martedì 22 gennaio 2013

ITALIANO, ADESSO PARLI ANCORA? Ecco quanto costa la vita in Germania!



G8, il giudice su Colucci: “Dichiarazioni gravissime, non merita le attenuanti”.


Caso Diaz, condannato l'ex questore Colucci


Massimo Deplano spiega le motivazioni che lo hanno spinto a condannare l'ex questore di Genova a due anni e 8 mesi per falsa testimonianza: "Fu fedele solo al 'Corpo' a cui apparteneva", mostrando "una capacità criminosa" che non contribuì ad accertare le verità dei fatti.

Nessuna attenuante per Francesco Colucci. L’ex questore di Genova, condannato a due anni e 8 mesi di reclusione per falsa testimonianza nel processo per la sanguinosa irruzione della polizia alla scuola Diaz nel corso del G8 di Genova, al momento di deporre “aveva in mente solo di essere fedele al ‘Corpo’ a cui apparteneva”. Così il giudice monocratico del tribunale di Genova Massimo Deplano traccia la sintesi del processo che lo ha portato a condannare Colucci. La “capacità criminosa mostrata dall’ex questore in quel contesto – specifica Deplano - non merita in alcun modo le circostanze attenuanti generiche”.
Le motivazioni della sentenza ripercorrono gli episodi in cui il tribunale ritiene che Colucci abbia mentito sulla ricostruzione di quella tragica serata: in primo luogo ha negato di avere ricevuto ordini dall’alto, mentre in una cena con amici ammise di avere solo eseguito ordini superiori “dei generali romani”. Inoltre Colucci mentì nel riferire di avere assistito a una telefonata, poco prima dell’irruzione, tra l’ex membro del Genoa social forum Stefano Kovac e l’ex capo della Digos di Genova Spartaco Mortola in relazione alla cessata occupazione della scuola da parte dei “buoni” del movimento di contestazione.
Gravissima, secondo il il giudice, anche la dichiarazione riguardante il vicequestore Lorenzo Murgolo, accusato da Colucci di essere il responsabile del blitz pur non essendo mai stato indagato dalla magistratura. “Questa falsa dichiarazione – scrive Deplano – è in assoluto gravissima perché era gravissima nel momento e nella sede in cui la rese, ben consapevole e deciso di dire il falso su uno dei punti più contraddittori e complessi da accertare in quel processo”.
Secondo i giudici, Colucci mentì sulla volontà pianificata della polizia di fare irruzione oltre che alla Diaz anche nella scuola Pascoli, sede del centro stampa del Genoa social forum. E mentì anche sulla decisione di mandare l’allora portavoce della polizia Roberto Sgalla di fronte alla scuola Diaz. I giudici hanno ricostruito l’accaduto ascoltando una serie di telefonate tra Colucci e Mortola a ridosso delle deposizioni del processo Diaz nel 2007. Secondo Deplano “la loro lettura è esemplare nel far comprendere prima di tutto come un teste non dovrebbe prepararsi a rendere una testimonianza”.

Il Vaticano e la ricchezza immobiliare nascosta, creata coi milioni di Mussolini.



Il Guardian svela la ricchezza immobiliare, per un valore di 680 milioni di euro, divisa tra Regno Unito, Francia e Svizzera e la mette in relazione con il dittatore. Nella foto Papa Benedetto XVI.

LONDRA (WSI) - "Pochi turisti sanno che il negozio di Bulgari a New Bond street o la sede della banca Altium Capital all’incrocio tra St James’s Square e Pall Mall hanno a che fare con il Vaticano", scrive David Leigh sul Guardian. Ma questi edifici in alcuni dei quartieri più eleganti di Londra fanno parte dell’incredibile ricchezza immobiliare del Vaticano, che è in gran parte segreta.

Leigh denuncia le proprietà immobiliari del Vaticano nel Regno Unito, in Francia e in Svizzera per un valore complessivo di 680 milioni di euro, secondo le stime del Consiglio d’Europa. Ma soprattutto mette in luce i collegamenti tra la ricchezza dello stato pontificio e l’eredità di Benito Mussolini, che nel 1929 avrebbe regalato un patrimonio alla chiesa di Roma per ottenere il riconoscimento del regime fascista dalle gerarchie ecclesiastiche.

