lunedì 18 febbraio 2013

RATZINGER/ Le dimissioni? “Colpa” dello Ior: e nei giochi di potere spunta l’ombra della Trilaterale. - Carmine Gazzanni



Paradisi fiscali, grandi colossi bancari (da Barclays a Jp Morgan, da San Paolo alla Deutsche Bank, fino al Santander), legami con la Commissione Trilaterale, conti e intestatari assolutamente segreti, affari milionari, associazioni paramassoniche, giochi di potere. Questi, nel profondo buio che lo avvolge, i tratti peculiari del braccio economico del Vaticano, lo Ior. Mentre infatti i fedeli sono in subbuglio dopo le rinuncia di Benedetto XVI, la vera prima partita si giocherà sulle nomine del nuovo presidente e della nuova commissione cardinalizia a capo della banca pontificia. La guerra – politica ed economica – è appena cominciata: sarà giocata su interessi economici e sugli appoggi dei grossi poteri finanziari che sono alle spalle dello Ior. A contendersi il primato Tarcisio Bertone e i rivali di sempre come Attilio Nicora, da sempre vicino a Ratzinger.
LO IOR, LA VERA CROCE DI BENEDETTO. TUTTI GLI SCANDALI DEGLI ULTIMI ANNI - Che sia stata la vera croce che è pesata (troppo, visto com’è andata a finita) sulla schiena di Benedetto XVI non v’è dubbio. Troppi gli scandali che hanno segnato lo Ior negli ultimi anni, la banca vaticana nota, se così vogliamo dire, per non essere nota: documenti segreti, bilanci segreti, conti segreti. Zero trasparenza, dunque. Tanto che l’ultimo documento sui suoi conti risale addirittura al 2002.
Il silenzio delle stanze vaticane, però, non ha tenuto ai contraccolpi dei tanti scandali degli ultimi anni. Basti pensare ai forti interessi dello Ior nella vicenda Monte dei Paschi di Siena. Lo stesso arresto di Giuseppe Orsi, presidente di Finmeccanica, non può non far tornare alla mente lo scorso 23 maggio, quando il numero uno dell’azienda aerospaziale finisce intercettato in un ristorante con l’ex numero uno della banca vaticana, Ettore Gotti Tedeschi: “il sistema è a tuo favore e ti difenderà”, dice quest’ultimo. Parole inequivocabili: l’appoggio è incondizionato e trasversale (come d’altronde Infiltrato.it ha accertato). E non finisce nemmeno qui. Secondo gli inquirenti, infatti, quello tra Orsi e Gotti Tedeschi non sarebbe stato nemmeno un pranzo di piacere, visti gli affari che ci sarebbero i due: per la magistratura Orsi avrebbe consegnato all’ex numero dello Ior documenti segreti su accordi con Panama e India. Ancora: il banchiere è sott’inchiesta anche a Roma col dg Paolo Cipriani per 23 milioni di euro dello Ior movimentati verso il Credito Artigiano e destinati a JpMorgan Frankfurt e a Banca del Fucino, segno dei forti legami (su cui torneremo più avanti) con i grossi istituti mondiali. E poi le rogatorie che dimostrerebbero gli affari dello Ior nello scandalo del G8-Grandi eventi (nella vicenda, secondo alcune indiscrezioni, emergerebbe l’interessamento del cardinale Leonardo Sandri, uno dei papabili per il dopo Benedetto).
LO STRAPOTERE DI TARCISIO BERTONE - Insomma, anni bui per lo Ior. Troppo pericolosi soprattutto per chi, negli ultimi anni, era riuscito ad accrescere e concentrare il potere politico ed economico nelle sue mani. Stiamo parlando del plenipotenziario segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone. Tanto che, di lì a poco, sarebbe arrivata la rottura definitiva con Gotti Tedeschi. Secondo le versioni ufficiali, il motivo della rottura sarebbe da ritrovare nell’opposizione del banchiere al desiderio di Bertone di creare una spa che inglobasse la gestione non solo del Gemelli ma anche del San Raffaele che, dunque, sarebbe stato prelevato e ricapitalizzato per salvarlo dalla sua condizione pesantemente debitoria. Gotti Tedeschi si oppose. Non sapeva, forse, che non accontentare i desiderata di Bertone avrebbe significato il suo siluramento. Cosa che, appunto, avvenne. Ma ecco il tratto inquietante della vicenda. Ancora oggi sono fortemente insistenti le voci secondo cui il vero motivo della rottura tra i due (oltre al disegno quasi imprenditoriale di Bertone appena ricordato) andrebbe ritrovato nella scelta di Gotti Tedeschi di farsi volontariamente interrogare (poteva decidere di non andare, la legge glielo consentiva) dai magistrati di Roma, in seguito a un’inchiesta su presunte violazioni delle norme anti-riciclaggio che ha coinvolto lui e il direttore generale dello IOR Paolo Cipriani. La Santa Sede non avrebbe apprezzato le chiacchierate con i pm, né le allusioni ad alcuni conti cifrati segreti. Quello che accade in Vaticano, deve restare in Vaticano. Questa la politica di Bertone.
QUEI CONTI “NON INTESTATI AI PRELATI” E LA NECESSITÀ DI TENERLI OCCULTATI - I particolari inquietanti nella vicenda Bertone-Gotti Tedeschi, però, non finiscono qui. A giugno 2012, nelle indagini su Finmeccanica, gli inquirenti decidono di far perquisire casa e uffici del banchiere: tra le carte sequestrate spunta un memoriale sullo Ior preparato, addirittura, nel timore “di essere ammazzato” per quanto scoperto durante il suo mandato. “Tutto è cominciato quando ho chiesto di avere notizie sui conti che non erano intestati ai prelati”, si legge nel report. Pochi giorni dopo e, come detto, Gotti Tedeschi viene silurato definitivamente da Bertone il quale non aveva digerito l’intenzione del banchiere di promulgare la legge 127 che avrebbe fissato norme antiriclaggio. Il segretario di Stato non era d’accordo. Tanto che, motu proprio, aveva depotenziato i poteri ispettivi previsti dalla legge 127, nonostante pochi giorni prima il Vaticano fosse per la prima volta finito nella black list dei Paesi a rischio riciclaggio. Il dubbio che ci fosse (e ci sia) qualcosa da nascondere è più che legittimo.
