giovedì 15 settembre 2011

Minzolini: "Basta intercettazioni" E' polemica in Rai




Nuovo editoriale nel giro di pochi giorni del direttore del Tg1 Augusto Minzolini. Il tema, questa volta, sono le intercettazioni: «Serve una legge», ammonisce. Immediata la replica del presidente della Rai, Paolo Garimberti: «Minzolini parla a titolo personale». Concorda il consigliere di amministrazione Antonio Verro, sottolineando però che lo stesso discorso vale anche per i commenti del direttore del Tg3 Bianca Berlinguer.

Nelle inchieste di Napoli e Bari, attacca Minzolini, «Berlusconi non è indagato, ma i media continueranno a parlare di gossip e andrà avanti la lapidazione mediatica che nella testa di qualcuno dovrebbe far cadere il governo». Per il direttore del Tg1, «una legge che regolamenta le intercettazioni è necessaria, quanto la manovra approvata ieri. L’ultimo a chiederla è stato Casini in un’intervista al Tg1, è arrivato il momento di farla».

«Fermo restando il diritto di ogni direttore di fare editoriali o commenti, l’opinione espressa stasera dal direttore del Tg1 Augusto Minzolini è strettamente personale e non impegna in alcun modo la Rai», prende le distanze Garimberti. Replica Verro: «Concordo con il presidente Garimberti, ma allo stesso modo penso che anche le opinioni e i commenti espressi dalla Berlinguer nelle edizioni del telegiornale da lei diretto siano del tutto personali e non impegnino in alcun modo la Rai».

La Berlinguer è il bersaglio delle critiche del Pdl Francesco Casoli: «La manipolazione la fa il Tg3, non il Tg1». Difende Minzolini anche il capogruppo in Vigilanza Alessio Butti: «Nel suo editoriale ha usato soltanto parole di buon senso». Sul fronte opposto il Pd con Vincenzo Vita: «L’unica domanda plausibile di fronte alla protervia manipolatoria e manipolativa del Tg1 è chiedersi se andrà via prima Minzolini o Berlusconi direttamente». Per l’Italia dei valori, parla il senatore Pancho Pardi, capogruppo del suo partito nella Commissione di Vigilanza sulla Rai: «Gli editoriali di Minzolini ormai non fanno più notizia.- dice- Fa notizia, invece, il fatto che il dg Lei non l’abbia ancora rimosso da un incarico che non è in grado di ricoprire».

"Faremo i nomi dei politici gay ma omofobi" L'ora X è il 23 settembre. Sul web




Aurelio Mancuso, presidente di "Equality Italia", lancia il primo outing di massa "contro l'ipocrisia". Si avvarrà di un gruppo di internauti anonimi. Il sito è già on line, tra pochi giorni i primi dieci onorevoli di una lista che arriva a oltre cento persone "pubbliche". L'incognita legale.


di MARCO PASQUA

DIECI nomi di politici omosessuali non dichiarati e noti per i loro atteggiamenti omofobi. Tra questi figurano anche dei ministri in carica. Sarà il primo outing pubblico "di massa" di parlamentari sul web: la lista definitiva supera ampiamente le cento persone. Il giorno X è il 23 settembre, equinozio d'autunno. Il sito che ospiterà l'elenco 1 è stato lanciato in queste ore. L'ispiratore morale di questa operazione è Aurelio Mancuso, presidente di "Equality Italia" che, all'indomani della bocciatura della legge sull'omofobia, ha deciso di mettere con le spalle al muro i politici omosessuali omofobi. Un'operazione che, però, sarà materialmente portata avanti da un gruppo di attivisti, non solo omosessuali, esperti di informatica, che hanno contattato Mancuso nelle settimane scorse, dichiarandosi disponibili a diffondere le informazioni sulla Rete e pronti a sfidare le conseguenze legali dell'azione. Si partirà, quindi, con dieci politici, ma si proseguirà con persone della televisione e preti (ci sono anche nomi di cardinali). "Questa iniziativa nasce per riportare un po' di giustizia in un paese dove ci sono persone non hanno alcun tipo di difesa rispetto agli insulti e gli attacchi quotidiani da parte di una classe politica ipocrita e cattiva", anticipano gli attivisti sul loro sito.

