venerdì 30 settembre 2011

Il telefono bollente del ministro Romano. - di Andrea Cottone






Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. Nella massima di Wolfgang Goethe, il grande scrittore tedesco dell’Ottocento autore del Viaggio in Italia, c’è una piccola verità. Soprattutto quando si applica a esponenti politici con responsabilità ministeriali. Prendiamo Saverio Romano.
E torniamo indietro nel tempo. Attorno all’ora di pranzo del 9 novembre 1997, quando i carabinieri del suo paese, Belmonte Mezzagno, fermano per un controllo quattro persone. Mario Vittorio Bacione, di cui ha parlato il pentito Nino Giuffrè. Giacomo Greco – genero di Ciccio Pastoia, braccio destro di Bernardo Provenzano, morto suicida in carcere subito dopo l’arresto nel 2005 – oggi pentito. Pietro Martorana, ucciso nel 2000, ritenuto legato all’altro capomafia di Belmonte, Benedetto Spera. E con loro viene fermato anche Francesco Saverio Romano, già all’epoca presidente dell’Ircac (Istituto regionale per il credito alla cooperazione) e consigliere provinciale di Palermo.
L’informazione è contenuta in un appunto tramesso ai pm palermitani il 7 luglio 2003 dall’allora consulente della procura Gioacchino Genchi. L’uomo dei telefoni, infatti, aveva fatto la sua parte anche nelle indagini sull’attuale ministro dell’Agricoltura, concludendo che nelle elaborazioni dei dati di traffico di persone indagate per reati di mafia risultavano rilevate le utenze di Romano. Il gip, nel provvedimento di rigetto della richiesta di archiviazione del caso Romano, si chiede “cosa esattamente significhi che le utenze dell’on. Romano ‘risultano rilevate nelle elaborazioni dei dati di traffico’”. Andiamo a vedere.
Secondo la consulenza di Genchi, il cellulare intestato e in uso a Romano era in contatto con tutta una serie di soggetti che, a loro volta, erano finiti in inchieste antimafia. Si tratta di Vincenzo Randazzo, titolare della Co.Ge.Co., condannato per turbativa d’asta e corruzione. Vincenzo Virga di Marineo, paese a 30 chilometri da Palermo, col quale “Romano ha avuto strettissimi e continuativi rapporti” come scrive Genchi. Imprenditore edile “chiacchierato” per una presunta vicinanza al boss Pastoia, è stato assolto dalle accuse.
Da ultimo il Consiglio di Stato, nel 2010, ha rigettato un ricorso presentato dall’azienda di famiglia contro il provvedimento del comune di Palermo di estromettere la ditta da un appalto, in seguito a una relazione negativa della prefettura per rischio di infiltrazioni mafiose. Romano risultava in contatto, tra gli altri, anche con la “Costruzioni Salamone di Aragona” di cui Genchi, nella sua consulenza, sottolinea “l’importanza in relazione al ruolo di raccordo che l’usuario dell’utenza ha rappresentato fra gli imprenditori agrigentini, palermitani, nisseni, trapanesi in vario modo collegati a Cosa Nostra”. Ancora nei contatti di Romano c’è pure Gaetano Chinnici, imprenditore di Belmonte, fratello dell’Antonino ucciso nel maggio del 1999. È stato indagato per mafia a causa delle dichiarazioni dei pentiti Brusca e Siino, ma non risulta avere condanne. Nei tabulati risulta pure Giovanni Pavone, della “Società Cooperativa il Progresso” di Misilmeri, paese poco distante da Belmonte, condannato in via definitiva a 6 anni e sei mesi per associazione mafiosa. Poi c’è Giuseppe Cordone che, in quanto funzionario del comune di Trabia, sarebbe stato a disposizione della locale organizzazione mafiosa e per questo è stato indagato e poi archiviato. Infine, in questa breve rassegna, c’è anche Salvatore Lanzalaco, con cui Romano si tiene in contatto nell’aprile del 1992. L’ingegnere Lanzalaco, arrestato nel 1993 e passato nelle fila dei pentiti, ha svelato ai magistrati il sistema mafioso-politico delle tangenti in Sicilia.
I pm palermitani sottolineano, a buon ragione, che in questi dati non ci sia nulla di penalmente rilevante. Lo stesso Genchi, autore della consulenza, concorda con la procura di Palermo. “Quando gli elementi non sono utili e sufficienti a sostenere l’accusa – dice – è un atto di onestà intellettuale e di grande correttezza che il pm richieda l’archiviazione del procedimento. Certo non sono titoli di merito per diventare un ministro della Repubblica”.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/30/il-telefono-bollente-del-ministro-romano/161045/

La procura indaga sui Cie galleggianti.