LO IOR, LA PIÙ POTENTE BANCA DEL MONDO – Ma perché si vuole tenere tutto segreto? Difficile dirlo. Fatto sta che i documenti contabili dello Ior, soprattutto dopo lo scandalo del Banco Ambrosiano e le pesanti ombre sulla morte di Roberto Calvi, sono assolutamente occultati. Nulla riesce a superare le mura vaticane e a diventare pubblico. L’ultima volta che è accaduto risale addirittura al 2002. Ma è da qui che si può partire per comprendere il giro di affari che ruota attorno allo Ior, anche perché i nomi di allora sono gli stessi nomi di oggi. Iniziamo però col dire che è praticamente impossibile comprendere la consistenza patrimoniale della banca e, dunque, della stessa Santa Sede. La matassa è inestricabile. Fonti attendibili parlano di 5,7 miliardi di euro tra contanti, oro, valute, azioni e titoli (escludendo quindi gli immobili e gli inestimabili tesori d’arte), ma potrebbero essere il doppio o dieci volte tanto, perché nessuno può dirlo con certezza visto il riserbo che copre le finanze della Santa Sede.
Ma, anche prescindendo dall’ammontare del capitale, è indubbio che il giro di affari sia praticamente immenso per uno Stato che si estende per soli 44 ettari di superficie, che conta meno di mille residenti e che non ha sportelli se non uno in territorio vaticano (peraltro non funzionante per il blocco imposto da Bankitalia proprio per le norme antiriciclaggio). Nonostante questo, infatti, lo Ior si ritrova ad essere una vera e propria multinazionale dato che, formalmente, finanzia tutte le diocesi (oltre 5 mila) e, di contro,  apre conti a tutti i porporati (quasi cinque milioni tra vescovi, sacerdoti, diaconi e professi). Non produce beni e i suoi servizi sono gratuiti, o quasi. A ben diritto, dunque, lo Ior è tra le banche più potenti del mondo, visto il giro d’affari che regola. Per analizzarne i ricavi, come detto, non è possibile fare riferimento all’incalcolabile patrimonio. Possiamo, però, fare riferimento ai suoi investimenti, mobili e immobili, e ai versamenti delle diocesi per il sostentamento dell’organizzazione centrale della Chiesa: secondo una passata inchiesta di Panorama, parliamo di qualcosa come 216 milioni di euro all’anno. Ma sono solo i dati ufficiali, quelli conosciuti, iscritti ufficialmente nel bilancio dell’Amministrazione patrimonio Sede Apostolica (Apsa). Dietro, come vedremo, pare proprio si nasconda dell’altro.
IL DOCUMENTO DEL 2002: GLI AFFARI IN USA E I PARADISI FISCALI “MISSO SUI IURIS”- Accanto al quadro ufficiale, però, spuntano importanti legami con altre banche, europee e americane. Gli affari, infatti, sono garantiti: ai suoi clienti lo Ior garantisce interessi medi annui superiori al 12%. Un esempio? Scriveva Marina Marinetti nell’inchiesta citata di Panorama: “la Jcma, un’associazione di medici cattolici giapponesi, nel 1998 ha depositato 35 mila dollari presso la banca vaticana. A quattro anni di distanza si è ritrovata sul conto quasi 55 mila dollari: il 56% in più. E se i clienti guadagnano il 12% medio annuo, vuol dire che i fondi dell’Istituto rendono ancora di più.Quanto, però, non è dato saperlo”.
Lo Ior, dunque, investe (e fa investire) più che bene. Secondo un altro rapporto del giugno 2002 del Dipartimento del Tesoro americano, basato su stime della Fed, solo in titoli Usa il Vaticano ha ben 298 milioni di dollari: 195 in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine (49 milioni in bond societari, 36 milioni in emissioni delle agenzie governative e 17 milioni in titoli governativi) più un milione di euro in obbligazioni a breve del Tesoro. Senza dimenticare la joint venture da 273,6 milioni di euro tra Ior e partner Usa. Quali siano tali partner, ovviamente, non è dato sapere. È molto probabile, però, che stiamo parlando dei grandi colossi bancari. Basti pensare alla JpMorgan e ai 23 milioni di euro che sarebbero stati destinati dallo Ior se tutto non fosse stato frenato da Bankitalia.
Tali affari, dunque, spiegherebbero la politica di Tarcisio Bertone che vuole mantenere a tutti i costi altissimo il segreto sugli interessi dello Ior. Ergo: si addensano le ombre sul memorandum dello stesso ex numero uno della banca vaticana in cui scrive di aver paura di essere ucciso dopo aver visto di chi erano i “conti non intestati a prelati”. Senza dimenticare un altro particolare. Anni fa il Vaticano decise di sottrarre le Cayman al controllo della diocesi giamaicana di Kingston per essere proclamate Missio sui iuris, ovvero alle dipendenze dirette del Vaticano. Sarà una coincidenza ma stiamo parlando di uno dei più ambiti paradisi fiscali.
ratzinger_ior_trilateralTUTTI LEGATI ALLO IOR: SAN PAOLO, JP MORGAN, SANTANDER, BRACLAYS, DEUTSCHE. E LA COMMISSIONE TRILATERALE -L’abbiamo detto: lo Ior non ha accesso diretto ai circuiti finanziari internazionali. Indirettamente, però, opera eccome. Per muoversi in Europa si avvale di due grandi banche, una tedesca e una italiana. Non è dato ufficialmente sapere quali siano, ma pare certo stiamo parlando di Banca Intesa, della quale lo Ior possedeva il 3,37%, e di Deutsche Bank (presso cui lo Ior ha un conto intestato). Nessuno, ovviamente, conferma con certezza. È indubbio, però, che dal canto loro le banche hanno tutto l’interesse di commerciare con il Vaticano.
Non solo. Il mese scorso il quotidiano britannico Guardian si è messo sulle tracce del tesoretto vaticano inglese. Quanto scoperto è inquietante. I tanti immobili londinesi del Vaticano sono intestati alla società British Grolux Ltd, che il Vaticano fondò prima della seconda guerra mondiale. Nel tempo però il legame è divenuto opaco e mantenuto nell’ombra. E nemmeno il registro ufficiale del catasto di Londra chiarisce il nome del proprietario. Secondo il giornale britannico, però, oggi le azioni della British Grolux ricondurrebbero a due banchieri cattoliciJohn Varley, chief executive di Barclays, e Robin Herbert, della Butterfield Bank. Piccolo particolare: quest’ultima banca è quotata alla Borsa delle Isole Cayman e alle Bermuda. Ancora una volta, insomma, spunta il paradiso fiscale sotto diretto controllo del Vaticano. Ma non è finita qui: quote della Grolux, infatti, portano dritte dritte oltre oceano, in America. E dove precisamente? Alla Jp Morgan. Ancora.
