Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 31 agosto 2011
Default Italia, 71 Giorni al Fallimento: Nelle Mani di Imbecilli.
Prima la patrimoniale per tutti, poi quella ad personam, poi niente patrimoniale. Dentro pensioni, fuori iva e contributo di solidarietà, poi dentro l’iva e i contributi di solidarietà, ma solo per gli statali, non si sa per le le pensioni,
Dite la verità, ma se aveste un po’ di quattrini da investire in titoli di stato, li mettereste nelle mani di questi imbecilli? E se foste dei cittadini tedeschi non mettereste le mani addosso alla Merkel se osasse spendere un altro euro per tenere in vita questa nazione di magnaccioni?
Che cosa ci vuole ancora per capire che abbiamo a che fare con degli incompetenti figli di puttana assolutamente incapaci di amministrare un condominio con una sola scala e senza garage?
E che sensazione si prova ad immaginare che degli assoluti fancazzisti, il cui unico scopo è quello di mantenersi nel bozzolo di privilegio che li nutre, viaggiano con la scorta, nelle loro auto tedesche di rappresentanza, si fanno chiamare onorevoli e parlano a nome dell’ITALIA?
Il rinnovo del sistema politico secondo DFC
E come dormite la notte pensando che questi signori e i loro amichetti bavosi stanno organizzando il futuro dei nostri figli, ma soprattutto quello delle nostre figlie?
Ci hanno inculato per venti anni con paroline come: democrazia, seconda repubblica, riformismo, liberismo,federalismo.
Non metteremo le mani nelle vostre tasche, ci accontenteremo dei vostri culi.
Mandarli a casa non basta più, se no non riusciremo mai a ripartire. C’è un tempo per ragionare, costruire, confrontarsi. E c’è un tempo per la corda.
Ancora indecisi su che giorno sia oggi? Bene, aprite la vostra paginetta su facebook e mettetevi a posto la coscienza. Ne riparliamo appena gli spread ritorneranno a 400 e per salvare il nostro culo merdoso non basterà nemmeno più la patrimoniale.
Sono certo che quando ci ritroveremo a lavare i vetri delle macchine agli incroci di Pechino, ci dispiacerà di non aver saputo capire che giorno fosse oggi.
Ma dove sta il limite? By ilsimplicissimus
Bersani dice che si è veramente passato il limite. E di certo l’ultima manovra è il prodotto avariato del berlusconismo, il verminaio di equilibri ormai insostenibili. E tuttavia quante volte volte è stato passato il limite senz’altro effetto che uno spostamento più in là dell’asticella dell’indignazione? E qual è il limite vero, il limite invalicabile oltre il quale c’è una rottura di fatto del patto sociale e costituzionale? Oltre il quale la ragionevolezza diventa priva di senso? Evidentemente dev’essere molto lontano se all’interno dello stesso Pd ci sono personaggi che arricciano il naso persino di fronte allo sciopero generale indetto dalla Cgil. Una cosa quest’ultima che davvero passa ogni limite di credibilità per un partito di opposizione.
Si sono passati i limiti non solo politici, ma anche quelli funzionali perché la manovra, con il suo codicillo tra le righe di aumento dell Iva, è il frutto di un’astuzia manovriera in formato elettorale, alimentata però da incapacità e cialtroneria: il prodotto di un declino senile sguaiato e incoerente come il sorriso del premier. Non servirà ad evitarci la tragedia greca. E tuttavia mi domando quale sia il limite che dev’essere superato perché l’indignazione delle parole diventi un fatto concreto e si traduca in un lotta ad oltranza fino alla caduta di questo governo e al ripristino della legalità sostanziale. Sembra che non si sia ancora a questo, che il limite sia sia spostato ancora più avanti e che per ora rimanga ancora un argomento per servizi giornalistici e per mugugni virtuali. E’ abbastanza naturale: a forza di cedere il livello di cedimento tende inconsapevolmente a crescere sempre di più.
Di certo le polveri sono ancora bagnate da quel po’ di euro che ancora consentono a molti di aggrapparsi a un della normalità indotta , fino a che le reti familiari reggeranno, finché si può resistere: meno si cambia e più si ha paura dei cambiamenti, persino di quelli invocati. E infatti è facile rendersi conto che molto della protesta non immagina e non cerca nemmeno un modello alternativo di Paese, ma pensa di poter correggere delle deviazioni che sono in realtà dentro la logica stessa dell’evoluzione liberista, sono la ovvia conseguenza del modello. Ma quando il rivolo dei risparmi si sarà asciugato sarà troppo tardi per recuperare terreno e temo anche troppo tardi per la democrazia perché ci saranno milioni di non rappresentati pronti a seguire qualsiasi bandiera e qualsiasi falsa promessa.