Dopo l'esposto - firmato tra gli altri da Fulvio Vassallo Paleologo, Pietro Milazzo e Zaher Darwish - il procuratore aggiunto Leonardo Agueci apre un fascicolo sulla vicenda delle navi Moby Vincent, Audacia e Moby Fantasy utilizzata dal Governo per trattenere circa 340 tunisini. “Non ci sono problemi a bordo delle navi” assicura Maroni.
di Giuseppe Pipitone 
Da una settimana vivono su tre grandi navi ancorate al porto di Palermo. Sono migranti, quasi tutti tunisini, provenienti da Lampedusa, dove si trovavano durante l'incendio del Cie di contrada Imbriacola. A piccoli gruppi di poche decine sono arrivati all’aeroporto di Sigonella e allo scalo militare palermitano di Boccadifalco. Poi, sistemati su alcuni bus delle forze dell’ordine, sono stati tradotti al porto. I primi sono arrivati giovedì scorso, di notte, quando il porto di Palermo era deserto, fatta eccezione per alcune pattuglie della polizia che recintavano la zona Fincantieri, i pontili a sinistra proprio di fronte – ironia della sorte – il carcere dell’Ucciardone.
Ora sono circa 340 persone, tra loro anche una donna e minori, imbarcati sine die sulle navi Moby Vincent eAudacia, che il Governo ha affittato per farne dei veri e propri Cie sul mare. Fino a sabato le navi erano addirittura tre, ma una – la Moby Fantasy – ha levato gli ormeggi per portare i suoi passeggeri al centro di prima accoglienza di Elmas, vicino Cagliari.
Una modalità di trattamento non proprio canonica quella dei Cie marini. Ed anche irregolare, almeno secondo diversi cittadini palermitani che hanno presentato un esposto alla procura di Palermo.
Il documento - firmato tra gli altri da Fulvio Vassallo Paleologo, professore di Diritto d’Asilo all’università di Palermo, e dai responsabili immigrazione della Cgil Pietro Milazzo e Zaher Darwish – ha messo la procura palermitana nelle condizioni di aprire un fascicolo a carico d’ignoti sulla vicenda.
“Vogliamo denunciare l'assenza di provvedimenti formali e la tempestiva convalida dei provvedimenti da parte di un giudice come previsto dall'articolo 13 della Costituzione” spiega Fulvio Vassallo Paleolico, tra i firmatari del documento. "Ci sono perplessità – aggiunge il docente di Diritto d’Asilo - sulle operazioni condotte dal governo e dalla polizia”.
Adesso il procuratore aggiunto Leonardo Agueci dovrà verificare se esistono fattispecie di reato nella vicenda prima di poter aprire una vera e propria inchiesta.
Nel frattempo il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha assicurato che “non ci sono problemi a bordo delle navi”.
Come se fosse normale obbligare la gente a vivere ormeggiata di fronte il carcere dell’Ucciardone.


Corrado Guzzanti, massone contro il bavaglio (18 luglio 2010)



http://tv.repubblica.it/dossier/inchiesta-p3/corrado-guzzanti-massone-contro-il-bavaglio/50672/50085

giovedì 29 settembre 2011

Montecitorio, governo sotto su ordine del giorno presentato dal Partito Democratico.




Il provvedimento dei bersaniani, che vede come primo firmatario il deputato Tonino Russo, si riferisce al testo sulla ripartizione della quota dell'8 per mille destinato allo Stato e impegna il governo a indicare "esplicitamente la scuola pubblica come destinataria".

Ennesima battuta d’arresto del governo, battuto per 24 voti nell’Aula della Camera su un ordine del giorno presentato dal Pd al testo sulla ripartizione della quota dell’8 per mille destinato allo Stato. Il provvedimento, su cui c’era parere contrario dell’esecutivo, è passato con 247 sì e 223 no.

