domenica 29 dicembre 2019

Progetti urbani per un’aria pulita. - Daan Roosegaarde



Ricordate quelle piccole stelle fosforescenti che avevate sul soffitto quando eravate piccoli? Quella è luce. È pura luce. Ma non c’è nessuna bolletta da pagare, nessuna manutenzione da fare. C’è e basta.

In due anni di laboratorio cercammo di renderla più duratura, più luminescente, con l’aiuto degli esperti. Nello stesso periodo, ricevemmo una richiesta dalla famosa Fondazione Van Gogh, che voleva celebrare il 125° anniversario nei Paesi Bassi. Vennero da me e mi chiesero: “Puoi creare un luogo dove Van Gogh possa vivere nuovamente?”. La domanda mi piacque molto. Il risultato fu una pista ciclabile che si ricarica di giorno con il sole e risplende di sera, fino a otto ore. E ci si può andare ogni sera gratuitamente, senza alcun biglietto. Lì si può provare la bellezza di pedalare nella notte stellata.
In seguito alcuni sceicchi del Qatar mi chiamarono e mi chiesero se potevo fare lo stesso ma per 10 chilometri. É stato davvero molto emozionante dar vita a questi progetti. Ma poi è successo qualcosa che mi ha fatto capire che potevo veramente fare qualcosa rispetto all’inquinamento.
Questa è una fotografia di Pechino scattata tre anni fa dalla mia stanza.
La foto a sinistra è stata scattata un bel sabato. Si possono vedere le auto, le persone, gli uccelli; la vita in un denso centro urbano. Mentre nell’immagine a destra, santo cielo, c’è solo l’inquinamento, completamente stratificato. Non si riesce a distinguere nitidamente quasi nulla. Questa immagine mi rese molto triste. Poco aveva a che fare con il futuro brillante che avevo immaginato, questo era l’orrore. Viviamo cinque o sei anni in meno, i bambini sono colpiti da cancro ai polmoni già a 6 anni. E così, in quel momento, sono stato ispirato dallo smog di Pechino. I governi di tutto il mondo combattono la loro guerra contro lo smog ma io volevo dare il mio contributo.
Così abbiamo deciso di costruire il più grande aspiratore di smog al mondo. Aspira l’aria inquinata, la pulisce e poi la restituisce. Abbiamo costruito il primo. Si chiama Smog Free Tower.
Aspira 30.000 metri cubi d’aria all’ora, li pulisce a livello nano-molecolare, dalle particelle PM2.5, PM10, usando davvero poca elettricità, e poi rilasciando l’aria pulita. In questo modo i parchi, i cortili, saranno tra il 55% e il 75% più puliti rispetto al resto della città. E più o meno ogni mese lo apriamo e possiamo rimuovere gli scarti che ha aspirato. Quello che vedete in foto è ciò che viene trattenuto dal filtro.
Ne produce buste intere. Questo è come è fatto lo smog allo stato solido. È nei nostri polmoni proprio ora. Se vivete vicino a un’autostrada, è come fumare 17 sigarette al giorno. Siamo dei folli? Quando abbiamo detto sì a questo? Ma cosa dovremmo farci con questi scarti? Dovremmo buttarli via? No, gli scarti non dovrebbero esistere. Lo scarto di uno, dovrebbe essere cibo di un altro. Ci siamo resi conto che il 42% è fatto di carbone, e dal carbone, sotto alta pressione, si ottengono diamanti. Ispirati da questo, comprimendolo per 30 minuti otteniamo anelli smog-free.
E così, condividendo un anello, si donano circa 1000 metri cubi di aria pulita alla città in cui si trova la torre. É un piccolo cubo fluttuante. L’abbiamo messo online, cercando finanziamenti su Kickstarter. Le gente ha cominciato a prenotarlo, ma soprattutto ha cominciato a pagarlo in anticipo. I finanziamenti raccolti con i gioielli ci hanno aiutato a realizzare altre torri. Gli scarti erano l’attivatore di questo progetto. Non è incredibile che da qualcosa che dovevamo gettare sia nato tutto?
In questa foto c’è una coppia di futuri sposi indiani, lui le fa la proposta con un anello smog-free come segno di vera bellezza, come segno di speranza. E lei ha detto sì. Amo moltissimo questa immagine per tanti motivi diversi.
Ora il progetto sta viaggiando in Cina, con il sostegno del governo centrale cinese. Il primo obiettivo è creare parchi locali con aria pulita, e questo funziona già abbastanza bene. Allo stesso tempo noi collaboriamo con le ONG, con i governatori, con gli studenti, con i tecnici. Con tutti.
Si tratta del sogno di avere aria pulita, di un mondo diverso, l’unico mondo possibile.