Ho la netta impressione che le variegate “rivoluzioni” più o meno dolci che serpeggiano in questi mesi in Italia e in Europa, si basino sull’espressione dei bisogni alienanti, cioè quelli che nascono dalle promesse non mantenute di una società dell’opulenza, piuttosto che da quelli più generali che affondano le loro radici nell’eguaglianza e nella solidarietà. Forse è una mia impressione, ma credo che la “felicità pubblica” sia ancora intesa, come un patchwork, una collezione di felicità private, quelle fatte balenare dal meccanismo economico e poi negate.
I bisogni indotti creano rivolte, ma pochi cambiamenti, forse l’avvicendamento di qualche faccia, ma non la sostanza: non c’è alcuna verità parziale dentro una bugia generale.
http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2011/08/31/ma-dove-sta-il-limite/#comment-3396
Sancta romana Cricca. By ilsimplicissimus
“Ecco tutti siamo di nuovo qui insieme! Per me è realmente una grande gioia”
E’ il dicembre del 2005 quando queste parole vengono pronunciate dal papa durante la sua prima visita pastorale in una parrocchia romana, Santa Maria Consolatrice. La grande gioia è dovuta all’incontro con il decano dei cerimonieri del vaticano, monsignor Francesco Camaldo, che nel ’77, era viceparroco della stessa chiesa assegnata all’allora cardinal Ratzinger.
Monsignor Camaldo è quello invitato alla “cena della cricca”, nel nuovo e misterioso elenco inviato dalla procura di Pescara a quella di Perugia e nel quale figura anche Berlusconi. Monsignor Camaldo che qualcuno chissà come ha confuso con un’inesistente Jessica, pare che privatissimo condivida con un’altro criccaro, il gentiluomo di sua santità Balducci, una passione per giovanotti palestrati e molto attivi. Non senza un forte profilo morale: un prelato che abitava nella sua stessa casa e che guidava la sua stessa auto alla ricerca dell’attivismo capitolino, disse indignato ai carabinieri che lo avevano fermato: “cercavo solo maggiorenni, non minorenni”. Questo sì che è vigore etico.
Sempre Monsignor Camaldo era stato molto amico di Giorgio Rubolino, legato all’ex ministro Dc Emilio Colombo, di ben noti costumi e implicato nella vicenda dell’assassinio del giornalista napoletano Giorgio Siani, prima di essere stroncato da un infarto. E sempre il monsignore è grande amico dei Savoia, noti massoni e tramite loro di esotici ordini cavallereschi dietro cui si nascondono logge segrete di sapore e filosofia piduista. Tanto che un tal Massimo Pizza riferì a Woodcock che Camaldo di sarebbe mosso per distruggere logge massoniche avversarie.
Oltre a quelle pontificie, Camaldo vanta altre frequentazioni con personaggi dello spettacolo, con stilisti (come Gai Mattiolo) e con il mondo della nobiltà: è cavaliere ufficiale dell’Ordine di San Giuseppe (l’Ordine dinastico degli Asburgo-Lorena di Toscana) e assistente ecclesiastico del Circolo di san Pietro, presieduto dal duca Leopoldo Torlonia.
Ed è inutile dire che fosse anche una pedina essenziale nel sistema Anemone e dei giri della protezione civile: l’architetto Angelo Zampolini rivelò che era lui che gestiva gli affitti e curava le assegnazioni degli stabili di proprietà della congregazione propaganda fide, mentre i contratti di vendita erano firmati dal Cardinale Sepe. Nel 2004 fu proprio lui a cedere all’allora ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi il palazzo di via dei Prefetti. Insomma amicizie strette tanto da farsi “prestare” da Balducci 280 mila euro dentro un complicato “giro” di affari, massoni e servizi segreti. Soldi in parte prelevati dallo Ior.
Ma monsignor Camaldo, a cui il papa telefona direttamente, è anche sempre il decano dei cerimonieri vaticani. Oltre che un trait d’union evidente con tutti gli intrecci opachi che vengono alla luce. Così non solo suonano fasulli i complotti massonici inventati da Avvenire, ma anche assai poco credibile il tentativo della Chiesa di mettersi alla testa di un’opera moralizzatrice dopo dieci anni di appoggio al Cavaliere. Ancor meno se quest’opera volesse raffazzonare un centro destra, nominalmente terzopolista, ma erede in toto del berlusconismo. E no, per noi non sarebbe davvero una grande gioia.
http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2011/08/31/sancta-romana-cricca/#comment-3395
L'angolo del Trota.
