venerdì 10 febbraio 2012

Atene a ferro e fuoco Slittano aiuti, scatta sciopero di 48 ore.

Scontri ad Atene contro le nuove misure di austerity
Scontri ad Atene contro le nuove misure di austerity


BERLINO - Un fallimento della Grecia è un rischio che non si vuole affrontare, e che non si potrebbe controllare. Lo ha detto la cancelliera Angela Merkel secondo indiscrezioni trapelate dall'incontro con i gruppi parlamentari tenuto oggi a Berlino.
Non ci sarà alcun rimpasto di governo in Grecia. L'ipotesi è stata esclusa questa sera da una fonte governativa che ha affermato che il premier Lucas Papademos non annuncerà alcun rimpasto al termine della riunione del Consiglio dei ministri prevista per questa sera. Voci circa un eventuale rimpasto del governo si erano diffuse già dal pomeriggio di oggi dopo l'annuncio delle dimissioni di una sottosegretaria socialista e di quattro ministri appartenenti al partito di estrema destra Laos.
SCATTA SCIOPERO DI 48 ORE - La Grecia si appresta a vivere oggi ancora una giornata di paralisi totale dovuta allo sciopero generale di 48 ore, proclamato dai principali sindacati del Paese - la Gsee (che raggruppa i lavoratori del settore privato), l'Adedy (che rappresenta i dipendenti del settore pubblico), e il Pame (quello vicino al Partito Comunista) - in segno di protesta contro le nuove rigide misure concordate fra il governo ellenico e i rappresentanti dei creditori internazionali della Grecia.
Oltre a partecipare allo sciopero, i sindacati esortano i lavoratori a prendere parte compatti pure alle manifestazioni di protesta in programma per i prossimi tre giorni. La Gsee e l'Adedy hanno programmato per oggi venerdì e per domani sabato, alle ore 11.00, manifestazioni di protesta nella centralissima piazza di Atene, piazza Syntagma, mentre un'altra è in programma per domenica pomeriggio alle 17.00, giorno della votazione in Parlamento del disegno di legge per le nuove misure. Il Pame, come di consueto, ha indetto una manifestazione a parte oggi alle 11.00 in un'altra piazza della capitale, quella di Omonoia. Oggi tutti i settori del lavoro saranno fermi tra cui i trasporti pubblici (autobus, metropolitane e treni). Anche le navi e i traghetti resteranno attraccati nei porti per effetto dello sciopero di 24 ore proclamato dalla Federazione Nazionale Lavoratori Marittimi e quindi non vi saranno collegamenti da e per le isole. Si astengono dal lavoro i liberi professionisti, medici ospedalieri, avvocati. Chiusi anche scuole e ospedali dove sono garantiti solo i servizi di pronto soccorso. Rimarranno chiusi anche i tribunali, le banche, le sedi delle Autonomie locali, come pure i musei e i siti archeologici.
TAFFERUGLI NEL CENTRO DI ATENE - Tafferugli si sono registrati pochi minuti fa tra dimostranti e polizia nelle strade adiacenti la centralissima piazza Syntagma dove è in corso una manifestazione di protesta popolare contro le nuove misure di austerity concordate fra il governo greco e la troika. Secondo quanto riferito da radio locali, un gruppo di manifestanti ha lanciato alcune bombe incendiarie contro una decina di poliziotti in assetto antisommossa dispiegati nei pressi del Parlamento. Questi ultimi hanno reagito all'attacco esplodendo candelotti lacrimogeni e mettendo in fuga gli aggressori.

Cogenerazione, "Più sei efficiente più paghi"



Se oltre a generare elettricità da fonti rinnovabili con un impianto di cogenerazione, si recupera anche il calore, che altrimenti andrebbe disperso, per il produttore scattano accise aggiuntive. A denunciare l’ennesimo paradosso tutto italiano è Aper.