https://www.beppegrillo.it/progetti-urbani-per-unaria-pulita/?fbclid=IwAR2WpGLgbpwpXnS6pq4EroSTJcPOgB0Bqg6JIh5SV0wwiTy4pwvbUxN7d3k

Scoperta in Etiopia un’intera città del grande Regno di Axum.


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Nell'Etiopia settentrionale gli archeologi hanno scoperto un’intera antica città sepolta che faceva parte del potente Regno di Axum, che rivaleggiò con l’Impero Romano.
Il Regno di Axum fu uno straordinario regno commerciale che si sviluppò a partire dal IV secolo a.C. e che crebbe sfruttando l’ottimale posizone strategica sul Mar Rosso fino a divenire, nei primi secoli della nostra Era, un vero e proprio impero capace di rivaleggiare con Roma, Persia e Cina. Al tempo del suo massimo splendore, intorno alla metà del terzo secolo d.C., quando il Re Ezana si convertì al Cristianesimo, i suoi territori comprendevano quelle che oggi sono l’Etiopia, l’Eritrea, il Sudan settentrionale, Egitto meridionale, Gibuti, parte della Somalia e persino Yemen e parte dell’Arabia Saudita. Arrivò quindi a controllare lo Stretto di Bab el-Mandeb (tra Yemen e Gibuti) e sfruttò a pieno la linea commerciale marittima che collegava il mondo Mediterraneo con l’Oceano Indiano e le grandi potenze orientali.
Axum batteva moneta propria, come pure aveva propria lingua, scrittura, cultura. Adottò il Cristianesimo come religione di Stato, terza, dopo Impero Romano e Armenia.

"Questa è una delle più importanti civiltà antiche, ma la gente non lo sa", queste le parole del primo autore dell'articolo recentemente apparso su tutte le riviste scientifiche, Michael Harrower, della Johns Hopkins University di Baltimora. “Dopo Egitto e Sudan, questo è la civiltà più antica e complessa mai apparsa in Africa", ha aggiunto.

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Gli archeologi di Stati Uniti, Etiopia, Germania, Gran Bretagna, Canada e Libano avevano iniziato gli scavi nel nord dell'Etiopia, nella regione di Yehi, nel 2009. La gente del posto aveva sempre affermato che nelle profondità della terra fossero nascosti antichi resti, alcuni dei quali erano già stati in parte rinvenuti negli anni ’70 per poi dover essere interrotti per via delle crisi e guerre succedute.
Successivi scavi nel 2011, 2012, 2015 e poi 2016, avevano rivelato frammenti di edifici in pietra a profondità di oltre tre metri dalla superficie. Il più antico datato VIII secolo a.C. I ricercatori hanno chiamato la città Beta Samati, che significa "casa del pubblico" nella lingua Tigrinya locale.
I primi oggetti testimoniano le credenze politeiste degli abitanti di Beta Samati, che furono fortemente influenzate dalle tradizioni del regno di Saba, situato nell'attuale Yemen. Tuttavia, dopo il IV secolo prevalse il simbolismo cristiano.
Infine gli scienziati hanno fatto la scoperta più importante – una vera e propria basilica del IV secolo d.C. Tra i reperti minori gli archeologi hanno rinvenuto anche un anello in stile romano fatto di una lega di rame rivestita con foglia d'oro, con una pietra corniola rossa con l’incisione di una testa di toro della testa di un toro.

