mercoledì 16 maggio 2012

La profezia di Topolino, nel 1993 aveva già previsto tutto .



http://violapost.it/?p=7587

PARTITI POLITICI O ORGANIZZAZIONI MALAVITOSE?

 
Questi politici, che osano lamentarsi quando la popolazione manifesta la sua rabbia contro di loro, quando li paragona alle associazioni malavitose. E mentre loro protestano a noi viene da chiederci: scusate,ma dov’è la differenza?
Cosa fanno per distinguersi? Cosa hanno fatto quando, di seicentotrenta deputati solo 20 erano presenti in aula, per discutere i tagli al finanziamento pubblico dei partiti? Seicento dieci di questi signori erano assenti!
Questi signori sono gli stessi che quando dovevano giurare il falso, affermando che Ruby era la nipote di Mubarak erano tutti presenti, tutti pronti a sputare sulla faccia degli italiani, e sulla loro credibilità, per salvare il capo banda dalla galera. Erano tutti presenti, quando si doveva impedire alla giustizia di fare giustizia, consentendo l’arresto di chi tra loro era indagato e osano definirsi “diversi” dalle organizzazioni malavitose? Forse proteggere i ladri significa essere diversi? Oppure favorire il ladrocinio e lo sperpero del denaro pubblico, affidando appalti a disonesti in cambio di mazzette, significa fare il bene dello stato? E’ un bene per la popolazione, quando si fanno pagare le opere pubbliche dieci volte di più per spartirsi i miliardi insieme ai mafiosi?
Questi luridi ceffi, ai quali uno stipendio di mille euro sarebbe troppo, in quanto un lavoratore per poter percepire mille euro, deve lavorare otto ore al giorno, mentre questi nulla facenti usufruiscono di stipendi da lotteria. Stipendi rubati dalle tasche della popolazione! E’ un furto pretendere lo stipendio senza averlo guadagnato e oltretutto di quelle proporzioni, quando sono assenteisti per allergia al lavoro!
Questi signori che definiscono “antipolitica” chi condanna questo disonesto modo di concepire la politica, sono per davvero senza vergogna. Accusano la popolazione di voler affossare i partiti che, secondo loro, sono la base per una democrazia. Che idiozia! Non vogliono ammettere che non è la popolazione a condannare a morte i partiti, ma essi stessi! Sono loro ad aver trasformato i partiti in cosche. Sono loro, con l’insaziabile sete di potere e l’oscena avidità, a gettare così in basso i partiti. Sono loro ad aver ucciso i partiti per trasformarli in associazioni per delinquere e dovrebbero fare soltanto mea culpa.
A questo punto sarebbe sacrosanto scioglierli tutti i partiti e proibirne la rinascita. Andrebbero messi fuori legge. Questa gente andrebbe cacciata a calci dal nostro Parlamento, se persino in un momento come questo, in cui gli italiani non sanno come fare per sfamarsi, in cui la gente si suicida per la disperazione, essi non sono capaci neppure di rinunciare all’equivalente di un pacchetto di sigarette. In quale altro modo si può definire questa classe politica che dopo aver portato il paese alla rovina, continua ad ingozzarsi sfruttando una popolazione agonizzante?



http://mariapiacaporuscio.wordpress.com/2012/05/16/1600/#comment-870

Fiorella Mannoia risponde all’invito di Monti a denunciare gli sprechi.




“Monti esorta gli Italiani a denunciare gli sprechi, ottimo!!! 
Signor Monti, sarebbe cosí gentile da partire dagli sprechi della politica???? 
La TAV é indispensabile? 
Non potremmo spendere tutti quei miliardi per i treni interregionali ridotti ormai a carri bestiame?? 
Non si potrebbe interrompere quella farsa della missione di pace in Afghanistan che ci costa circa 600 miliardi l'anno?? 
Non potremmo mettere all'asta le frequenze televisive? 
Non potremmo fare qualcosa di concreto contro la corruzione politico-mafiosa che costa all'italia 70 miliardi l'anno? 
Se dovessi segnalarli tutti passeremmo la notte qui. 
Signor Monti, io vorrei denunciare una lunga serie di sprechi della politica corrotta, dove posso denunciarli? 
Vado dai Carabinieri?”


http://www.disabileforum.com/forum/fiorella-mannoia-denuncia-gli-sprechi_topic40235.html

Lega, Bossi indagato per truffa. Sotto inchiesta anche Renzo e Riccardo. - Antonella Mascali

umberto bossi_INTERNA


La truffa contestata al Senatur è relativa ai rimborsi elettorali. Mentre per i due figli l'accusa è di appropriazione indebita relativa alle spese personali dei due ragazzi con i soldi del partito. Al senatore Stiffoni contestato il peculato.

