Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 20 ottobre 2011
mercoledì 19 ottobre 2011
Cacciate Berlusconi dal governo.
Silvio Berlusconi non è solo una catastrofe per l’Italia, ma sta diventando anche un serio pericolo per l’euro. A questo punto la Germania e la Francia dovrebbero costringerlo a dimissioni immediate.
Dobbiamo cacciare via Silvio Berlusconi dal potere, e subito.
Berlusconi è stato un danno per l’Italia sin dall’inizio. È entrato in politica soprattutto per tutelare se stesso e i suoi fedelissimi dai processi legali. Si è ritagliato leggi su misura per proteggere gli interessi delle sue imprese. Si è lasciato sfuggire l’occasione di modernizzare economicamente il paese. E continua a danneggiare la reputazione dell’Italia con le sue scappatelle sessuali e le sue imbarazzanti barzellette.
Più lento ed imprevedibile
Questi due decenni, in cui il panorama politico italiano è stato dominato da Berlusconi, sono stati quindi anni persi per il paese. L’economia italiana è molto meno dinamica oggi che nel 1992. Il sistema giuridico è ancora più lento e imprevedibile. La disoccupazione giovanile è aumentata nuovamente. Il nord e il sud sono ancora più distanti. La Mafia, la Camorra e la ‘Ndrangheta sono sempre più potenti. Nemmeno le tasse sono diminuite in maniera apprezzabile per l’italiano medio.
Berlusconi è stato quindi sin dall’inizio una catastrofe per il suo paese. La situazione durante questi ultimi anni è talmente peggiorata, che la sua ulteriore permanenza ora causerebbe danni immediati ed irreparabili. Poiché negli ultimi mesi l’Italia è caduta in una profonda crisi economica. Senza un governo determinato, che con mano saggia eviti una bancarotta, Roma tra poco diventerà la nuova Atene – e trasformerà l’euro in carta straccia, dato che nemmeno il fondo di stabilità europeo con tutti gli ulteriori finanziamenti concessi fino a ieri, sarebbe in grado di sostenere una bancarotta italiana.
Proprio durante questi mesi critici, Berlusconi si è permesso di nuovo il lusso di trovarsi al centro di clamorosi scandali sessuali, invischiato in difficoltà con la giustizia e in fondamentale contrasto con la sua coalizione al governo. A titolo di esempio: nelle stesse settimane, in cui Standard & Poor’s declassava la solvibilità dell’Italia, è stato reso noto che, Berlusconi si vantava, di dedicarsi al suo mandato politico solo nel tempo libero – cioé in quelle poche ore, in cui non era impegnato con le sue “pupe”. Nessuna meraviglia se poi i mercati finanziari si fidano poco di lui. Se gli astuti artisti della finanza oggi scommettono che l’Italia finirà presto indebitata fino al collo, questo dipende solo dal fatto che al potere continua ad esserci Berlusconi.
La Merkel e Sarkozy dovrebbero costringere Berlusconi a rassegnare le dimissioni
L’unica speranza per l’Italia e per l’euro perciò è una rapida sostituzione di Berlusconi con un Presidente del Consiglio al di sopra delle parti. Qualcuno come Mario Draghi, il governatore della Banca d’Italia, che sia capace e propenso a rischiare i passi necessari per l’abbattimento del debito pubblico e per la ripresa economica.
Ma Berlusconi, del cui operato frattanto neanche un quarto degli italiani si dichiara soddisfatto, non si dimetterà di sua iniziativa. E siccome il suo partito è diventato un’associazione elettorale capeggiata da un dittatore da quattro soldi – e molti deputati eletti percepiscono un doppio stipendio in quanto assunti proprio nei quotidiani e nelle imprese di Berlusconi – l’impulso per un suo abbandono dell’incarico dovrà venire per forza dall’esterno.
Per fortuna si prevede uno scenario semplice. Per il momento l’Italia può farsi prestare denaro solo in caso di necessità, poiché la BCE acquista titoli di stato italiani per miliardi di euro. Per cacciare Berlusconi dal potere, tutti i capi di governo degli altri paesi dell’eurozona dovrebbero solo chiedere pubblicamente le sue dimissioni. In alternativa, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy dovrebbero costringere gli altri partner europei a rifiutarsi di acquistare altri titoli di stato italiani.