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Secondo gli studiosi, Beta Samati era un vivace centro commerciale e religioso situato tra la capitale - la città di Axum - e il Mar Rosso. Qui veniva scambiato il meglio dei due mondi di allora, come testimoniano i ritrovamenti di anfore mediterranee e i preziosi orientali.
La datazione al radiocarbonio degli oggetti trovati va dal 771 a.C. al 645 d.C. Ciò significa che la città fu probabilmente abitata durante l'intero periodo dell'esistenza dell'impero axumita - 1400 anni, e i primi oggetti risalgono al cosiddetto periodo "pre-axumiano".
Proprio questa, secondo gli autori, sarebbe la principale scoperta, che confuta l'opinione che prima dell'avvento della civiltà aksumita, gli antichi insediamenti fossero caduti in rovina. Ora appare invece chiaro che il regno di Aksum fu in realtà un diretto successore di entità statali precedenti e ancora più antiche.
"Il nostro lavoro mostra che Beta Samati era un grande insediamento densamente popolato situato a 6,5 ​​chilometri a nord-est di Yehi, il centro del potere politico del primo Stato (pre-Aksum) complesso dell'Africa sub-sahariana", scrivono gli autori nell'articolo.

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Stele di Axum e chiese rupestri di Lalibela.
Il patrimonio storico archeologico lasicato all’Etiopia dalla cultura Axum è decisamente considerevole – basti ricordare la famosa Stele di Axum portata a Roma durante il periodo fascista e restituita tra le polemiche nel 2008 e le famose chiese rupestri di Lalibela. La prima datata presumibilmente intorno ai primi anni della nostra Era e testimoniante un’usanza ancora più antica del periodo per-Axum (alcuni ritengono che tale pratica di segnalare le tombe degli alti dignitari con tali steli fosse in uso già mille anni prima), le seconde molto più tarde (XII / XIV sec. d.C.) ma a testimonianza di quella cristianità abbracciata già dagli Axum nel III sec. d.C.

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Questa nuova scoperta potrebbe riaccende i riflettori su di un’antica civiltà poco nota ma che durò almeno quanto l’Impero Romano e commerciò con tutti i grandi regni dell’antichità.

https://it.sputniknews.com/mondo/201912258452275-scoperta-in-etiopia-unintera-citta-del-grande-regno-di-axum/?fbclid=IwAR3Kl9ggAgMRXxOzQ2TUC0IaB9lKbQPp1FLeq9HUyTMJQxZNWQh7MlsUJFc

venerdì 27 dicembre 2019

Leggo e rimugino...

Ragazze investite a Roma, il Gip: " La velocità è uno specifico addebito di colpa, le vittime hanno tenuto una condotta vietata e spericolata"

Leggo il titolo di un quotidiano: 
Ragazze investite a Roma, il Gip: " La velocità è uno specifico addebito di colpa, le vittime hanno tenuto una condotta vietata e spericolata." 
Come se volesse dire: "anche le due vittime sarebbero da condannare o punire...."
Mi pare di aver letto che il figlio del regista non abbia visto le due ragazze attraversare la strada perchè c'era un'altra macchina ferma a coprirgli la visuale. Se l'ipotesi è avvalorata il figlio del regista sarebbe maggiormente colpevole, perchè il fatto che un'auto fosse ferma in attesa di ripartire voleva significare che c'era qualcosa che le bloccava il transito o che qualcuno stava attraversando la strada, quindi, si sarebbe dovuto fermare, obbligatoriamente, anche lui.
Ma siamo in Italia, dove non si rispettano i semafori, non ci si ferma davanti alle strisce pedonali, non si inseriscono le frecce di posizione per indicare il senso di marcia che si vuole prendere, si parla al telefono mentre si guida, non si danno le precedenze alle macchine che arrivano dalle rotonde, ...siamo il paese della democrazia a tutto spiano...
Ops! volevo dire dell'anarchia...divenuta prassi, perchè nell'uso comune.
Se poi condisci il tutto con una buona bevuta, qualche annusatina di polvere bianca, il fatto di essere rampollo di un personaggio famoso e danaroso, il gioco è fatto;
ti restituiscono la patente che ti avevano ritirato perchè avevi commesso un'infrazione?E tu che fai? Ti rimetti subito in macchina per festeggiare l'evento! E, naturalmente, a tutta birra, ....tanto la vita è breve........ ma soprattutto per chi ha la sfortuna di incrociarti durante il cammino.
Cetta.

