giovedì 1 dicembre 2011

Sgarbi candida Ingroia: "Insieme sparigliamo le carte". - di Giuseppe Pipitone






L'insana proposta del critico d'arte si sarebbe concretizzata a bordo di un volo Roma - Palermo. “Gli ho lanciato questa sorta di sfida – ha spiegato il sindaco di Salemi- e lui mi ha detto che se ne può parlare". La replica del procuratore aggiunto "non ho mai detto che se ne potesse  parlare. Figuriamoci poi se posso mai essere interessato. Assolutamente no".

“Vedrei bene una lista civica denominata ‘Sgarbi – Ingroia’: lui si occuperebbe di mafia, io di monumenti”.  E’ l’inattesa provocazione diVittorio Sgarbi, in vista delle elezioni amministrative a Palermo. Il sindaco di Salemi si aggiunge così al coro di quanti ipotizzano per il procuratore aggiunto della Dda di Palermo un ruolo nella prossima campagna elettorale. Il sindaco di Salemi racconta questo retroscena, che a suo dire deriverebbe da un incontro a bordo di un volo Roma – Palermo di lunedì scorso, durante il quale Sgarbi ed Ingroia si sarebbero incrociati: “Gli ho lanciato questa sorta di sfida – ha spiegato il critico d’arte – e lui mi ha detto che se ne può parlare. In questo modo sparigliamo le carte”. Anche Sgarbi, che è attualmente impegnato a presentare in giro per l’isola il suo nuovo progetto politico in vista delle prossime elezioni regionali, vedrebbe dunque bene il giudice come candidato.

Peccato che Ingroia racconti un’altra versione su questa ipotetica lista con il critico d’arte (reduce da una recente dichiarazione in cui affermava che “l’antimafia con il potere è peggio della mafia”). Il magistrato conferma (sorridendo) di aver incrociato Sgarbi in aeroporto, ma dice di non aver mai risposto all’ironico suggerimento. “Mi ha avvicinato in aeroporto– ha spiegato il magistrato – esponendomi la sua curiosa proposta. Ma era solo uno scherzo, o almeno lo interpreto così, non ho mai detto che se ne potesse parlare. E ovviamente non immaginavo che avrebbe accreditato la sua battuta come ipotesi seria. Figuriamoci poi se posso mai essere interessato. Assolutamente no”.

Mai prima d’ora infatti il sindaco di Salemi aveva manifestato vicinanza con i magistrati e gli investigatori antimafia. Nel 1995 era arrivato addirittura a leggere una lettera anonima al Tg5 in cui s’indicava Giancarlo Caselli – allora procuratore capo a Palermo e quindi capo d’Ingroia – come il mandante occulto dell’omicidio di Padre Puglisi. Gesto che gli era costato una condanna in primo e secondo grado per diffamazione (salvato in Cassazione). A ottobre poi aveva fatto un esposto alla procura di Marsala contro  il maresciallo dei carabinieri di Salemi Giovanni Teri e il questore di Trapani Carmine Esposito, rei di essere gli autori degli atti investigativi dell’operazione Salus Iniqua.

Nel giugno scorso dare il via alle avances per il procuratore aggiunto della Dda di Palermo ci aveva pensato il giornalista del Corriere della Sera Felice Cavallaro con un articolo intitolato “Ecco perché vorrei Ingroia sindaco”. Poi era stata la volta delle provocatorie sfide lanciate – soprattutto da esponenti del Pdl – dopo che il magistrato si era proclamato “partigiano della costituzione” al congresso nazionale del Pdci. Quindi era stato il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo a dichiarare “totale disponibilità del Movimento per l’Autonomia ad appoggiare Ingroia nella corsa a sindaco di Palermo, più o meno come Monti”. Proposte a cui però il magistrato ha sempre opposto un fermo rifiuto: “Non è mia intenzione candidarmi, ma soprattutto non credo sia opportuno che un magistrato che eserciti a Palermo si candidi a sindaco della stessa città, specie di fronte al rischio che si alimentino dubbi e sospetti sulla pregressa attività giudiziaria”.