Cogenerazione, ''Più sei efficiente più paghi''
In Italia sprecare energia verde prodotta da cogenerazione conviene di più che recuperarla. Se infatti oltre a generare energia elettrica da fonti rinnovabili in un impianto di cogenerazione, dallo stesso motore si recupera calore, che altrimenti andrebbe disperso in atmosfera, per distribuirlo a utenze limitrofe, per il produttore scattano accise aggiuntive. Tradotto, più sei efficiente più paghi. Quindi “meglio” sprecare. A denunciare l’ennesimo paradosso tutto italiano è Aper (Associazione produttori di energia da fonti rinnovabili). L'anomalia è effetto di "un’inspiegabile posizione assunta dall'Agenzia delle Dogane con una circolare del 6 settembre 2011 (Prot. 75649/R.U.) - spiega l'associazione - che, nelle more di una riorganizzazione del sistema di contabilizzazione e applicazione delle accise sui combustibili impiegati per produrre calore, è intervenuta sui prodotti energetici da fonti rinnovabili (tipicamente gli oli vegetali, i grassi e i loro derivati). In esecuzione della circolare le direzioni territoriali dell'Agenzia hanno inviato a tutti i gestori di impianti di cogenerazione, poco prima della fine dell'anno, l'intimazione a dotarsi, entro il 1 gennaio 2012, di opportuni sistemi di contabilizzazione (i cosiddetti contatori rispondenti alla Direttiva MID) per poter applicare le accise al calore recuperato per via dell'efficienza".

Per l’Aper “il senso di queste disposizioni è paradossale: se produci energia elettrica da fonti rinnovabili a mezzo di combustibili, senza recuperare il calore, non sei gravato dall’onere delle accise (ragionamento corretto, in quanto in linea con la promozione delle fonti rinnovabili). Ma visto che sei già stato “premiato”- prosegue Aper - per la scelta di efficienza, si ha l'obbligo di anticipare all'Agenzia delle Dogane le accise computate su tutto l'ammontare di combustibile impiegato, per poi chiedere la restituzione sulla quota di combustibile servita per produrre la sola energia elettrica....

Gli ecobot: la nuova generazione di robot che mangia e fa la cacca.

EcoBot-III
EcoBot-III

Trasformano gli alimenti in energia. E mangiano di tutto: dagli avanzi di cucina agli escrementi.

MILANO - Esistono robot somiglianti agli uomini al 100%, come gli Actroid, creati da Hiroshi Ishiguro dell'Università di Osaka. E poi esistono robot che hanno gli stessi bisogni degli uomini per funzionare: devono mangiare, digerire e infine espellere escrementi. Sì, in pratica facendo proprio quella cosa là. Le «puzzette» sono da tenere in conto. I vantaggi di questi esseri meccanici? Non occupano la toilette e non mettono il pannolino, perché defecano in contenitori speciali e non vanno attaccati alla presa di corrente, perché trasformano gli alimenti in energia. In più hanno una grande qualità: sono di bocca buona. Non fanno storie per il cibo. Al contrario, ingurgitano di tutto, dagli avanzi di cucina agli escrementi umani, senza disdegnare gli scarti vegetali (erbacce e foglie). Addirittura, in futuro, potrebbero prendere il posto degli attuali wc (un robot-gabinetto?) e dei tritarifiuti.
ECOBOT - Si chiamano «ecobot» e sono nati al Bristol Robotics Laboratory dell'Università di Bristol. Gli ultimi esemplari, EcoBot-III, sono più sofisticati dei loro antenati versione I e II. Il loro «stomaco» è formato da tante celle a combustibile alimentate da urina, come indica uno studio pubblicato dalla rivista Physical Chemistry Chemical Physics, e persino da feci. Insomma, per essere attivi gli EcoBot-III riciclano il materiale organico delle fogne. Così ci aiutano a essere più eco-friendly. «La trasformazione del cibo in energia richiede un certo tempo», spiega Giulio Sandini, direttore di uno dei dipartimenti di robotica dell'Istituto italiano di tecnologia (Iit), «non è immediata, di conseguenza questa tecnologia può andar bene per i robot che hanno la possibilità di stare fermi, o magari hanno bisogno di poca energia. Si sta cercando di risolvere il problema energetico dei robot anche con batterie simili a quelle degli smartphone, ma l'autonomia delle macchine è limitata a una-due ore».
La ricerca del laboratorio di Bristol è sostenuta anche dalla Fondazione Gates. E interessa pure la Nasa che vorrebbe mettere i sistemi digestivi di questi robot nelle navicelle spaziali, in modo da trasformare gli escrementi degli astronauti in elettricità. Per il momento i robot «mangioni» non hanno braccia, viso e gambe. Non somigliano neanche lontanamente al robot-ballerino Asimo e al baby-robot iCub, made in Iit. Ma il loro look potrebbe essere modificato molto presto. Secondo i ricercatori l'aspetto fisico viene in secondo piano. Prima è necessario perfezionare la tecnologia delle celle a combustibile per garantire energia. Il passo successivo sarà quello di pensare al lato estetico.