Berlusconi è una bomba ad orologeria
Ma questa intromissione, ammettiamolo, drastica non solo è giustificata in quanto un bene per l’Italia, ma non sarebbe che la logica conseguenza di ciò che adesso è nell’interesse immediato dei singoli paesi della zona euro, ossia tagliar fuori dalla scena politica Berlusconi nel più breve tempo possibile.
Finora sono stati gli elettori italiani a doversi vergognare per aver tollerato così a lungo Berlusconi. Ma se non ci diamo da fare in fretta, a breve avremo anche noi seri motivi per vergognarci, ma soprattutto dovremo pagarne le conseguenze, poiché Berlusconi è una bomba ad orologeria per l’euro e uno sgretolamento dell’euro sarebbe fatale anche per l’economia tedesca.
[Articolo originale "Jagt Berlusconi aus dem Amt" di Yascha Mounk]
Il passo indietro è impossibile. Il Cav perderebbe tutto: governo, parlamento, Fininvest. E magari finirebbe in galera.
I big dell’opposizione, da Casini a Di Pietro, da Vendola a Bersani, s’interrogano sulla destrezza del Cav nello schivare le trappole della democrazia parlamentare - ha affrontato cinquantuno voti di fiducia ed ha subito ben 91 bocciature su altrettanti provvedimenti proposti dal governo - ed è rimasto a galla, irridendo gli avversari per la loro pochezza.
Trovare la risposta ai successi, pur effimeri, del premier non è facile, perché si tratta di moventi multipli, è il caso perciò di esplorare le condizioni peculiari del contesto politico, che rendono inattaccabile, o quasi, in Parlamento, Silvio Berlusconi.
Alla longevità politica del Cav non si può rispondere solo con un’analisi tradizionale sugli equilibri di potere, il bipolarismo imperfetto, i lasciti della Prima Repubblica. Forse non c’entrano niente il governo, la coalizione, il centrodestra, il Pdl e l’alleato fedele leghista, e nemmeno le “seduzioni” di Denis Verdini che riesce a corrispondere ai desideri degli incerti con indubbia bravura.
Silvio Berlusconi non può andarsene come un qualunque uomo politico. Egli assume decisioni o le rinvia sulla base di elementi che sfuggono alla logica cui siamo abituati: non giudica il presente ed il futuro del partito che capeggia, non analizza la salute della coalizione cui appartiene, non è interessato alla sorte della destra o centrodestra. La sua controparte è l’avversario che può spogliarlo dei suoi averi e della sua libertà.
Silvio Berlusconi non può fare alcun passo indietro fino a che il passo indietro significa perdere gli uni o l’altra o entrambi. Chi è sul ciglio dell’abisso e viene invitato ad arretrare di un passo, sapendo che esso segnerà la sua fine, resta incollato al terreno e non si smuove. Anzi, fa di tutto per evitare quel passo. I mezzi, gli strumenti, le iniziative saranno tutti valide; ogni iniziativa diverrà praticabile, ogni azione, spregiudicata o scorretta che sia, verrà presa in considerazione pur di non arretrare.
Fino a quando potrà restare in bilico, ad un passo dall’abisso?
Fino al momento in cui gli sarà dato di trovare un’alternativa, di contrattare l’uscita, di conoscere dove lo condurrebbe il viale del tramonto. Potrebbe “lasciare” o accomodarsi “di lato”, come suggerisce Roberto Maroni, se ci fosse un impegno che lo tuteli dai pericoli che incombono.
L’exit strategy passa dunque attraverso garanzie politiche e giudiziarie. Con le prime egli intende salvare il suo impero economico, la Fininvest, dagli agguati dei suoi successori; con le seconde, intende avere la sicurezza di risolvere i suoi rapporti con la magistratura inquirente e con la magistratura giudicante. Sono in piedi indagini, inchieste e processi. Ci sono filoni d’indagine e procedimenti che potrebbero condurlo alle porte del carcere.
Ma chi mai potrebbe dargli queste garanzie? E’ accaduto che il premier contrattasse con l’opposizione il conflitto d’interesse o la tutela del suo network, ma allora c’era ben poco in ballo, sarebbe bastato accordarsi con il capo dell’opposizione, il più influente e rappresentativo. Ora non è più possibile.