L’ordine del giorno, presentato da Tonino Russodel Partito democratico, impegna il governo a indicare “esplicitamente la scuola pubblica come destinataria” della quota dell’8 per mille dello Stato. Poco prima del voto, l’esecutivo si era più volte rimesso all’Aula per evitare di andare sotto.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, presente in Aula come rappresentante dell’esecutivo, aveva dato parere contrario alla richiesta del partito di Bersani. L’odg però è stato approvato per 24 voti di differenza, 247 sì contro 223 no. L’ordine del giorno si riferisce al testo sulle ‘Disposizioni concernenti la ripartizione della quota dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche devoluta alla diretta gestione statale’ e ha come primo firmatario Antonino Russo. Nel provvedimento, si impegna il governo “a modificare la legge 20 maggio 1985, n.222, sull’otto per mille al fine di consentire ai cittadini di indicare esplicitamente la ‘scuola pubblica’ come destinataria di una quota fiscale dell’otto per mille da utilizzare d’intesa con enti locali per la sicurezza e l’adeguamento funzionale degli edifici e a pubblicare ogni anno un rapporto dettagliato circa l’erogazione delle risorse e lo stato degli interventi realizzati”.


Reintegro di Tiziana Ferrario Minzolini indagato per abuso d’ufficio.


Nonostanze due ordinanze del tribunale del lavoro che hanno riconosciuto "i motivi di discriminazione politica" alla base della rimozione della giornalista dal suo ruolo di conduttrice e inviata, il direttore del Tg1 non ottempera alle richieste dei giudici e per questo dovrà rispondere alla Procura di Roma.

Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini
Abuso d’ufficio e mancato adempimento di un’ordinanza del giudice del lavoro. Questi i due capi d’accusa cui il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, dovrà rispondere alla procura di Roma. Al centro la vicenda della giornalista Tiziana Ferrario, rimossa dal suo ruolo di conduttrice e inviata speciale per gli esteri perché non ‘fedele’ alla nuova linea editoriale dell’ex giornalista della Stampa.

Si spiegherebbe così, quindi, la ‘visita’ odierna di alcuni militari delle Fiamme gialle, che stamane si sono presentati nella sede Rai di Saxa Rubra, precisamente nell’ufficio del direttore, per acquisire ordini di servizio e altri documenti relativi alla vertenza promossa da Tiziana Ferrario dopo essere stata rimossa dai suoi incarichi.

Già il 15 settembre scorso, secondo quanto riportato dal sito Globalist.it, i finanzieri erano andati nell’ufficio del direttore del Tg1. In quell’occasione, Minzolini smentì l’indiscrezione: “Qualche imbecille si diverte a diffondere notizie totalmente infondate – disse – . Da me questa mattina non è venuto nessuno, eppure sono inondato di telefonate. Spererei che di questi millantatori se ne occupasse chi di dovere”. L’ex cronista parlamentare de La Stampa, per la cronaca, è indagato sempre dalla procura di Roma anche per peculato per aver speso – come rivelato dal Fatto Quotidiano – 68mila euro in 15 mesi con la carta di credito aziendale (leggi). Gli accertamenti in questo caso sono finiti e per il giornalista si profila ora una richiesta di rinvio a giudizio.

Insomma, per il direttore del Tg1 si apre un nuovo fronte giudiziario legato all’epurazione di Tiziana Ferrario. Ben due ordinanze del giudice del Lavoro hanno riconosciuto – a dicembre 2010 e a marzo di quest’anno -  le ragioni politiche della rimozione della giornalista: “Si ravvisa una grave lesione della sua professionalità per motivi di discriminazione politica a seguito dell’opposizione della stessa giornalista alla linea editoriale del direttore Augusto Minzolini”, scriveva nella prima sentenza il giudice Marocco. Secondo il magistrato, “i provvedimenti che hanno riguardato la Ferrario sono stati adottati in contiguità temporale con la manifestazione, da parte della lavoratrice, del dissenso alla linea editoriale impressa al telegiornale dal nuovo direttore. Con l’adesione da parte sua alla protesta sollevata dal Cdr e diretta a far applicare nel tg i principi di completezza e pluralismo nell’informazione. E, infine, con la mancata sottoscrizione da parte della stessa del documento di censura al Cdr il 4 marzo scorso”. Questi provvedimenti, si leggeva nella motivazione , “sono stati antitetici rispetto a quelli adottati nei confronti dei colleghi di redazione che non avevano posto in essere le suddette condotte”. In particolare, “in merito alla rimozione dell’incarico di conduzione del Tg1, dichiaratamente collegata dal direttore del telegiornale all’intento di ringiovanire i volti del tg, risulta in atti che identica decisione non ha coinvolto due giornalisti in sostanza coetanei della ricorrente (Petruni Romita), i quali, di contro, avevano sottoscritto il documento 4 marzo 2010 di sostegno alla linea editoriale”.

