domenica 25 settembre 2011

sabato 24 settembre 2011

Inchiesta G8, 18 rinvii a giudizio ci sono Bertolaso, Anemone e Balducci.






La decisione del Gup di Perugia sulla cosiddetta 'cricca'. Ci sarebbe stato uno scambio di favori e corruzioni tra imprenditori e pubblici ufficiali per l'assegnazione degli commesse per i Grandi Eventi.


ROMA - Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Perugia Claudia Matteini ha rinviato a giudizio 18 dei 19 imputati dell'inchiesta G8 relativa ad appalti e corruzione. Tra le persone che saranno processato il 23 aprile del prossimo anno vi sono l'ex capo della protezione civile Guido Bertolaso, l'ex presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici Angelo Balducci e l'imprenditore Diego Anemone.

Secondo l'accusa ci sarebbe stato uno scambio di favori e corruzioni tra imprenditori e pubblici ufficiali per l'assegnazione degli appalti per i Grandi Eventi. Fra i reati contestati, a vario titolo, l'associazione per delinquere e la corruzione. L'unico degli indagati ad essere stato prosciolto è stato Francesco Alberto Covello. Nessuno degli indagati era presente in aula al momento della lettura del dispositivo.

Le tappe dell'indagine. Una "cricca di banditi" che operava in un sistema "gelatinoso". Scrisse così, riferendo i termini adoperati dagli stessi indagati nelle telefonate intercettate, il gip di Firenze Rosario Lupo, nell'ordinanza di custodia cautelare firmata il 10 febbraio 2010 che fece deflagrare il caso dell'inchiesta sugli appalti del G8 e i 'Grandi eventi'. E che portò in carcere il costruttore Diego Anemone e i funzionari pubblici Angelo Balducci, Mauro della Giovampaola e Fabio De Santis.
La procura fiorentina era arrivata al gruppo indagando sulla costruzione della nuova Scuola Marescialli. Ma dalle intercettazioni emerse fin da subito, per l'accusa, come la "cricca" avesse influenzato alcuni dei maggiori appalti degli ultimi anni, dai Mondiali di nuoto a Roma del 2009 al G8 della Maddalena, fino alle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia. 

Secondo il gip, Anemone anche tramite persone e società a lui riferibili o collegate, riuscì a corrompere diversi funzionari pubblici, facendo compiere loro atti contrari ai doveri d'ufficio connessi all'affidamento e alla gestione degli appalti per i 'Grandi eventi'. L'opera di convincimento, sempre secondo le carte dell'inchiesta, avveniva grazie alle "utilità", che comprendevano l'uso di cellulari e di auto, arredi per la casa ma anche il pagamento di prestazioni sessuali. La prima svolta nell'inchiesta avvenne quando emerse il coinvolgimento, tra gli altri, dell'ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, a causa del quale il fascicolo passò per competenza alla procura di Perugia. Una volta nel capoluogo umbro, i pm chiesero e ottennero una nuova misura cautelare per Anemone, Balducci, De Santis e Della Giovampaola: il provvedimento, disposto dal gip il 27 febbraio, confermò quanto sancito a Firenze.
Il centro intorno a cui, per chi indaga, ruotava il "sistema gelatinoso" è il Dipartimento per lo Sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri, la struttura cosiddetta "della Ferratella" (di cui facevano parte Balducci, De Santis e Della Giovanpaola). I magistrati ritengono che le prove dell'illecita aggiudicazione degli appalti alle imprese di Anemone siano nelle numerose intercettazioni eseguite, nei file trovati all'interno dei computer sequestrati e nei tanti documenti acquisiti.

Il coinvolgimento di Bertolaso. Nelle settimane successive arrivano le richieste di arresto (respinte dal gip) anche per l'ex commissario dei mondiali di nuoto a Roma, Claudio Rinaldi, per il commercialista Stefano Gazzani e per l'architetto Angelo Zampolini. Non mancano nomi eccellenti toccati dall'inchiesta.
E' il caso dell'ex numero uno della protezione civile, Guido Bertolaso, che per gli inquirenti avrebbe favorito Anemone in alcuni appalti in cambio di dazino di denaro e favori sessuali, goduti al Salaria sport village.

