Alexis Tsipras
Giovane, idealista, carismatico, il leader della sinistra radicale ha rotto il duopolio di socialisti e conservatori che reggeva la politica di Atene. E, in vista delle elezioni, ha sfoderato un’inattesa dose di realismo.
Sguardo intenso e sorriso seducente, Alexis Tsipras, 38 anni il mese prossimo, è la crasi perfetta di virtù e fortuna. Il suo messaggio politico anti-establishment e anti-capitalismo selvaggio unitamente alla sua controllata ma contagiosa esuberanza ha trovato nella profonda crisi dell’Unione europea l’humus ideale da cui partire per fare presa nel cuore della gente. Così nel giro di una manciata di settimane questo giovane leader di Siriza, la coalizione parlamentare della sinistra radicale, è passato dall’essere un oscuro parlamentare di estrazione comunista a principale candidato per la poltrona di primo ministro della Grecia nelle elezioni del 17 giugno. A lui, nato quattro giorni dopo la caduta del regime dei Colonelli nel 1974, potrebbe toccare il compito di scardinare il sistema politico che ha governato la terza Repubblica greca durante tutta la sua giovane vita.
Un sistema democratico ma corrotto, basato su un tacito accordo tra la popolazione e due famiglie semidinastiche – i Papandreou e i Karamanlis - che lasciava a queste ultime e ai potenti armatori del Paese carta bianca su una personalizzata gestione delle finanze nazionali in cambio di posti di lavoro garantiti e pensioni sontuose. «Il settore pubblico non è stato creato perché funzionasse davvero ma per allargare il favore politico di alcuni gruppi sociali», spiega senza mezzi termini Euclid Tsakalatos, economista e parlamentare di Siriza. Quel patto oggi è stato sciolto dai mercati internazionali che ne hanno decretato l’insostenibilità. I cittadini hanno improvvisamente perso ogni forma di protezione e sussidio, e, oltre al proprio, si sono dovuti fare carico anche del comportamento irresponsabile delle élite. «Se li tassiamo, i ricchi lasceranno il Paese e sposteranno i loro investimenti altrove», è stato negli ultimi tre anni il mantra dei governi. Ma quando a causa della severità e della miopia delle misure di austerità imposte dall’Europa e dal Fondo monetario internazionale in cambio del salvataggio economico, la società greca si è ritrovata con stipendi ridotti di un terzo, con l’imposizione di inaudite tasse sulla proprietà immobiliare, con un numero di giovani senza lavoro superiore a quello dei ragazzi impiegati, con il centro della gloriosa capitale trasformato in pericolosa discarica umana, allora ha cominciato a ignorare gli ipocriti appelli alla responsabilità lanciati dal vecchio duopolio politico di Pasok e Nuova Democrazia e ad andare in cerca di una nuova rappresentanza politica.
Non ha dovuto cercare a lungo. Proprio lì tra la gente, pronto a raccoglierne la richiesta di aiuto, con quel suo sorridente faccione sbarbato e la sempiterna passione per il Panathinaikos, la squadra di calcio che si allenava nel campo vicino a casa sua, c’era questo “pallikari” (bravo ragazzo) idealista e carismatico, lontano dal potere e dalla corruzione, che già nel 2006, poco più che trentenne, aveva provato a diventare sindaco di Atene, raccogliendo non solo l’11,6 per cento dei voti ma, soprattutto, una grande riserva di simpatia. Gli è tornata utile lo scorso 6 maggio quando alle elezioni nazionali la sua coalizione ha ottenuto a sorpresa oltre il 20 per cento dei voti con cui ha impedito la formazione di un governo a sostegno di quell’accordo economico che, come spiegherà più tardi alla Cnn, «sta portando la Grecia all’inferno». Adesso è tempo di nuove elezioni: a stare ai sondaggi più recenti, è lui, con un roboante 30 per cento, a potere vincere la sfida politica. Da solo. «Tsipras rispecchia perfettamente i sentimenti della popolazione», racconta Matthew Tsimitakis, un vecchio compagno di battaglie politiche durante gli anni del liceo: «Il tempo sta lavorando contro le misure di austerità in Grecia e in Europa, e Siriza (che fino allo scorso maggio non aveva mai superato il 5 per cento dei consensi) sta sfruttando benissimo il momento e il clima». Il programma di governo prevede una drastica retromarcia sulle misure imposte dall’Europa, a cominciare dall’annullamento del taglio del 20 per cento del salario minimo e di 150 mila posti di lavoro nel settore pubblico. Poi la nazionalizzazione delle imprese di pubblica utilità. Per la stampa internazionale una vittoria di Tsipras vorrebbe dire l’uscita della Grecia dall’eurozona perché l’Unione, Germania in primis, non sarebbe più disposta a continuare a versare i miliardi sufficienti a permettere al Paese di funzionare e iniziare a ripagare l’enorme debito pubblico. Eppure Tsipras non solo non è mai stato antieuropeista, ma non ha nessuna intenzione di riportare la Grecia alla dracma. Al contrario, è sicuro di riuscire a convincere i paesi creditori a modificare i termini insostenibili dell’attuale patto di salvataggio: la sua scommessa è che l’Europa non avrà mai il coraggio di smettere di finanziare la Grecia per paura delle conseguenze di un contagio che potrebbe distruggere l’intera eurozona.