Quanto alle vicende giudiziarie, le Procure coinvolte nelle inchieste e nei processi sono tante, troppe, perché si possa usare la moral suasion.
Occorrerebbe una sorta di impunità ad personam. L’impossibile.
La condizione straordinaria di Silvio Berlusconi non è l’unica ragione dell’empasse. L’altra, legata ancora una volta al premier, ma “estranea” a lui, perché regolata da norme, riguarda il rapporto fra i parlamentari e i capipartito. Silvio Berlusconi, al pari dei leaders degli altri partiti, grazie ad una legge elettorale indecente, può ottenere ciò che vuole dal deputato o il senatore in carica. Lo ha scelto e fatto eleggere. Una nomina, che potrà essere ripetuta a condizione che il nominato abbia dimostrato una fedeltà assoluta.
Silvio Berlusconi, dunque, una potenza di fuoco immensa: controlla un impero economico (assicurazioni, banche, informazione, cinema, settore immobiliare ecc), l’esecutivo e la maggioranza del Parlamento. Tutto questo non basta per governare il Paese, ma basta per proteggere se stesso e i suoi capitali da qualunque agguato, legislativo o giudiziario con un esercito di avvocati-parlamentari.
Se cambiano gli equilibri e la fase di transizione non può essere controllata, direttamente o attraverso persone di assoluta fiducia, può crollare tutto, come un castello di carta.
L’empasse sta proprio qui: il passo indietro può avvenire solo se si realizzano condizioni che, sulla carta, sono impossibili da ottenere.
Mediatrade, Berlusconi prosciolto "Uno scandalo le accuse smentite"
(ansa)
Esulta il premier per la decisione del gup di Milano Vicidomini. I pm ricorrerano in Cassazione. Il figlio Pier Silvio e Confalonieri rinviati a giudizio. Per loro udienza il 22 dicembre. Ghedini "Il giudice ci ha ascoltato. Ora lo stesso per Mediaset". E a Roma stabilita la data del processo a Marco Milanese per finanziamento illecito ai partiti: udienza il 21 febbraio.
MILANO - "Adesso tutti mi chiedono se sono soddisfatto, non lo sono perché sono stato accusato di una cosa che non sta nè in cielo nè in terra". Così il primo ministro Silvio Berlusconi commenta il suo proscioglimento dall'inchiesta Mediatrade. "E' un grande scandalo che i pm abbiano portato contro di me accuse che i loro stessi colleghi hanno smentito" ha aggiunto. Per poi sottolineare: "E' il 25esimo processo da cui sono prosciolto".
Il gup di Milano Maria Grazia Vicidomini ritiene che le prove raccolte a carico di Berlusconi, accusato di frode fiscale fino al 2009 e di appropriazione indebita fino al 2006, non siano sufficienti a giustificare l'avvio di un processo penale. Rinviati invece a giudizio tutti gli altri imputati, tra cui il figlio del premier Pier Silvio e Fedele Confalonieri, presidente Mediaset. Per loro e gli altri nove indagati il processo inizierà il 22 dicembre davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Milano. I pm Fabio de Pasquale e Sergio Spadaro 1 impugneranno la decisione del gup su Berlusconi con un ricorso in Cassazione.
GUARDA Mediatrade, storia di un'inchiesta 2
"E' una decisione che è assolutamente in linea con gli atti processuali - commenta Niccolò Ghedini, uno dei difensori del premier - evidentemente il giudice ha ritenuto che Berlusconi non aveva alcuna compartecipazione nè formale nè sostanziale nella vicenda". "Non si tratta di un vittoria - ha aggiunto - ma della decisione giusta di un gip che ha voluto ascoltare le nostre ragioni e prendere una decisione che potrà riverberarsi anche sul processo dei diritti tv di Mediaset". Ghedini ha poi detto di essere "stupito" dal fatto che il giudice non abbia dovuto prendere analoga decisione per il figlio Pier Silvio.
"La decisione del proscioglimento del presidente del Consiglio - afferma Filippo Dinacci, difensore di Pier Silvio Berlusconi - è importante perché va a colpire l'intero impianto accusatorio. Ora si tratterà di portare alla coerente conseguenza tale decisione alla quale non potrà non seguire una assoluzione degli imputati in dibattimento".