"Quando venne bocciata la legge sull'omofobia mi sono davvero arrabbiato e ho pensato di fare una cosa che all'estero avviene spesso  -  spiega Mancuso  -, cioè far arrivare ai giornali tramite il web i nominativi di politici non dichiarati". E' il fenomeno cosiddetto dell'outing (diverso dal coming out, che avviene quando è la persona stessa a decidere di rendere noto il proprio orientamento sessuale). Un'idea che è stata "sposata" da un gruppo anonimo di ragazzi. Come rivela l'ex presidente di Arcigay: "Mi hanno scritto un'e-mail, da un account palesemente falso. Mi spiegavano di essere interessati a portare avanti l'operazione e di volerla gestire dal punto di vista informatico". A quel punto, il presidente di Equality non nasconde di essersi sentito sollevato, fondamentalmente perché le conseguenze della pubblicazione di una lista del genere preoccuperebbero il migliore degli studi legali. Nelle scorse settimane, Mancuso si era consultato con avvocati e anche con gli esperti americani della Milk Foundation (dedicata all'opera di Stuart Milk), fino a quando non si sono fatti avanti gli anonimi internauti. Dal primo contatto via e-mail, le comunicazioni tra Mancuso e il gruppo sono avvenute tramite reti protette e adottando una serie di espedienti informatici. Nessun incontro dal vivo. Anche se gli scambi sono avvenuti in lingua italiana, non si esclude che questi anonimi "giustizieri" antiomofobia possano essere italiani residenti all'estero. Il 23 settembre, nelle prime ore della mattina, sarà inviata un'e-mail ad alcuni giornalisti, nella quale saranno riportati i primi dieci nominativi. Una lista che farà tremare più di un politico, che in passato si è segnalato per le sue posizioni anti-gay. "Ora non seguo più l'operazione in prima persona  -  precisa però Mancuso  -  e sono grato a questo gruppo di aver preso il testimone di questa iniziativa, sicuramente non facile".

La data del secondo invio  -  salvo "terremoti" legali, oltre che interventi della polizia postale  -  non è stata ancora decisa. Quel che è certo, è che nelle settimane passate il cellulare di Mancuso ha ricevuto non poche chiamate di "curiosità" da parte di parlamentari interessati a quella lista. Inizialmente si era parlato di cento nomi, adesso quel dato è lievitato, grazie anche a segnalazioni esterne, provenienti dallo stesso gruppo di attivisti anonimi. Che, in queste ore, si sono fatti vivi tramite il sito che ospiterà la lista: "Abbiamo deciso di iniziare con questi primi dieci nomi per far comprendere chiaramente come nel Parlamento italiano viga la regola dell'ipocrisia e della discriminazione. I politici di cui conosciamo le vere identità sessuali sono molti altri, presenti in tutti i partiti, per ora ci limitiamo a pubblicare un estratto di quelli appartenenti ai partiti che hanno votato contro la legge sull'omofobia", scrivono. E promettono: "Da ora in poi quando avverranno attacchi nei confronti della comunità lgbt da parte della gerarchia cattolica, del mondo dell'informazione, della politica, ci riserveremo la facoltà di rispondere adeguatamente".

Un'iniziativa che, ci tiene a precisare Mancuso, era stata da lui concepita per portare alla luce l'ipocrisi di certi politici: "Attuare l'outing non è una vendetta emotiva, né riguarda un giudizio sulla sessualità occultata di politici, preti, giornalisti. E' invece la proclamazione di un pensiero politico che intende smascherare quell'area politica culturale che accredita ogni giorno il fatto che l'omosessualità sia una scelta di persone con scarsi valori morali. Non ci interessa, né sarebbe moralmente concepibile scivolare nel gossip, quello che vogliamo fare è colpire tutte quelle persone che ricoprendo attualmente incarichi pubblici, utilizzando il proprio potere, offendono, discriminano le persone lgbt, alimentano scientificamente l'odio", spiegò Mancuso quando presentò la sua iniziativa. 




http://www.repubblica.it/politica/2011/09/15/news/faremo_i_nomi_dei_politici_gay_ma_omofobi_l_ora_x_il_23_settembre_sul_web-21726095/

'Panorama' attacca lady Bossi, premier: dissento

Il leader della Lega, Umberto Bossi affiancato dalla moglie Manuela Marrone
(il leader della Lega con la moglie
Manuela Marrone)


Un articolo del settimanale è dedicato a 'Lady Bossi, Imperatrice della Padania'. Lega: metodo Boffo?



