mercoledì 1 agosto 2012

Mafia, Ros interrompe la caccia al boss Messina Denaro dopo “lite” con Messineo. - Giuseppe Pipitone

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Dietro allo stop delle ricerche da parte dell'Arma ci sarebbe qualche “ruggine” sorta con gli altri cacciatori di latitanti. Durante un blitz della polizia, autorizzato dal procuratore capo di Palermo, era stato arrestato Leo Sutera, boss dell'agrigentino, che da due anni era monitorato dal reparto operativo speciale.

Una riunione fiume tra il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo e il nuovo comandante del Ros Mario Parente, per decidere che da oggi i militari Reparto operativo speciale smetteranno di dare la caccia a Matteo Messina Denaro, l’ultimo super latitante di Cosa Nostra. Gli oltre 40 uomini del gruppo che un tempo era guidato dal “capitano Ultimo” stanno già smontando le telecamere e le attrezzature utilizzate per la ricerca del padrino di Castelvetrano: a breve torneranno alla base romana di Ponte Salario per poi essere destinati ad altri incarichi.
Una scelta clamorosa quella dei vertici dell’Arma che arriva dopo alcune settimane di polemiche tutte interne alla procura di Palermo. Dietro allo stop delle ricerche da parte dell’Arma ci sarebbe qualche “ruggine” sorta con gli altri cacciatori di latitanti che lavorano su Messina Denaro: i colleghi della polizia e quelli dello Sco, il servizio centrale operativo. Il 26 giugno scorso, infatti, un blitz della polizia aveva fatto scattare le manette ai polsi di 46 persone, decapitando di fatto le cosche mafiose della provincia di Agrigento. Tra gli arrestati anche Leo Sutera, boss dell’agrigentino, che da due anni era monitorato dal Ros. Secondo i cacciatori di latitanti dell’Arma, Sutera era la “chiave” per arrivare a Messina Denaro. La primula rossa di Castelvetrano si sarebbe incontrata di recente con lo stesso Sutera, che avrebbe confermato quell’incontro durante una riunione in una masseria nei pressi di Agrigento. I militari avevano piazzato una microspia nella masseria e avrebbero captato chiaramente i riferimenti di Sutera al recente summit tenuto con Messina Denaro. Su Sutera stavano lavorando anche gli 007 dell’Aisi, l’agenzia che dal 2007 ha preso il posto Sisde. Per i militari del Ros insomma non bisognava arrestare subito Sutera, ma monitorarlo in attesa che guidasse gli investigatori direttamente dal padrino di Castelvetrano. Il procuratore Messineo però aveva deciso diversamente.
Dopo l’arresto di Sutera il procuratore aggiunto Teresa Principato, che con i sostituti Paolo Guido e Marzia Sabella coordina le indagini su Trapani, aveva scritto una lettera di fuoco a Messineo, protestando per quel blitz che avrebbe bruciato la pista del Ros. Secondo il procuratore capo di Palermo però la pista indicata dal Ros era troppo generica. E i padrini dell’agrigentino si preparavano a darsi alla latitanza, avendo capito di essere pedinati. “Il blitz non era più procrastinabile perché a carico dei fermati c’era un pericolo di fuga attuale e per i gravi indizi criminosi che derivavano dal piano di creazione di un nuovo mandamento mafioso” ha spiegato il procuratore aggiunto Vittorio Teresi che coordina le indagini su Agrigento. Le polemiche però non si erano placate neanche dopo un paio di riunioni della direzione distrettuale antimafia. E oggi il Ros ha deciso di tirarsi fuori da questo clima di veleni, stoppando la caccia all’ultimo super latitante di Cosa Nostra. Sul gruppo che lavorava per braccare il boss di Castelvetrano era stato investito quasi un milione di euro all’anno: una cifra ritenuta eccessiva dopo l’arresto di Sutera che avrebbe incenerito le piste investigative dell’Arma.
La scelta del Ros di “stoppare” la caccia a Messina Denaro certifica di fatto i difficili rapporti tra il reparto operativo dell’Arma e la procura di Palermo negli ultimi dieci anni. Dopo il processo per la mancata perquisizione del covo di Riina la procura di Palermo ha messo sotto accusa due simboli del Ros: il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu accusati di favoreggiamento aggravato per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995 a Mezzojuso. Lo stesso Mori è attualmente indagato nell’inchiesta sulla Trattativa Stato – mafia insieme al suo storico braccio destro Giuseppe De Donno

Emanuela Orlandi mori’ in un festino pedofilo in Vaticano, lo rivela Padre Amorth.