Non sarebbe la prima volta che Tsipras riesce a convincere “i grandi” a tornare indietro sui loro passi. Sono molti tra i suoi compagni di avventura politica che si ricordano come questo ragazzone dalle idee decise e dai modi dolci coordinò la protesta dei licei di Atene nel 1991 contro la riforma della scuola varata dal governo di allora, sostenuto da Nuova Democrazia. Le norme proposte introducevano tasse scolastiche nelle università pubbliche e la possibilità di dar vita a università private. Per mesi gli studenti occuparono le scuole, organizzando i turni per pulire le aule, si riversarono nei vialoni del centro di Atene per rendere più accesa e visibile la protesta, e infine persuasero il governo a fare retromarcia su tutta la linea. «A un certo punto gli studenti erano pronti a riprendere le lezioni, non tutti sapevano per certo perché stessero protestando, ma Alexis faceva parte degli oltranzisti, di quelli decisi a non mollare», spiega Katerina Sokou, una coetanea di Tsipras. «Sempre in prima linea, era l’unico che a diciassette anni sapeva proporre e accettare compromessi, a differenza degli altri teenager che alzavano sempre la voce e pretendevano tutto o nulla, e poi era bravissimo a trattare con la stampa», aggiunge Tsimitakis: «Forse perché era già entrato nei ranghi del partito comunista e aveva acquisito un minimo di esperienza. O forse era semplicemente il suo carattere». Appassionato. Deciso. Fedele. In quegli stessi giorni, durante le ore di lotta e dei primi successi, iniziò a fare coppia fissa con Peristera Baziana, anche lei membro del partito comunista, più tardi una laurea in ingegneria informatica, a cui è ancora legato e da cui ha avuto un figlio e ne sta aspettando un altro a giorni. Ma guai a domandare di lei: «Stanno insieme da vent’anni. Alexis è gelosissimo della sua vita privata e non vuole che nessuno ne parli», taglia corto Tsimitakis: «Bisogna rispettare la sua richiesta di riservatezza».
Terminato il liceo, Tsipras è entrato al Politecnico di Atene dove, studi a parte, ha proseguito l’impegno politico prima come membro del Comitato esecutivo dell’Unione degli studenti di Ingegneria, poi come rappresentante degli studenti nel Senato universitario e infine come rappresentante al Consiglio centrale dell’Unione nazionale degli studenti greci. Dopo l’università si sono aperte le porte della politica cittadina nelle file dell’estrema sinistra: è del 2006 la candidatura a sindaco di Atene. Tutta la vita di Tsipras scorre all’interno della sinistra («Se ha amici al di fuori di Siriza li nasconde molto bene», scherza un giornalista greco). Il futuro leader vi si muove con grande cautela e lungimiranza, come dimostra la sua uscita dal Partito comunista quando questo si rifiutò di entrare a far parte della coalizione delle sinistre. La stessa che oggi, dopo anni di lotta contro il neoliberismo mondiale, potrebbe vincere le elezioni. Ben presto Tsipras si fece strada all’interno della dirigenza, seguendo le orme del mentore Alekos Alavanos fino a succedergli. Così quattro anni fa, a soli 33 anni, divenne il presidente della coalizione e, insieme, il più giovane leader che un partito politico greco abbia mai avuto.
Considerando il fatto che il 55 per cento dei greci con meno di 25 anni sono senza lavoro e molti tra gli altri sono costretti ad accettare stipendi da fame, è forse inevitabile che il loro campione sia adesso diventato un giovane senza limousine e senza cravatta, cresciuto tra le riunioni dei comitati di base, bicchieri di carta e torte fatte in casa, sacco a pelo in giro per l’Europa per protestare contro le ingiustizie del capitalismo. L ‘opposto delle facce note di sempre, per la gente della strada sempre meno distinguibili dai volti di marmo dell’Acropoli. Guai a sottovalutarlo o a ridicolizzarne i programmi e il nucleo forte dei sostenitori. Il 6 maggio scorso, dopo aver capito, tra timore ed eccitazione, che per uno di quegli strani percorsi del fato Siriza aveva assunto l’anomala statura di partito di governo, Tsipras ha serrato i ranghi e – evento più unico che raro nella sinistra europea – ha dettato una linea comune accettata dalla maggioranza della coalizione.
Punto primo: dall’euro non si esce a meno di esserne buttati fuori.
Punto secondo: l’accordo con l’Europa così com’è va sì stracciato, ma con tatto.
Punto terzo: anche i ricchi devono cominciare a pagare le tasse.
Poi ha messo al lavoro gli economisti del partito – a partire da Yannis Dragasakis, politico di lungo corso e possibile ministro delle Finanze se Siriza salirà al governo – che si sono finalmente trovati non solo a elaborare idealistiche teorie economiche ma un qualche straccio di proposta concreta. Infine ha lanciato un’attenta offensiva mediatica: le prime interviste le ha concesse esclusivamente alle televisioni e ai giornalisti anglosassoni sapendo bene la presa che hanno sulle élite di tutta Europa. Ha elogiato il presidente Obama per il sostegno dato all’economia e invitato l’Europa a seguire l’esempio statunitense attirandosi gli strali dei comunisti duri e puri); è volato in Francia ad abbracciare Jean-Luc Melenchon che come lui ha costituito una federazione di forze di sinistra dopo aver abbandonato il partito socialista; e a Berlino ha parlato di solidaretà tra i popoli del vecchio Continente. Giacchetta scura e camicia chiara da funzionario di partito, per settimane è apparso in video continuando a ripetere che l’uscita della Grecia dall’euro non è il suo obiettivo, e non è nell’interesse dell’Europa. Che non è necessario costringere un popolo a enormi sofferenze per scontare gli sbagli dei politici precedenti. Che un compromesso alla fine si troverà.
Gli occhi grandi e scuri da europeo del Sud, Alexis Tsipras è diventato il simbolo stesso della crisi europea nelle sue due accezioni etimologiche di tragedia e opportunità: le élite vedono in lui il trionfo del populismo e la fine dell’Europa, i cittadini stremati l’unica speranza di cambiamento reale. Nelle urne il responso.