Un doppio sbarramento per la nuova legge elettorale. - di Ugo Magri.




Piace ai maggiori partiti il testo elaborato da Violante sul modello proporzionale

Spunta una riforma elettorale largamente condivisa. Nella maggioranza ci lavorano da settimane, in totale segretezza. Il «copyright» è di Violante, ex presidente della Camera, ma strada facendo l’idea (condivisa dai vertici del Pd, non dai veltroniani) si è arricchita di contributi dal centrodestra e dall’Udc. Ora sul tavolo c’è una proposta abbastanza ben definita. Solo ieri lo si è venuto a scoprire, in quanto per due ore ne hanno ragionato a colazione Berlusconi e i suoi fedelissimi: lì a Palazzo Grazioli, si sa, perfino i muri hanno orecchie. Oltre al menù ricco di trigliceridi (pasta con sugo di carne, tiramisù al mascarpone), e insieme all’intenzione di stipulare con la Lega un patto di mutuo soccorso nei ballottaggi delle prossime amministrative, dalla mensa del Cavaliere è filtrata appunto la notizia dell’intesa sulle riforme, sia pure a uno stadio preliminare. Fonti autorevoli del Pd e del Terzo Polo confermano che la trattativa procede bene.

Di fatto, torneremmo al vecchio proporzionale. Con questo sistema verrebbero selezionati 464 deputati dei 630 che ne conta attualmente la Camera. Rispetto alla Prima Repubblica, tuttavia, scatterebbe un «bonus» di 140 seggi aggiuntivi che si spartirebbero solo le coalizioni (o i partiti: è ancora materia di discussione) capaci di superare un’asticella posta all’8-10 per cento (altro punto interrogativo). In pratica a dividersi il premio ce la farebbero Pd, Pdl, Terzo Polo, probabilmente la Lega e magari un’alleanza tra Di Pietro-Vendola-Rifondazione. Per gli italiani all’estero resterebbero 12 seggi; gli ultimi 14 verrebbero riservati come «diritto di tribuna» alle forze politiche che non superino una soglia minima, tipo 2 per cento. Niente preferenze perché, come hanno convenuto in un pubblico dibattito Cicchitto e Franceschini, le infiltrazioni di mafia e le intrusioni dei pubblici ministeri diventerebbero la regola, specie al Sud. La selezione dei candidati avverrebbe col metodo dei collegi.

Mentre Quagliariello e La Russa illustravano nei dettagli la proposta pervenuta dal Pd, da Berlusconi nemmeno uno sbadiglio. Ha solo domandato alla fine se questa legge favorisce l’abbraccio col Pd, di cui lui è diventato fautore. Gli hanno spiegato che prima del voto l’«abbraccio» è vietato, però dopo le elezioni nulla si può escludere perché ogni partito giocherebbe per sé. L’unico vero deterrente ai «ribaltoni» sarebbe rappresentato dalla «sfiducia costruttiva» (non si butta giù un governo se prima non si forma una nuova maggioranza), che farebbe parte del pacchetto di riforme istituzionali da approvare in fretta, o quantomeno provarci. Anche qui, risulta un accordo di massima tra i partiti maggiori. Si punterebbe a diminuire il numero dei parlamentari, a differenziare i compiti di Camera e Senato, a rivedere le competenze di Stato e Regioni, a rafforzare il premier consentendogli di licenziare i ministri e addirittura di chiedere lo scioglimento delle Camere al capo dello Stato (il quale potrebbe comunque rispondergli no).

Fino a giovedì prossimo proseguiranno i conciliaboli e gli incontri bilaterali (ieri Pdl con Rifondazione e Destra, Pd con Sel). Poi i «Tre Tenori», cioè Alfano Bersani Casini, si incontreranno per mettere o meno un timbro. C’è chi ipotizza un passaggio parlamentare per scrivere il patto nero su bianco con una «mozione di indirizzo» da approvare entro marzo (ne parla Franceschini, Enrico Letta si accontenterebbe di Pasqua); altri invece sostengono che la discussione generale in Aula sarebbe tempo perso, meglio mettere le due Camere immediatamente al lavoro. Su testo della riforma elettorale si potrebbero fare al momento buono delle modifiche. Proprio quello che teme Di Pietro: qualche scherzetto supplementare ai partiti piccoli, sotto forma di emendamento a sorpresa...


