venerdì 23 settembre 2011

Incontri istituzionali: Berlusconi due ore a colloquio con Sabina Began.







Il Cavaliere ci dimostra ogni giorno che ha a cu…ore l’interesse del paese
Mattinata di incontri, stamane a Palazzo Grazioli, per il premier Silvio Berlusconi. Il Cavaliere si è intrattenuto per circa un’ora e mezza con niente popò di meno che Sabina Began. La signora, indagata nell’inchiesta della procura di Bari per il caso Tarantini, ha fatto ingresso in taxi nella residenza romana del premier e ha lasciato il Palazzo dopo circa 90 minuti.
ANGELINO E’ IL DOVERE – A seguire (prima il piacere e poi il dovere), il premier ha ricevuto il segretario del Pdl Angelino Alfano, con il quale si è intrattenuto a pranzo. E con Vespa, subito dopo. Interpellato dai cronisti sui motivi della visita al Cavaliere, il giornalista ha esibito la custodia del laptop. “Sono qui per il libro”, ha chiarito riferendosi alla tradizionale uscita in libreria di Vespa, che quest’anno si intitolera’ “Questo amore”.


http://www.giornalettismo.com/archives/151153/incontri-istituzionali-berlusconi-due-ore-a-colloquio-con-sabina-began/

La Procura di Napoli al Riesame: perseguire Berlusconi come imputato.







Nuova mossa dei pm campani:
"Pressioni del premier sui testi"

GUIDO RUOTOLO
NAPOLI
Nuova mossa della Procura di Napoli contro Berlusconi. I pm hanno presentato una richiesta al tribunale del Riesame per valutare se il presidente del Consiglio, alla luce dell'inchiesta sul caso Tarantini, non sia perseguibile come imputato. L'articolo richiamato dai magistrati è il 377 bis del codice penale: "Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria".

L'articolo testualmente dice: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti alla autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni».


La lista di politici gay scatena polemiche e spacca la comunità omosessuale





Roma - «Una pagina da operetta: la strombazzatissima lista di politici gay omofobi è stata pubblicata con ben 20 minuti di anticipo, e contiene 10 nomi di politici, nessuna prova, nessuna evidenza della loro omofobia, nessun dossier, nessuna fonte verificata o verificabile, almeno per ora». Non usa mezzi termini Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay, in merito alla lista, pubblicata sul sito Listaouting, di nomi di esponenti politici che sarebbero omosessuali non dichiarati.
«Qui siamo oltre la valutazione dello strumento outing, da cui ci siamo da subito discostati in coerenza con la nostra cultura, la nostra tradizione ed i nostri principi, qui siamo di fronte ad un miserevole rigagnolo di pettegolezzi senza fondamento preciso che finisce per ingannare le aspettative delle persone, la loro rabbia e la sofferenza per la mancanza di diritti. L’operazione così conclusa non ha alcun valore ma solo il ridicolo della sua inconsistenza e il cinismo con cui ha giocato sulla stanchezza delle persone lgbt», ha concluso Arcigay.
Di orrori del passato parla invece il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna. «Una
Il ministro Carfagna
bufala, cinica e violenta: diffamazione gratuita che non aiuta certo la causa della lotta contro l’omofobia, anzi, fomenta l’intolleranza e, quindi, la violenza» ha detto il ministro. « Tutti coloro che si battono per il rispetto degli omosessuali e dei loro diritti oggi condannano questa iniziativa ritenendola discriminatoria, sbagliata e controproducente: utilizzare il presunto orientamento sessuale come strumento politico è una bassezza»conclude Carfagna.












http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2011/09/23/AOxmM36-omosessuale_polemiche_comunita.shtml

Scoperti più di settanta geni chiave nella rigenerazione delle connessioni neurali.