Ma il caso più eclatante è quello che porta, il 4 maggio 2010, alle dimissioni da ministro di Claudio Scajola (peraltro non indagato) per via dell'ormai celebre casa di via del Fagutale, a due passi dal Colosseo, che sarebbe stata - secondo chi indaga - in parte pagata da Anemone. Sugli atti raccolti a Perugia sta ora indagando la procura di Roma.
Tra i presunti beneficiari dei lavori di Anemone spuntano intanto altri nomi illustri, come quelli dell'ex ministro Pietro Lunardi e del cardinale Crescenzio Sepe, fino al 2006 alla guida di Propaganda Fide. I due vengono indagati per corruzione ma il filone che li riguarda viene separato dall'inchiesta in attesa delle decisioni in merito alla richiesta di autorizzazione a procedere al Parlamento per l'ex ministro.

Il 26 gennaio 2011 l'inchiesta principale viene chiusa dai magistrati perugini per 22 indagati, a 15 dei quali viene contestata l'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione. Il 5 maggio la procura deposita la richiesta di rinvio a giudizio per 19 indagati e 11 società. Non ci sono tre indagati che hanno chiesto di patteggiare: il 19 maggio il primo è l'architetto Zampolini (11 mesi con pena sospesa per il reato riqualificato da riciclaggio in favoreggiamento). Il 12 luglio davanti al gup di Perugia tocca ad Achille Toro e al figlio Camillo, che patteggiano rispettivamente 8 e 6 mesi di reclusione, con pena sospesa, per il reato di rivelazione di segreto d'ufficio.

Nei giorni scorsi, i pm Sottani e Tavarnesi hanno riconfermato il quadro accusatorio ribadendo le richieste di processo per i 19 indagati, parlando di "compravendita illecita della discrezionalità amministrativa" da parte di funzionari pubblici in favore di Anemone, definito il "golden boy" dell'imprenditoria. Dal canto loro, tutti gli indagati si sono sempre proclamati innocenti ed estranei alle accuse. Tra di loro, Bertolaso, che si è definito vittima di una "macelleria mediatica" sottolineando di aver "lavorato sempre a servizio dello Stato".



http://www.repubblica.it/cronaca/2011/09/24/news/rinvio_giudizio-22173723/

 

I neutrini del Cern più veloci della luce: l’elogio della Gelmini per il tunnel che non c’è.




Secondo il ministro dell'Istruzione l’Italia avrebbe contribuito alla
costruzione dell'infrastruttura che collega Ginevra ai laboratori del Gran 
Sasso. L'opera, però, non esiste.

La notizia del superamento del limite della velocità della luce da parte di neutrini, un risultato fisico choc che sarebbe stato ottenuto nell’ambito di un esperimento del Cern, potrebbe essere oscurata dalla rivelazione che, secondo il ministro Mariastella Gelmini, l’Italia avrebbe contribuito “alla costruzione del tunnel tra il Cern ed i laboratori del Gran Sasso”. Un tunnel unico di 732 chilometri che parte dal Gran Sasso e collega direttamente con la cittadina elvetica. Peccato che in realtà il tunnel non esiste.

L’incredibile svista del ministro è tratta dall’entusiastico comunicato stampa diramato ieri dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in cui Mariastella Gelmini intende esprimere le sue congratulazioni all’intero mondo della ricerca italiana, non avendo però esattamente chiaro cosa abbiano fatto gli scienziati italiani. “Credo che quello della Gelmini sia uno svarione notevole – ha commentato Giuseppe Longo, professore ordinario di astrofisica dell’università Federico II di Napoli – non c’è alcun tunnel costruito fra il Cern e i laboratori del Gran Sasso. I neutrini dell’esperimento sono stati accelerati nell’acceleratore Lhc costruito sotto Ginevra, e poi sono stati orientati e sparati verso il Gran Sasso. Queste particelle praticamente non interagiscono con la materia e quindi, sostanzialmente, trapassano la roccia. Non c’è nessun tunnel. Tra l’altro, se si fosse scavato per 730 chilometri, data la curvatura terrestre questa fantomatica infrastruttura avrebbe attraversato il mantello, e quindi si sarebbe fuso tutto».

I fasci di neutrini lanciati dal Cern di Ginevra verso i laboratori dell’Infn (Istituto Nazionale Fisica Nucleare) del Gran Sasso hanno prodotto una grande quantità di dati, registrati nell’ambito dell’esperimento ‘Opera‘, che ora sono in fase di verifica da parte degli scienziati di tutto il mondo. “Questi dati sono a disposizione degli studiosi. La comunità scientifica li sta vagliando con cautela proprio in queste ore. Il Ministro, però, deve avere tra l’altro dei risultati tutti suoi, perché dà già per assodata la cosa” ha aggiunto Longo. Nel comunicato, infatti, il ministro emette già il giudizio: “Il superamento della velocità della luce è una vittoria epocale per la ricerca scientifica di tutto il mondo”. “Le informazioni che invece ha diffuso il Cern sono serie e professionali e hanno espresso tutte le cautele possibili e immaginabili sulla verifica di questo risultato” ha continuato Longo.