ROMA  - "Dissento nel modo più totale da ciò che ha scritto Panorama sulla Lega e sulla signora Manuela Marrone, consorte di Bossi". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi in riferimento al servizio pubblicato dal settimanale. "Sono lontanissimo - aggiunge - da contenuto dell'articolo e dall'intenzionalità ostile che da esso emerge nei confronti di ciò che riguarda la famiglia di Bossi e la stessa Lega nord"
"Ho avuto la fortuna di conoscere la signora Manuela, la stimo e la apprezzo come una persona straordinaria" dice il presidente del Consiglio. "Così come é avvenuto in altre occasioni per altri giornali - prosegue - ciò che appare oggi su Panorama mi è del tutto estraneo e ritengo anzi che sia una cattiva azione. Detto questo, è notorio che io non sono mai intervenuto sui giornali da me direttamente o indirettamente influenzati sul piano proprietario".
 'PANORAMA' ATTACCA LADY BOSSI, LA RABBIA DELLA LEGA
di Giovanni Innamorati
"Metodo Boffo" anche per Manuela Marrone, moglie del leader della Lega Umberto Bossi? Se lo sono chiesti i dirigenti del Carroccio leggendo un articolo del settimanale della Mondadori "Panorama" dedicato appunto a "Lady Bossi, Imperatrice della Padania", come recita il titolo. Immediata la reazione leghista con Roberto Calderoli che in un comunicato annuncia di aver chiesto assieme a Roberto Maroni spiegazioni al premier Berlusconi, visto che l'editore del settimanale è la figlia Marina. L'articolo di Panorama insiste sulla divisione all'interno della Lega Nord tra il "cerchio magico", cioé i dirigenti più vicini a Bossi che tendono ad escludere gli altri, e i "maroniani". Contrapposizione che creerebbe "un clima sempre più teso" all'interno del Carroccio. Il settimanale di Segrate dipinge Manuela Marrone in Bossi come "l'anima nera del movimento", all'origine della nascita del cosiddetto "cerchio magico". "Gestisce l'agenda del marito - si legge - stabilisce chi affiancargli, chi premiare. E ora sta combattendo la lotta contro i 'maroniani' ribelli e dissidenti che non le perdonano di trattare il partito come un bene di famiglia, da destinare al 'Trota'", vale a dire al figlio Renzo".


Il tutto corredato dai racconti di alcune "gole profonde" che restano anonime. Il primo a reagire è stato Calderoli, che nelle ultime settimane si è speso per respingere l'immagine di una Lega divisa. Il ministro ha definito l'articolo " un attacco ignobile, inqualificabile, ingiustificato e totalmente privo di senso". E poi ha riferito che assieme a Roberto Maroni ha parlato con Berlusconi di "questa gratuita carognata". Quindi un ammonimento allo stesso premier: "ci attendiamo da lui delle risposte immediate e risolutive". Da Calderoli è venuto un invito a "tutti nel movimento" a "portare rispetto e riconoscenza" per chi conduce la battaglia "di dare voce ai popoli del Nord", a partire, appunto da "Umberto e Manuela", senza i quali "i furbetti del movimento sarebbero niente". Stilettata che tradisce però un clima tutt'altro che disteso all'interno dei Lumbard. "Se qualcuno pensa che queste menzogne costruite ad arte - ha tuonato Federico Bricolo, capogruppo in Senato - possano intaccare l'affetto che i militanti hanno per Bossi e sua moglie Emanuela si sbaglia di grosso. Queste illazioni fanno fare solo una brutta figura a chi le ha pubblicate". Il Governatore del Piemonte, Roberto Cota, parla di "una cosa ignobile e vergognosa". "Nella Lega - ha detto - siamo come una famiglia perché così ci ha insegnato Umberto Bossi. Le divisioni le inventano gli altri perché sanno che questa è la nostra forza".