Secondo lo storico dell’università di Cambridge John Pollard, i soldi di Mussolini furono molto importanti per le casse pontificie. Pollard nel suo libro "Money and the Rise of the Modern Papacy" dice: "In quel momento le finanze pontificie sono state messe al sicuro, non si sarebbero più impoverite".

Attraverso lo studio dei documenti d’archivio Leigh è riuscito a ricostruire le intricate vicende finanziare che hanno portato all’acquisizione di numerose proprietà immobiliari a Londra a Parigi e in Svizzera.

Gli investimenti di Mussolini e gli altri possedimenti del papa in giro per il mondo sono controllati da Paolo Mennini che gestisce a Roma un’unità speciale all’interno del Vaticano chiamata Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica).

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Internazionale - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

In Sicilia gli impresentabili Pdl rimangono al loro posto. Lascia solo Dell’Utri. - Giuseppe Pipitone


Angelino Alfano


Se in Campania l’esclusione di Nicola Cosentino dalle liste per le prossime elezioni politiche ha causato un vero e proprio terremoto nel Popolo della libertà, sull'Isola il partito di Silvio Berlusconi non ha riservato grosse sorprese. Così,se da una parte rinuncia il senatore palermitano, dall'altra restano in pole position D'Alì, Schifani, Caputo, Romano e Minardo.

Nessuna fuga e tutti al proprio posto, inclusi gli “impresentabili”. Se in Campania l’esclusione di Nicola Cosentino dalle liste per le prossime elezioni politiche ha causato un vero e proprio terremoto nel Pdl, a metà tra la farsa e la tragedia, in Sicilia il partito di Silvio Berlusconi non ha riservato grosse sorprese. Nelle liste presentate dal Pdl sull’Isola, infatti, sono inclusi tutti gli esponenti del partito del predellino che nelle scorse settimane avevano rischiato di rimanere fuori dalla corsa per un seggio in Parlamento.
In forse fino all’ultimo era il senatore Antonio D’Alì, attualmente imputato con il rito abbreviato per concorso esterno in associazione mafiosa. D’Alì è un fedelissimo di Berlusconi: a Palazzo Madama dal 1994, è stato sottosegretario all’Interno fino al 2006. Dopo anni d’indagini, nell’ottobre scorso è iniziato il processo che lo vede accusato di concorso esterno a Cosa Nostra: secondo la procura di Palermo il senatore ha intrattenuto rapporti con i Messina Denaro, storica famiglia mafiosa trapanese. Don Ciccio Messina Denaro, capostipite del clan, era stato campiere proprio nelle terre della famiglia D’Alì, mentre secondo alcuni collaboratori di giustizia lo stesso Matteo Messina Denaro, l’ultimo grande latitante di Cosa Nostra, si sarebbe adoperato attivamente per fare votare il senatore alle elezioni del 1994. D’Alì ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento, ma quel processo per mafia rischiava di far depennare il suo nome dalle liste per il Senato. Berlusconi però non poteva permettersi di escludere l’esponente principale del suo partito a Trapani, storica roccaforte di Forza Italia prima e del Pdl poi. D’Alì è quindi stato inserito in sesta posizione nella lista per il Senato.