Il San Raffaele andrà all'asta.

(Photomasi)

La decisione è la conseguenza del provvedimento preso dal Tribunale fallimentare a tutela dei creditori.

MILANO - Ora è ufficiale, per il San Raffaele ci sarà un'asta. Giovedì il consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor, che guida il polo ospedaliero, ha presentato al Tribunale fallimentare il regolamento che disciplinerà l'arrivo di nuove eventuali offerte per il rilancio del San Raffaele. Viene così applicata la decisione del presidente della sezione fallimentare Filippo Lamanna e dei giudici Roberto Fontana e Francesca Savignano, che avevano deciso di aprire alla possibilità di altre offerte per l'ospedale a rischio bancarotta.
LA GARA - Finora sul tavolo per il colosso della sanità privata c'è l'offerta congiunta dello Ior e del gruppo Malacalza per una cifra di 250 milioni di euro più l'accollo di tutte le passività dell'ospedale. E' facile prevedere che ora si scatenerà una gara: sono infatti diversi i soggetti interessati alla proprietà del San Raffaele, dal gruppo dell'imprenditore della sanità Giuseppe Rotelli alla Charity Marcus Vitruvius (rappresentante dell'Università Vita-Salute dello stesso San Raffaele) al gruppo Rocca (Humanitas). La scelta di aprire all'asta è stata decisa dal Tribunale nell'interesse dell'ospedale e dei creditori nell'eventualità che possano arrivare offerte più ricche rispetto a quella presentata finora. Le nuove offerte, è stato stabilito, dovranno sopravanzare quella dello Ior di almeno 50 milioni di euro e dovranno arrivare entro il 31 dicembre.

Fmi rinvia missione italiana: "Prima le misure" Passera: "Dati dimostrano che il Paese è forte"





Ma il ministro avverte: "Momento difficile, rischiamo di entrare in recessione". L'esame della manovra lunedì alla Camera. Allo studio ipotesi per ripagare il debito dell'amministrazione verso le Pmi in titoli di Stato. In attesa di conoscere i dettagli il Fondo monetario decide di ripensare i tempi dell'ispezione.


ROMA - L'attesa per il pacchetto di provvedimenti anticrisi che il governo presenterà lunedì alla Camera coinvolge anche il Fondo monetario internazionale. L'Fmi ha deciso infatti di ripensare i tempi della sua missione tecnica di vigilanza rafforzata sull'Italia in attesa di conoscere le nuove misure. Lo ha riferito il facente funzioni di direttore del dipartimento relazioni esterne del Fmi, Gerry Rice. "Monti - ha spiegato - ha detto che ci sono delle scadenze importanti, che sarebbe opportuno considerare nel timing della missione". 

La conferenza dei capigruppo di Montecitorio che si è riunita in mattinata, ha indicato un calendario di massima dei lavori, in attesa che sia il governo a comunicare in quale ramo del Parlamento approderà la manovra. Se, come è probabile, l'esame inizierà alla Camera, il testo arriverà in Commissione già dal 5 dicembre, mentre dal 12 dicembre e fino al 15 sarà all'esame dell'aula. 

Sui provvedimenti che l'esecutivo intende inserire nella manovra continuano a fioccare indiscrezioni. L'ultima riguarda la possibilità di pagare la montagna di debiti arretrati della pubblica amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese - circa 90 miliardi di euro - con titoli di Stato. L'ipotesi, secondo quanto trapelato, sarebbe stata discussa ieri sera nell'incontro del ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera con imprese, banche, assicurazioni e cooperative su richiesta delle stesse imprese. "Ieri sera ho ascoltato tutte le proposte. Siamo in una fase di ascolto", ha precisato il ministro aggiungendo che "siamo in un momento molto difficile, stiamo rischiando sicuramente di rientrare in recessione".  

Il governo, ha spiegato ancora Passera, è al lavoro "per affrontare l'emergenza numero uno che è quella del disagio occupazionale". Il disagio, ha osservato, è infatti "molto più alto di quanto mostrino le statistiche" e coinvolge "una quota rilevantissima della società italiana".
 
