è il titolo dell’intervista che, per chi se la fosse persa, è uscita sabato 6 agosto? “Ho sfidato i Br e la mafia, adesso non temo nulla”. Palma è stato forse minacciato e nessuno se n’è accorto? Eh no, nessuna minaccia, solo un piccolo gossip, il sito Dagospia scopre che sta per andare in vacanza in Polinesia. Parla di un mese, lui rettifica 16 giorni. Si dilunga sul pagamento, sui tempi della prenotazione, sulla possibilità del ritorno. Mezza pagina di roba. In coda c’è pure lo spazio per parlare di riforma costituzionale della giustizia e di intercettazioni.
Gentile ministro Palma, noi non ci siamo simpatici e la convivenza non sarà facile. Ma stiamo ai fatti. Lei pensa davvero che un Guardasigilli di freschissima nomina possa andarsene in vacanza come se niente fosse? Travaglio, sul Fatto, oltre a ribattezzarla Guitto Palma dallo Zitto Calma della prim’ora, le consiglia di rimanere laggiù per 16 anni. Noi siamo più cauti. E le elenchiamo le dieci questioni di cui si deve occupare subito, senza neppure perdere un giorno.
1. Le carceri innanzitutto, come le scrive giusto in queste ore il Pd. Potrebbe andare a trovare il suo compagno di partito Alfonso Papa, detenuto ormai da quasi 20 giorni a Poggioreale, e farsi dare qualche consiglio. Contro il sovraffollamento e la voglia di uccidersi.
2. La mancanza di magistrati nelle zone di frontiera. Questione su cui ha sbattuto la faccia anche Alfano.
3. Il personale amministrativo che non c’è, con i suoi ex colleghi costretti anche a fare i dattilografi, e gli addetti alle fotocopie.
4. La rete informatica della giustizia italiana che fa in continuazione cilecca.
5. Le auto scassate e senza benzina. Le offriamo un’idea: suggerisca che ai suoi colleghi vadano tutte quelle di palazzo Chigi e dei ministeri che sfrecciano nuovissime per Roma.
6. Lavori a un’idea decente, o quantomeno a un’idea, per sveltire i tempi dei processi. E rifletta se non sia il caso di avere il coraggio di chiedere a Berlusconi e Ghedini di bloccare il cammino parlamentare del processo lungo (ma sono certa che questo lei non lo farà mai).
7. Vada a trovare il Cavaliere in Sardegna (sempre mare no? Anche se non è la Polinesia) e gli dica che lei, da ex pubblico ministero, non ha il coraggio di far approvare alla Camera, a fine settembre, il disegno di legge sulle intercettazioni. Perché sarebbe la morte delle indagini.
8. Poi vada da Ghedini, che tanto veleggia lì vicino, faccia la voce grossa, e imponga di buttare nel cestino (per usare un’espressione garbata) la riforma della giustizia. Se non altro perché in ore di grave crisi economica è un assassinio sprecare il tempo sulle cose inutili. E quella riforma lo è.
9. Liberato il campo dalle leggi-imbroglio, calcoli cosa può fare di necessario in questo scorcio di legislatura. Che non sia una norma per Berlusconi, ovviamente.
10. Organizzi un paio di appuntamenti utili per settembre. Un incontro con i capi degli uffici, per sentire la loro voce e i loro bisogni. E veda pure Palamara, il presidente dell’Anm. Lo so, è stato il suo testimone di nozze. Ma è successo tanto tempo fa.

Voi siete qui - Una task force per salvare il primo ministro. - di Alessandro Robecchi

Alessandro Robecchi, il sito ufficiale: testi, rubriche, giornali, radio, televisione, progetti editoriali e altro