La notizia è sconvolgente, ma è ancora più incredibile la fonte da cui proviene. Per Padre Gabriele Amorth, il più grande esorcista della Santa Sede stimato addirittura dal Papa, Emanuela morì tragicamente in un festino pedofilo consumato in ambienti vaticani. Secondo il religioso, infatti, la sfortunata ragazza rimase impigliata in un’orgia orribile che per lei finì tragicamente. Di questa pista si era parlato già in passato, ma le ipotesi che ha avanzato in questi giorni Padre Amorth, gettano nuova luce su quella sparizione. Padre Amorth tira in ballo alcuni testimoni affidabili e tra questi monsignor Simeone Duca, archivista della Santa Sede, che fece cenno a “festini” e indicò anche la presenza di un gendarme vaticano che si proponeva come “reclutatore di ragazze”. IL RUOLO DI DON VERGARI In un’intervista al quotidiano torinese La Stampa, Padre Amorth ha aggiunto anche di più: «Ho motivo di credere – ha detto – che si sia trattato di un caso di sfruttamento sessuale con conseguente omicidio poco dopo la scomparsa e di occultamento del cadavere». Insomma, Emanuela fu drogata, coinvolta in un festino e poi morì o venne uccisa. Per evitare scandali fu dunque necessario far sparire il cadavere. E qui spunta la figura di Don Vergari, l’ex rettore di Sant’Apollinare che di recente è stato indagato proprio per il caso di Emanuela. Si è per esempio sospettato che sia stato lui a far sparire il corpo della ragazza, ma al momento non ci sono prove e non sono leciti nemmeno sospetti. 
D’altronde, lo stesso Don Vergari smentisce tutto con sicurezza. Interviene però anche Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, che racconta dettagli della vita segreta di Sanf Apollinare. «Le amiche della scuola di musica di Emanuela – ha affermato – mi dissero che suor Dolores, la direttrice, non le faceva andare a messa o a cantare nel coro a Sanf Apollinare, ma preferiva che andassero in altre chiese, proprio perché aveva una brutta opinione di Don Vergari!». Forse queste parole non bastano per indicare nel sacerdote uno del gruppo che organizzava le orge. Ma certo gettano nuova luce sul mistero di Emanuela. MIRELLA GREGORI. E c’è di più, perché Padre Amorth riprende un vecchio collegamento con un altro caso da sempre legato a quello di Emanuela: parla infatti di Mirella Gregori, scomparsa nello stesso anno e forse per lo stesso motivo. E qui, il sacerdote spiega di non credere in alcun modo alla pista internazionale. Sembra ormai accertato, infatti, che le dichiarazioni dei Lupi Grigi che dissero di avere in mano Emanuela e Mirella erano solo un depistaggio inventato dalla Stasi, i servizi segreti della Germania Est, per deviare le indagini sull’attentato a Giovanni Paolo II. Fu così che il destino delle due innocenti ragazzine finì in un gioco di specchi internazionale che complicò le indagini e, anche se indirettamente, aiutò una banda di preti pedofili che cercava in tutti i modi di nascondere le prove delle efferatezze commesse. Ormai ci siamo, il fronte del silenzio sembra infranto e, forse assai presto, potremo dire che il caso di Emanuela è davvero vicino alla soluzione.


http://www.nocensura.com/2012/08/emanuela-orlandi-mori-in-un-festino.html

Dalla canoa il terzo oro per l'Italia, Molmenti trionfa nel K1 slalom.

Daniele Molmenti (Xinhua)

Londra - (Adnkronos) - Il campione europeo 2012 ha vinto la finale andata in scena nelle acque del Lee Valley White Water Center col tempo di 93''43 davanti al ceco Vavrinec Hradilek.


http://www.adnkronos.com/IGN/Speciali/Olimpiadi/

Blitz Gdf a Palermo, 70% commercianti non fa scontrino.



Su 209 attività, 140 sono risultate non in regola.