Caso Lusi, cresce il 'tesoretto' sottratto. Rutelli: ''Rivogliamo fino all'ultimo euro''






Roma - (Adnkronos) - Spuntano altri 618mila euro distolti nel 2007. L'ex presidente dei Dl: ''Sofferenza per la vicenda ma questo non ci impedisce di reagire con lucidità''. Presentata una modifica alla legge sui rimborsi elettorali.


Roma, 9 feb. (Adnkronos) - "Sfido qualunque segretario di qualunque partito a fare una conferenza stampa come ho fatto io oggi. Credo, anzi sono sicuro, che nessuno lo avrebbe fatto". Quasi sbotta Francesco Rutelli dopo un'ora e più di domande alle quali è stato sottoposto dai giornalisti che, al Senato, hanno assistito alla presentazione di una modifica alla legge sui rimborsi elettorali ai partiti politici che se approvata, assicura, scongiurerebbe il ripetersi di un 'caso Lusi'.


L'ex presidente dei Dl ripete di "vivere con sofferenza questa vicenda ma questo non ci impedisce di reagire con lucidità. La nostra è sempre stata, fin dall'inizio, una linea di trasparenza e verità. Ciò che è accaduto non deve più succedere". Trasparenza e verità, ribadisce, che si è tradotta nella "massima collaborazione" con la magistratura di Roma che oggi, aggiunge, si è vista recapitare, tramite i legali del disciolto partito, "gli estratti conto dal primo gennaio del 2007 al 31 dicembre 2011".
Gli stessi che la Guardia di Finanza aveva inutilmente richiesto alla filiale della Bnl del Senato. "Ricordo - sottolinea l'ex presidente Dl - che noi siamo la parte lesa e che non ci accontentiamo di una restituzione parziale dei fondi sottratti come ha proposto Lusi. Noi quei soldi li rivogliamo indietro fino all'ultimo euro ed è per questa ragione che gli atti legali che abbiamo finora intrapreso sono all'insegna della totale collaborazione con i magistrati".
Rutelli ha presentato un emendamento al dl sulle liberalizzazioni per modificare alcuni "meccanismi legislativi" che rendano e meno aggirabile la legge sui rimborsi elettorali e più rigorosi i bilanci dei partiti e dei movimenti politici, oltre alle società partecipate o controllate, che "devono essere certificati da una società di certificazione indipendente iscritta all'Albo speciale delle società di revisione tenuto dalla Consob".
Inoltre i presidenti di Senato e Camera dovranno comunicare al ministero dell'Economia, sempre sulla base di un controllo compiuto dai revisori, l'avvenuto riscontro della regolarità nella redazione del rendiconto, della relazione e della nota integrativa. Il collegio dei revisori è composto da cinque membri nominati dai presidenti delle Camere all'inizio della legislatura. Non meno di due membri del collegio dovranno essere scelti tra i presidenti di sezione della Corte dei Conti e almeno uno tra i dirigenti di prima fascia del ministero dell'Economia.
Un sistema che, secondo Rutelli, "non permetterà che si verifichi nuovamente un caso Lusi" e verrà scongiurata "la possibilità che partiti approvino in buona fede bilanci contraffatti da chi li presenta, come è accaduto con la Margherita". Questa modifica al decreto liberalizzazioni si rende necessaria perché, ha spiegato ancora Rutelli, "i bilanci dei partiti non sono bilanci statali e non possono essere portati direttamente alla Corte dei Conti".
Dell'emendamento Rutelli ha informato i presidenti delle Camere, Fini e Schifani, il presidente del Consiglio Monti e il ministro per i Rapporti con il Parlamento Giarda. Ora si augura che i partiti sappiano cogliere l'opportunità di un cambiamento. "L'ideale - ha osservato - sarebbe quella di cambiare la natura giuridica dei partiti e delle associazioni politiche", intervenendo sull'articolo 49 della Costituzione. Ma i tempi si dilaterebbero e "l'orizzonte della legge si allargherebbe".
"Abbiamo subito una lezione ma vogliamo chiarire che l'abbiamo capita. Per questo diciamo che la magistratura fa bene a indagare a tutto campo. Ricordo che noi siamo la parte offesa e pretendiamo la totale restituzione del maltolto. Non è vero, come ho letto da qualche parte, che siamo pronti ad accontentarci della restituzione parziale proposta da Lusi. C'è un colpevole e ci sono delle vittime. Questo deve essere chiaro".
"Lusi aveva la più totale fiducia del partito, mia e del gruppo dirigente dell'ex Margherita ma, bisogna dire, anche del Pd, considerando che era stato nominato componente della Giunta per le autorizzazioni a procedere". Fiducia mal riposta, ha concluso Rutelli, visto che, come ha precisato, i fondi sottratti ammontano a ben oltre 13 mln e mezzo. Come ha scoperto la società di revisione dei conti, incaricata di spulciare i bilanci e la documentazione amministrativa, sono spuntati altri 618.000 euro sottratti nel 2007.