Li hanno identificati i ricercatori della University of California di San Diego. I sei geni che inibiscono
la riparazione degli assoni sono forse i più importanti

(Archivio Corsera)
(Archivio Corsera)
MILANO - La ricerca, promossa dai biologi della University of California di San Diego, è durata più di due anni e ha riguardato 654 geni che gli scienziati hanno ritenuto in qualche modo coinvolti nella rigenerazione degli assoni neurali, responsabili della connessione tra le varie cellule nervose e via principale della trasmissione degli impulsi elettrici. Al termine del biennio, gli studiosi californiani ritengono di avere individuato 76 geni che favoriscono la "riparazione" degli assoni e sei che invece la inibiscono.
LA RICERCA - Per riuscire a individuare i geni che davvero hanno un ruolo nella ricostruzione degli assoni, i biologi statunitensi si sono avvalsi dell'involontaria collaborazione di 10 mila Caenorhabditis elegans, vermi nematodi della lunghezza di circa un millimetro e tra gli organismi modello più utilizzati nello studio della biologia dello sviluppo. Il primo passo è stato quello di creare mutazioni genetiche di questi vermi trasparenti per ognuno dei 654 geni sotto esame. In seguito i neuroni di questi nematodi sono stati evidenziati grazie all'uso di una proteina fluorescente verde e quindi, tramite l'impiego di un precisissimo laser chirurgico, è stato danneggiato un assone specifico. Grazie all'osservazione dei fenomeni di rigenerazione, o della loro assenza, a distanza di 24 ore dalla lesione gli scienziati sono stati in grado di determinare quali tra i 654 geni fossero effettivamente coinvolti nel processo di «guarigione» degli assoni. «Non si sa molto delle capacità di ricrescita degli assoni dopo che sono stati danneggiati - ha detto Andrew Chisholm, coautore dello studio - Quando ci si trova davanti a una lesione del midollo spinale o a un ictus, i danni sono ingenti e le capacità rigenerative sono inefficienti».
76 CONTRO 6 - Nonostante sia altamente probabile che i geni identificati nei vermi abbiano le stesse funzioni nei mammiferi (le loro funzioni sono rimaste pressoché inalterate nel corso dell'evoluzione), il team di biologi della UCI di San Diego ha stretto una collaborazione con altri ricercatori per verificare sui topi quali tra i geni in esame abbia un ruolo davvero rilevante. Per il momento i risultati dello studio californiano, pubblicato sul numero di settembre della rivista Neuron, sottolineano che alcuni tra i 76 geni «ricostruttivi»erano già noti per avere altre funzioni, come per esempio la regolazione del rilascio di neurotrasmettitori. Ma ancora più interessante è stata l'individuazione dei sei geni che bloccano la ricrescita degli assoni: «La scoperta di questi inibitori è probabilmente il risultato più eclatante - dice ancora Chisholm - poiché identificare ed eliminare questi fattori potrebbe avere la stessa incidenza dei meccanismi biochimici che favoriscono la rigenerazione degli assoni a seguito di lesioni midollari o di altri danni neurologici».
Emanuela Di Pasqua

Siria: orrore per ragazza deapitata e smembrata.




