E ai magistrati ricorda i misteri sulla nascita della Fininvest.
Spuntano le intercettazioni tra Ezio Cartotto e la segreteria di Silvio Berlusconi nell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia. Una serie di telefonate effettuate per fissare appuntamenti tra l’ex premier e il suo ex consulente politico, tra i fondatori di Forza Italia, prima e dopo gli interrogatori dei pm di Palermo e di Firenze che avevano convocato più volte Cartotto per sentirlo come persona informata dei fatti.
E’ il 4 dicembre scorso quando Marina Brambilla, segretaria del Cavaliere, chiama il consulente per annunciargli che Berlusconi non sarebbe stato disponibile per un incontro evidentemente richiesto dallo stesso Cartotto. Ma la ragione di quella esigenza avrebbe fatto presto cambiare idea all’ex premier.
Va bene, risponde il politologo alla Brambilla, annunciandole che avrebbe nel frattempo inviato via fax “una convocazione che mi è stata fatta dall’autorità giudiziaria di Palermo (il 25 novembre 2011, ndr.)... e che riguarda quel famoso problema degli accordi tra la mafia...”. La segretaria è turbata: “Oh Madonna!” esclama e il suo interlocutore rassicura: “Sì, sì, sì... e come testimone naturalmente... credo che riguardino sempre quel famoso problema degli accordi tra la mafia eh... ecco, io non riesco a capire perché questi signori si ostinino a chiedere a me cose che io non sono assolutamente in grado di sapere...”. “Né in un senso, né in un altro”. All’interrogatorio, comunque, non ha intenzione di andare: “Sono caduto recentemente e mi sono fatto un enorme ematoma profondo tre centimetri e largo trenta... la vita non è facile per una persona malata come me... e allora sicuramente il 5 dicembre si sognano che io vada giù e, probabilmente, anche il 5 gennaio, anche il 5 febbraio, anche il 5 marzo, perché... gli manderò una regolare.... marea di certificati medici...”. E aggiunge: “Però volevo che lui fosse informato di questo...”.
Il giorno successivo, alle 19.09, il cellulare del politologo squilla. La chiamata arriva da Palazzo Grazioli, all’altro capo del filo, la signora Claudia: “Lei mi ha chiesto un appuntamento con il Presidente, è vero? ...Fissiamo per domani ad Arcore... Alle ore 17,30 va bene?”. “Per me va benissimo, grazie”.
E’ evidente, annota la Dia, che esiste “un interesse particolare da parte di Berlusconi nei confronti della vicenda che riguarda Cartotto”. Niente di più facile considerato che fu proprio lui l’uomo a cui Dell’Utri si rivolse per creare Forza Italia, interrogato dai magistrati per riferire quanto a sua conoscenza sulla nascita del partito che fu poi appoggiato dagli uomini di Cosa Nostra nel periodo che seguì la stagione delle stragi del ’92 e ’93. E gli inquietanti accordi tra lo Stato e la mafia.
Cartotto, nonostante l’iniziale intenzione di non recarsi dai pm, viene sentito il 10 dicembre successivo e, tra le altre cose, ai magistrati di Palermo racconta che subito dopo l’omicidio Lima, quando si incontrò con Dell’Utri, questi gli disse che a suo modo di vedere il politico era stato assassinato perché ritenuto inaffidabile. Sottolineando, in via confidenziale, la necessità di non disperdere i voti siciliani formando un nuovo partito politico.
Finito l’interrogatorio chiama un cellulare e lascia un messaggio in segreteria chiedendo di essere richiamato con urgenza per fissare, come precedentemente concordato, un appuntamento “prima del periodo natalizio”. Chi chiama Cartotto? Il 31 gennaio del 2012 l’ex consulente viene nuovamente interrogato a Palermo e il 2 febbraio riceve una telefonata dalla segretaria di Berlusconi che conferma un appuntamento fissato al 6 febbraio ad Arcore. E posticipato poi al giorno successivo.
Nascita di un impero. I fantasmi del passato.
Cosa abbiano concordato e di cosa abbiano discusso i due interlocutori non è dato sapere.
Certo è che a colloquio con i magistrati Cartotto è tornato sui misteri del Cavaliere e sulla nascita del suo impero. Su “Berlusconi e la mafia” il politologo ha detto di non sapere nulla “a parte alcuni strani rapporti con il finanziere Filippo Alberto Rapisarda”. Poi, in riferimento alla Edilnord, l’azienda con la quale Berlusconi costruì Milano2, ha dichiarato di essere in possesso di compromettenti carte “conservate nel baule di una zia”. “Berlusconi – si legge nel verbale pubblicato da Repubblica - era il socio accomandatario, mentre l’accomandante era una domestica svizzera. Lui voleva trasformare tale società in accomandita semplice in una società di capitali, ma se l’avesse fatto attraverso i soliti giri poteva richiamare l’attenzione. Allora era proibito mandare i capitali all’estero”. Fu lo stesso Cartotto a trovare una soluzione al problema: “Il favore glielo fece l’avvocato Ferruccio Ferrari, amministratore della finanziaria Cefin, proprietaria di un pacchetto azionario della Banca Italo Israeliana. Attraverso questa banca abbiamo fornito in Svizzera a Berlusconi il denaro per fare l’aumento di capitale. Il denaro ricevuto in Svizzera fu poi restituito in Italia”. “Non so cosa ci abbia guadagnato Ferrari. Non era il tipo da fare gratis queste cose”. Certo però, ha concluso Cartotto, non è “un’operazione che dà una bella immagine di Berlusconi”.
Poi, in risposta i pm, ha raccontato che “Il rapporto con Berlusconi è proseguito in modo conflittuale”: “L’anno scorso, gli avevo rappresentato la mia grave situazione finanziaria. Allora è intervenuto sulla Mondadori, ho scritto un libro sui personaggi che fondarono la repubblica. Poi, gli ho detto: ‘Io devo vivere tutti i giorni’, ma non c’era ricatto, perché, altrimenti, o sarei morto ammazzato, o sarei ricchissimo”. Comunque sia, il politologo ha alla fine ammesso di ricevere da Berlusconi “una rimessa di denaro, mensile”.
E la storia di certo non finisce qui.