Il senatore Umberto Bossi è indagato per truffa ai danni dello Stato in concorso con l’ex tesoriere Francesco Belsito. L’iscrizione per l’ex segretario del Carroccio e ora presidente è relativa ai rimborsi elettorali incassati dalla Lega nel 2010 con il relativo rendiconto del 2011. Bossi risponde in concorso con l’ex amministratore indagato anche dalle procure di Reggio Calabria e Napoli. Nel registro degli indagati sono stati iscritti anche i figli del Senatur Renzo e Riccardo per appropriazione indebita, reato relativo alle spese personali che sono state sostenute per i due ragazzi con i soldi del partito. Anche in questo caso a rispondere in concorso c’è Belsito. La Procura di Milano ha indagato anche il senatore Piergiorgio Stiffoni e Paolo Scala, il finanziere che aveva gestito l’affare della Tanzania. Quest’ultimo risponde di riciclaggio. Per il senatore invece l’accusa è quella di peculato per aver utilizzato i soldi che erano sui conti della Lega a Palazzo Madama.
Lo scandalo che ha travolto la Lega coinvolge ben tre procure: Milano, Napoli e Reggio Calabria, anche se a iscrivere nel registro degli indagati il nome dei Bossi è stata nei giorni scorsi quella lombarda. Le ultime due indagano per riciclaggio relativo anche agli investimenti in Tanzania e Cipro di circa 6 milioni di euro. Lo scorso dicembre la pubblicazione sulle pagine del Secolo XIX dello strano affare tanzanese aveva fatto puntare i riflettori sul Carroccio. Belsito, finito nel mirino, aveva cominciato a raccontare al telefono alla segretaria Nadia Dagrada tutte le spese sostenute per Umberto Bossi e famiglia. Dalla polizza assicurativa per la villa di Gemonio alle spese per la ristrutturazione della casa. Belsito, che era stato introdotto come amministratore dall’ex tesoriere Maurizio Balocchi, sotto pressione per le richieste di spiegazioni dal partito, in una casetta di sicurezza negli uffici della Camera ha raccolto tutti i documenti relativi alle spese personali in una cartelletta denominata “The Family”. In quel fascicolo Belsito ha conservato i pagamenti delle multe di Renzo Bossi, le spese sanitarie del figlio minore di Bossi Eridanio, le distinte di diversi bonifici e anche documenti relativi all’istruzione di Renzo detto il Trota. Negli ultimi giorni la Procura di Milano aveva avviato accertamenti proprio sulla laurea albanese del Trota, che si sarebbe diplomato in business management senza mai mettere piede nel paese delle Aquile. 
Nelle conversazioni intercettate dagli investigatori del Noe dei Carabinieri Belsito diceva che dalle casse della Lega per il solo 2011 per Bossi e famiglia sarebbero stati spesi 611 mila euro. Coi soldi del partito, secondo l’ex tesoriere con un passato da buttafuori e portaborse di un ex ministro di Forza Italia, sarebbe stata finanziata anche la scuola bosina gestita dalla moglie di Bossi, Manuela Marrone, il sindacato padano ovvero il SinPa guidato Rosi Mauro, senatrice e vice presidente del Senato, espulsa come Belsito dal Carroccio. I soldi della Lega sarebbero finiti anche alla “nera”, che ha sempre negato, per la sua istruzione e quella del suo capo scorta Pier Moscagiuro.  
A mettere nei guai Bossi&co ci sono anche le dichiarazioni a verbale delle segretarie dell’ex leader. Nadia Dagrada, interrogata dai pm milanesi e napoletani quando erano scattate le perquisizioni da parte della Guardia di Finanza, aveva confermato che Umberto Bossi era perfettamente a conoscenza che i soldi della Lega fossero utilizzati anche per le spese personali della famiglia. Una versione in parte confermata anche dalla sua assistente personale Daniela Cantamessa che aveva riferito ali inquirenti di aver messo sull’avviso l’allora segretario per gli strani comportamenti del tesoriere. Ad aggravare lo scandalo anche un video di un ex autista, poi licenziato, che temendo di esser coinvolto nell’inchiesta aveva filmato Renzo, che poi si è dimesso dalla carica di consigliere regionale diversi giorni fa, mentre afferrava alcune banconote. Soldi che dovevano coprire le spese di servizio e non finire nelle mani del Trota per pagarsi la benzina o le medicine.
Gli accertamenti della Procura di Milano sono proseguiti senza sosta per verificare e trovare i riscontri alle dichiarazioni e anche alla stessa documentazione. Anche Belsito naturalmente durante gli interrogatori ha confermato la consapevolezza del fondatore del partito. Il cui nome è stato accostato anche alla ‘Ndrangheta. Nell’indagine reggina, che sta continuando a fare accertamenti anche sull’investimento in Tanzania, sono emersi i rapporti di Belsito con Romolo Girardelli, detto l’ammiraglio, uomo secondo gli inquirenti legato alla cosca dei De Stefano. 
Aggiornato dalla redazione web alle 13.51