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"Una decisione rara - commenta ironico l'avvocato Piero Longo - ma una rondine non fa primavera". Come sostiene anche Ghedini, il proscioglimento del premier non significa "che il clima sia cambiato": "L'accanimento continua - ha detto - basta vedere come hanno ridotto le liste testi nel processo sui diritti tv Mediaset". I giudici di Milano, per il processo Mediaset, stanno infatti cercando di accelerare i tempi perché il reato non cada in prescrizione 4.
Il processo Mediatrade 5 vedrà coinvolti così undici dei dodici indagati. Oltre a Pier Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri, l'imprenditore Frank Agrama (rinviato a giudizio per frode fiscale e appropriazione indebita), Giorgio dal Negro (frode e appropriazione), Daniele Lorenzano (frode e appropriazione), Gabriella Ballabio (frode e appropriazione), Roberto Pace (frode e appropriazione), il banchiere Paolo del Bue (riciclaggio), Giovanni Stabilini (riciclaggio) e i due cittadini cinesi residente a Hong Kong Paddy Chan (riciclaggio) e Catherine Hsu Chun (riciclaggio).
Nel pomeriggio è arrivato anche il commento di Mediaset: "Il gup di Milano - si legge nella nota - ha stabilito che nel procedimento Mediatrade-Rti non si è verificata alcuna appropriazione indebita da parte dell'azionista di maggioranza di Mediaset Silvio Berlusconi". Così, secondo la società, verrebbe a "a cadere l'intero impianto accusatorio". Per questo motivo, si continua dal gruppo, "i rinvii a giudizio degli amministratori di Mediaset per frode fiscale risultano difficilmente comprensibili". "Il dibattimento - scrivono - dimostrerà la totale estraneità anche di Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi rispetto alle accuse ipotizzate".
Secondo l'accusa, gli imputati acquisivano diritti di trasmissione da Mediaset a prezzi gonfiati per il tramite di società di comodo 6. Il raggiro si attesterebbe "nel periodo 2000-2005 complessivamente in 34 milioni di dollari".
GUARDA Mediatrade, così si gonfiavano i diritti TV 7
Il denaro veniva "trasferito a partire dal 1999 dalla società Mediatrade, e successivamente da Rti (Reti televisive italiane, ndr), alla società Olympus trading a titolo di pagamento dei diritti". La frode fiscale, invece, sarebbe iniziata secondo la procura nel 2005 e sarebbe andata avanti fino al 2008, per un importo totale di tasse non pagate che si aggira sugli 8 milioni di euro. In un messaggio del marzo 2011 il premier aveva detto: "Sono tutte accuse infondate" 8.
Marco Milanese dal 21 febbraio in aula. Processo con citazione diretta per il deputato del Pdl, Marco Milanese, ex consigliere politico di Tremonti. L'udienza è stata fissata per il prossimo 21 febbraio davanti al tribunale monocratico di Roma. Milanese, nell'ambito dell'inchiesta su appalti Enav, è imputato di finanziamento illecito ai partiti per la compravendita di uno yacht 9.
Con Milanese sono rinviate a giudizio altre quattro persone. Si tratta dell'imprenditore Tommaso Di Lernia, titolare della Print System e della Eurotec, dell'ad di quest'ultima Massimo De Cesare, dell'ex consulente esterno di Finmeccanica Lorenzo Cola e di Fabrizio Testa, ex presidente di Tecnosky.
http://www.repubblica.it/politica/2011/10/18/news/mediatrade_berlusconi_prosciolto-23429103/?ref=HREC1-8
Firme false, la lista di 1.500 nomi nel pc dell'assistente della Minetti.
Nicole Minetti e Clotilde Strada
I radicali chiedono l'intervento del presidente Napolitano. Formigoni: "Ho vinto col 57 per cento dei voti. Il resto è un'acrobazia da legulei". Il Pd: "Pdl e Lega si assumano le loro responsabilità".
di DAVIDE CARLUCCI e TIZIANA DE GIORGIO
La prova regina, i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria e del nucleo operativo che indagano con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo l’hanno trovata nel computer di Clotilde Strada, l’assistente personale del consigliere regionale Nicole Minetti. Nella memoria del pc — lo stesso che i pm Antonio Sangermano e Ilda Boccassini hanno analizzato per conoscere i segreti del “caso Ruby” — c’era un file che potrebbe rivelarsi decisivo per dimostrare che le firme raccolte per la candidatura di Roberto Formigoni alle elezioni regionali del 2010 erano false. È un elenco di 1.500 nominativi, e relativi estremi anagrafici, che risale al 2005, ovvero alle precedenti regionali.