A guidare i candidati siciliani per Palazzo Madama sarà lo stesso Berlusconi, dietro di lui l’attuale presidente del Senato Renato Schifani, recentemente archiviato dalla procura di Palermo che lo indagava per concorso esterno a Cosa Nostra. All’ottavo posto nella lista del Pdl al Senato anche Antonio Scavone, braccio destro di Raffaele Lombardo: già condannato a 400mila euro di risarcimento dalla corte dei conti per la gestione della Asp 3 di Catania, Scavone è accusato di abuso d’ufficio per aver affidato senza gara un appalto da due milioni di euro a Melchiorre Fidelbo, marito di Anna Finocchiaro. Candidato al Senato, ma con la lista Fratelli d’Italia, è inveceil deputato regionale del Pdl Salvino Caputo, condannato in appello a un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio.
E se, il 20 gennaio, il senatore Marcello Dell’Utri, l’amico di una vita di Berlusconi, annunciava il ritiro della sua candidatura (“non mi serve più”, diceva a Il Fatto Quotidiano), trova posto nelle liste del Pdl per la Camera dei Deputati, anche l’ex ministro dell’agricoltura Saverio Romano. Al leader del Cantiere Popolare è stata garantita la seconda posizione in Sicilia Occidentale, subito dietro Angelino Alfano: l’elezione del fedelissimo di Totò Cuffaro è dunque blindata. Romano è stato di recente assolto per concorso esterno in associazione mafiosa, nel processo che in primo grado è stato celebrato con il rito abbreviato. Di recente la Procura di Palermo per lui ha chiesto l’archiviazione anche per un’altra indagine che vede Romano indagato per corruzione: avrebbe ricevuto 50mila euro da Gianni Lapis, storico tributarista di Vito Ciancimino, per inserire in finanziaria una norma a favore della Gas spa, l’azienda energetica che avrebbe fatto capo all’ex sindaco mafioso di Palermo e a Bernardo Provenzano.
Confermato tra i candidati alla Camera, ma in Sicilia Orientale, anche Nino Minardo, condannato nel 2011 in primo grado con il rito abbreviato ad un anno di reclusione per abuso d’ufficio. Minardo è il giovane rampollo di una dinastia di petrolieri con la passione per la politica: suo zio Riccardo, già deputato nazionale e regionale con il Movimento per l’Autonomia, è stato arrestato nell’aprile del 2011 per associazione a delinquere, truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato proprio mentre sedeva all’Assemblea regionale Siciliana. Si affida a candidature familiari anche Gianpiero Samorì che nei suoi Moderati in Rivoluzione candida i fratelli Ruggirello: Paolo, deputato regionale proveniente dal Movimento per l’Autonomia è numero due alla Camera, mentre Bice, già candidata alle regionali del 2006 con il Ccd, è numero 2 al senato. Sono i figli di Giuseppe Ruggirello, banchiere trapanese proprietario negli anni ’70 della Banca Industriale, storico sponsor del leader socialista Bartolo Pellegrino, vice presidente della Regione Sicilia governata da Cuffaro, arrestato per mafia nel 2007 mentre al telefono chiamava i carabinieri “sbirri e infami” e poi assolto in via definitiva.
Curiosa invece la seconda piazza al Senato che la lista Monti per l’Italia ha riservato allo “sconosciuto” Rosario Sidoti. L’ex consigliere provinciale del piccolissimo comune messinese di Montagnareale ha infatti superato a sorpresa nomi di peso come quello del senatore uscente Benedetto Adragna, che per seguire Monti ha lasciato il Pd, e quello di Antonino Recca, rettore dell’Università di Catania, piazzandosi dietro soltanto al capolista Pierferdinando Casini, e dunque in posizione utilissima per l’elezione. Sidoti però è indicato come uomo di fiducia dell’ex tesoriere dell’Udc Pippo Naro, già condannato in via definitiva a sei mesi per abuso d’ufficio e sotto processo per le tangenti Enav: il partito di Casini ha dunque preferito non riproporlo. Almeno non in prima persona.