Tra le banche legate a doppio filo allo Ior, però, spuntano anche altri due colossi, la già ricordata Deutsche Bank e il Banco Santander di Emilio Botin (molto vicino all’Opus Dei). Basti pensare che nel consiglio di sovrintendenza della banca vaticana spiccano i nomi di Ronaldo Hermann Shmitz (attuale presidente, in sostituzione di Gotti Tedeschi) e di Manuel Soto Serrano. Il primo ex amministratore delegato della banca tedesca e, peraltro, attuale esponente di spicco della Commissione Trilaterale; il secondo vicepresidente della banca spagnola.
IL POTERE (E I SOLDI) DEI CAVALIERI DI COLOMBO. I 4 MILIARDI DI DOLLARI “SPARITI” – Accanto al potere del segretario di Stato Tarcisio Bertone (che peraltro è anche a capo della commissione cardinalizia che presiede la banca), determinante è anche quello in mano a importanti esponenti dell’associazione dei Cavalieri di Colombo. Basti pensare che il cavaliere supremo (questa la carica più alta) è il laico Carl Anderson, membro del consiglio di sovrintendenza. Non solo. Anche il cardinale Juan Sandoval Íñiguez, ex membro della commissione cardinalizia, è uno dei più autorevoli “cavalieri”. Il motivo per cui si tenga così in considerazione l’organizzazione dai tratti paramassonici è più che ovvia. Direttamente dal sito si legge che i “quasi 1.700.000 Cavalieri” (tra Stati Uniti, Canada, Messico, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Filippine, Bahamas, Guatemala, Guam, Saipan e Isole Vergini) contribuiscono con “130 milioni di dollari” al suo sostentamento. E come viene impiegato questo capitale? Formalmente in “opere di carità”.
Viene da chiedersi, però, se il versamento da 2,5 milioni di dollari versato lo scorso 2003 a Giovanni Paolo II per il suo 25esimo anniversario di pontificato sia “un’opera di carità”. Senza dimenticare, peraltro, che quell’assegno è nient’altro che la rendita di un fondo d’investimento americano da 20 milioni di dollari, il Vicarius Christi Fund, gestito direttamente dai Cavalieri di Colombo. Ma non è tutto. Gli affari dei Cavalieri sono ben altri. L’ordine, infatti, investe (almeno fino al 2002) ne icorporate bond emessi da più di 740 società statunitensi e canadesi: solo nel 2002, piazzando polizze sulla vita e servizi di assistenza domiciliare ai suoi iscritti attraverso 1.400 agenti, ha incassato 4,5 miliardi di dollari (il 3,4% in più rispetto al 2001). Peccato, però, che di questo ingente capitale solo una parte - 128,5 milioni di dollari - sia stata girata a diocesi, ordini religiosi, seminari, scuole cattoliche e, ovviamente, al Vaticano. Viene allora da chiedersi che fine abbiano fatto (in cosa siano stati investiti) gli altri 4,3 miliardi di dollari…
CHI PREVARRÀ? – In questo clima il pensiero dei tanti porporati (e non) chiamati in causa non è (solo) l’elezione del nuovo pontefice, quanto quello della nomina del nuovo presidente dello Ior e del nuovo consiglio di sovrintendenza. Cerchiamo, a questo punto, di offrire un quadro ancora più chiaro. Lo Ior è composto da una commissione cardinalizia di sorveglianza al cui capo siede proprio Tarcisio Bertone. Ma tra i membri spicca anche il suo acerrimo rivale, il cardinale Attilio Nicora (uno di quelli che si oppose al licenziamento di Ettore Gotti Tedeschi, voluto e deciso proprio dal segretario di Stato Vaticano). Il consiglio di sovrintendenza è formato dai già ricordati Carl Anderson, Ronaldo Hermann Shmitz e Manuel Soto Serrano, oltrechè dal direttore (e bertoniano) Paolo Cipriani e dall’avvocato Antonio Maria Marocco. La guerra è aperta. Certamente, per quanto detto, è difficile pensare che i Cavalieri di Colombo, nella persona di Ronaldo Hermann Shmitz, rinuncino alla propria ingerenza, potendo contare soprattutto sull’appoggio delle grandi banche americane con cui, come abbiamo visto, lo Ior è pesantemente in affari. Stesso discorso anche per il rappresentante del Banco Santander (soprattutto per la vicinanza di Botin all’Opus Dei) e per la Deutsche Bank (nella quale, come già detto, è aperto il conto tramite cui il Vaticano fa affari in Europa). La guerra, allora, si giocherà soprattutto tra Bertone e Nicora il quale, peraltro, presiede anche l’AIF, l’Autorità di Informazione Finanziaria, organo che si occupa, da statuto, “di prevenire e contrastare il riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo”.
Questo particolare non è affatto casuale: come già detto, il siluramento di Gotti Tedeschi è stato determinato proprio dalla diatriba nata tra i due riguardo l’accettazione (o meno) delle norme antiriclaggio. La posizione di Bertone è chiara: nessuno deve vigilare sui conti Ior. Nessuno deve conoscerli. Il che lascia, ovviamente, più di un dubbio sulla bontà della posizione del porporato. Diametralmente opposta la posizione di Nicora il quale, invece, vorrebbe che gli enti di controllo, a cominciare da Bankitalia, inserissero lo Ior nella white list delle banche. Ma, affinchè questo accada, è necessario obbedire alle leggi antiriclaggio e, dunque, piegarsi ai controlli. In altre parole, eliminare il segreto che copre praticamente qualsiasi operazione che riguardi la finanza vaticana.
A questo punto il quadro è più che chiaro: il subbuglio che si vive in questo periodo in Vaticano potrebbe portare a profondi cambiamenti nella gestione politica ed economica degli affari d’Oltretevere. Probabilmente anche la decisione presa da Benedetto XVI, da sempre ostile alla linea impiantata da Bertone, di lasciare il soglio pontificio, potrebbe essere letta in questo senso.
Se così fosse, capiremmo anche perché il segretario di Stato Vaticano abbia accelerato sulla nomina del nuovo presidente e del nuovo consiglio cardinalizio, appena dopo le dimissioni di Ratzinger.
La guerra tra i porporati è appena cominciata. Sarà una guerra giocata su interessi economicie, per quanto abbiamo visto, sugli appoggi dei grossi poteri finanziari che sono alle spalle dello Ior e che, negli anni, hanno permesso alla stessa economia pontificia di prosperare.