BEIRUT - Decapitata, smembrata, e scorticata: in queste condizioni le autorità siriane hanno riconsegnato alla famiglia il corpo di Zainab al Hosni, ragazza di 18 anni, prelevata dalla sua casa lo scorso luglio da uomini sospettati di essere membri dei servizi di sicurezza di Damasco. E' quanto afferma oggi Amnesty International, secondo cui la giovane, originaria di Homs, sarebbe stata arrestata per indurre suo fratello, Muhammad Dib al Hosni, 27 anni, uno degli organizzatori delle proteste anti-regime nella terza città siriana, a consegnarsi alle autorità. La notizia della consegna del corpo, fatto a pezzi, di Zainab, si era diffusa nei giorni scorsi a Homs e nel resto della Siria suscitando orrore. Le autorità dell'ospedale militare di Homs avrebbero comunicato alla famiglia di Zainab che la ragazza era stata rapita, uccisa e il suo corpo smembrato da non meglio precisate bande armate. La madre della giovane era stata convocata a fine agosto a ritirare quel che restava della salma del figlio Muhammad, arrestato pochi giorni prima, e anch'egli forse morto sotto tortura. In quell'occasione, la donna avrebbe trovato per caso anche il corpo della figlia.
Sulla salma del ragazzo - sempre secondo Amnesty International - erano evidenti i segni di tre fori di pallottole al petto, uno alla gamba destra, e un altro al braccio destro, di bruciature di sigarette su tutto il corpo e contusioni sulla schiena. Secondo l'organizzazione umanitaria internazionale basata a Londra, si tratta del quindicesimo caso di morte nelle carceri siriane solo ad agosto. Il 103/mo dall'inizio della repressione oltre sei mesi fa. Analogo orrore aveva suscitato lo scorso aprile la sorte di Hamza al Khatib, tredicenne siriano della regione meridionale di Daraa, il cui corpo era stato riconsegnato alla famiglia dai servizi di sicurezza governativi con evidenti segni di torture mostrati in alcuni filmati amatoriali, la cui autenticità era stata smentita dai media ufficiali di Damasco. Anche in quel caso, il regime siriano aveva attribuito la morte del piccolo Khatib a bande armate, che dopo averlo ucciso con colpi di arma da fuoco ne avevano martoriato il corpo. Più di recente, un altro caso di morte nel periodo di detenzione in Siria risale a due settimane fa: la salma del giovane attivista Ghiyath Matar, di Daraya, sobborgo di Damasco, era apparsa su numerosi video amatoriali che mostravano una lunga ferita, ricucita con vistosi punti di sutura, tra lo sterno e l'inguine. Alle condoglianze funebri in onore di Matar, si erano recati anche gli ambasciatori americano, francese, danese e giapponese in Siria, suscitando proteste di Damasco.

Stellette e divisa. La Difesa della Casta. - di Paola Zanca




Tre milioni e mezzo di euro all'anno per la pulizia di 44 alloggi, 409mila 
euro per le indennità speciali. E poi pensioni d'oro, sconti e benefit: tutti 
gli sprechi delle Forze Armate.

Per tutti c’è la certezza di andare in pensione con il 50 per cento di soldi in più rispetto agli altri dipendenti pubblici. E a fine carriera, cinque anni a pensione praticamente raddoppiata solo perché esiste la (remota) possibilità di essere richiamati in servizio. Per 44 generali c’è un appartamento di rappresentanza che può arrivare a 600 metri quadri per cui lo Stato paga tutto, anche le pulizie. E per sei di loro c’è anche una “speciale indennità pensionabile” che si traduce in 409.349 euro l’anno a testa e che si somma alla pensione ordinaria. Ecco quanto costa lo spirito di sacrificio delle forze armate italiane. Qui non parliamo dei 41 soldati italiani mai rientrati dall’Afghanistan, né dei carabinieri che si ritrovano a pattugliare le strade con auto vecchie e senza benzina. Parliamo di quella stretta cerchia di militari italiani che alle missioni all’estero preferisce un soggiorno tra le cime di Dobbiaco a 30 euro a notte in alta stagione.

Casa pulita, all inclusive
Prendiamo i 44 generali e ammiragli delle Forze Armate (Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri) che hanno diritto all’alloggio di servizio e rappresentanza, il cosiddetto ASIR. “Questi alloggi – rilevava già nel 2006 la senatrice di Sinistra democratica Silvana Pisa – sono idealmente suddivisi in un’area di rappresentanza, i cui costi di gestione e mantenimento stanno a carico dell’amministrazione della difesa, e in un’area per così dire privata affidata alla gestione dell’alto ufficiale al quale l’alloggio è stato temporaneamente assegnato”. Nulla da eccepire se non che “tra le spese a carico dell’amministrazione vi sono naturalmente anche quelle quotidiane di pulizia dei locali degli alloggi, di rifacimento letti”. Di che si tratti, lo spiega bene l’ultimo capitolato di gara disponibile: “Spazzatura e lavatura dei pavimenti delle camere, corridoi, scale, ballatoi, con idonei prodotti disinfettanti; spazzatura e lavatura dei bagni comprese le relative pareti piastrellate, (…) spolveratura di tutti i mobili; battitura di cuscini e divani; pulizia e battitura degli scendiletto e pulizia di tappeti e moquette con idoneo aspirapolvere e/o battitappeto; (…) spolveratura e lucidatura di argenteria, oggetti in rame ed ottone; battitura dei tappeti e delle guide; ceratura dei pavimenti in parquet con prodotti specifici; pulizia, esterna ed interna, con aspirapolvere dei mobiletti porta condizionatori; spolveratura e pulizia con prodotti specifici dei lampadari; lavaggio e lucidatura con idonei prodotti di tutta la posateria in alpacca argentata/argento, (…) lavaggio delle tende, con esclusione delle mantovane e sopratende”. Il tutto alla modica cifra di 76.260 euro ogni anno per pulire un solo appartamento (fa 3 milioni e mezzo per tutti e 44).