PALERMO - Circa il 70 per cento degli operatori commerciali controllati dalla Finanza a Palermo e provincia non rilasciano scontrini e ricevute fiscali: su 209 attività 140 sono risultate non in regola per mancata consegna del documento fiscale al cliente e omessa presenza del misuratore fiscale. E' il bilancio del blitz fatto dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Palermo, delle Compagnie di Partinico, Termini Imerese e Bagheria. La maggior parte dei controlli è stata concentrata nelle aree balneari e nelle principali località turistiche della costa palermitana. A Palermo, oltre a Mondello e Sferracavallo, gli accertamenti hanno riguardato i locali pubblici della zona intorno via Olivella e il teatro Massimo e in piazza Marina.
Su 9 stabilimenti balneari, 7 non avrebbero emesso scontrino (77%); su 50 fra bar, pub, pasticcerie e gelaterie, 26 sono stati multati (52%); su 45 ristoranti e pizzerie, 27 i casi di mancata emissione (60%). La Finanza ha fatto verifiche anche su 33 venditori ambulanti: uno solo era in regola. Su 54 esercizi di vendita di prodotti alimentari (fra panifici, macellerie, pescherie, ecc.), 34 quelli fuori legge (63%); su 7 fra barbieri e parrucchieri, 5 (71%). Multati inoltre tutti i parcheggiatori abusivi, oltre che per la mancata autorizzazione, anche per mancata emissione del documento fiscale. Per il contrasto al lavoro nero, sono stati controllati tre stabilimenti balneari, 14 fra bar, pasticcerie e gelaterie, 20 ristoranti e pizzerie, 5 negozi di generi alimentari, 3 agriturismi e 9 attività di vario genere di cui 34 scoperti a impiegare 11 lavoratori irregolari e 122 completamente in nero.
Tra i casi più clamorosi, quello di un ristorante di Mondello in cui è stato trovato un secondo misuratore fiscale, diverso da quello utilizzato, apparentemente non funzionante: all'interno erano memorizzati gli scontrini di "chiusura giornaliera" relativi agli incassi fatti dal 2006 al 2011, mai dichiarati al fisco per un importo di 2 milioni e mezzo di euro. Inoltre è stato accertato l'ammontare complessivo dei ricavi mai dichiarati dalla ditta: circa 4 milioni e mezzo. In un altro locale in piazza Marina inoltre su 17 dipendenti 16 erano in nero. La Finanza ha identificato anche i possessori di 200 barche ormeggiate presso i porti di Palermo (Cala e Acquasanta): circa 50 erano intestate a persone con redditi inferiori a 50mila euro.
Quattro persone poi pur denunciando spese di ormeggio tra i 3000 e i 5000 euro non hanno presentato la dichiarazione dei redditi negli ultimi tre anni, mentre il proprietario di una barca di 13 metri ha dichiarato un reddito di 6mila euro. Nell'ambito dell'operazione poi sono stati sequestrati 3000 fra capi di abbigliamento e accessori, orologi, calzature, dvd e cd contraffatti.

Bersani-Vendola: “Ok alleanza con l’Udc”. Il leader di Sel: “Di Pietro rischia la deriva”.

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Il presidente della Puglia spiega di essere pronto a partecipare a coalizioni che comprendano "tutti quelli che vogliono modernizzare l'Italia" e che abbiano al centro "i diritti sociali e civili delle persone, come i diritti delle coppie gay". Allo stato le porte chiuse per l'Idv perché "non sta mostrando interesse" per la costruzione di un’alleanza di centrosinistra.

Il duo Bersani (Pd)-Vendola (Sel) aprono all’Udc di Casini. Dalla riunione arriva l’apertura al partito dell’ex presidente della Camera che solo ieri avevano aperto uno spiraglio all’alleanza invocando i partiti ad “ammainare le bandiere di parte”. E in questa nuova alleanza, a legge elettorale ancora in alto mare, il leader di Sel mette fuori dai giochi l’Idv: “Il propagandismo esasperato di Di Pietro lo sta portando alla deriva”.  Il presidente della Puglia spiega di essere pronto a partecipare a coalizioni che comprendano “tutti quelli che vogliono modernizzare l’Italia” e che abbiano al centro “i diritti sociali e civili delle persone, come i diritti delle coppie gay”. Argomenti che solo ieri il segretario dei Democratici ha elencato nella carta di intenti. Allo stato le porte chiuse per l’Idv perché “non sta mostrando interesse” per la costruzione di un’alleanza di centrosinistra. 
Solo un mese fa Vendola e Di Pietro avevano inaugurato il “cantiere del centrosinistra” e lanciato un aut aut ai democratici. In caso di alleanza con Casini sarebbero venuto meno il patto di Vasto. I due partiti dicevano di aver fatto fronte comune (“Niente coalizione se non ci siamo entrambi”), con il governatore pugliese che proteggeva l’ex magistrato gettando sul tavolo il suo clamoroso successo nelle ultime amministrative. 
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Riflessioni mattutine.