Berlusconi è a colloquio da Giorgio Napolitano- roba di ieri - e vorrebbe il via libera per undecreto anti-intercettazioni: il materiale proveniente da Bari va immediatamente bloccato. Potrebbe uscire già oggi. Ne stanno parlando ovunque, da Berlino a Washington
Il Presidente della Repubblica risponde picche: bloccare le intercettazioni? nemmeno per sogno. Ma perché il Premier è così preoccupato? Ce lo spiegano Bei e Milella su Repubblica di oggi: 

Sarebbero, almeno così si racconta nel Pdl, intercettazioni zeppe di imprudenti giudizi su capi di Stato stranieri, d’importanza strategica nell'attuale crisi economica come la Merkel. Piene delle scorribande sessuali del Premier. Generose di rivelazioni su una ministra italiana.
Berlusconi a Napolitano: "... Presidente, quello che sta accadendo nei tribunali è davvero una barbarie, una cosa inconcepibile ... Adesso vogliono pure interrogarmi come parte lesa, anche se io non mi sento affatto "leso" ... Ma la questione più grave è che continuino a uscire, in modo del tutto disumano, queste intercettazioni. Anche oggi usciranno ...Bisogna bloccare tutto questo fango, e bisogna farlo subito. Io terrò stasera (ieri sera, Ndr.) un consiglio dei ministri. Posso fare un decreto ... le assicuro che possono uscire delle cose in grado di compromettere anche i rapporti internazionali dell'Italia. Almeno quella parte bisogna bloccarla ... Lei, presidente, si rende conto che se escono certe cose non salto solo io e il governo, ma salta il Paese?".

Berlusconi, avrei bisogno di 850 mila euro. - di Enzo Di Frenna





Egregio presidente del Consiglio,

Lei è generoso. Avrei bisogno di 850 mila euro in contanti. Nessun assegno. Nessun bonifico. Nessuna traccia da lasciare in giro. Stia tranquillo: dirò che mi ha aiutato perché sono in difficoltà economica e ho una famiglia a carico. Utilizzerò i soldi in modo intelligente. Mi metterò al sicuro dalla crisi economica che lei ha contribuito ad aggravare, mettendo in ginocchio l’Italia.

Se lei è un uomo di parola, mi conttatterà e metterà mano al portafoglio. Altrimenti penserò che lei è solo uno sbruffone. Che le spara grosse. Mi verrà il dubbio che, tra le migliaia di padri di famiglia in difficoltà economica, lei ha aiutato proprio Gianpaolo Tarantini, indagato dalle procure per ben sette volte per varie ipotesi di reato. Ha aiutato questo signore che ha portato a a casa sua avvenenti prostitute. E se i magistrati lo hanno arrestato perché avrebbe violato la legge parecchie volte, è un dettaglio. Se si è rovinato con le sue mani, fa nulla. Lui meritava lo stesso il suo aiuto economico.

Certo, lei non immaginava che su 850 mila euro sborsati per sostenerlo spuntasse fuori un Lavitolache ne tratteneva  400 mila. Ma non si preoccupi: con me non succederà. Le do la mia parola che incasserò tutti i soldi, senza intermediari. Forza, allora. Dimostri il suo buon cuore ancora una volta. Mi consenta di ricredermi sulla sua spacconaggine. Mi permetta di non pensare più che lei ha unapropensione alla menzogna, come diceva Indro Montanelli. Mi convinca che non capovolge continuamente la realtà perché la menzogna veicolata su milioni di teleschermi può diventare una verità nelle menti dei telespettatori.

Su, mi aiuti a cambiare l’idea che mi sono fatto di lei. Non voglio più pensare che è il peggiore serpente degli schermi che l’Italia ha generato negli ultimi 150 anni. Il peggior presidente del Consiglio e il peggior corruttore della nostra democrazia. Aspetto con ansia una sua telefonata. Non si preoccupi: non sarò intercettato. Non mi conosce nessuno. Sono un italiano qualunque.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/13/berlusconi-avrei-bisogno-di-850-mila-euro/156921/

Il gip: il nastro è un regalo al premier in vista delle elezioni.