Gioia per gli occhi.





giovedì 26 dicembre 2019

Popolare Bari, dalla rimozione dei dirigenti all’acquisto di Tercas: Visco racconta balle sugli errori della Banca d’Italia. - Giorgio Meletti

Popolare Bari, dalla rimozione dei dirigenti all’acquisto di Tercas: Visco racconta balle sugli errori della Banca d’Italia

Autogol - Le bugie del governatore al Corsera: dai poteri di rimuovere i vertici fino alla responsabilità sulla sciagurata fusione con Tercas.
I lettori del Fatto sono stati messi a conoscenza da tempo della curiosa abitudine della Banca d’Italia di reagire ai crac bancari e ai legittimi interrogativi sull’efficacia della vigilanza bancaria con una supercazzola a scelta tra “quei delinquenti ce l’hanno fatta sotto il naso” e “non avevamo poteri sufficienti”. Ma ieri il governatore Ignazio Visco ha battuto ogni record affidando a una solenne intervista al direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana una raffica di affermazioni contrarie al vero, quelle che la libera stampa definita “volgare” a Palazzo Koch definisce balle.
La più clamorosa è questa: “La scelta dei componenti degli organi sociali è di esclusiva responsabilità dell’azienda (…) La vigilanza può ricorrere alla moral suasion, e nel caso della Popolare di Bari ha espresso chiaramente al presidente del consiglio di amministrazione le proprie perplessità sull’opportunità del rientro dell’ingegner De Bustis tre anni dopo che aveva lasciato la banca”. Visco omette di ricordare, e l’intervistatore omette di ricordargli, che Bankitalia ha dal 2015 il potere di disporre il removal (volgarmente la cacciata) di amministratori che possono causare pregiudizio alla sana e prudente gestione delle banche (art. 53 Testo Unico Bancario, comma 1, lettera e). Solo che per la Popolare di Bari, come per altre banche, non lo ha usato. Visco vive sempre in attesa di qualcosa: ora delle “norme attuative da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze” che farebbero entrare in vigore la severa direttiva europea sui requisiti di onorabilità e competenza dei banchieri.
La direttiva è stata recepita nel 2015, e da quattro anni e mezzo i vari ministri dell’Economia succedutisi (Pier Carlo Padoan, Giovanni Tria e Roberto Gualtieri) si sono ben guardati dallo scrivere il decreto così scomodo per numerosi potenti banchieri che (essendo sanzionati dalla vigilanza, indagati o addirittura imputati) dovrebbero andare a casa seduta stante. Visco non solo non ha mai protestato pubblicamente contro questo ritardo scandaloso della politica, ma due anni fa fece dire al capo della vigilanza Carmelo Barbagallo, sotto giuramento davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta, che Bankitalia applicava di fatto i nuovi criteri restrittivi e i banchieri esaminati li avevano superati. Colpisce un altro dettaglio. Visco avrebbe detto di non far rientrare De Bustis al presidente della Popolare Marco Jacobini, al quale due anni prima aveva ingiunto di andarsene dopo quasi 40 anni di presidenza. Non ha rimosso Jacobini per le ragioni per le quali gli chiedeva con lettera di dimettersi. E non ha rimosso De Bustis.
Quel che è peggio è che, oggi, cioè a babbo morto, il governatore racconta questa storia: “All’inizio del 2019 emergono forti conflittualità tra presidente dell’organo amministrativo e le componenti a lui riconducibili, da un lato, e l’amministratore delegato, i componenti del Comitato di Controllo Interno e Rischi, il presidente del Collegio sindacale, dall’altro. Si determina un vero e proprio stallo gestionale”. Cioè: appena De Bustis si insedia contro il volere di Visco, inizia a litigare di brutto con Jacobini che per Visco doveva essersene andato da due anni, il governatore sa tutto e che cosa fa? Non li rimuove come sarebbe suo dovere perché, dice, non ne ha il potere.
Che la Popolare di Bari fosse messa male la Banca d’Italia lo sapeva dal 2010, quando l’ispezione si concluse con un giudizio “parzialmente sfavorevole”, espressione che nella filosofia occidentale post-aristotelica ha come unico precedente di assurdità il noto assioma “la ragazza è un po’ incinta”. Anche le ispezioni del 2013 e del 2016 hanno dato esito “parzialmente sfavorevole”, ma sul sito della Banca d’Italia, in una nota beffardamente intitolata “L’intensità dell’azione di vigilanza sulla Banca Popolare di Bari”, sull’esito del 2013 si sorvola. E certo, perché subito dopo quell’ispezione Bankitalia toglie alla Popolare di Bari il divieto di fare acquisizioni per consentirle di acquisire la Tercas.
Non solo tutti i muri della Popolare di Bari, ma anche le colonne di Palazzo Koch sanno che fu la Banca d’Italia a imporre a Jacobini e De Bustis l’acquisizione di Tercas. Oggi Visco riesce a raccontarci che a fine ottobre 2013 “venne considerata la manifestazione di interesse dei vertici della Popolare di Bari, che poi decisero di realizzare l’operazione in base a una autonoma valutazione”.
Visco argomenta che “decisioni come quella di realizzare un’acquisizione sono di esclusiva competenza e responsabilità del vertice delle banche”. Un’affermazione che ieri ha fatto sobbalzare anche numerosi dirigenti della Banca d’Italia, sempre più insofferenti per lo stile suicida della comunicazione del governatore. Qui c’è un punto di fatto e quindi l’ennesima balla di Visco: le acquisizioni sono costantemente vagliate dalla Banca d’Italia che deve poi concedere o negare l’autorizzazione. Specie nel caso Tercas il ruolo della Banca non è stato neutro. Esisteva un divieto di espansione per la Popolare di Bari, che è stato rimosso proprio per consentire l’acquisizione di Tercas.
D’altra parte il governatore argomenta che “la vigilanza non può intervenire nella conduzione della Banca”, dichiarazione falsa in quanto illogica: se la vigilanza non ha poteri d’intervento, che ci sta a fare? Per fare analisi che restano poi lettera morta? Le risposte alla prossima Commissione parlamentare d’inchiesta.