Dicono che la notte porti consiglio, forse in virtù del fatto che prima di addormentarsi, molti tra noi, tirino le somme di ciò che si è fatto e di ciò che si sarebbe voluto fare ma non si è fatto per vari motivi.
Da qui ad espandere le proprie considerazioni dai fatti personali a quelli che riguardano il collettivo, il passo è breve.
Riflettendo, è anche naturale che si faccia un rapporto tra la concezione dalle cose personali con quelle che riflettono la vita della collettività.
Tenuto conto del fatto che molte delle proprie idee potrebbero risultare opinabili per altri, si cerca di essere il più  parziale ed equilibrato possibile per cercare di produrre un concetto accettabile da tutti.
Prendiamo ad esempio ciò che il cosiddetto governo tecnico sta facendo per correggere (!!!!!) gli errori madornali perpetrati dal governo degli eletti.
E qui cominciano a salire la rabbia e la consapevolezza che sia l'uno, in passato, che che l'altro, nel presente, non stiano facendo altro che perdurare nell'errore.
E' noto a tutti che una grossa fetta del debito pubblico è causato da chi evade le tasse, e che molta parte del denaro pubblico che entra nelle casse dello stato viene speso male; viene spontaneo, pertanto, pensare che si dovrebbero colpire gli evasori e gli spendaccioni....Che succede, invece? Si continua a colpire, infierire e tartassare chi le tasse già le paga: i lavoratori a reddito fisso e i pensionati!
Direte tutti, ma non è facile colpire chi non risulta all'anagrafe tributario, bisogna cercarlo per poi colpirlo.
E perchè non si è mai fatta una legge, una qualsiasi - non sono io a doverla studiare ed imporre, paghiamo tanti inutili personaggi ai quali abbiamo demandato questo compito - che non permetta a chi evade di evadere? E perchè non si punisce chi è colpevole di utilizzare a proprio piacimento il denaro pubblico?
Troppo facile colpire sempre gli stessi, da abecedario di scuola elementare, una casalinga saprebbe fare di meglio.
Non si meraviglino i papaveri al governo se nella collettività, quella alla quale hanno tolto ogni diritto ed ogni dignità, cresce la voglia di mandarli tutti a quel paese a calci nel deretano, Non si meravigli il Presidente Napolitano se molti affermano di non sentirsi rappresentati da lui.
E, soprattutto, smettano di lanciare moniti, perchè non ne hanno il diritto, essendo loro gli artefici del disastro economico che stiamo pagando a caro prezzo! 
Infine, che la smettano di imbavagliare la stampa che rende visibile a chi vuole sapere, a pieno diritto, tutto quello che c'è da sapere; che la smettano di attribuire ai giornali colpe che non hanno come la morte per infarto di D'Ambrosio: loro si sono macchiati di ben altri assassinii, quelli di vari giudici che cercavano di far luce sui tanti fatti strani verificatisi  in passato e che li riguardavano molto da vicino. 
E che facciano un mea culpa per tutti quelli che, a causa della loro dabbenaggine, incoscienza, ignoranza, tracotanza, inefficienza, inutilità, corruttela, e chi più ne ha, più ne metta, si sono uccisi perchè privati della dignità di "essere civile"! 
Cetta. 

martedì 31 luglio 2012

Gabanelli: “Sono meschine le accuse alla stampa sul caso di Loris D’Ambrosio”. - Silvia Truzzi

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Intervista alla conduttrice di Report per chiederle cosa ne pensa del brutto clima che si è creato intorno alla libertà di informazione. “Continuerò a fare il mio lavoro come ho sempre fatto... sono anni che ciclicamente tira una brutta aria, non mi impressiona, ma se ci sarà da battersi contro il bavaglio, io ci sarò”.