Firme false, bufera su Formigoni I documenti taroccati I radicali in tribunale con le firme false
Quel che gli investigatori sospettavano da tempo ha trovato riscontro in quel file. Fra i 1.600 testimoni sentiti nel corso delle indagini, infatti, ce ne sono stati alcuni — meno di un centinaio — che hanno disconosciuto non solo le loro firme, ma anche gli estremi delle carte d’identità
rilasciati per convalidare le loro sottoscrizioni. E le sigle identificative dei documenti personali sono state ritrovate nell’elenco del 2005. Spiegazione: erano le vecchie carte d’identità, nel frattempo scadute, degli inconsapevoli sottoscrittori che nel frattempo le avevano rinnovate.
Ma non è l’unica sorpresa contenuta nelle informative dei carabinieri. Curiosa è anche la richiesta, da parte del consigliere provinciale pdl Barbara Calzavara, di 220 certificati elettorali al Comune di Milano di persone che di lì a dieci giorni si sarebbero ritrovati nell’elenco a loro insaputa. Altra incongruenza, i due “elenchi fotocopia” per Formigoni e per il Pdl: improbabili firmatari che un giorno sottoscrivono per il listino del governatore e il giorno dopo lo fanno, nello stesso ordine cronologico, per la lista provinciale. Com’è possibile?
Formigoni continua a non scomporsi. E si mantiene ben lontano da un gesto di scuse, chiesto anche da chi si è visto rubare la firma: «La gente di Lombardia ha deciso Formigoni con il 57 per cento, oltre 20 punti di distacco rispetto al secondo — ripete il governatore — questo è il dato che interessa». Il resto sono «acrobazie di legulei». E poi: «C’è un giudice imparziale che alla fine deciderà, prima è inutile chiacchierare».
Ma i radicali controbattono: «Le sentenze arriveranno solo dopo la fine della legislatura di questo consiglio regionale abusivo», dicono Marco Cappato e Lorenzo Lipparini davanti al gazebo allestito in piazza Cordusio, tappezzato con le riproduzioni degli elenchi con le firme fasulle. E rilanciano con una petizione al presidente Napolitano perché il giudizio arrivi in tempi brevi, vista la decisione della Corte costituzionale che autorizza solo il giudice civile a verificare la veridicità delle firme. Decisione, questa, che rischia di allungare a dismisura i tempi del giudizio. I radicali puntano il dito anche sui nomi degli indagati: «Ci sono solo gli esecutori materiali, mancano i mandanti politici». A chiedere a Pdl e Lega un’assunzione di responsabilità è anche il pd Giuseppe Civati. «Non possono continuare a far finta di niente».
http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/10/19/news/firme_false_la_lista_di_1_500_nomi_nel_pc_dell_assistente_della_minetti-23465327/?ref=HREC1-7
Quei dossier segreti di Lavitola tra Cosentino e la Guardia di Finanza.