Grallator Theridion.

Photo: Happy face spider on leaf

Grallator Theridion, noto anche come il "ragno faccia felice", è un ragno nella famiglia Theridiidae. Il suo nome hawaiano è nananana makakii (faccia-fantasia ragno).

Il ragno lungo 5 millimetri (0,20 pollici). Alcuni ragni hanno un modello che assomiglia stranamente a una faccina sorridente sul loro corpo giallo. Ogni ragno ha un modello unico nel suo genere, ed i modelli differiscono da isola a isola.

Sull'isola di Maui, i tipi felici sembrano seguire semplici regole di ereditarietà mendeliana, mentre su altre isole hawaiane i modelli di ereditarietà del corpo sembrano essere sesso-limitata. La variazione è forse una sorta di camuffamento contro gli uccelli, i loro unici nemici naturali.


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BERLUSCONI: NON CANDIDABILE PER LEGGE. - Gianni Lannes



Amnesie? Vediamo se a qualcuno torna la memoria, perché non si salva nessuno. Come recita il vecchio adagio? Il più pulito ha la rogna. Come può un faccendiere che ha fatto fortuna con i soldi insanguinati delle mafie (alla voce Edilnord) usando prestanomi, invischiato con la partitocrazia il cui nome ricorreva nelle agende del giornalista Mino Pecorelli (assassinato nel 1979) candidarsi ed essere eletto presidente del consiglio dei ministri? Per capire il presente bisogna guardare al passato, osservando le complici omissioni della finta opposizione di centro sinistra che ha avuto il suo tornaconto politico ed economico.

Il 23 ottobre 1990 la Corte di Appello di Venezia (presidente G. Battista Stigliano Messuti, consigliere Luigi Nunziante, consigliere relatore Luigi Lanza), dichiara Silvio Berlusconi colpevole del reato di falsa testimonianza, per aver mentito in tribunale e sotto giuramento circa la data della sua affiliazione alla loggia massonica segreta di Licio Gelli (protetta e finanziata dal governo di Washington). Il piduista (tessera numero 1816) riesce a scansare la condanna penale solo grazie ad una provvidenziale amnistia varata in un amen dal governo di Giulio Andreotti (in seguito riconosciuto dalla Cassazione organico a Cosa Nostra, anche se il reato è stato prescritto). Forse vittime della disinformazione da censura preventiva, nessun organo di informazione - né giornali né radio televisione, riferiscono la clamorosa notizia della sentenza. Nemmeno il quotidiano L’Unità(in stato di pre-fallimento economico nonostante gli ingenti finanziamenti pubblici) cita la vicenda.

Fila via un anno ed il nome di Silvio Berlusconi viene attenzionato dalla Polizia elvetica. Si tratta di un’inchiesta giudiziaria sul riciclaggio internazionale di capitali sporchi. In un rapporto della Polizia del Canton Ticino (Bellinzona) risalente al 13 settembre 1991, a firma del comandante della Sezione “Informazioni droga” – inviato ai magistrati Carla Del Ponte e Jacques Oucry – è scritto:
«Per quanto attiene il denaro da riciclare in provenienza dall’Italia (vedi il nostro rapporto 10-6-1991), il medesimo apparterrebbe al clan di Silvio Berlusconi. Già si dispone del codice di chiamata (per il trasferimento del denaro dall’Italia): dovranno unicamente designare una persona di fiducia di tale gruppo».
Questa incredibile notizia in Italia non è mai approdata: è stata inesorabilmente arrestata alla frontiera tricolore. Tra l’altro in quel periodo i debiti della Fininvest ammontavano a circa 5 mila miliardi di lire. Ma non fa niente: la società presieduta da Fedele Confalonieri si prepara nel 1993 al lancio di un luccicante prodotto: il partito di Forza Italia (con un unico padrone, proprio come il Movimento 5 stelle di Grillo).
A gennaio del 1992 va in onda il primo telegiornale di Canale 5 affidato ad Enrico Mentana proveniente dalla Rai. Poi c’è il famigerato incontro a bordo del Britannia, nella quale gli “illuminati” decidono le sorti dell’Italia. Beppe Grillo ne sa niente? Dopo l’arresto il 17 febbraio 1992 di Mario Chiesa a Milano, va in scena Mani Pulite con le consuete soffiate di Cia ed Fbi.

Nel 1992 e nel 1993 – notoriamente – si registra l’ennesima stagione stragistica ad opera di apparati deviati dello Stato, culminata con l’eliminazione di due magistrati di punta: Falcone e Borsellino, e relative scorte di Polizia. A scanso di facili equivoci e dietrologie di terza mano: non c’è stata alcuna trattativa Stato & Mafia, poiché le organizzazioni criminali, come sanno gli addetti ai lavori, sono istituzioni dello stesso Stato, anche se non riconosciute formalmente con un decreto (e ci mancherebbe!). E’ questo il movente della eliminazione dei due giudici più importanti d’Italia, che allora avevano compreso l’infernale meccanismo.