Si torna a parlare di legge bavaglio, con concordia bipartisan (ammesso che di questi tempi inciucisti il termine abbia ancora un senso), complice la distrazione delle ferie d’agosto: e vale tutto, perfino la scomparsa del consigliere giuridico del QuirinaleMilena Gabanelli, conduttrice di Report su Rai3, ha abituato gli italiani a un giornalismo d’inchiesta che si nutre di fatti, nomi e relazioni. Le abbiamo chiesto cosa pensa dell’aria brutta che tira attorno alla libertà d’informazione. La risposta arriva in un secondo netto: “Continuerò a fare il mio lavoro come ho sempre fatto… sono anni che ciclicamente tira una brutta aria, non mi impressiona, ma se ci sarà da battersi contro il bavaglio, io ci sarò”.
Eugenio Scalfari, a proposito della morte di Loris D’Ambrosio, ha scritto: “Che sia attribuibile alla campagna d’insinuazioni l’infarto che l’ha fulminato è un’ipotesi, ma è certo che quelle insinuazioni e quelle accuse lo avevano ferito”. Più di un dito puntato.
Le insinuazioni feriscono sempre, il magistrato e l’uomo qualunque, e quando si ‘insinua’ occorrono buone ragioni, ma questo non si può certo normare… dipende dalla professionalità e dall’etica del singolo giornalista.
Accadde anche a lei, quando nel 2011 morì Mario Di Carlo, ex assessore della Regione Lazio, che si era dimesso a causa di una puntata di Report. Francesco Rutelli disse: “Report l’ha fatto ammalare”.
Disse che un fuori onda da noi trasmesso era stato la causa del suo tumore: questo riportarono le agenzie. Ho pensato che quando si perde una persona a cui si è molto legati si cerca sempre di trovare una causa. L’emotività del momento fa dire tante cose, sulle quali è anche giusto riflettere, ma strumentalizzare eventi drammatici è meschino e non porta da nessuna parte.
Su questo giornale Barbara Spinelli ricordava che alcuni imputati di Mani Pulite si tolsero la vita perché coinvolti nell’inchiesta: seguendo i ragionamenti di questi giorni, non si sarebbe dovuta fare l’inchiesta. I ragionamenti non sono tutti uguali, un conto è l’accusa diretta, un conto è la riflessione sul mestiere. Io sono andata spesso a dormire con il dubbio di aver usato una parola di troppo. Però mi mette a disagio speculare sulle supposizioni, preferirei vedere maggiori energie investite nel portare il Paese fuori dal pantano, quello che porta imprenditori a suicidarsi perché non sono in grado di sopportare il dolore del licenziamento dei loro operai con i figli da mandare a scuola. Di queste vite perdute sappiamo con certezza le ragioni.
Cosa avrebbero dovuto fare i giornali nel caso delle intercettazioni tra il Quirinale e Mancino? Girarsi dall’altra parte? Dopotutto la trattativa Stato-mafia non è un fatterello da poco, di cui si possa pensare di non dar conto all’opinione pubblica. Della trattativa Stato-mafia non si è chiarito nulla e dubito anche sul fatto che sia possibile… Dopodiché i giornalisti, in tutto il mondo (democratico), danno conto delle informazioni di cui vengono in possesso: questo è il loro, il nostro mestiere.
Si torna a parlare di legge bavaglio: dal Pd, passando per il governo tecnico per finire al Pdl, sembrano tutti d’accordo: persino il Capo dello Stato si è espresso in tal senso. Quando voleva farlo Berlusconi la stampa insorse unita, a colpi di post-it gialli sui giornali…
Quando il politico è coinvolto, è normale che si ribelli e faccia proclami. Finché quella proposta di legge non la vedo scritta però non saprei che dire.
Luciano Violante ha scritto sull’Unità: si potrebbe cominciare dalla messa al bando del “giornalismo di trascrizione”, quello che consiste nel trascrivere ore e ore di telefonate? Si tratta insomma di contribuire a formare un’opinione pubblica che si nutra di notizie e di commenti, non di veleni.
Cosa eliminare dalle trascrizioni prima che diventino accessibili non lo stabilisce il giornalista. Poi occorre valutare caso per caso. Ci sono trascrizioni molto esplicite che l’opinione pubblica è bene conosca, tanto più quando coinvolgono i nostri amministratori. Invece la politica non sta dando un bello spettacolo di sé: questo sì sarebbe da mettere al bando.
Sempre Violante: “Chiediamo responsabilità ai magistrati, ai politici, ai funzionari pubblici, ma quelli che formano la nostra opinione non rispondono?”. Io rispondo in tribunale abbastanza spesso… Se Violante si riferisce alla pubblicazione di atti coperti da segreto, bè su questo esiste già una legge che punisce chi la viola, ma il primo a violarla è il pubblico ufficiale che ha passato le informazioni. La mia posizione in questo caso è molto chiara: non voglio essere complice di chi commette un reato e quindi aspetto che gli atti siano depositati.
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