"I berluscorenziani e la barzelletta del finto garantismo." - Andrea Scanzi

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Come molti sanno, l’unica funzione nell’ecosistema del partito ossimoro Italia Viva è quella di mettere i bastoni tra le ruote al governo Mazinga, “voluto” peraltro proprio da Renzi (e Grillo), aprendo così le porte al peggiore destra-destra-centro d’Europa. Le fibrillazioni in seno al governo sono quasi tutte firmate Renzi. Le ultime riguardano la revoca delle concessioni autostradali, in nome di quella cosa serissima (il garantismo) trasformata dai berluscorenziani in barzelletta. Non male anche Lucianone Nobili, che quando c’è da urlare a caso è sempre in prima fila. Ascoltiamolo: “Un’azienda dà 60 mila euro a Open: perquisizioni, accuse, aperture dei Tg. La stessa azienda ne dà poi 600 mila a Casaleggio e 240 mila al blog di Grillo. Tutti zitti: media proni, giudici silenti”. Allude alle notizie (Corriere della Sera) sui finanziamenti della società Moby a Casaleggio e al blog di Beppe Grillo. La società Moby di Onorato avrebbe cercato sponde non solo appoggiando Renzi e finanziando la fondazione Open, ma versando pure denaro per sostenere il blog dell’ex comico e la Casaleggio Associati.

È ovvio che questa strategia è stata finemente pensata dalla Diversamente Lince di Rignano. Cosa ha fatto, dalla nascita del Conte II a oggi, Matteo Renzi? E cosa ha ottenuto? Breve riassunto.