Così il leader socialista Bettino Craxi (dal punto di vista politico e culturale, obiettivamente un gigante di fronte ai nanerottoli odierni sulla scena), identificato dai mass media come il simbolo delle corruttele di tangentopoli si difende in Parlamento. Il 3 luglio 1993, intervenendo alla camera dei Deputati, l’ex segretario del Psi afferma che l’intero sistema dei partiti si basa da decenni sui finanziamenti illeciti e su denaro nero. Craxi chiama in causa oltre a Dc & Psi anche il Pci-Pds: «Il Pds ex Partito comunista era il partito che nel sistema illegale del finanziamento politico godeva di risorse superiori a quelle di tutti gli altri partiti, giacchè si avvaleva non solo di finanziamenti illegali interni, ma anche di cospicui finanziamenti illegali internazionali tramite direttamente il Kgb». 
Nessuno osa smentirlo. 
A titolo di esempio documentato Craxi cita la vicenda delle tangenti connesse alla metropolitana milanese, finite nelle casse di tutti i partiti della maggioranza e in quelle dell’ex Partito comunista tramite la «corrente cosiddetta “riformista” facente nazionalmente capo all’on. Giorgio Napolitano, l’ignaro ex presidente della Camera che naturalmente ha sempre detto di non saper nulla di queste vicende milanesi, così come del resto non ha mai saputo nulla di quelle di Napoli (per non parlare di quelle con l’Urss e con l’Est), allora centro di influenza della corrente da lui guidata, come se il coordinatore milanese di questo gruppo, onorevole Gianni Cervetti, militante politico di scuola comunista, tutto d’un pezzo, non lo avesse mai informato o addirittura avesse fatto di queste some una sua propria gestione personale, il che mi pare assolutamente da escludere».

All’inizio del 1994 Berlusconi ufficializza il suo partito e candida se stesso alla guida del governo. Il 10 gennaio Montanelli ed Orlando scrivono una lettera pubblica e si dimettono dal quotidiano il Giornale. Il padrone della Fininvest si presenta, come oggi, all’elettorato con toni messianici: sostiene di essere “il nuovo” dell’antipolitica, l’unto del Signore che farà «un nuovo miracolo italiano» di ricchezza e benessere per tutti, l’imprenditore “self-made man” che vuole salvare la patria minacciata dai post-comunisti. Gli stessi rossi coi quali Silvio ha fatto affari quando erano ancora comunisti: nell’aprile del 1988, infatti, si registra il mega-contratto fra la televisione sovietica e la Fininvest. Qualche collega ricorderà la conferenza stampa a Roma il 4 maggio 1988 di Berlusconi – nella sede della sala stampa estera -  per illustrare i contenuti dell’accordo tra la Fininvest e la tv sovietica, sottoscritto a Mosca il 30 aprile 1988. Silvio Berlsuconi dichiara: «Noi non abbiamo cattivi rapporti col Partito Comunista italiano, e cerchiamo di averne sempre di migliori». E Walter Veltroni cinguetta: «Intendo rivolgere a Berlusconi due complimenti sinceri, di stima … Il primo per la sua capacità di imprenditore che è riuscito ad “inventare” un settore. Il secondo complimento va alla sua capacità di aver imposto, attraverso un alto grado di egemonia, i tempi della decisione politica in un settore così delicato come quello nel quale opera…».

Qualcuno rammenta le televisioni locali del Pci comprate da Berlusconi, secondo la testimonianza  di Primo Greganti? Correva l’autunno dell’anno 1984 quando ebbe luogo l’incontro riservato fra Occhetto & Veltroni e Berlusconi. In seguito, nel gennaio 1985 si consumò il baratto veltroniano con Dc e Psi: via libera in Parlamento al decreto-Berlusconi del governo Craxi, in cambio di Rai 3 al Pci. 
Poi la porcata della legge Mammì. Il 7 dicembre 1994 la Corte Costituzionale boccia la Mammì definendola “incoerente, irragionevole” e inidonea a garantire il pluralismo in materia televisiva, avendo semplicemente sancito “una situazione in cui di fatto tre reti erano già esercitate dallo stresso soggetto. La posizione di preminenza di un soggetto o di un gruppo privato – sentenziano i giudici costituzionali – comprende la libertà di manifestazione del pensiero di tutti quegli altri soggetti che, non trovandosi a disporre delle potenzialità economiche e tecniche del primo, finirebbero con il vedere progressivamente ridotto l’ambito di esercizio della loro libertà”. La Rai, precisa ancora la Consulta, “non è di per sé sufficiente a bilanciare una posizione dominante nel settore privato”.  La Sentenza numero 420 del 5-7 dicembre 1994 non è stata mai applicata, in barba alle regole basilari di uno Stato di diritto.
Omissioni - Silvio Berlusconi nel 1994, alle vigilia delle elezioni, dimentica di dire – e gli ex comunisti non fanno nulla per ricordarglielo o comunque legalmente ostacolarlo -  che a norma di legge non può candidarsi alle elezioni. 
L’articolo 10 del DPR 361 del 1957 stabilisce infatti la ineleggibilità di chi «in proprio o in qualità di legale di società o di imprese private risulti vincolato allo Stato per … concessioni amministrative che comportino la osservanza di norme protettive del pubblico interesse». 
Berlusconi Silvio, appunto, è titolare di concessioni statali televisive.
Ma il centro sinistra, anzi, tutto l’arco parlamentare delle forze politiche finge di non accorgersene. 
Alcuni cittadini-elettori denunciano il caso.  
Il 20 luglio 1994 si riunisce in Parlamento la Giunta per le elezioni, presieduta da Antonio Mazzone (Alleanza nazionale). L’ordine del giorno è il seguente: “l’elezione fuorilegge del deputato Berlusconi”. 
Con la complicità dell’opposizione ad aria fritta (14 voti  a favore, 4 contrari e 2 astenuti) ben tre ricorsi vengono rigettati e Berlusconi rimane al suo posto. 
Passa la strampalata tesi che il padrone non è il boss di Arcore, ma la Fininvest.
Il 9 marzo ’94 l’ex comunista Giorgio Napolitano viene eletto presidente della Commissione per il riordino del sistema radiotelevisivo. In un documento processuale del Tribunale di Napoli, a carico del manager berlusconiano Maurizio Japicca, verrà menzionato un dossier sequestrato allo stesso Japicca, nel quale sono indicati politici dei vari partiti ritenuti “vicini” alla Fininvest: e alla voce Pds c’era il nome di Giorgio Napolitano
L’incidente di percorso non avrà come al solito, alcuna conseguenza penale per il futuro Presidente della Repubblica. Cose che possono accadere solo in questa Italietta eterodiretta, a sovranità azzerata ed illegalità conclamata dai politicanti parassiti.