Le intercettazioni effettuate nell'ambito dell'inchiesta di Pescara mettono in luce tra l'altro lo stretto rapporto del faccendiere con il coordinatore del Pdl in Campania, per il quale i pm avevano chiesto l'arresto per concorso in associazione camorristica. I sospetti su Milanese, le telefonate al generale Poletti
ROMA - A Valter Lavitola piace la politica fatta coi dossier. Spionaggio e colpi bassi. Il suo mondo è questo. Ci si muove come un pesce. Lo dimostrò nel caso di Fini, della casa di Montecarlo, della falsa lettera prodotta nel paradiso fiscale di St. Lucia. Ora le intercettazioni di Pescara rivelano il suo stretto rapporto con un altro maestro di patacche. Nicola Cosentino, il coordinatore del Pdl in Campania, che i magistrati di Napoli avrebbero voluto arrestare per concorso in associazione camorristica, ma si salvò per il no di Montecitorio. Lui, quello che tramava contro l'attuale governatore Caldoro. Finito pure nell'inchiesta sulla loggia P3, Cosentino riceve i "baci" di Lavitola, insieme si scatenano contro Marco Milanese, allora potente uomo di Tremonti. Promette e porta con sé carte compromettenti il giornalista-faccendiere tutt'uno con Berlusconi. Incartamenti che si procura grazie ai suoi rapporti stretti con alti gradi delle polizie. Sono almeno una sessantina le sue telefonate agli atti con alti ufficiali della Gdf, tra cui il generale Paolo Poletti, vice capo dell'Aise, il servizio segreto civile, "James" come lo apostrofa Lavitola paragonandolo a Bond. Appuntamenti continui, tra un affare in Albania e una manovra per caldeggiare a Berlusconi un loro "protetto", il generale Spaziante.Bisogna rendere pan per focaccia
(6 novembre 2009 ore 15.45)
Già ci sono sufficienti pezze d'appoggio, a Napoli, per dimostrare come Cosentino tramò contro Stefano Caldoro. Adesso se ne aggiunge un'altra, fattuale. Lavitola, proprio in quell'autunno del 2009 in vista delle amministrative dell'anno seguente, dà carte a Cosentino per giocarsele contro chi lo attacca, come l'allora compagno di partito Italo Bocchino.
Cosentino "Valter, sò Nicola".
Lavitola "Ehi Nick, t'avevo appena chiamato. Ti volevo dire due cose: sulRoma ci sta una porcata in prima pagina che tu saprai no? (il 6 novembre sul quotidiano che fa capo a Bocchino esce la notizia della richiesta d'arresto per Cosentino, ndr.)".
C. "Sì, sì".
L. "Io ti chiederei, se ti è possibile, di chiamare il presidente e scagliarti ufficialmente contro quella checca e poi utilizzare immediatamente quelle cose che ti avevo dato io ieri, perché a stò punto bisogna rendere pan per focaccia".
C. "Sì, sì, ho già provveduto a fare una cosa contro di lui, al presidente gli ho mandato un report che gli è arrivato".
L. "Vabbè, ma telefonalo scusami. Telefonalo e scagliati contro di lui ufficialmente, dammi retta a me, ti prego, fallo".
C. "L'ho fatto già".
L. "Ma ci hai parlato?".
C. "No, gli ho mandato una cosa che lui sicuramente legge".
L. "Telefonalo e fai l'incazzato, dicendo "questo qua mi ha rotto i coglioni", quando ci parli chiamami che subito dopo lo chiamo io".
C. "Ho capito, vabbè".
L. "Fammi sapè Nico', un bacione".
Milanese lavora per incularci
(3 novembre 2009 ore 18)
Lavitola avanza un sospetto pesante, che ci sia Marco Milanese dietro le fughe di notizie su Cosentino, per fargli perdere la corsa alla presidenza della Regione Campania.
Lavitola "Ti volevo dire, tu con Milanese che rapporto c'hai?"
Cosentino "Buono...".
L. "Vedi che è lui che sta lavorando per incularci...".
C. "Siiiiì...".
L. "Finalmente l'ho scoperto, al 90% va, non voglio dire al 99 per non eccedere in presunzione".
C. "Ah, e perché secondo te?".
L. "Non lo so, questo mo' mi chiedi troppo. Non lo so, però sono quasi certo che chi sta facendo uscire le notizie a Repubblica e al Corriere, eccetera, è lui al 90%, perché con te non posso fa figure di merda che ti dico al 99. E chi sta dando segnali molto negativi sulla tua candidatura utilizzando una serie di cazzi, è lui".
C. "È lui...".
L. "Sì, comunque vediamoci e ti dico".
Ciao james, ho cose interessanti
(12 novembre 2009 ore 13.13)
Sono tante le chiamate tra Lavitola e Poletti. A cominciare da quella in cui lo chiama James.
Poletti "Pronto".
Lavitola "Ciao James".
P. "Oh, come stai?".
L. "Bene, tu come va?".
P. "Eh, sopravvivo, è una giornataccia".
L. "Poi dicono che i servizi non lavorano eh eh...".
P. "Burocrazia ma lavorano... grande burocrazia".
L. "Tutte le cose che mi piacerebbe fare a me, missioni impossibile tipo film non le fai tu".
P. "Per quelle devi andare al cinema".
L. "A me non mi potreste arruolare e farmi fare qualche cosa dal genere?".
P. "Al cinema, io parlo con un regista, ti faccio assume dal regista".
L. "Ci vediamo per piglià un caffè, pago io ovviamente. (... ) Ti voglio raccontà un po' di cose interessanti".
Dove sei? passa subito da me in ufficio
(19 ottobre 2009 alle 17.56)
Lavitola "Comandante...".