http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/Caso-Lusi-cresce-il-tesoretto-sottratto-Rutelli-Rivogliamo-fino-allultimo-euro_312958875948.html


Leggi anche:
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-02-10/lusi-estratti-conto-consegnati-064233.shtml?uuid=AaFwQapE

Pdl, odore di bruciato dietro al boom di iscritti. “La guerra rischia di finire in tribunale”.



Bertolini, segretario a Modena: "C'è chi stacca tessere facili con rischio di infiltrazioni malavitose". Giovanardi replica: "Affermazioni indegne". Ma dietro all'esplosione di adesioni ci sarebbero solo grandi manovre tra le correnti per vincere i congressi provinciali. Una situazione che rischia di sfuggire di mano anche al responsabile regionale Berselli.


Il partito dell’amore lo chiamava Silvio Berlusconi nei primi mesi dopo la nascita del suo Popolo della libertà. Ma i tempi sono cambiati. Soprattutto lungo la via Emilia dove c’è sì unboom di iscritti, ma sul quale i primi a lanciare sospetti sono i dirigenti del partito stesso. Così, alla vigilia dei congressi provinciali, i primi nella storia del Pdl e in tutta la storia del berlusconismo politico, il partito di via dell’Umiltà appare lacerato e diviso, pieno di sospetti e in balia di una guerra interna che in alcune città potrebbe addirittura finire in tribunale.

Sono proprio le adesioni al movimento guidato da Angelino Alfano il pomo della discordia che, non solo in Emilia Romagna, sta mettendo in crisi questa prima “mobilitazione nazionale”. Molti esponenti del partito, dalla Puglia al Lazio, dal Veneto alla Calabria, hanno denunciato un anomalo aumento delle tessere. Ora le voci iniziano ad alzarsi anche dall’Emilia Romagna, terra rossa capace di dare comunque al berlusconismo personaggi del calibro di Carlo GiovanardiFilippo BerselliAnna Maria BerniniGiuliano Cazzola.

La prima a sollevare critiche sul tesseramento era stata la deputata modenese Isabella Bertolini, la stessa che a novembre fu tra le prime a mettere in dubbio la fiducia all’allora premierBerlusconi. La parlamentare, alla vigilia del prossimo congresso (in cui è candidata), ha prima denunciato un boom di iscritti in provincia di Modena, da poche centinaia a 5.600. Poi ha rimarcato un fenomeno che, se verificato sarebbe molto grave: la presenza di individui sospetti tra le nuove adesioni: “Leggo cognomi come Zagaria che mi auguro non siano parenti dei noti camorristi del clan dei Casalesi. Non voglio passare per razzista né ho strumenti per sapere chi sono questi neo-iscritti ma i sospetti restano. Il mio timore è che qualcuno possa aver aperto loro la porta, per questo ho informato il segretario Angelino Alfano e sono in attesa di una risposta”. Immediata la replica di Giovanardi, nemico storico della Bertolini: “Indegno criminalizzare chi è nato in alcune province del Meridione”.

Scendendo lungo la via Emilia fino al punto più a est c’è Rimini, dove Gioenzo Renzi, ex consigliere regionale, ex Alleanza nazionale ed ex candidato sindaco sconfitto alle elezioni di maggio, denuncia “iscrizioni triplicate” in provincia: da 901 del 2010 a 2.386 del 2011 in un mese. “Non solo – spiega Renzi – dei 901, ben 338 non hanno rinnovato ala tessera. Gli iscritti ex novo, cioè mai visti prima, nel 2011 sono stati 1.823”. Renzi porta dei casi emblematici dai centri della Riviera: “A Bellaria si è passati da 69 a 220, ma di quei 69, 33 non hanno rinnovato. Dunque – conclude l’ex candidato sindaco – ci sono 187 iscritti ex novo. Stesso discorso a Riccione”.