Pensioni e indennità speciale
La pensione media per chi ha lavorato nel comparto militare è di 32 mila euro l’anno: quella dei dipendenti dei ministeri “civili” si aggira invece sui 20 mila euro. Oltre alla pensione ordinaria, al Capo di Stato maggiore della Difesa, ai tre Capi di Stato maggiore delle Forze Armate, al comandante generale dell’Arma dei Carabinieri e al Segretario generale della Difesa spetta una “speciale indennità pensionabile”: 409 mila 349 euro l’anno, che moltiplicati per sei sfiorano i due milioni e mezzo di euro annui.

L’ausiliaria
Dopo la pensione, per cinque anni, ufficiali e sottufficiali restano a disposizione della Difesa: per esempio, capita che in un lustro, per un paio di giorni vengano richiamati per partecipare a qualche commissione di concorso. Ecco, l’ausiliaria, il disturbo per intenderci, nel 2011 pesa 326 milioni di euro. Senza contare quanto vale in aumento del costo delle pensioni, ricalcolate alla fine dei 5 anni con l’anzianità maturata in più.

Terme e vacanze
Villa Irma, a Dobbiaco, era un albergo: oggi è considerata un Centro di addestramento alla sopravvivenza in montagna. Eppure, sempre albergo è: con 30 euro a persona, militari e famiglia possono soggiornare tra le cime delle Alpi. Nel Mar Ligure, all’isola Palmaria bastano 22,22 euro (le tariffe sono del 2005), al Terminillo 28, mentre “trascorrere periodi di riposo e di recupero psico-fisico” ad Alghero costa 27 euro per notte. Anche qui la domanda è semplice: perché devono essere colonnelli (con quello che costano) a gestire strutture del genere?
Le spese per il personale costituiscono il 65 per cento dei costi per la Difesa. Se al totale aggiungiamo le uscite non contemplate dal bilancio “ufficiale” (per esempio le pensioni) si superano i 23 miliardi di euro l’anno: l’1,44 per cento del Pil nazionale dicono i dati Nato, molto più dello 0,8 raccontato dalla “vulgata” governativa. E mentre in Gran Bretagna il governo Cameron, tra le proteste dei generali, “rottama” 200 mezzi corazzati e 100 caccia F35, noi “abbiamo ancora centinaia di carri armati come se domani dovessimo affrontare i carri sovietici sulla soglia di Gorizia”, dice Toni De Marchi, giornalista a lungo consulente parlamentare in commissione Difesa. “Ma le scelte di politica militare dell’Italia sono molto spesso dettate dalla naturale tendenza di un corpo burocratico di perpetuare se stesso e i propri privilegi: preparandosi a una guerra che non si farà mai, si difende un potere che non esiste più”.


Berlusconi agonizza, Mediaset crolla in Borsa. di Vittorio Malagutti




Titolo al minimo storico, in un anno ha perso il 60 per centro (oltre un miliardo di 


euro), contro il 34 per cento perso in generale da piazza Affari. Così i mercati 


scaricano le aziende del Cavaliere.