L’impegno della Bce e del Tesoro americano per salvare l’Italia sono davvero ammirevoli, e comprendono una serie di investimenti poderosi. Primo tra tutti, la creazione di una task force per far credere a Silvio Berlusconi di contare ancora qualcosa. A Friburgo è in funzione da settimane uno speciale centralino, dove imitatori di tutti i paesi parlano con Berlusconi. Chi si finge la Merkel, chi Sarkozy, chi Obama. Tutti a dire, certo, Silvio, come no, Silvio, in modo che l’anziano entertainer rimanga convinto di essere il primo ministro italiano. Tremonti sta al gioco: del resto è convinto che anche Tremonti conti qualcosa, un vero caso di autoipnosi. Naturalmente, pensare che Berlusconi risolva la crisi economica italiana è come credere che Barbablù indaghi su certi casi di uxoricidio, o che Marchionne sgancerà 20 miliardi di investimenti, cose manifestamente assurde. Ma proprio a questo serve oggi l’anziano pensionato di Arcore, a fare la sagoma in cartone, a mostrare la sua faccia di gomma buona per ogni occasione. Siamo ricchi, va tutto bene, la Borsa è una finzione, eccetera, eccetera. Uno sprezzo del ridicolo che il mondo ci invidia. Diciamolo: uno che ha un vulcano in giardino e che vi taglia 20 miliardi di welfare non si trova nemmeno in Grecia, nemmeno a Disneyworld. Uno che continua a parlare di ripresa economica mentre precipita da una rupe è il sogno degli speculatori di tutto il mondo, pare di vederli brindare a champagne ad ogni spettacolino approntato in sala stampa, darsi di gomito, sghignazzare… Ehi, guardate! C’è ancora quell’ometto! Sessanta milioni di ostaggi assistono desolati allo show e cominciano a pensare che il biglietto è troppo caro, i fans club sono in rivolta, il cerone si sfalda, le comparse si dileguano, i complici scappano, le spalle sbagliano le battute e il vecchio comico continua a muoversi meccanicamente, per inerzia. La farsa è diventata un film dell’orrore e del resto si sa: il clown è sempre stato una figura triste, inquietante, spaventosa.

http://www.alessandrorobecchi.it/index.php/201108/voi-siete-qui-una-task-force-per-salvare-il-primio-ministro/


Default Italia, 95 Giorni al Fallimento: Le Agenzie di Rating Governano il Mondo


Oggi è una bella domenica di sole in gran parte dell’Italia. E’ agosto, le temperature sono alte, la gente è al mare. Bambini che giocano con la sabbia, uomini che sbirciano le tette della vicina di ombrellone cercando di non farsi beccare dalla moglie, donne che si abbrustoliscono al sole per far schiattare le amiche rimaste in città, ragazzi che si baciano per la prima volta scoprendo il tepore delle labbra sapide di mare. Un’estate come tante. Nel frattempo l’orologio non si ferma, continua a ticchettare. Il mondo, così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi, sta per finire.

Ieri Standard & Poor’s, fra le prime tre agenzie di rating al mondo insieme a Moody’s e Fitch Ratings, ha declassato il debito degli Stati Uniti con un outlook negativo. Il che, in parole povere, vuol dire che i debiti degli Stati Uniti non sono più garantiti allo stesso livello di prima e che, sempre secondo Standard & Poor’s, le cose tendono a peggiorare. Per chi ha voglia di leggere le otto pagine che cambiano il mondo, il documento (in inglese) è qui.


Impariamo tutti come si fa che potrà essere utile presto

Oggi più che mai mi fanno ridere quei quattro gonzi che parlano di scie chimiche, complotti dell’11 settembre, progetto HAARP e cazzi vari. Per cambiare i destini del pianeta non serve diffondere gas nell’atmosfera, spiaccicare jet nei grattacieli o produrre terremoti artificiali. Un documento pdf di 8 pagine basta e avanza. La società in cui viviamo è un castello di carta e un’agenzia di rating conta più di un arsenale termonucleare.

Esattamente nell’agosto di venti anni fa, l’Unione Sovietica si dissolse da un giorno all’altro. E non stiamo parlando solo di una superpotenza, ma di un sistema di vita, di un concetto economico e sociale distrutto da un giorno all’altro. Milioni di sovietici si sono addormentati la sera da padroni di metà del mondo e si sono risvegliati la mattina dopo con lo straccetto per lavare i vetri delle macchine in una mano e il pannolone per il vecchietto italiano cacasotto nell’altra. Certo, il comunismo non funzionava, ma chi ci dice che il capitalismo funzioni? Specialmente oggi, direi, non c’è da esserne tanto sicuri.

Dall’altra parte del mondo, dove ora è quasi notte, i nostri futuri padroni, quelli che hanno accettato di giocare al nostro gioco e per anni hanno vissuto con una ciotola di riso, si preparano a raccogliere il frutto del loro sacrificio. Nel giro di qualche anno pretenderanno di fare anche loro due docce al giorno e saranno cazzi perché l’acqua se la potranno permettere solo loro.
La Cina detiene una quota importante del debito americano e incomincia a temere che gli americani stampino troppi dollari per pagarlo (alla faccia del signoraggio). Da domani i titoli americani potrebbero iniziare quella spirale di svalutazione che ha colpito i nostri, ma con effetti molto più gravi in ambito internazionale. Così come l’America sconfisse l’Unione Sovietica senza sparare un solo colpo, la Cina può fare lo stesso in questo agosto rovente del 2011.