L’accusa al gruppo dirigente provinciale, guidato da Marco Lombardi, è molto pesante: “Mi sembra che a molta gente quello che interessa siano i pacchetti delle tessere, non il dibattito interno. Noi non siamo andati a destra e a manca a cercare gente che magari si vede solo un giorno al congresso. Oggi – prosegue Renzi – non è individuabile nemmeno chi fa le tessere: una volta invece servivano due persone per presentarlo”.

Il consigliere regionale Lombardi, coordinatore uscente e sostenitore del candidato ciellinoFabrizio Miserocchi, replica. “È fisiologico l’aumento degli iscritti prima di un congresso. Io stesso negli anni precedenti non andavo alla ricerca di iscritti, quest’anno sì”. E i risultati si notano, si potrebbe aggiungere. “Ci sono tre ex An che fanno 250 iscritti a testa, poi una componente di Cl che ne fa circa 300. Io e l’onorevole Sergio Pizzolante facciamo il resto”. Cioè quasi 1.500 tessere, facendo due conti.

Ma come ci iscrive al Pdl? Via internet o con un modulo cartaceo spedito a Roma. Ogni iscrizione ha un suo singolo bollettino di pagamento (10 euro l’iscrizione per il solo voto attivo, con 50 euro si può anche essere eletti a una carica) con allegata fotocopia del documento d’identità.

Lombardi allontana qualunque insinuazione di iscrizioni fasulle: “Stanno venendo fuori robe di questo genere in giro per l’Italia, proprio per questo non mi va di essere accomunato a cose poco chiare . Io garantisco su tutti i 2.500 iscritti, ci metto la mano sul fuoco”.

Ad ogni modo il tenace Gioenzo Renzi chiede che almeno vengano inviate delle lettere di convocazione a casa di ogni iscritto per invitarlo al prossimo congresso del 26 febbraio.

Una procedura simile a quella già adottata a Bologna. Anche nel capoluogo tuttavia non è mancata qualche ombra sul tesseramento, segnalata dal vice-coordinatore cittadino e consigliere regionale, Galeazzo Bignami. Proprio per questo sono partite le buste, iscritto per iscritto. “Si tratta di qualche decina di imprecisioni su un totale di 2.800 iscritti regolari – spiega – sarei sorpreso se gli errori superassero l’1 %”.

Per sgombrare il campo dai sospetti il consigliere regionale ha preferito quindi verificare le iscrizioni del capoluogo una a una, facendo inviare ai tesserati una lettera di conferma. “Li abbiamo contattati per essere sicuri che non ci fossero irregolarità, e nel momento in cui abbiamo individuato tessere-fantasma non rivendicate, l’abbiamo segnalato a Roma”.

Nella procedura di adesione ci possono essere delle insidie. Il documento d’identità da allegare può essere presentato anche successivamente, a eccezione degli ex iscritti ad An e Forza Italia, che sono esentati. In alcune liste preparate per i prossimi congressi, per esempio, sono stati rintracciati nomi di ex-iscritti, nonostante non avessero mai rinnovato la tessera. “Questi sono banali errori del sistema informatico che aveva bisogno di essere aggiornato, ma a Bologna ci sono stati anche diversi casi di omonimie. Ad ogni modo correggeranno a Roma”.

Insomma, anche per Bignami qualcosa non torna, ma di certo il consigliere si tiene ben distante dai colleghi di partito di Rimini e Modena, anche perché sotto le Due torri un’esplosione di iscrizioni non c’è stata, anzi. Se erano 3 mila nel 2010, sono 2.800 oggi. “Giusto tenere alta l’attenzione, ma se qualcuno pensa che ci siano rischi d’infiltrazioni vada in Procura”.

Sulla stessa linea il coordinatore regionale, Filippo Berselli. Per lui le accuse sono “balle senza fondamento”. Secondo il senatore, chi semina sospetti lo fa perché ha bisogno di mascherare la realtà. Un gesto dettato dalla disperazione, insomma: “Sia Renzi sia Bertolini sanno di non avere speranze ai congressi provinciali, per questo ora cercano giustificazioni. Ma se hanno elementi concreti facciano delle denunce direttamente alla magistratura”. Da Roma un altro deputato influente, il bolognese Giuliano Cazzola, chiede comunque di tenere gli occhi aperti e invita il centro, cioè Roma, ad adottare “procedure più severe ”.