L’interminabile agonia politica del suo governo è già costata a Silvio Berlusconi più di un miliardo di euro. A tanto ammonta la perdita di valore in Borsa delle quote azionarie del premier in Mediaset e Mondadori negli ultimi nove mesi. Cioè da quando, il 14 dicembre scorso, il governo riuscì a salvarsi in Parlamento grazie ai voti di Scilipoti e compagnia. Da allora intercettazioni a luci rosse, scandali sessuali, processi e manovre finanziarie a vanvera hanno fatto precipitare la già scarsa credibilità del premier-imprenditore tra gli investitori internazionali.

In questi giorni la fiducia, misurata con il termometro del mercato azionario è precipitata al minimo storico. Da quando è sbarcata in Borsa, nell’ormai lontano luglio del 1996, la quotazione di Mediaset non era mai caduta così in basso. Ai bei tempi tra il 2005 e il 2006, quando la bolla finanziaria assicurava grassi profitti a tutti, i titoli viaggiavano tra i 9 e i 10 euro.

Ieri invece le azioni del gruppo televisivo hanno chiuso la seduta borsistica con un ribasso del 6,9 per cento a 2,18 euro (e questa mattina Mediaset perde ancora). Significa che la quota di proprietà di Berlusconi, pari al 40 per cento circa del capitale di Mediaset, vale ormai poco meno di un miliardo, per l’esattezza 995 milioni. Il giorno del fatidico sì di Scilipoti quella medesima quota aveva fatto segnare un prezzo di 2,1 miliardi. Poi c’è Mondadori che nello stesso arco di tempo si è ristretta del 40 per cento. Un ribasso che si traduce in una perdita (per ora solo teorica) di 140 milioni nei bilanci della holding Fininvest.

Brutta storia di sicuro per il Cavaliere, che però, nonostante il crollo delle quotazioni, continua a navigare nell’oro e a comandare nelle aziende di famiglia. La musica è diversa per i risparmiatori che hanno avuto la sfortunata idea di puntare i loro soldi sulle società berlusconiane. Negli ultimi 12 mesi il titolo Mediaset ha perso quasi il 60 per cento. In altre parole, 10 mila euro investiti a settembre del 2010 adesso sono diventati poco più di 4 mila. È vero, nel frattempo tutto il mercato azionario si è ristretto. E di molto. Nell’ultimo anno però l’indice di Borsa è arretrato solo (si fa per dire) del 34 per cento contro il 60 per cento di Mediaset.

Il fatto è che gli investitori sono sempre più pessimisti. Temono che la debolezza del governo Berlusconi e la sua eventuale prossima caduta si traducano in un colpo pesante per gli affari del premier. E così il fattore B adesso è diventato un boomerang. Il conflitto d’interessi che in passato aveva garantito il successo delle aziende targate Fininvest ora le condanna a una spirale di ribassi in Borsa. Lo scenario futuro, in effetti, appare tutt’altro che rassicurante. Con il Pdl all’opposizione niente più leggi ad azienda come la famigerata Gasparri, giusto per ricordare il caso più clamoroso. Ma per fare un altro esempio si può citare la norma, varata un anno fa, che ha consentito a Mondadori di estinguere una sua vertenza fiscale pagando solo il 5 per cento di quanto preteso dall’Erario. Un obolo di soli 8,6 milioni, come denuncia il senatore del Pd, Giuliano Barbolini, contro i 173 milioni pretesi dall’Agenzia delle Entrate.

Mediaset, in effetti, non se la passa granché bene già per i fatti suoi. La crisi economica frena gli investimenti pubblicitari, che sono la benzina delle televisioni. E allora ricavi e profitti non corrono più come una volta. L’ultima semestrale di Mediaset ha deluso gli analisti e le prospettive per quest’anno non sono esaltanti. Discorsi simili, però, valgono anche per gli altri grandi gruppi del settore media, come la Rcs Corriere della Sera o L’Espresso. E infatti entrambi i titoli hanno perso molto terreno in Borsa. Per loro, però, il ribasso nell’arco di un anno è compreso tra il 30 per cento (Espresso) e il 41 (Rcs). Mediaset invece è crollata del 60 per cento. A fare la differenza è il fattore B.