Poi andrà in scena la Bicamerale fallimentare del duetto Berlusconi & D’Alema (che pubblicherà libri con la Mondadori: ma questa è un’altra storia). 
A fronte di questi riscontri inequivocabili, si può mai votare il centro sinistra (Pd+Sel, Monti+Casini& Fini l’annesso e connesso Vendola) che non ha mai sciolto il mastodontico conflitto di interessi berlusconiano pur avendo governato il Belpaese? 

Ancora due fatti ben documentati: a parte la posizione a favore del nucleare e la deregulation in materia di inceneritori di rifiuti, Bersani ha preso 98 mila euro dai Riva, noti inquinatori della Puglia meridionale (alla voce Ilva e poi muori), mentre Nichi Vendola ha ricevuto da don Verzé il premio cedro d’oro concesso unitamente a Silvio Berlusconi. Qualcuno si ricorda l’affare speculativo San Raffaele del Mediterraneo a Taranto? Sanità, cemento e mattoni ben impastati in riva allo Jonio su cui la magistratura dovrebbe far luce. Vendola è lo stesso presidente di regione che violando tutte le leggi in materia ha favorito la Marcegaglia per impiantare in provincia di Foggia un cancrovalorizzatore illegale, su un procedimento amministrativo impiantato da Raffaele Fitto (appena condannato a 4 anni di reclusione dal tribunale di Bari e candidato capolista in Puglia del Pdl). L’ecologista Vendola è “coerente” a modo suo: è lo stesso governatore che ha autorizzato trivellazioni di idrocarburi sulla terraferma e contemporaneamente ha starnazzato di salvaguardia del mare. Stendo un velo pietoso su Ingroia (che non si è dimesso dalla magistratura calpestando la deontologia professionale e ha ammesso di aver fatto un uso politico delle intercettazioni),Giannino, Maroni e Fiore: complessivamente raggiungeranno a stento il 4 per cento, ma non sono alleati. 
Quanto a Grillo: no grazie, niente di nuovo, abbiamo già troppi prepotenti nello Stivale, e poi il sedicente programma di M5S è una lista delle spesa.

In sintesi, ma più di tutto. Le elezioni sono truccate per due ragioni: la legge elettorale è incostituzionale; il responso finale delle urne è prestabilito. Il sistema di potere ha già deciso chi deve vincere per fregare definitivamente il popolo italiano! Un solo esempio a tale proprosito: il mio ex direttore al settimanale Diario, Enrico Deaglio, aveva   scoperto con una incisiva inchiesta giornalistica, i brogli elettorali a livello nazionale già qualche anno fa, ai tempi del ministro dell’interno Pisanu.
Ergo: è tutto interconnesso e ramificato il nuovo ordine mondiale.
E la farsa continua. Ora spetta al popolo sovrano arrestarla per sempre, se intende guadagnare democrazia, progresso culturale, qualità della vita e giustizia sociale. La libertà va conquistata combattendo sul campo, non sarà mai elargita.
Gandhi è l’esempio.

Il Monte dei Paschi di Bersani.


Bersani_Mussari.jpg

Il Monte dei Paschi di Siena sarebbe quasi sicuramente fallito senza il prestito di Rigor Montis di 3,9 miliardi di euro, cifra pari all'IMU versato dalle famiglie italiane. 
Il MPS ha avuto un crollo di Borsa vertiginoso negli ultimi anni, gli azionisti hanno perso quasi tutto il loro investimento. 
Il MPS ha avuto un deprezzamento di valore su cui sta indagando la procura di Siena, una voragine da far impallidire Parmalat. 
Si tratta di 21 miliardi così ripartiti: 7 miliardi di sovrapprezzo per l'acquisto della Banca Antonveneta, 7 miliardi di debiti acquisiti dalla Banca Antonveneta, 7 miliardi di versamenti su banche estere con causali da accertare. 
Il MPS è stato privatizzato nel 1995 e da allora è controllato da una Fondazione. Il 55% della Fondazione è stato detenuto fino a pochi mesi fa da membri nominati da Regione Toscana, Provincia di Siena, Comune di Siena tutti enti controllati dal PD
E' impensabile che le segreterie del PD che si sono succedute dal 1995 fossero all'oscuro dell'operazione Antoveneta oltre che della vendita di ingenti cespiti mobiliari e immobiliari del MPS che hanno permesso la distribuzione di ricchi dividendi. 
Se i vari Bersani, D'Alema, Veltroni, Franceschini, Fassino non si sono mai accorti di questo immane disastro finanziario come può il PD pretendere di governare il Paese? 
Va ricordato che nell'ultimo ventennio il PD ha governato per circa 10 anni, ha fatto a metà con Berlusconi. Un decennio a testa per fare la festa all'Italia.

Napolitano, ex PD, ha invocato la privacy sulle inchieste in corso della Procura di Siena, invece di battere i pugni sul tavolo come avrebbe fatto Pertini gridando "Fuori i nomi dei responsabili". 
Lo Scudo Fiscale è stato usato per fare rientrare in Italia patrimoni illeciti con il solo 5% di tassazione. E' stato approvato grazie all'assenza in aula di numerosi parlamentari del PD. Perchè? E' lecito avere l'elenco completo dei patrimoni scudati per verificare se sono associati alla razzia del MPS? Oppure è un segreto di Stato?
Bersani non replica mai nel merito delle responsabilità sue e del suo partito, ma le spara sempre più grosse: "Si vede la voglia di mandare in galera, come facevano i fascisti. Attenzione, che noi non ci impressioniamo...". Il M5S non manda in galera nessuno, questo compito appartiene ai giudici. Forse è a loro che Gargamella si sta rivolgendo. Craxi aveva più stile.

BERSANI E LA FOTO TAROCCO IN PIAZZA DUOMO.


Il leader PD pubblica su Twitter uno scatto di 2 anni fa spacciandolo per attuale



bersaniscandalo.JPGPierluigi Bersani l'ha combinata grossa. Su Twitter ha pubblicato la foto di Piazza del Duomo a Milano gremita di gente. Purtroppo, la foto risaliva a due anni fa, ai tempi della campagna elettorale per l'elezione del sindaco Pisapia. 