Il vero motivo del pranzo tra Monti e Berlusconi. 16 maggio 2012

monti-berlusconi


IL MOTIVO VERO:
OGGI IL NANO CON ALFANO E LETTA (che lo ha organizzato) SARANNO A PRANZO DA MONTI PER CERCARE DI "INCIUCIARE" SUL DECRETO ANTICORRUZIONE. Quindi IERI, IL PARTITO DEGLI ONESTI, ha FATTO "CATENACCIO" per TENTARE OGGI DI TROVARE QUALCHE NORMETTA "SALVA-NANO" DA INSERIRE NEL DDL.

1. VIGILIAMO SU QUANTO ACCADE
2. SCATENIAMO SUL WEB UNA CHIARA RICHIESTA CHE GIANNI LETTA, che NON HA INCARICHI, VADA A CASA E NON CONTINUI LA SUA NEFASTA OPERA DI "FACCENDIERE DI STATO"!!!



Postato da: Alessandro Giari su Facebook


Purtroppo, il tuo sospetto è condivisibile e da non sottovalutare. Ancora una volta questo governo tecnico, nominato dal PdR senza sciogliere preventivamente le Camere, errore gravissimo, si trova a dover affrontare l'ostruzionismo del Pdl, partito fondato da Dell'Utri, uomo di non specchiata deontologia ed etica, per tutelare gli interessi dei suoi simili e del "bitumato massacratore di legalità".
Cetta.


Leggi anche: http://notizie.virgilio.it/politica/pdl-parla-a-raffica-ddl-anticorruzione-impantanato-in-commissione_167229.html?pmk=hpsoc&rnd=56264


martedì 15 maggio 2012

Indagato per frode fiscale, si dimette sottosegretario alla Giustizia Zoppini.

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Secondo l'accusa, attraverso un'attività di consulenza, Zoppini avrebbe aiutato alcuni imprenditori del novarese a realizzare una frode fiscale a carattere transnazionale. Per questa sua consulenza, avrebbe ottenuto compensi in nero e su conti esteri.

Concorso in frode fiscale e dichiarazione fraudolenta: con queste ipotesi di reato, la Procura di Verbania ha iscritto nel registro degli indagati Andrea Zoppini, sottosegretario alla Giustizia del governo Monti, già finito al centro delle polemiche in passato per aver presentato un emendamento che cambia le regole sul “computo delle azioni proprie” nelle deliberazioni societarie (la cosiddetta Legge Salini). A Zoppini è stato notificato un avviso di garanzia e un invito a comparire. Immediate le dimissioni: “Sono stato raggiunto da una informazione di garanzia con riguardo a vicende delle quali mi sono occupato professionalmente alcuni anni fa – ha detto il sottosegretario alla Giustizia – Ho piena fiducia nell’operato della magistratura e ritengo di potere chiarire ogni aspetto che mi riguarda. Credo però – ha aggiunto Zoppini – che la situazione che si è creata sia oggettivamente incompatibile con la funzione di sottosegretario al ministero della Giustizia. Per non pregiudicare, quindi, l’azione del Governo e del Ministro della Giustizia, che ringrazio per la fiducia che mi hanno voluto accordare, ritengo necessario rassegnare le mie dimissioni”.
Sulle dimissioni di Andrea Zoppini è intervenuto il Guardasigilli Paola Severino, esprimendo  ”piena fiducia” e “profondo apprezzamento per il proficuo lavoro svolto” da Zoppini “in questi mesi di impegno in qualità di sottosegretario”. “Ho accolto con dispiacere le sue dimissioni che, nonostante le mie insistenze, ha ritenuto di dover confermare – ha detto il ministro della Giustizia – Comprendo la sua esigenza di poter così far valere pienamente le proprie ragioni nella sede appropriata”.
Secondo l’accusa, attraverso un’attività di consulenza, Zoppini avrebbe aiutato alcuni imprenditori del novarese a realizzare una frode fiscale a carattere transnazionale. Per questa sua consulenza, ipotizzano gli inquirenti, avrebbe ottenuto compensi in nero e su conti esteri. Di qui l’ipotesi di reato di dichiarazione fraudolenta. L’iscrizione di Zoppini nel registro degli indagati, inoltre, è stata presa dalla procura piemontese dopo l’esame di documenti ‘extracontabili’ della società Giacomini – importante azienda che produce rubinetti e impianti per il raffreddamento e di cui Zoppini sarebbe consulente -, acquisiti dalla Guardia di Finanza nel corso di una verifica fiscale. Nel corso della verifica, alcuni soci dell’azienda hanno presentato una denuncia alla procura per aver ricevuto minacce di morte da soggetti della stessa Giacomini. Su questo aspetto della vicenda stanno indagando i carabinieri.