Scrive il giudice: la pubblicazione e sul Giornale «avrebbe leso, come è stato, l'immagine di Fassino»

Piero Fassino (Emblema)

MILANO - Il nastro dell'intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte ai tempi della scalata alla Bnl fu un «regalo ricevuto» da Silvio Berlusconi «stante l' approssimarsi delle elezioni politiche». Lo scrive il gip di Milano, Stefania Donadeo, nell'ordinanza con cui ha ordinato l' imputazione coatta per il premier. La pubblicazione dell'intercettazione suIl Giornale, infatti, scrive il gip, «avrebbe leso, così come è stato, l'immagine di Piero Fassino».
«CONCATENAZIONE LOGICA» - «Le principali fonti di prova sono le dichiarazioni rese nel corso dei diversi interrogatori dagli allora coindagati, tali dichiarazioni dei richiamanti in correità, in quanto convergenti nei tratti essenziali, consentono la ricostruzione di una concatenazione logica di vari sillogismi che impongono la necessità dell'esercizio dell'azione penale anche per Silvio Berlusconi, in ordine al reato di rivelazione di notizia, coperta dal segreto d'ufficio». È quanto si legge nelle motivazioni con cui il gip di Milano, Stefania Donadeo, ha giovedì respinto la richiesta di archiviazione e ordinato l'imputazione coatta per il premier Silvio Berlusconi in relazione al passaggio di mano del nastro Fassino-Consorte («abbiamo una banca»). Intercettazione che venne pubblicata da Il Giornale il 31 dicembre del 2005.
PREMIER RINGRAZIÒ - «La pubblicazione della notizia (il contenuto dell'intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte, ndr) proprio dopo e solo dopo l'ascolto da parte di Silvio Berlusconi, come volevano tutti, (gli imprenditori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli, ndr), i ringraziamenti seguiti da parte di Silvio Berlusconi, costituiscono dati di fatto storicamente provati che logicamente interpretati rendono necessario l'esercizio dell'azione penale anche nei confronti» del premier. È quanto scrive il gip di Milano Stefania Donadeo. Secondo il gip, inoltre, «non si può e non si deve escludere che (...) Raffaelli (il titolare dell'azienda che si occupava delle intercettazioni, ndr) oltre a far ascoltare le conversazioni abbia anche consegnato la chiavetta al presidente, il quale l'avrebbe ricevuta ringraziando». Tale condotta, spiega ancora il gip, «ancor più evidenzierebbe il suo favore per la pubblicazione».
SALTA LA RICETTAZIONE - Nello stesso provvedimento il gip di Milano Stefania Donadeo ha accolto invece la richiesta di archiviazione del pm in ordine al reato di materiale ricezione del supporto informatico sul quale erano riportate le conversioni tra Fassino e consorte. È quanto emerge dal provvedimento depositato dal giudice. Per il gip, infatti, «non può addebitarsi il delitto di ricettazione posto che esso si configura in ipotesi di illecita circolazione di un bene materiale e non di una informazione».
PORTAVOCE FASSINO - Gianni Giovannetti, portavoce del sindaco di Torino Piero Fassino commenta la notizia: «La decisione del Gip di Milano, che definisce addirittura «un regalo elettorale al premier» l'intercettazione pubblicata dal giornale della famiglia Berlusconi, conferma che ai danni dell'on. Fassino è stata ordita una trappola al fine esclusivo di denigrare il leader del principale partito di opposizione. Siamo fiduciosi che l'opera della magistratura accerterà fino in fondo tutta la verità».
Il direttore di «Libero» Maurizio Belpietro (Emblema)
Il direttore di «Libero» Maurizio Belpietro (Emblema)