Berlusconi riceve un avviso di garanzia praticamente ogni mese,
Antipolitica? No, è ribellione. - di Michele Ainis
No, un inganno. L'ennesimo inganno tessuto dal sistema dei partiti. Perché mescola in un solo calderone il popolo di Grillo e il think tank di Montezemolo, le signore della borghesia milanese che hanno votato Pisapia e gli studenti in piazza contro la Gelmini, i dipendenti pubblici bastonati da Brunetta e gli imprenditori taglieggiati dall'assessore di passaggio. E perché con questa parola i politici definiscono l'identità altrui a partire dalla propria. Come facciamo ormai un po' tutti, definendo extracomunitario il filippino o l'egiziano. Ma un siciliano non è un extrapiemontese, un indignato contro gli abusi della Casta non odia la politica, ne è piuttosto un amante deluso.
Ecco, gli Indignados. Ci sarà pure una ragione se il pamphlet di Stéphane Hessel ha venduto in Francia milioni di copie, se ha dato la stura a una protesta che divampa a Madrid come a Londra e a Berlino.
E a Roma? Innanzitutto riepiloghiamo i fatti. Marzo 2010: alle regionali il non voto, sommato alle schede bianche e nulle, tocca il 40%. Tanto che il Pdl, pur vincendo le elezioni, ottiene la fiducia esplicita di appena un italiano su 7. Maggio 2011: alle amministrative sfondano gli outsider, e con loro una nuova generazione di politici. Giovani e sfrontati come il cagliaritano Zedda, che replica l'esperienza del fiorentino Renzi. Ma l'emblema è Napoli. Dove al ballottaggio un cittadino su 2 marina le urne, mentre il 65% dei votanti sceglie un uomo fuori dai partiti, perfino il proprio: De Magistris. Giugno 2011: dopo 14 anni, dopo 24 consultazioni senza quorum, 4 referendum raggiungono il 55% dei suffragi. Nonostante il silenzio delle tv, nonostante il rifiuto d'accorparli alle amministrative, che ci costringe al terzo voto in quattro settimane, uno slalom. Infine il tam tam contro gli sprechi e i privilegi di cui godono, ormai da troppo tempo, Lorsignori.
A tendere l'orecchio, quest'orchestra ci impartisce una triplice lezione. Primo: il ritiro della delega. Gli italiani non ne possono più della loro classe dirigente, di questi mandarini appollaiati su un ramo dorato da vent'anni. La seconda Repubblica ha fallito: ne è nato un girotondo di sigle, di liste, di partiti, ma le facce no, quelle sono sempre uguali. Facce che nel primo decennio del 2000 ci hanno recato in dono la crescita più bassa d'Europa.
Per forza che ormai nessuno se ne fida: possono cantare in coro la Bohème, possono anche uscirsene con un'idea mirabolante, ma sono logori, senza credibilità. Secondo: un'istanza di democrazia diretta. In parte a causa del moto di sfiducia verso chi ci rappresenta nel Palazzo, in parte per una nuova voglia di decidere, d'impadronirci del futuro. Per darvi sfogo dovremmo rafforzare il referendum, abbattendo il quorum, affiancandogli quello propositivo, aggiungendo strumenti di controllo sugli eletti come il recall, la revoca anticipata del mandato. Terzo: il ritorno dell'opinione pubblica. O meglio della sua funzione critica, che è poi il sale delle democrazie moderne, come ha mostrato Habermas. Da qui parole d'ordine quali il dimezzamento dei parlamentari, delle province, di tutti gli enti, portenti e accidenti che ci teniamo sul groppone. Da qui la goffa rincorsa dei partiti, che a parole si dichiarano d'accordo, salvo rinviare ogni soluzione alle calende greche.
Insomma la Bella addormentata si è svegliata, liberando un'energia repressa troppo a lungo. Vi s'esprime una domanda d'eguaglianza, ma anche di ricambio, di legalità, di semplificazione dei labirinti pubblici nei quali ingrassano i professionisti del consenso. Sarà per questo, per esorcizzare il mostro, che i politici l'hanno chiamato "antipolitica". Sbagliano: è un'energia tutta politica, quella che ribolle nella società italiana. Sbagliano due volte: ormai la vera antipolitica è la loro.
michele.ainis@uniroma3.it