lunedì 21 gennaio 2013

Studenti Erasmus, l'Ue: "Garantire il voto, non siano discriminati".



Bruxelles, 21 gennaio 2013 - La commissaria europea all’Istruzione e cultura, Androulla Vassiliou, "sostiene fortemente gli sforzi in corso in Italia per assicurare che gli studenti che seguono corsi all’estero nel quadro del programma Erasmus non siano discriminati nell’esercizio del voto" alle prossime elezioni politiche in Italia. Lo ha detto il portavoce della commissaria, Dennis Abbott, parlando con alcuni cronisti oggi a Bruxelles. "Non vogliamo criticare le regole italiane", ha aggiunto Abbott, riconoscendo che le leggi elettorali sono di competenza nazionale degli Stati membri ma, ha sottolineato "gli studenti all’estero non dovrebbero essere svantaggiati e la loro mobilità non deve essere disincentivata".

La legislazione europea è contraria alla discriminazione di uomini e donne, per qualunque ragione. "Gli studenti all’estero sono uomini e donne e non devono essere discriminati. Nel XXI secolo - ha continuato la fonte - è così facile far votare i cittadini all’estero. Gli studenti dovrebbero essere trattati esattamente come i soldati in missione e gli insegnanti all’estero".
Oggi la Commissione europea ha preso atto del problema, ma ha sottolineato che i trattati europei stabiliscono solo il diritto per il voto dei cittadini Ue nelle elezioni locali, e non nazionali.
"Siamo consapevoli che ci sono problemi (per esercitare il diritto di voto) per chi è all’estero e alcune risposte a questo problema saranno incluse in un rapporto che sarà pubblicato a maggio", ha spiegato Mina Andreeva, portavoce della Commissione Ue in materia di giustizia e diritti dei cittadini. Tuttavia "i trattati garantiscono il diritto di voto nelle elezioni locali, e non nazionali", ha aggiunto.
Ieri il presidente del Consiglio Mario Monti ha invitato il ministro degli interni Annamaria Cancellieri e il ministro degli Affari esteri Giulio Terzi di Sant’Agata a fare tutto quanto è possibile per consentire il voto agli italiani che si trovano temporaneamente all’estero per attività quali il programma Erasmus. Sul tema i due ministri riferiranno al Consiglio dei ministri convocato per martedì 22.
Anche il Pd ha fatto sentire la sua voce. "Dopo la risposta negativa del ministro Cancellieri, che si limitava a confermare quanto ampiamente noto, ovvero che la normativa vigente impedisce agli studenti Erasmus di votare all’estero, la presidenza del Consiglio sembra aver compreso la portata, sostanziale e simbolica, della questione, e rende noto che essa sarà affrontata dal Consiglio dei ministri di martedì". Lo dichiarano Marco Meloni, responsabile Istituzioni, Università e ricerca del Partito Democratico e candidato alla Camera dei deputati, Maria Chiara Carrozza, candidata capolista alla Camera in Toscana, e Laura Garavini, deputata a candidata capolista nella circoscrizione Europa. "Al governo - aggiungono - chiediamo di passare dalle parole ai fatti, e dunque di adottare i provvedimenti necessari per risolvere effettivamente il problema, interpretando la richiesta che giunge da migliaia di ragazzi di essere semplicemente messi nelle condizioni di poter esercitare il proprio diritto di elettorato attivo. Il Partito Democratico ha proposto soluzioni concrete, e manterrà alta l’attenzione su una positiva soluzione della vicenda, e rivolge un appello ai vertici istituzionali e alle altre forze politiche perché invitino il governo a intervenire".

Per non dimenticare...



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Trionfano il web e i social networks che si abbattono come una mannaia sui partiti politici. - Sergio Di Cori Modigliani