Di qui la denuncia penale per mancata applicazione di quella sentenza, al di là della promozione a caporedattore per gli speciali della mattina. Alberto Caperna, il magistrato titolare dell’inchiesta, ha quindi disposto l’acquisizione di documenti relativi alla vicenda. Una prima “visita” delle Fiamme gialle negli uffici di viale Mazzini, inoltre, non avrebbe avuto esito; di qui la decisione di verificare negli uffici di Saxa Rubra l’esistenza e l’acquisizione della documentazione necessaria all’esame del caso.

Il diretto interessato, tuttavia, si dice assolutamente tranquillo: “L’inchiesta riguarda l’azienda e non il direttore. Rispetto al clamore suscitato, questa vicenda è una boiata pazzesca”, ha detto Augusto Minzolini. “No comment”, invece, da parte del presidente Rai Paolo Garimberti. Diversa la presa di posizione del consigliere d’amministrazione della Rai, Giorgio van Straten. “Ho pieno rispetto della magistratura, ma non spetta a me commentare la visita della Guardia di Finanza negli uffici del direttore del Tg1″ dice van Straten, rilasciando poi un commento “aziendale”: “Non ci si comporta così nei confronti dei professionisti – precisa il consigliere Rai – e Ferrario è un’ottima professionista. Resto dell’idea che la sua rimozione non era originata da ragioni editoriali, ma da motivazioni ‘altre’. Lei fu reintegrata da una sentenza che non è stata mai onorata. Io non ho mai rivisto Tiziana Ferrario in video”.

Rincara abbondantemente la dose, invece, l’Italia dei Lavori. Secondo il portavoce del partito, Leoluca Orlando, “Minzolini continua ad essere una grave anomalia del servizio pubblico. Il Tg1 non fa più informazione da quando c’è il direttorissimo – ha detto Orlando – . Il telegiornale perde continuamente ascolti e ci chiediamo perchè il direttore generale non lo rimuove prima che la sua presenza getti ulteriore discredito sull’azienda più di quanto non abbia già fatto?” Orlando, in seguito, attacca anche il direttore generale Lorenza Lei che “ha contribuito a far cancellare dai palinsesti trasmissioni di successo come AnnozeroParla con me e Vieni via con me e si ostina inspiegabilmente a tenere Minzolini”. Il portavoce dell’Idv, infine, ribadendo che il suo partito è “l’unica forza politica presente in Parlamento a non aver accettato poltrone nel cda Rai”, chiede a tutti i partiti “di fare un passo indietro e di restituire la Rai ai cittadini e alla libera informazione, approvando una legge sul conflitto d’interessi”.

Dalla parte di Minzolini si schiera il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, secondo cui “le sproporzionate iniziative giudiziarie nei confronti del direttore del Tg1 costituiscono un’emblematica conferma dell’anomalia italiana che si rifiuta di riconoscere solo coloro che se ne avvantaggiano o ne hanno paura”. Il ministro poi rincara la dose, aggiungendo che a suo avviso “è preoccupante il fatto che ne sia oggetto uno dei pochi giornalisti fuori dal coro. Diffusamente la giustizia in Italia non appare nè cieca, nè sobria, nè chirurgica, nè tempestiva. In questo contesto troppi, anche nelle organizzazioni della rappresentanza, tacciono o parlano solo in termini opportunistici”.

Contattata da IlFattoQuotidiano.itTiziana Ferrario giudica “assolutamente plausibile” che la visita della Guardia di finanza nell’ufficio del direttore del Tg1 sia motivata da eventuali accertamenti sulla causa da lei intentata all’azienda. “Il magistrato a cui è stata affidata la mia denuncia ha a disposizione vari strumenti di indagine e tra questi figura certamente anche il ricorso alle Fiamme gialle – ha detto la giornalista del Tg1 -. Non mi sembra nulla di strano. Detto ciò, non so nulla di più anche perché non sono in redazione”. Sulla denuncia penale presentata dai suoli legali dopo quella in sede civile al Tribunale del lavoro, Tiziana Ferrario usa parole nette: “Non è una decisione che ho preso a cuor leggero – ha detto la cronista -, ma poiché non sono state applicate ben due ordinanze del tribunale civile a mio favore, nelle quali si chiedeva il mio reintegro, sono stata costretta a fare una denuncia penale per far valere i miei diritti. Attendo fiduciosa che la magistratura svolga il suo ruolo”.


Ecco le condizioni imposte dall’Europa al governo per la manovra di Ferragosto.