Bersani, l'ha spacciata per attuale, sottolineando che si trattava del recente comizio elettorale cui ha partecipato anche Romano Prodi. La foto, scoperto l'inganno, è stata rimossa da Twitter. Ma la rete non perdona. Una distrazione o una intenzionale menzogna? 


http://www.cadoinpiedi.it/2013/02/18/bersani_e_la_foto_tarocco_in_piazza_duomo.html

Leggi anche per confrontare la foto: 

http://www.paid2write.org/attualita_gossip/piazza_duomo_in_festa_milano_si_tinge_di_arancione_15858.html

sabato 16 febbraio 2013

Etica...



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=429935507082295&set=a.303744236368090.70571.252781068131074&type=1&theater

GREGGE ELETTORALE. - Ferdinando Imposimato




Il presidente della repubblica, dopo sei anni dalla sua elezione, ha rivolto un invito ai partiti a riformare la legge elettorale indecente, il porcellum, che, se ancora vigente, spingerebbe molti cittadini a non votare o a votare per Beppe Grillo. L'impressione generale e' che il Capo dello Stato sia preoccupato piu' della crescita di Grillo e del suo Movimento a 5 stelle che dell'esigenza di restituire ai cittadini il diritto di scelta dei candidati, con la preferenza. 
Ma la situazione si e' impantanata e temiamo che non si riuscira' a uscirne. 
Il dibattito sulla legge elettorale non decolla perche' altre sono le priorita' che il Paese sente come improrogabili. Tra queste il lavoro dignitoso, sempre piu' vilipeso, e la vergogna della corruzione dilagante tra le varie caste, in modo trasversale tra tutti i partiti, compresi quelli che, come l'Italia dei Valori, si sono proposti come censori implacabili dei partiti al governo della Regione Lazio. 
Lo sperpero del denaro pubblico da parte di una classe politica cinica e decisa a distruggere l'Italia dei lavoratori va a scapito del diritto al lavoro. Tutti hanno tratto indegni benefici personali a spese del bene comune, mentre il Paese, nei suoi soggetti piu' deboli, subiva e subisce veri e propri “taglieggiamenti” da parte di una maggioranza che pensa solo alle proprie clientele. Nessun senso dello Stato, nessun rispetto del principio di solidarieta' stabilito dalla Costituzione, nessun allarme per le gravi ingiustizie consumate in danno dell'equita' sociale, cardine della nostra democrazia. Cio' che e' accaduto in questi ultimi tempi e' la prova dell'assoluta insensibilita' dei partiti e di chi ci governa rispetto ai problemi reali del Paese. 

Da anni invochiamo una legge contro la corruzione, ben sapendo che aiuterebbe a risolvere il problema del lavoro e della tutela degli ultimi. Giorgio Napolitano, dopo un silenzio durato sei anni, ha rivolto un duro, si fa per dire, richiamo alle forze politiche perche' approvino la legge contro la corruzione, in attuazione della Convenzione di Strasburgo del ‘99. 
Troppo tardi. L'invito al voto di fiducia si potrebbe risolvere anche nella bocciatura, poiche' tra l'andare a casa, pochi mesi prima della scadenza naturale della legislatura e approvare una legge che punira' i criminali corrotti che siedono in parlamento, e cioe' molti degli stessi parlamentari, la scelta premiera' certo la bocciatura della legge sulla corruzione. Un anno o due anni fa sarebbe stata tutt'altra cosa. E dunque le speranze sono minime. 

legge elettorale e regime
Altro punto caldo sul tappeto e' la legge elettorale. Il problema della riforma di tale legge, per sua stessa natura, e' tra i piu' difficili che una classe politica possa affrontare. Perche' dalla legge elettorale dipende la sorte stessa dei partiti. Non ne esiste una in grado di accontentare tutti, cosi' come non esiste una riforma elettorale in senso maggioritario che non peggiori la posizione di qualche partito. Perche' il premio di maggioranza si risolve sempre in una sottrazione di seggi a coloro che hanno espresso il loro voto a favore di certi partiti che non ne fruiscono. Sicche' la difficolta' di giungere ad una riforma in Parlamento e' nel puntuale dissenso, spesso decisivo, di chi non ha interesse ad attuarla. Come avviene adesso. 
L'essenza delle legge elettorale e' nel metodo: un criterio di trasformazione di voti in seggi. Col proporzionale, a tanti voti corrispondono altrettanti seggi. Il maggioritario invece attribuisce il seggio, in ogni collegio, al piu' votato, secondo il principio che il primo prende tutto e il secondo niente. Si vede l'enorme differenza tra i due sistemi ed i loro limiti. I sistemi proporzionali soddisfano l'esigenza della rappresentativita' dei cittadini, e producono parlamenti che rispecchiano la distribuzione dei partiti e delle opinioni. 

dilemma maggioritario
I sistemi maggioritari mirano alla governabilita': eliminano i piccoli partiti per avere governi efficienti. Con il maggioritario puro, che in Italia non c'e', la maggioranza del 51% puo' conquistare tutti i seggi, lasciando senza rappresentanza l'opposizione. Il che sarebbe assurdo. L'opposizione che dissente e' l'essenza stessa della democrazia, e' parte integrante della volonta' popolare e non puo' essere sacrificata sull'altare della governabilita'. 