Altro punto particolarmente delicato è quello della previdenza. "Sulla spesa pensionistica, il governo ha in preparazione, e verosimilmente sarà annunciato entro pochi giorni, una riforma incisiva ma che rispetta il criterio di equità tra le generazioni," ha detto il ministro del Welfare Elsa Fornero parlando durante una deliberazione pubblica del Consiglio Ue dedicato alle questioni sociali in corso a Bruxelles. "Abbiamo ben chiari i difetti del nostro mercato del lavoro, il suo dualismo e i principi di flexicurity che dovrebbero ispirarne la riforma," ha aggiunto, precisando che l'azione del governo sarà centrata su rigore, crescita ed equità, laddove il "rigore non è solo basato su una dimensione quantitativa, ma anche su una diversa cultura del rapporto tra individui e spesa pubblica."

Intanto, malgrado la difficoltà del momento, dal capo dello Stato arriva l'esortazione ad avere fiducia. "Certamente l'Italia ce la farà, ce la deve fare", ha detto Giorgio Napolitano raggiungendo l'Università La Sapienza dove sarà presentato il libro che raccoglie i suoi discorsi per il 150/mo dell'Unità d'Italia. Un auspicio, quello del presidente della Repubblica, condiviso da Passera. "C'è un'Italia - dice il ministro - che continua a mettercela tutta, un paese che tiene meglio" e i dati sull'esportazione e la quota internazionale di commercio estero "dimostrano che il paese è forte". "Noi - ha aggiunto - possiamo sorprendere positivamente il resto del mondo, ci sono tutti gli estremi e la base delle nostre imprese" è quella su cui costruire. In un secondo momento Napolitano ha poi aggiunto: "C'è bisogno di un grande sforzo politico, morale, sociale per affrontare questa grave crisi che dobbiamo riuscire a vincere".

Ottimista anche Mario Monti:  "La vastissima maggioranza che ha approvato il principio costituzionale del pareggio di bilancio testimonia la ferma volontà del Parlamento e di tutto il Paese nel proseguire sulla strada del risanamento strutturale della finanza pubblica", ha detto il presidente del Consiglio esprimendo soddisfazione per l'approvazione in prima lettura da parte della Camera dei Deputati del disegno di legge costituzionale sull'articolo 81 della Costituzione".  "La comune volontà dei Paesi dell'Unione e delle istituzioni comunitarie di garantire durevolmente con norme costituzionali il consolidamento delle finanze pubbliche è un elemento decisivo per il superamento dell'attuale, difficile, crisi finanziaria che attanaglia l'Europ", ha sottolineato ancora il premier.



http://www.repubblica.it/economia/2011/12/01/news/ipotesi_pagamenti_in_titoli-25892576/?ref=HRER1-1

Pensioni: manovra blindata, la Cgil fa muro Mario Monti: “L’Italia rischia grosso”. - di Stefano Feltri




La netta chiusura di Susanna Camusso rischia di compromettere il clima di consenso attorno al premier. Il Partito democratico accetterà "misure che non sono nostre al cento per cento", ma rilancia sulla patrimoniale sgradita al Pdl.


Il presidente del Consiglio Mario Monti
Angela Merkel Nicolas Sarkozy parleranno di fronte ai loro Parlamenti per spiegare cosa intendono fare dell’Europa e, soprattutto, dell’euro. “Io non farò discorsi”, annuncia Mario Monti da Bruxelles. Il suo contributo al tentativo, che ormai sembra quasi disperato, di difendere la moneta unica lo darà presentando la manovra di bilancio lunedì, in Consiglio dei ministri. Poi le misure saranno discusse e approvate entro Natale, assicura il presidente del Senato Renato Schifani.