Poletti "Dove sei?".
L. "In ufficio".
P. "Io sono di passaggio a piazza San Silvestro, tu puoi passare da me in ufficio subito?".
L. "In ufficio da te subito? Sì. O vengo a piazza San Silvestro".
P. "Però ci devi impiegare tre secondi perché sto veramente...".
L. "Ok io esco, in questo istante...".
So che su di te posso fare affidamento
(3 novembre 2009 ore 11.51)
Tono familiare tra Lavitola e Poletti. Il primo deve concludere un affare in Albania e ne parla ripetutamente con il generale. Che per certo lo sta a sentire.
Segretario "Signor Lavitola? Le passo il generale Poletti".
Lavitola "Pronto? Paolo? Walter... io lo so che ti rompo però".
Poletti "No no no...".
L. "Ti devo dire la verità, io non so che cosa fare, la mattina mi hai detto di andare da lui (Berlusconi, ndr.) per parlare di queste cose, mo' abbiamo fatto una lunga chiacchierata al telefono, io non so che cazzo dirgli, dico la verità comincio ad essere preoccupato. Poi, con quelli lì di fuori, io sono stato lì, ti dico la verità, se è vero il 5% di quello che ho visto io, ci sta da fare bingo, ma un bingo biblico. Però a me, al di là degli affari miei che so che su di te ci posso fare affidamento, però Paolo io ho bisogno di vedere te per sapere se è possibile, scusami se mi permetto, ma vorrei delle risposte certe e definite perché mo' mi sto ficcando in una papocchia... e l'altra è parlare con questo qua prima di giovedì assolutamente, perché se no faccio la figura del buffone, mi scoccerebbe tanto..."
P. "... eh vediamo un attimo che posso fa...".
L. "Ma tu per quella questione dell'Albania mi confermi che si può andare avanti?".
P. "Lì sì, sì, si può andare...".
L. "Paolo scusami se insisto, ma ti dico la verità, mi metto in un pasticcio micidiale, io se non si fosse trattato di te non mi sarei neanche mai...".
P. "L'Albania d'accordo è un fatto...".
L. "Ma pure quell'altra... io non so se ti rendi conto ma è una cosa delicatissima... che poi non era come ti diceva il tuo amico... poi ti dico insomma... il capo lì non se ne sbatteva minimamente i coglioni, anzi non si fida per quei motivi che diciamo noi, io gli ho chiesto cinque volte, no una volta, ti fidi? siamo sicuri? ti fidi?... io gli ho detto che era una cosa tramite te, però Paolo scusami ti ripeto... ci dobbiamo vedere... anche se la mattina presto, la notte, quando te pare... anche se non sei proprio il mio tipo...".
P. "Farò quello che posso... visto che mo' se po' cambia'...".
L. "I tacchi te devi mette... sei più affascinante...".
Il capo ha detto che si fa garante della situazione
(14 ottobre 2009 ore 20.16)
Lavitola si batte come un leone per accreditare il generale della Gdf Spaziante presso Berlusconi e farlo nominare ai vertici della Gdf. Per questo lo fa anche incontrare con lui il 14 ottobre alle 18. Subito dopo parla dell'avvenuto incontro con Poletti, altro suo sponsor.
Lavitola "Hai avuto notizie?".
Poletti "Sì, sì, ho finito mo' la riunione, ... (Spaziante, ndr.) ha trovato la situazione già fatta, nel senso che quello ha detto sì, ma bisogna fa prima quello, poi io mi faccio garante di te, bisogna fa prima quello eccetera eccetera".
L. "Come avevamo scritto noi...".
P. "Esattamente".
L. "E vabbè, ma del vice comandante?".
P. "No, non gli ha detto niente".
L. "Ma il bilancio com'è stato, io mo' sto andando là e non so che cazzo dire".
P. "Il bilancio è stato questo qui...".
L. "Ma lui è restato soddisfatto, non soddisfatto...".
P. "Soddisfatto sì, assolutamente sì".
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