Una maggioranza parlamentare senza opposizione si trasforma in un regime, che e' appunto la dittatura della maggioranza.
D'altra parte un sistema proporzionale in cui la frammentazione produce ingovernabilita' deve preoccupare, rischiando di portare alla paralisi ed alla impossibilita' di fare le scelte necessarie, come e' avvenuto in Italia prima della legge Calderoli. E dunque il dilemma tra maggioritario o proporzionale resta, e deve essere risolto con una precisa scelta di campo, rispondendo ad una domanda cruciale: si vuole un paese in cui si contendono il campo due soli partiti, come in Inghilterra ed in America? O un sistema in cui siano rappresentati piu' partiti? E fino a che punto devono essere ammessi? 
A questa domanda non e' facile rispondere senza avere fornito qualche dato storico. Bisogna dire subito che la realta' italiana e' ben diversa da quella anglosassone; e che la legge elettorale e' pregiudiziale a tutte le altre riforme: una cattiva legge puo' far saltare un intero sistema istituzionale. 
Il modello elettorale da scegliere non e' un fatto astratto: dipende dalla situazione concreta nel Paese, da cio' che esiste nel mondo dei partiti e dai problemi che ogni Paese deve affrontare. In Inghilterra, che da sempre funziona con un sistema bipartitico, con una legge elettorale uninominale ad un solo turno, molti chiedono il proporzionale per aumentare la rappresentativita' in Parlamento dei diversi interessi esistenti nel Paese. In Italia il problema si rovescia. Come nella Francia della Quarta Repubblica, noi abbiamo troppi partiti: ma alcuni di essi in realta' - forse la maggioranza - sono partiti solo di nome: in effetti sono oligarchie, che perseguono l'auto-riproduzione di pochi individui, amici, parenti e talvolta amanti.
Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Questi pseudopartiti, a carattere familiare e clientelare, tengono sotto ricatto il governo in permanenza, con richieste di seggi sicuri in numero superiore a quelli spettanti in base agli elettori di ciascuna formazione politica. Molti partiti si alimentano prevalentemente con il sistema delle clientele, degli appoggi delinquenziali e dei finanziamenti non trasparenti. Sicche' una legge proporzionale pura, in cui siano rappresentati tutti i partiti, anche quelli dell'1-2 % o dello 0, 50 % (come in passato fu con Lamberto Dini e Clemente Mastella), sarebbe devastante. Tale scelta fu nefasta per la Repubblica di Weimar (1919-1939) in Germania, e rappresento' il preludio della frammentazione partitica tedesca che sfocio' nella tragedia del nazismo. Cio' impone di trovare un sistema in cui sia ridotta la frammentazione e sia favorita l'aggregazione dei partiti, in modo da garantire una maggiore governabilita': per affrontare, decidere e risolvere i problemi ispirandosi all'interesse generale del Paese. Ma anche un sistema che garantisca la scelta dei migliori e la sostituzione dei dinosauri come Massimo D'Alema, Walter Veltroni e Silvio Berlusconi.
Sarebbe auspicabile una legge proporzionale che lasciasse in vita le forze politiche di media dimensione, a condizione che i partiti fossero regolati da norme generali secondo il principio della trasparenza dei bilanci e della democrazia interna, due cose che non esistono affatto neppure nei grandi partiti. Ci sarebbe dunque una sorta di struttura bipolare fondata non su due partiti ma su quattro o cinque forze politiche che avessero una certa consistenza numerica minima. Oggi non e' pensabile una legge elettorale che escluda i partiti del 5, 6 o 7 per cento, come Sel, l'Italia dei Valori e Udc. 
Guai a pensare di creare un bipartitismo coatto, in cui si escludano forze che possono dare vita ad una sinistra europea plurale. Esse rappresentano vaste aree di lavoratori e ambientalisti che non si sentirebbero rappresentanti dal Partito Democratico e ancor meno dal cosiddetto Partito delle Liberta'. L'ideale sarebbe varare una legge proporzionale che introducesse il voto di preferenza, una quota di sbarramento del 5% e il divieto di alleanze elettorali tattiche destinate a scomparire dopo le elezioni. In realta' non si fara' nulla di tutto questo e temiamo che restera' la legge vigente, senza il voto di preferenza. O con un voto di preferenza truccato. 

le grandi ammucchiate 
Anche qui bisogna tener conto della situazione esistente e delle convenienze, partendo dalle forze in campo. I sondaggi del Pd danno il partito tra il 25 e il 29 per cento, il Pdl al 20, 21%, Grillo al 16-17, l'Udc al 6-7 e l'Idv al 5-7%. La speranza, coltivata da Pierluigi Bersani e D'Alema, di una vittoria del centro sinistra con un governo che escluda il partito di Berlusconi, e' piuttosto flebile. Sia una coalizione del Pd con Nichi Vendola e Pierfedinando Casini, sia il ritorno alla foto di Vasto (Pd, Idv e Sel) con il 10 % del premio di maggioranza, non garantirebbero la governabilita', per fortuna. Lo stesso vale per il centro destra con Pdl, Lega e Udc, che non sarebbero in grado di governare. La conseguenza di tutto questo e' che si stanno creando le premesse del ripetersi di una grande coalizione, in cui pero' i partiti vogliono piazzare i loro personaggi impresentabili al posto dei cosiddetti tecnici. Sarebbe un disastro per il Paese ancora maggiore, ma e' l'ipotesi piu' concreta alla quale stanno lavorando D'Alema e Berlusconi, decisi a restare a galla, in una grande ammucchiata di personaggi impresentabili, con dicasteri importanti che dovrebbero essere guidati da loro stessi. Questa supposizione e' fondata anche su un dato: il leader Maximo ha sussurrato in Transatlantico che il 10% di premio e' piu' che sufficiente. Il suo disegno e' chiaro: una grande alleanza nella quale il Pd dovrebbe avere un peso maggiore e imporre lui, il Massimo, come presidente della repubblica, accanto a un Monti Bis, alla guida del Governo; il tutto a scapito di un Romano Prodi che non si rassegna e aspira al Colle, dopo averci fatto sognare di non rivederlo piu'. Ma vi e' anche una terza, tragica ipotesi: che qualche salvatore della patria si proponga alla guida di un governo forte, a suon di stragi, come avvenne nel 1992-1993. Purtroppo la storia si ripete e per noi l'unica via di uscita sarebbe l'esilio.

sindaci modello 
Un'ultima notazione: ho avuto modo di conoscere sindaci di piccoli comuni che possono fregiarsi del riconoscimento di Comuni virtuosi. Sono amministratori eccellenti, sobri, capaci e pieni di entusiasmo. E' molto piu' difficile amministrare un Comune che stare in Parlamento a votare senza sapere perche' e per chi. 
Per me e' stato un riconciliarmi con la politica e la speranza di un riscatto di questo sventurato Paese. Essi non hanno voce, non hanno una tribuna dalla quale lanciare le loro proposte. Io chiedo loro di non arrendersi, di cercare alleanze con altri gruppi, di creare un movimento-partito che possa salvarci dai disastri in cui siamo precipitati. Io saro' al loro fianco senza chiedere niente altro che il piacere di fare qualcosa di utile per loro e per il Paese, pensando a milioni di disoccupati e di senza reddito. L'Italia Virtuosa e' accanto a loro e a loro sostegno, senza timori ne' speranze (sine metu nec spe), che non siano quelle legate alla salvezza del Paese.


http://lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=549