Questo è il Pdl in Regione. Ora con lo scioglimento delle nevi che ricoprono la regione da est a ovest, quello che rimarrà a terra dopo i congressi e i veleni da esercito ormai senza guida, potrebbe essere il vecchio contenitore del partito di plastica berlusconiano.

di Giulia Zaccariello e David Marceddu


Truffa aggravata per quel volo di Stato “Artifici e i raggiri” dell’ex ministro Calderoli. - di Pierluigi Giordano Cardone



Secondo i pm di Roma il 19 gennaio 2011, il senatore leghista ha usufruito di un velivolo della Repubblica italiana per motivi personali: andare in ospedale a trovare il figlio della compagna. La giunta ha però respinto l'autorizzazione a procedre. Un no sul quale dovrà esprimersi palazzo Madama.


L'ex ministro della Semplificazione Roberto Calderoli
“Artifici e raggiri” per andare e tornare in giornata da Roma a Cuneo su un aereo di Stato. I pm della Procura di Roma e il Tribunale dei ministri non hanno dubbi: il 19 gennaio 2011, l’allora ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, ha usufruito di un velivolo della Repubblica italiana per motivi del tutto personali: doveva andare in ospedale a trovare il figlio della compagna, ricoverato dopo un incidente stradale. Non solo. Al fine di ottenere l’autorizzazione dalla Presidenza del Consiglio (i ministri non possono usufruire di voli di Stato se non tramite “richiesta altamente motivata”) ha ingannato i funzionari e, di conseguenza, il sottosegretario Gianni Letta. Come? Con “artifici e raggiri”, visto che per motivare la richiesta ha parlato di imprecisati impegni istituzionali. Per questo motivo, l’esponente leghista è indagato con l’accusa di truffa aggravata dai pm capitolini, i quali a fine dicembre hanno inviato una richiesta di autorizzazione a procedere al Tribunale dei ministri.

Che si è mosso in proprio: ha ricevuto una memoria difensiva dall’accusato, ha fatto indagini e alla fine ha dato ragione alla tesi dei pm. Iter d’obbligo: il faldone sull’autorizzazione a procedere è passato alla competente Giunta del Senato. Quest’ultima si è riunita il due febbraio scorso per esaminare la ‘pratica-Calderoli’ e, a maggioranza, ha deciso di respingere la richiesta dei pm e di condividere le motivazioni fornite dall’ex componente del governo Berlusconi. Insomma, gli hanno creduto. Per i componenti della Giunta, infatti, il volo Roma-Cuneo (e ritorno) era motivato da “comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’esercizio di funzioni istituzionali”, ovvero quanto dichiarato dallo stesso Calderoli pur di ricevere l’autorizzazione.

La richiesta della Procura ora passerà all’aula di Palazzo Madama, che dovrà esprimersi sulla proposta di negare l’autorizzazione a procedere ratificata dalla Giunta. Intanto la questione resta aperta e fa discutere. Non solo per le implicazioni di carattere penale (secondo gli inquirenti il danno per le casse dello Stato ammonta a poco più di diecimila euro), ma anche e soprattutto per il comportamento tenuto da Roberto Calderoli durante tutta la vicenda. Un comportamento ricostruito con dovizia di particolari dagli inquirenti e contenuto nella richiesta di autorizzazione a procedere che ilfattoquotidiano.it ha potuto consultare.

Tutto ha origine da un esposto presentato il 4 aprile 2011 alla Procura della Repubblica di Cuneo da Fabio Biolè, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, che aveva avuto notizia dell’uso improprio del volo di Stato da parte di Calderoli. La denuncia è stata trasmessa per competenza alla Procura di Saluzzo, che a sua volta l’ha girata a quella di Roma per poi finire al Tribunale dei ministri. Che a questo punto ha deciso di indagare, avvalendosi della collaborazione di due agenti di polizia.