Una lettera chiarissima, ultimativa, praticamente un diktat. La Bce (doppia firma di Jean Claude Trichet e Mario Draghi) ha indicato lo scorso 5 agosto al Governo italiano le cose da fare “con decreto legge e con ratifica parlamentare entro la fine di settembre 2011″. Il Governo Berlusconi ha risposto sì, recependo con il decreto legge di agosto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale lo scorso 16 settembre, molte delle indicazioni provenienti da Francoforte.

Ecco, in sintesi (la lettera è pubblicata integralmente dal Corriere della Sera), le richieste della Bce del 5 agosto scorso “per ristabilire la fiducia degli investitori” nei titoli di Stato italiani:

1) Il pareggio di bilancio nel 2014 non è “sufficiente. Riteniamo essenziale per le autorità italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L’obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell’1% nel 2012 ed un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa”

2) E’ possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigori i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l’età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settroe pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012

3) Andrebbe valutata una riduzione dei costi del pubblico impiego, “rafforzando le regole per il turn over e, se necessario, riducendo gli stipendi”

4) C’è l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e “rendendo questi accordi piu’ rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L’accordo del 28 giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione”

5) Dovrebbe essere adottata “una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione ed il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione ed un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi”

6) E’ necessaria la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. “Questo – prosegue la Bce nella lettera del 5 agosto a Berlusconi – dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala

7) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi del deficit sara’ compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali

8) Andrebbero messi “sotto stretto controllo” l’assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo

9) Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio

10) Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l’uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione)

11) C’e’ l’esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le province)

12) Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali. Trichet e Draghi concludono così la lettera a Berlusconi: “Confidiamo che il Governo assumerà le azioni appropriate”.

Con la migliore considerazione

Jean Claude Trichet e Mario Draghi



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/29/ecco-le-condizioni-imposte-dalleuropa-al-governo-per-la-manovra-di-ferragosto/160779/

Alma Mater, il rettore Dionigi: “Nel 2012 mancheranno anche i soldi per gli stipendi”




Secondo Dionigi verrebbero a mancare, in tutta Italia, qualcosa come 300 milioni di euro: "A quel punto l'intero sistema è a grave rischio. Anche per quello che riguarda i salari"
Anche l’Università italiana fa i conti con i tagli decisi dal governo. E le prospettive, calcolatrice alla mano, sono nere. Anzi nerissime. Perché nel 2012 potrebbero mancare addirittura i soldi per coprire i costi degli stipendi. L’allarme è stato lanciato dal rettore Ivano Dionigi e riportato dall’agenzia di stampa Dire: “Siamo all’insostenibilità del sistema. Nel 2012 il totale del Fondo di finanziamento ordinario sarà inferiore alla somma degli stipendi”.

Nel 2011 il Fondo di finanziamento ordinario, la principale fonte di finanziamento statale delle università, sarà tagliato a livello nazionale del 3,75%, e del 5,5% nell’anno successivo. In altre parole, il Fondo passerà da 6,9 a 6,5 miliardi, con il rischio di non riuscire a coprire il costo degli stipendi dei dipendenti.

Secondo i calcoli di Dionigi verranno a mancare in totale circa 300 milioni di euro. Una sforbiciata che mette a repentaglio il funzionamento dell’intera macchina accademica, con “danni incalcolabili” per gli studenti. “Il tema è radicale – ha spiegato il rettore di Bologna – perché se paghi solo gli stipendi, tagliando corsi e ricerca, allora diventi un ente inutile. Questo è il quadro, non su cui piangere ma da conoscere”. Dunque, le università si troverebbero di fronte a un’amara scelta: o gli stipendi o la ricerca. E il timore del rettore è che, optando per la prima, gli atenei perdano la loro ragione di esistere.

Nel 2011, ha specificato ancora Dionigi, la quota premiale destinata agli atenei virtuosi è aumentata, passando dal 10% al 12%. Mentre per le università con i conti in rosso il Ministero ha deciso di non tagliare oltre il 5%, per evitare di “metterle in crisi”.

Come da previsioni nel 2011, per l’Ateneo di Bologna, la riduzione del fondo di finanziamento ordinario dovrebbe aggirarsi intorno al 3,7%, ossia 15 milioni di euro in meno. Un taglio “già previsto”, ha assicurato però Dionigi, che per ora non dovrebbe minacciare gli stipendi del personale dell’Alma Mater.

g.z.