Di Matteo: “Nessun premio a governo che ha minato indipendenza magistratura”. - Giuseppe Pipitone

di matteo interna nuova


Dopo la proposta del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso di dare un premio speciale a Silvio Berlusconi per l'azione di lotta alla mafia del suo esecutivo, anche il sostituto procuratore della dda di Palermo, al pari di Antonio Ingroia (video), boccia senza mezzi termini la proposta.

“Ad un governo che ha spesso violentemente attaccato i magistrati e le loro inchieste quando queste riguardavano i rapporti tra mafia e politica, che ha sostenuto progetti di riforma costituzionale tendenti a comprimere l’autonomia e l’indipendenza della magistratura non si può attribuire nessun premio”. Dopo Antonio Ingroia anche il sostituto procuratore della dda di Palermo Nino Di Matteo replica alla provocatoria proposta di Pietro Grasso. Il capo della procura nazionale antimafia aveva proposto nei giorni scorsi di dare “un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia, perché hanno tradotto delle leggi che ci hanno consentito di sequestrare in tre anni moltissimi beni ai mafiosi: siamo arrivati a quaranta miliardi di euro”. Un suggerimento quello di Grasso che aveva fatto fare un balzo dalla sedia ad Antonio Ingroia. “Un premio a Berlusconi per la lotta del suo Governo contro la mafia? Non diamo meriti a chi non ce li ha” aveva subito commentato il procuratore aggiunto dell’antimafia palermitana.
Stamattina anche Di Matteo, che è il presidente distrettuale dell’Associazione Nazionale Magistrati, ha voluto replicare a Grasso, spiegando perché la sua proposta non può essere condivisibile. E lo ha fatto passando in rassegna i principali provvedimenti legislativi in chiave di giustizia dell’ultimo governo Berlusconi. “Credo – ha detto Di Matteo – che non si possa attribuire nessun premio e nessun riconoscimento ad un governo che ha sostenuto progetti di riforma in tema di intercettazioni telefoniche e ambientali, che ove approvati avrebbero definitivamente spuntato e reso meno efficace l’arma più incisiva nella lotta alla mafia, ad un governo che non ha fatto nulla per rendere più incisiva, nonostante le raccomandazioni anche europee, la lotta alla corruzione e a tutti quei fenomeni criminali che costituiscono il grimaldello con cui le organizzazioni mafiose penetrano la politica e le pubbliche amministrazioni. Nessun riconoscimento ad un governo che è stato sostenuto da forze politiche che hanno candidato anche soggetti condannati in primo e secondo grado per fatti di mafia. Per questo non credo che questo governo abbia dato dimostrazione pratica di volere a 360 gradi, e in tutte le direzioni, contrastare il fenomeno mafioso”.
La replica di Nino Di Matteo a Grasso è arrivata durante di una conferenza stampa organizzata al palazzo di giustizia di Palermo per illustrare una proposta di legge della Fondazione Progetto e Legalità. A quasi 20 anni dalle stragi di Capaci e di via d’Amelio la fondazione ha infatti proposto l’approvazione di una legge intitolata a Paolo Borsellino che preveda una maggiore punibilità del reato di voto di scambio politico mafioso. La proposta prende spunto da un incontro con alcuni studenti di Bassano del Grappa che Paolo Borsellino ebbe 1989: in quell’occasione il magistrato ucciso in via d’Amelio il 19 luglio del 1992 manifestò infatti la difficoltà per la magistratura di punire il reato di voto di scambio. “Il ricordo di Falcone e Borsellino – ha commentato sempre Di Matteo – non può essere solo uno sterile esercizio di memoria. Deve essere accompagnata da uno stimolo ad applicare quelle leggi di cui entrambi sentivano il bisogno, soprattutto per reprimere meglio il fenomeno pericolosissimo del patto politico-elettorale-mafioso”.
Nella fattispecie la proposta di legge prevede una modifica estensiva dell’articolo 416 ter del codice penale che disciplina la punibilità del voto di scambio politico mafioso. “Oggi il 416 ter del codice penale è uno strumento inadeguato – ha spiegato Di Matteo – perché punisce solo nel caso in cui il candidato paghi in denaro il sostegno delle cosche. Un’ipotesi molto rara nella pratica. Vorremmo stimolare le forze politiche a punire la stipula del patto anche quando questo patto non prevede l’erogazione di denaro, ma altre utilità come raccomandazioni favori, promesse di appalti. In questo modo si potrebbe fare un vero salto di qualità nella lotta alla mafia che fino ad ora nessun governo fino ha voluto fare”.