E’ la faccia virtuosa della rete, il capovolgimento del Senso, quella silenziosa rivoluzione civile di cui si parla spesso in maniera pomposa, accademica, a mo’ di statistica, vezzo high tech per vendere merci ai giovani e roba scontata per tutti. Evviva l’e-commerce.
E’ il virtuale che influisce sul reale.
E impone un cambiamento perché lo determina, per propria costituzione.
E’ la sconfitta dei reazionari nostalgici, dei luddisti, di chi si nasconde dietro il paludato e senescente “ai miei tempi sì che…” perché –da questa piccola grande vittoria- esce definitivamente battuta la cosiddetta maggioranza silenziosa, sostituita per sempre dal nuovo caos provocato dalle striscette su facebook, dalle citazioni rubate, dallo sfogo bilioso, rancoroso, urlato, vomitato, alla ricerca spasmodica di un Senso: la nuova maggioranza rumorissima e cacofonica, variopinta e confusionaria che siamo tutti noi.
Per restituire un Significato alla nostra esistenza civile.
E’ la rivoluzione silenziosa di cui la cupola mediatica non parla e che non accredita.
Perché non lo può fare.
Perché non vuole farlo.
Perché, se lo facesse, dovrebbe certificare la propria sconfitta, il proprio inevitabile pensionamento e la conseguente messa in soffitta, battuta dalla Storia del progresso umano.
In una società ingessata, ferma, paralizzata, da sempre stretta dalla morsa furba di una forzatura ideologizzata, che ha imposto per cento anni lo scontro tra fascisti e comunisti, moderati e progressisti, laici e clericali, irrompe sullo scenario civile italiano una massa policroma di gente comune, dove si scontrano e si incontrano frigide suorine e mignotte esperte, filosofi/e plurilaureati/e e carrozzieri analfabeti, casalinghe, impiegati, ladri di idee altrui e produttori timidi di idee proprie, settentrionali razzisti che scoprono –per caso- in un certo terrone la condivisione sorprendente di un’idea del mondo e della vita e fondano amicizie solidali considerate un tempo inusitate.
E fanno, chi consciamente chi inconsapevolmente, ciò che per 50 anni non hanno fatto i rappresentanti auto-referenti di questa classe politica che mal ci rappresenta.
Lo hanno fatto (lo abbiamo fatto) forse senza neppure renderci conto di ciò che stavamo facendo. Ma ci siamo riusciti.
Ciò che non è riuscito ai magistrati, alle forze dell’ordine, ai comitati civici, a gruppi coraggiosi di locali organizzati, ebbene, è riuscito a tutti noi.
A nostra insaputa.
Perché (e questa è la grande notizia) è accaduto, è avvenuto, sta accadendo in queste ore in cui si arrampicano sugli specchi per metterci una toppa ma ormai per loro è troppo tardi. LI STIAMO MANDANDO A CASA FINALMENTE.
Ed è soltanto l’inizio.
E’ grazie a noi tutti internauti –nessuno escluso- ai bloggers, agli urlatori, ai disperati solitari chiusi nelle proprie tane del dissenso, ai feisbucchiani logorroici, agli spietati accusatori di un modello di vita che sa di morte, è grazie al web se tutto ciò sta accadendo.
Con  la copia in tasca (ben nascosta) dei sondaggi confezionati dai loro personali e privati consulenti della comunicazione, le mummie dei partiti prendono atto della indignazione popolare presente in rete e quindi si comportano di conseguenza.
E così, il PD non candida Crisafulli, non candida la Brambilla e all’ultimo momento esclude 14 funzionari in odor di mafie perché sa che a furor di popolo verrebbero sbugiardati, insultati, avviliti, smascherati da tutti noi in rete.
E così, il PDL si arrende e non candida più Scajola. Non candida più Dell’Utri. Non candida più Papa e da due giorni sono chiusi dentro una stanza per cercare di convincere Cosentino che il 16 marzo dovrà andare in galera come la Legge ha prescritto e non lo possono più candidare perché altrimenti ogni giorno sulla rete ci sarebbe chi ricorda ai cittadini che cosa fa che cosa ha fatto e che cosa vuole fare questo candidato.
E così il centro spiega a Rutelli, che è meglio per lui scomparire per sempre dallo scenario politico e così annuncia “mi prendo un anno sabbatico per riposare”. (riposare da che? Quesito surrealista).
E la Lega Nord è costretta a rinunciare a tre fondamentali capi bastone perché nelle pagine facebook leghiste la gente inferocita ha chiesto le loro teste.
In tutto una cinquantina.
Non molti, ma troppi, davvero troppi per loro. Anche se per tutti noi sono sempre troppo pochi, è il segnale del fiato sul collo che viene dalle invisibili bocche virtuali della nostra scandalizzata indignazione.
Rompe l’accordo con Storace il senescente Pannella, travolto da una valanga virtuale di critiche, faccette su facebook, vomiti virtuali di rabbia radicale dei radicali. E la stessa marea di contestazioni si abbatte (da destra) su Storace nei gruppi strutturati del tifo fascista ed entrambi sono costretti a gettare la spugna di un matrimonio davvero osceno. Facebook e la rete li ha condannati alla rottura.
Grazie a noi.
Perché tutto ciò sta accadendo non grazie a una loro scelta, non grazie al lavoro della magistratura, non grazie al senso di responsabilità di un parlamento ridotto a carta straccia e mercato delle vacche.
Se ne ritorna a fare l’omeopata il bravo Scilipoti che abbandona l’agone insultando tutti noi “mi immolo per impedire che sui cosiddetti social networks dilaghi la demagogia anti-democratica e populista”.
Secondo loro, secondo le mummie, noi tutti saremmo “il populismo”.
E’ ciò che gli storici chiamano, da sempre, “furore popolare”.
Non vedremo mai più né Dell’Utri né Scilipoti né Scajola né Belsito né Rutelli né Rosy Mauro né Alfonso Papa in parlamento.
A furor di popolo sono stati mandati a casa.
E’stata la nostra rabbia bulimica a obbligare i comitati elettorali delle mummie.
Cominciano a capire che –per loro- è iniziato il conto alla rovescia.
Cominciano a rendersi conto che li stiamo mandando a casa tutti.
E questo è soltanto l’inizio.