E in questo scenario dove energie planetarie si scontrano in battaglie cosmiche quale sarà il nostro destinodopo aver convocato le parti sociali e indirizzato alati discorsi alla nazione? Provate a darvi una risposta da soli, miei cari connazionali, provateci. Non so nemmeno se si riuscirà ad arrivare all’11-11-11 come dice il sole 24 ore. Io incomincerei a tirare fuori la maglietta di lana perché farà tanto freddo che tutti ci ammaleremo di anarchia.

http://www.mentecritica.net/default-italia-95-giorni-al-fallimento-le-agenzie-di-rating-governano-il-mondo/informazione/cronache-italiane/dellefragilicose/20792/

L’Ultima difesa della BCE contro l’isteria dei Mercati da Le Monde del 7-8-2011.


Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha dovuto fissare un incontro speciale nel tardo pomeriggio di oggi per cercare di scongiurare la minaccia imminente di un’altra debacle dei mercati finanziari alla riapertura di lunedì .

“L’incontro non era originariamente all’ordine del giorno, ma non direi che questa è una riunione di emergenza”, ha detto laconicamente una fonte vicina alla vicenda. Tuttavia, dopo due settimane di mercati azionari particolarmente turbolenti, e dopo il downgrade di rating Standard and Poor del debito degli Stati Uniti, la reazione degli europei è particolarmente sotto osservazione.

L’Italia, che è più che mai è nel mirino dei mercati, ha detto venerdì che la BCE potrebbe aiutarla domani acquistando titoli di stato del paese. Ma questo progetto che potrebbe incontrare resistenze da parte di alcuni altri paesi europei, non è stato ancora confermato da Francoforte. La Germania in particolare, ha espresso il suo scetticismo sulla richiesta del presidente della Commissione José Manuel Barroso di aumentare la consistenza del Fondo europeo di sostegno, uno strumento importante per prevenire il contagio. Attualmente, tale fondo può sostenere un esborso di 440 miliardi di euro, una somma sufficiente per aiutare l’Italia, la terza più grande economia della zona euro, ma anche il secondo paese più indebitato. Secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, Berlino – che ha due seggi nel Consiglio dei governatori – ritiene che l’Italia sia troppo grande per essere salvato dal Fondo.

Trichet fa pressione

Di fronte a questi ritardi, il presidente della BCE, Jean-Claude Trichet, ha dichiarato pubblicamente che vuole una decisione del suo consiglio di amministrazione sul caso italiano entro domenica. Secondo una fonte vicina all’istituzione, Jean-Claude Trichet è stato ascoltato e una decisione sarà annunciata dopo l’incontro. Se la decisione di intervenire sarà presa, la BCE e le banche centrali nazionali inizieranno a comprare obbligazioni italiane all’apertura dei mercati di lunedì.

Uno scenario a cui sembra credere il consulente Alain Minc, che ha detto in un’intervista al Journal du Dimanche che “la Germania non può permettersi un incidente con l’Italia. La penisola è un partner indispensabile. Se salta l’Italia, salta la Germania, l’Europa e, in ultimo, il mondo . Così l’Italia non sarà abbandonata! ” “Si procede a tappe forzate verso la governance economica europea voluta dalla Francia in cambio dei criteri di buon governo imposti dalla Germania”, dice il saggista, spesso presentato come consigliere informale di Nicolas Sarkozy.

“IL MONDO FALLIRA’?”

Giovedi la BCE ha riattivato il suo programma di riacquisto di azioni del debito sovrano per frenare l’impennata dei tassi di interesse di alcuni paesi nei mercati obbligazionari dell’area dell’euro, ma finora ha comprato solo piccole quantità di bond irlandesi e portoghesi, mentre la speculazione si concentra su Italia e Spagna. La BCE in quell’occasione aveva attirato le ire degli osservatori che non sono irritati dall’indecisione dei capi di Stato.

Oggi, la stampa europea vacilla tra incredulità e messaggi apocalittici. Il tedesco Welt am Sonntag nell’articolo “Der Crash” (Il Crash) scrive: “Nessuno avrebbe potuto prevedere un crash così spettacolare. ora abbiamo bisogno di una sana dose di umorismo macabro per gestire una simile situazione.” Der Spiegel si è chiesto: “il debito Usa, la crisi dell’euro, il caos delle borse porteranno il mondo al fallimento?”

Traduzione dell’articolo “La BCE en dernier rempart contre la frénésie des marchés” di Le Monde.fr

http://www.mentecritica.net/default-italia-95-giorni-al-fallimento-leconomia-italiana-e-troppo-grande-per-essere-salvata-dalla-bce/meccanica-delle-cose/chiamiamola-economia/redazione/20803/