Secondo la ricostruzione dei fatti, il 19 gennaio 2011 Calderoli “disceso dall’aereo di Stato atterrato all’aeroporto di Levaldigi, dapprima si è recato a Cuneo, in via […] dove si è incontrato con la signora Gianna Gancia (compagna di Calderoli e presidente della Provincia di Cuneo, ndr). Quindi il Calderoli e la signora Gancia sono entrati in un’abitazione privata, all’interno di un immobile sul cui citofono non sono presenti denominazioni di uffici pubblici. I medesimi, usciti insieme dopo circa un’ora dalla predetta abitazione, si sono recati in ospedale”. “Dopo circa un’ora” Calderoli è uscito per recarsi “nuovamente in aeroporto, dove è salito sullo stesso aereo con il quale era precedentemente atterrato”.

Da questa cronologia della visita ‘istituzionale’, i magistrati traggono una tesi ben precisa: “I predetti elementi di fatto, complessivamente valutati, non integrano esigenze connesse alle funzioni istituzionali del ministro Calderoli, ma evidenziano invece finalità strettamente legate alla vita privata del medesimo”, anche perché “non può attribuirsi rilievo al fatto che il Ministro Calderoli, come affermato nella propria memoria, avesse impegni istituzionali il giorno precedente e nel pomeriggio dello stesso 19 gennaio 2011 (impegni comunque esclusi dalla relazione dell’ispettore capo)”. E sì, perché l’ex ministro della Semplificazione nella sua tesi difensiva aveva cercato di rispedire al mittente le accuse: in un primo momento Calderoli aveva giustificato la necessità del volo di Stato con l’urgenza di far visita in ospedale al figlio della compagna (ricoverato in prognosi riservata per un incidente stradale). Successivamente, però, l’esponente leghista ha modificato versione: era volato a Cuneo su un velivolo della Repubblica perché si è dovuto occupare della situazione finanziaria della Provincia guidata dalla sua compagna e che la sua visita in ospedale era solo una ‘deviazione’ sul programma di lavoro, che prevedeva impegni istituzionali prima e dopo la capatina in ospedale.

A questo punto, a chi gli faceva notare che durante la ‘missione’ non si era recato in nessun ufficio pubblico, Calderoli ha spiegato che le sue funzione politiche le aveva esercitate in un’abitazione privata, giustificando l’utilizzo dell’aereo di Stato perché doveva far rientro immediatamente a Roma per partecipare ai lavori della Commissione sul federalismo. Per gli inquirenti, però, non c’era nessun impegno istituzionale né alcuna riunione di organismi parlamentari. E a chi gli chiedeva perché non avesse raggiunto Torino per prendere un volo di linea e fare rientro a Roma senza gravare sulle casse dello Stato, Calderoli si è giustificato dicendo che da Cuneo al capoluogo piemontese non c’è autostrada e che quindi sarebbe stato problematico salire su un volo per comuni mortali.

Tutte spiegazioni che il Tribunale dei ministri non ha accolto, a differenza di quanto fatto dai membri della Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato. Per i pm, infatti, l’ex ministro ha gabbato i funzionari della Presidenza del Consiglio, giustificando la sua richiesta con “comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’esercizio di funzioni istituzionali”. E’ proprio questa frase a mettere nei guai Calderoli. “Tale affermazione – hanno scritto i pm – volta ad indurre in errore i funzionari competenti in ordine alla sussistenza dei presupposti per il rilascio dell’autorizzazione all’uso dell’aereo di Stato, era altresì idonea ad orientare la conseguente determinazione”. E infatti i dipendenti della Presidenza del Consiglio hanno creduto alla motivazione della richiesta e “nella certezza della veridicità dell’affermazione, in quanto proveniente da fonte qualificata riconducibile al Ministro (il suo capo di gabinetto, ndr), non hanno richiesto chiarimenti ed hanno concesso l’autorizzazione”. Da qui il capo d’imputazione: truffa aggravata nei confronti dei funzionari statali “perché sussistono gli estremi degli artifici e raggiri idonei ad indurre in errore”. Non sussistono, invece, le accuse di peculato e abuso d’ufficio perché Calderoli, in quanto componente del governo, non aveva diritto al volo di Stato, destinato solo agli spostamenti del presidente della Repubblica, del Consiglio, di Camera e Senato. Anche dei ministri, in realtà, ma solo in presenza di “richiesta altamente motivata”. E non è il caso di Calderoli. Tutto chiaro, tutto documentato. Per molti, tranne che per la maggioranza della Giunta per le autorizzazioni a procedere.