Nel comunicato stampa, inoltre, si fa riferimento agli investimenti italiani in questo progetto, a testimonianza del presunto grande impegno del Governo a favore della ricerca scientifica in Italia. Quello che però non c’è scritto è che l’esperimento ‘Opera’ ha come portavoce Antonio Ereditato, 56 anni, napoletano di origine, che ha avuto una cattedra non dal suo paese, ma dalla Svizzera. Da cinque anni, Ereditato è infatti direttore del Laboratorio di alte energie all’Albert Einstein Center for Fundamental Physics dell’Università di Berna. Si tratta di uno scienziato che “lavorava al Dipartimento di Fisica dell’Università Federico II di Napoli, era un mio collega. E certamente ricade nella categoria dei cervelli in fuga, dato che alla fine ha trovato una cattedra in Svizzera. Una categoria che testimonia l’assoluta eccellenza della ricerca italiana, e che però è costretta a scontrarsi con un mondo dell’università gestito dal Governo in modo incompetente come, tra l’altro, dimostra il recente comunicato del ministro Gelmini» ha concluso Longo.


di Stefano Pisani

Cui prodest?




A chi conviene tenere in piedi un governo che fa acqua da tutte le parti in un momento di crisi economica di immani proporzioni?


Ai cittadini no, certamente.


Conviene alla Lega di Bossi, quello che definiva Berlusconi un mafioso, perchè da sola non avrebbe i numeri per governare; lo potrebbe fare solo aggirando la Costituzione e creando la tanto decantata "padania", divenendone, pertanto, il dittatore assoluto.


Conviene a chi deve maturare il diritto al vitalizio.


Conviene, e soprattutto, a Berlusconi.
Fino a quando mr. B. rivestirà la carica di PdC, sarà pressoché inattaccabile, perchè protetto e scudato dai suoi corrotti compagni d'avventura i quali non si curano affatto del paese, ma di mantenere salda la poltrona del potere sotto le natiche.


Perchè, allora, mantenerlo ancora in piedi? 
Quali sono i presupposti per cui nessuno, primo fra tutti il Presidente della Repubblica, si ribella e scioglie le camere inducendo a nuove elezioni?
Mi domando: se l'intera opposizione, invece di limitarsi a chiedere verbalmente le dimissioni del PdC, si dimettesse a sua volta in massa, cosa succederebbe?


Qualcuno dovrebbe muoversi, mettere mano all'art. 88 della Costituzione, e sciogliere le camere!


Chiediamo le dimissioni in massa della finta opposizione: qualcosa succederà!



Berlusconi in viaggio ufficiale a Panama: ad accompagnarlo Lavitola e due ragazze. - di Ferruccio Sansa



Visita di Stato di Silvio Berlusconi, primo ministro italiano e di Valter Lavitola, oggi latitante. Amaro destino: ora Lavitola in Italia troverebbe un cellulare della polizia che l’attende. Un anno fa viaggiava con tutti gli onori sull’Airbus della Presidenza del Consiglio. Ogni dettaglio è immortalato nei video ufficiali del governo panamense del 29 e 30 giugno 2010. Accanto a loro due dame: una bruna misteriosa e una bionda che somiglia tanto a Federica Gagliardi, collaboratrice di Renata Polverini, già avvistata sul volo presidenziale in Canada di due giorni prima.

Le immagini: il tricolore e la bandiera di Panama garriscono nel vento. I notabili della Repubblica centroamericana attendono all’aeroporto con signore. Sono tutti eleganti ed emozionati, non era mai successo che un primo ministro italiano visitasse Panama. Così i vip stringono bandierine, i soldati indossano l’alta uniforme, i bambini in costume offrono doni. C’è addirittura chi espone uno striscione: “Benvenuto presidente Berlusconi”. L’aereo della Presidenza del Consiglio atterra. Lo sportello si apre ed ecco che scende Berlusconi. Subito dopo si affaccia il resto della delegazione italiana che ha viaggiato a spese dello Stato sull’Airbus presidenziale: accanto a Berlusconi… sembra proprio lui, anzi è lui, Valter Lavitola. L’unico senza cravatta. Si guarda intorno come uno che è di casa da quelle parti.