“Ho ribadito uno zero molto importante, non facile da raggiungere, ma che sarà conseguito”, ha spiegato il premier nella sala stampa di Bruxelles, riassumendo due giorni di vertici da ministro dell’Economia, prima eurogruppo (Paesi dell’euro) poi Ecofin (ministri europei dell’Economia). Lo zero è quello del deficit nel 2013, cioè il pareggio di bilancio (che diventerà un vincolo Costituzionale, ieri il primo passo col voto alla Camera), ma – ha precisato Monti – seguendo la scaletta prevista dal rapporto degli ispettori della commissione, presentato ieri: l’obiettivo da raggiungere subito è il deficit all’1,6 per cento nel 2012. Quindi subito manovra da 11 miliardi per compensare la mancata crescita rispetto al quadro delineato dalla manovra estiva. Poi 4 miliardi dalla delega fiscale, cioè il taglio di agevolazioni e sussidi previsto dal ministro Giulio Tremonti ma non ancora attuato, e infine un ulteriore intervento per garantire equità e redistribuzione (cioè si dovrà anche spendere qualcosa, ma senza toccare i saldi, quindi si taglierà anche per redistribuire). Monti sa che non sarà facile, ha quattro giorni per convincere sindacati e partiti di maggioranza che la manovra non si tocca, che non ci sono spazi di mediazione: “Penso di agire con la massima rapidità. E in tempi molto ristretti. Avremo anche delle consultazioni, ma farò appello al fatto che siamo in una situazione straordinariamente delicata e che certi passaggi e ritualità graditi a tutti forse non sarebbero a vantaggio dei cittadini”.

Il messaggio non era rivolto certo soltanto alla Cgil, ma è il sindacato di Susanna Camusso quello che più si sta agitando per le indiscrezioni sulla riforma delle pensioni: “Il governo deve sapere che 40 è un numero magico e intoccabile e mi pare che questo sia esaustivo della discussione”. Che è un modo un po’ barocco per dire che la Cgil è contraria a ogni intervento sulle pensioni di anzianità. Mentre è quasi certo che il ministro del Welfare Elsa Fornero interverrà anche sugli assegni maturati in base ai contributi versati e non soltanto in base all’anzianità, sia pure con un sistema di soglie variabili e non con l’abolizione delle pensioni di anzianità o il loro drastico ridimensionamento auspicato dall’Europa. “Accetteremo misure che non sono nostre al cento per cento ma abbiamo da dire la nostra”, avverte il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, lasciando intendere che un intervento pesante sulle pensioni dovrebbe essere compensato da una patrimoniale, sgradita al Pdl.

Il nodo Cgil per Monti è però un primo problema, non tanto perché il sindacato possa davvero ostacolare la manovra, ma in quanto rischia di compromettere il clima di consenso attorno al premier che invece ha bisogno di mostrarsi il più saldo possibile al vertice della prossima settimana a Bruxelles, quel Consiglio europeo dell’ 8-9 dicembre in cui i capi di governo dell’euro dovranno indicare cosa intendono fare per salvare la moneta: eurobond, modifica dei trattati, interventi sulla Bce. Non si deve però “sottovalutare ciò che è già stato deciso e posto in atto e che richiede di essere seriamente esercitato e valorizzato”, è l’invito al pragmatismo di Monti. Prima di infilarsi nel tunnel burocratico della revisione di trattati su cui si fonda l’Ue, meglio sfruttare gli strumenti già a disposizione, come il “six pack“, cioè l’insieme di procedure di politica economica che consente alla Commissione Ue di controllare l’impegno al rigore e alla crescita dei governi nazionali. In questa settimana, comunque, qualche decisione deve essere presa, perché la tensione sui mercati finanziari ha raggiunto nuovi picchi. Tanto che le principali Banche centrali del mondo, dalla Bce alla Fed a quella del Giappone, hanno lanciato ieri un’azione coordinata (a sorpresa): il taglio di mezzo punto del tasso sugli swap in dollari, in pratica hanno reso meno costoso per le banche private ottenere dei prestiti di emergenza in valuta americana. Lo scopo è scongiurare la crisi di liquidità, cioè la paralisi del mercato inter-bancario dovuta alla sfiducia tra istituti. L’effetto collaterale è che l’euro si è rafforzato sul dollaro. Almeno per ora.