BELPIETRO TRANQUILLO - «Di questa storia non so nulla. Ho pubblicato la notizia delle intercettazioni perchè mi era arrivata da un collega che me la ha data. Di tutto il resto non so nulla». Lo dice Maurizio Belpietro, attuale direttore di «Libero», parlando della sua iscrizione nel registro degli indagati chiesta dal Gip Stefania Donadeo per la fuga di notizie sull'intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte, che lui pubblicò quando era direttore de Il Giornale. «Di questi personaggi non so nulla. Adesso leggerò anche le carte per capire perché vengo coinvolto in questa vicenda. Vedremo, io la ho pubblicata come tutte le intercettazioni. Facciamo questo mestiere» dice all'Ansa Belpietro. Poi aggiunge: «Sono tranquillo, assolutamente. Non ho motivo di non esserlo. Appena gli avvocati hanno guardato le carte, sentirò».
LA VICENDA- La vicenda giudiziaria per cui il gip di Milano ha respinto la richiesta di archiviazione per il premier, Silvio Berlusconi, nasce dalla pubblicazione su Il Giornale, il 31 dicembre del 2005, dell'intercettazione di una telefonata fra l'allora leader dei Ds, Piero Fassino, e il presidente di Unipol, Giovanni Consorte, dove il politico chiedeva al manager «Ma allora abbiamo una banca?». L'intercettazione non era a disposizione delle parti, ma nell'esclusiva disponibilità degli inquirenti, dei pm e della polizia giudiziaria e non era nemmeno stata trascritta. Inizialmente il premier, nell'avviso della chiusura delle indagini notificato alle parti alla fine dell'ottobre del 2010, era indicato come parte lesa, mentre poi è stato iscritto nel registro degli indagati con le accuse di ricettazione e di rivelazione di segreto d'ufficio; un'iscrizione, tuttavia, di tipo «tecnico», considerato che i pm avevano già deciso di sollecitare l'archiviazione. La richiesta di archiviazione, tuttavia, era stata respinta già lo scorso giugno dal giudice Stefania Donadeo, in veste di gup: il magistrato aveva fissato un'udienza per il 16 luglio scorso, così da chiarire la posizione del presidente del Consiglio. Tre giorni dopo, il 19 luglio, Donadeo, in veste di gip, a fronte della richiesta di archiviazione del pm di Milano, Maurizio Romanelli, e della difesa del premier, rappresentato da Niccolò Ghedini, si è riservato di decidere, respingendo al tempo stesso due eccezioni presentate dai difensori (l'obbligo di astensione del giudice e la mancanza di motivazioni del suo provvedimento per l'udienza). Una decisione che è arrivata giovedì, con la scelta di chiedere al pm di formulare nei confronti di Silvio Berlusconi l'imputazione coatta, una sorta di richiesta di rinvio a giudizio per la quale fisserà successivamente un'udienza preliminare. Nella stessa inchiesta è stato indagato, e poi rinviato a giudizio lo scorso giugno, anche il fratello del premier ed editore de Il Giornale, Paolo Berlusconi, accusato di ricettazione, millantato credito e concorso in rivelazione del segreto d'ufficio e il suo processo inizierà il 4 ottobre. Sempre lo scorso giugno era stato poi condannato a 2 anni e 4 mesi l'imprenditore Fabrizio Favata, che aveva richiesto il rito abbreviato; avevano invece optato per il patteggiamento gli imprenditori Eugenio Petessi e Roberto Raffaelli, titolare della Research Control System (Rcs), l'azienda che aveva fornito le attrezzature per l'intercettazione. Era stato assolto, invece, il giornalista Gianluigi Nuzzi, che nel 2005 lavorava per Il Giornale.

Senatori, hanno lavorato appena 62 giorni (in otto mesi) intascando 1907 euro al giorno!

                                                              

62 sono i giorni effettivamente lavorati dai senatori dall’inizio dell’anno ad oggi.
Nello stesso periodo, un normale lavoratore (non considerando i sabati e le domeniche e gli altri festivi) è stato occupato per 160 giorni.
Il dato è stato ottenuto trasformando le 498 ore di sedute di aula (298) e commissioni (200) in giornate lavorative di ore.
Fino al 31 agosto, cioè in 8 mesi, i senatori hanno nel frattempo riscosso, tra indennità e altri compensi, ben 118.288 euro.
Quindi, un giorno di lavoro degli eletti di Palazzo Madama è costato 1.907 euro, un’ora 237. (L’Espesso)
Berlusconi ha “salvato l’Italia” grazie alla sua “manovra equa”… e a noi chi ci salva da loro?


http://www.stopcensura.com/2011/09/senatori-hanno-lavorato-appena-62.html