Il Cavaliere e Lavitola sono accolti dalla banda che suona l’inno. Berlusconi stringe mani, Lavitola si scambia pacche sulle spalle con i notabili panamensi. Nell’aria centinaia di palloncini bianchi, rossi e verdi: “Che meraviglia”, sorride il premier. Il rapporto tra Italia e Panama è stretto come non mai. Appena un mese prima era passato anche il responsabile della Farnesina: “È la prima volta per un ministro degli Esteri italiano in 106 anni”, aveva spiegato Franco Frattini sistemandosi i capelli e annunciando accordi anche in materia culturale e universitaria. Ma a che cosa era dovuta la visita tanto attesa nel paese del canale? Una spiegazione l’aveva data nel dicembre 2009 lo stesso Cavaliere durante la conferenza che aveva richiamato in Italia il presidente panamenseRicardo Martinelli: “Devo preparare le valigie per spostarmi a Panama. Mi mancheranno Repubblica, l’Unità, Annozero e i pm. Però cercherò di sopravvivere. Caro Ricardo, preparami un’accoglienza degna. Poi in privato ti prego di provvedere ad altre attrattive che mi stanno molto a cuore”.

I presenti l’avevano presa come una battuta. È un altro video ufficiale di Panama, del 30 giugno 2010, a raccontare le altre ragioni della visita: “Panama e l’Italia sottoscrivono un accordo in materia di lotta all’evasione fiscale e di sicurezza”. Panama non è il principale paradiso fiscale utilizzato dagli italiani, ma a Berlusconi e Lavitola sta particolarmente a cuore. Ed ecco la firma. Le due delegazioni applaudono: dalla parte italiana si intravvedono ufficiali delle forze dell’ordine, poi l’immancabile Lavitola (stavolta con cravatta), vicino a Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Quindi le due dame, bruna e bionda. Il trattato, senza che nessuno ci facesse troppo caso, è diventato operativo in due tranche, a febbraio e agosto di quest’anno, inserito nel decreto per il finanziamento delle missioni militari all’estero.



Quello che il video panamense non dice è il retroscena dell’accordo (descritto da Il Fatto l’8 settembre scorso): l’Italia passa a Panama sei navi della Guardia Costiera. Un dono che può essere stimato in 35-40 milioni. Un “allegato” per un contratto Finmeccanica.

Sorridono tutti, e ne hanno ben donde: Lavitola perché grazie a quella firma incassa una provvigione che potrebbe arrivare a 8 milioni di euro; Finmeccanica che ha intascato un contratto da 165 milioni per il pattugliamento elettronico delle coste contro i narcotrafficanti (interessate Selex, Agusta e Telespazio). E sorride, ovviamente, Martinelli perché si porta a casa sei imbarcazioni di prim’ordine: due pattugliatori di 52 metri (nuovi valgono 35 milioni l’uno, usati più di 10). Più quattro motovedette da 25 metri, del tipo utilizzato per affrontare l’emergenza immigrati a Lampedusa. L’Italia quindi in prima fila per il pattugliamento delle coste. Di Panama. Forse a questo affare si riferisce un’intercettazione contenuta nelle carte dell’inchiesta di Napoli. Al telefono Lavitola e Alessandro Picchio, consigliere militare di Berlusconi: “Sto aspettando di vedere la bozza (del decreto, ndr) che ancora non è stata pubblicata… Comunque lei non mi può far sapere se per caso sorgono problemi nel prossimo preconsiglio?”, chiede Lavitola. “Se uno insiste troppo si crea l’effetto contrario”, ribatte Picchio che, comunque, non manca di garantire il proprio interessamento.

Intanto Lavitola si è rifugiato proprio laggiù. E lancia messaggi sibillini a Niccolò Ghedini, avvocato del premier e suo nemico dichiarato: Ghedini “dal rapporto con Berlusconi ha ottenuto fama, potere e laute parcelle. Io un mare di guai”. E le minacce di prendere a bastonate Ghedini? “È vero che Ghedini e Letta si opposero alla mia candidatura alle elezioni. Avendola ritenuta una vigliaccata ero “infuriato”. Sarebbe, però, interessante se spiegassero perché Berlusconi sosteneva la mia candidatura e loro posero il veto”.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/24/mi-manda-valterino/159685/