"C'ERA UNA VOLTA LA PREVIDENZA", GUARDA L'INFOGRAFICA DI SALVATORE CANNAVO'



Per leggere meglio: 
http://www.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2011/12/pensioni_infografica_interna.jpg

Olanda: creato in laboratorio un virus letale. - di Redazione InformaSalus.it

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Olanda: creato in laboratorio un virus letale
I ricercatori dell'Erasmus Medical Centre di Rotterdam (Paesi Basi) hanno creato una variante estremamente contagiosa del virus dell'influenza aviaria H5N1in grado di trasmettersi facilmente a milioni di persone, scatenando, così una pandemia.

Il supervirus creato virtualmente in laboratorio è una vera e propria arma biologica virtualmente capace di sterminare la popolazione. 

Come ha dichiarato il virologo Ron Fouchier, coordinatore delle ricerche, sono sufficienti 5 modificazioni genetiche per trasformare quello che è originariamente un virus poco contagioso - che fino ad oggi ha ucciso solo 500 persone - in un agente patogeno molto pericoloso.  Qualora il supervirus finisse in mani sbagliate, avverte Fouchier, avrebbe tutte le potenzialità per diventare una vera arma biologica.

I ricercatori che hanno creato il super virus vogliono che il loro lavoro venga pubblicato,ma la comunità scientifica si oppone alla pubblicazione e  in tanti sollevano dubbi sull'opportunità dell'esperimento. Quest'ultimo fa parte di una ricerca internazionale più ampia per comprendere meglio l'H5N1.

Fouchier ammette che il virus creato è “uno dei più pericolosi che si possano ottenere”, ma è comunque deciso a voler pubblicare l'esperimento

Negli Stati Uniti, però, l'esperimento è stato duramente criticato Thomas Inglesby, scienziato esperto di bioterrorismo e direttore del Centro per la Biosicurezza dell’Università di Pittsburgh ha affermato: “è solo una cattiva idea quella di trasformare un virus letale in un virus letale e altamente contagioso. È un’altra cattiva idea quella di pubblicare i risultati delle ricerche che altri potrebbero copiare”. Critico anche Richard Ebright, biologo molecolare della Rutgers University in New Jersey che ha dichiarato: “Questo lavoro non andava fatto”.


mercoledì 30 novembre 2011

«Così assumevamo i figli dei politici». - di Fiorenza Sarzanini

Pierfrancesco Guarguaglini e la moglie,entrambi indagati per false fatturazioni (Olycom)
Pierfrancesco Guarguaglini e la moglie,entrambi indagati per false fatturazioni (Olycom)

L'ex manager Borgogni: la Lega ha imposto Orsi a Berlusconi Favori a leghisti e al pd Latorre. Che replica: una bufala.

NAPOLI - Lancia messaggi, accuse, sparge veleni. Testimone a Napoli, indagato a Roma, il manager di Finmeccanica Lorenzo Borgogni cerca di resistere al ciclone che si è abbattuto sulla holding . E tenta di rilanciare il proprio ruolo raccontando ai pm i rapporti coltivati in questi anni dai vertici aziendali con politici e funzionari di Stato. Si concentra soprattutto sulle assunzioni di parenti e amici di parlamentari con un'attenzione particolare ai leghisti. «Perché - chiarisce - sono stati loro a imporre al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la nomina di Giuseppe Orsi come amministratore delegato», avvenuta nell'aprile scorso quando si decise che Pier Francesco Guarguaglini, che all'epoca ricopriva entrambe le cariche, sarebbe rimasto solo presidente e con una riduzione delle deleghe. I rapporti tra i due sono gelidi, Borgogni non nega la propria avversione nei confronti di Orsi. Non a caso nell'elenco dei «favori» inserisce anche quello fatto al parlamentare del Pd Nicola Latorre, «per ottenere l'appoggio del suo partito». Sono i tre verbali di interrogatorio davanti ai sostituti Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Curcio - titolari dell'indagine che parte dalla consulenza ottenuta dal faccendiere Valter Lavitola e già conta una decina di indagati - a ricostruire quanto raccontato sino ad ora. Ma l'inchiesta appare essere entrata in una fase cruciale perché soltanto nei prossimi giorni, quando tornerà accompagnato dall'avvocato Stefano Bortone, si capirà se si tratta di una vera collaborazione o se invece il responsabile delle Relazioni istituzionali - che si è autosospeso la scorsa settimana dopo aver saputo che il giudice di Roma aveva negato la richiesta di arresto presentata dal pm Paolo Ielo - sta soltanto giocando una partita interna a Finmeccanica e alle sue «controllate» per regolare i conti tra cordate diverse. 

Da Ponzellini a Giorgetti fino a Milanese
Sono numerosi i familiari dei potenti entrati in Finmeccanica grazie a una politica di assunzioni clientelari. Borgogni cita i due figli di Massimo Ponzellini, l'ex presidente della banca Popolare di Milano recentemente coinvolto nell'indagine della Procura di Milano sui finanziamenti concessi alla società Atlantis e da tempo ritenuto vicino al Carroccio. Poi si concentra su Giancarlo Giorgetti, leader leghista attuale presidente della commissione bilancio della Camera, anche lui favorito con un contratto a un parente. «Per assicurarsi buoni rapporti con il Pd - aggiunge - il figlio di Latorre fu prima assunto nella sede statunitense dell'Augusta e poi trasferito in quella italiana». Affermazione che il diretto interessato definisce «una enorme e bufala». «Mio figlio - spiega Latorre - è entrato tre anni fa ed è stato trasferito dopo sei mesi. Non so chi sia Orsi e questo contratto non c'entra nulla con la politica, anche perché io non mi sono mai occupato di nomine in Finmeccanica e posso escludere che il mio partito avrebbe avallato un'operazione del genere». Durante i suoi interrogatori il manager ha evidenziato il ruolo di Marco Milanese, braccio destro di Giulio Tremonti quando era ministro dell'Economia, che si occupava proprio delle nomine di Finmeccanica. E ha sottolineato come sia stato proprio lui a decidere l'ingresso nell'organismo di vigilanza di una società controllata dalla holding di sua moglie, l'avvocato Anna Maria Taddei.

I capannoni affittati a Malpensa Più articolato, secondo Borgogni, il piano di Orsi per spostare da Sud a Nord alcune attività strategiche e così assecondare i voleri della Lega. In questo quadro si inserisce la scelta di trasferire da Pomigliano D'Arco a Venegono in provincia di Varese, la sede legale dello stabilimento dell'Alenia, che tante polemiche ha già provocato visto che uno dei dirigenti è la moglie dell'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni. I diretti interessati hanno smentito, ma Borgogni insiste nel parlare di un piano «strategico» che «serviva a garantire l'ascesa di Orsi». E cita un episodio che riguarda l'attuale capogruppo del Carroccio alla Camera. Sostiene il manager che l'attuale vertice aziendale ha pianificato la chiusura di alcune attività ritenute sinora strategiche. Ma anche che alcuni appalti esterni sono stati affidati per soddisfare le richieste degli sponsor politici. Come nel caso che riguarda Marco Reguzzoni. Borgogni ha raccontato che a Malpensa sono stati presi in affitto alcuni capannoni di una società segnalata proprio dal parlamentare che guida il gruppo a Montecitorio.

Le telefonate con Milone Di fronte ai magistrati napoletani Borgogni ha parlato anche degli affari esteri, ammettendo che alcuni manager avrebbero favorito il pagamento di tangenti per ottenere commesse in Medio Oriente e in Sud America, in alcuni casi trattenendo una parte (è il filone nel quale era stata coinvolta anche l'ex modella Debbie Castaneda). Proprio quello che, secondo i pentiti dell'inchiesta romana, avrebbe fatto anche lui. Durante l'interrogatorio di sabato scorso di fronte al pm Paolo Ielo a Borgogni è stato chiesto di chiarire a che titolo avrebbe versato soldi a Filippo Milone, ex capo della segreteria di Ignazio la Russa, nominato sottosegretario alla Difesa nel governo Monti. Ma le sue risposte non sono apparse credibili e ora dovrà tornare per dimostrare la sua reale intenzione di raccontare la verità anche su questo fronte aperto nella Capitale.