Renzi si è sempre messo di traverso quando il governo poteva fare qualcosa di buono (revoca concessioni, lotta all’evasione, no al bavaglio, sì al processo a Salvini sulla Gregoretti, stop alla prescrizione); è stato travolto dal caso Fondazione Open; secondo l’ultimo numero dell’Espresso, Renzi ha potuto restituire il prestito di 700 mila euro (per la nuova casa) grazie al manager Lucio Presta, che gli avrebbe dato 500 mila euro come compenso per il documentario su Firenze andato in onda su Discovery nel 2018. Solo che Discovery, a Presta, per quel programma avrebbe dato 20 mila euro. Perché allora quei 480 mila euro di disavanzo? Renzi ha poi ritardato la Sugar Tax, tassa sacrosanta e giustissima, spacciando peraltro una lieve dilazione nel tempo per vittoria politica campale; in questi mesi è diventato definitivamente il clone di Johnny Pappagorgia; ha deciso di emulare Salvini nella comunicazione “guastatrice” sui social, creandosi pure lui una Bestia; si è ridotto, pur di inseguire il Cazzaro Verde, a fare gli stessi post sulla Nutella; ha detto a Conte che deve trasformarsi in Super Pippo (sic); ha vomitato un discorso al Senato in cui è riuscito a ricordare il peggior Craxi, infarcendo il delirante monologo di errori storici marchiani (per esempio su Moro e Leone); secondo Minzolini e non solo lui, sta pensando a un governo Salvirenzi che costituirebbe per distacco l’Armageddon della politica mondiale; ha usato il caso Banca Popolare di Bari per prendersi rivincite puerili e patetiche, dimostrando con ciò di essere ancora fermo a quel giorno meraviglioso che fu il 4 dicembre 2016, quando l’Italia si salvò e lui perse il treno della vita; ha usato ricorrenze importanti, tipo i 70 anni di Springsteen, per parlare di se stesso (mitologico il tweet in cui ha sostenuto che il Boss, quando venne a Firenze, salutò lui e non viceversa. Come se il famoso tra i due fosse Renzi); ha deciso di querelare tutti e bastonare mediaticamente tutta quella parte di magistratura e giornalismo che non gli va a genio, ribadendo la sua natura politica di figlio ripetente di Berlusconi.

Grazie a tutto questo, Renzi è diventato il politico più detestato dagli italiani. E nei sondaggi fatica a stare sopra il 4 per cento. Insomma, il solito trionfo. Daje Matte’.

The Slurpman - Marco Travaglio

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Siccome a Natale siamo tutti più buoni, vorremmo spezzare una lancia per Matteo Renzi. È vero, ogni giorno ci arriva una sua causa civile per danni (l’ultima, la settima in un mese, riguarda un articolo del Fatto del 1° luglio 2018, da cui solo ora si è sentito offeso, a scoppio ritardato). Ma, attratti come siamo dai perdenti, non riusciamo a liberarci di un’istintiva tenerezza per lui, almeno in questa fase terminale della sua parabola politica, mentre rilascia interviste su tutto a tutti dappertutto, pure ai videocitofoni, nel tentativo disperato di dimostrare che ancora respira, e mentre gli italovivi morenti bussano al Pd tentando la fuga dal suo partitucolo già fallito. Presto quelli che per cinque anni abbiamo conosciuto come renziani di chiara fama (e fame) fingeranno di non conoscerlo, anzi di non averlo mai conosciuto, cancellando post dai social, sbianchettando parole, opere e genuflessioni e confidando nella smemoratezza generale. Il più lesto, al solito, è Gianni Riotta detto Johnny perché, essendo nato a Palermo, si crede americano. L’altro giorno abbiamo citato alcune sue leccate d’antan a Renzi&Boschi, tratte da una sua memorabile lezione in inglese del 9 settembre 2014, in piena Era Matteiana, all’Institute of International and European Affairs di Dublino, dal titolo From Berlusconi to Renzi: Old Troubles, New Challenges.

Le avevamo già riportate in altre occasioni, anche nel libro Slurp, ma sempre sotto il governo Renzi. Dunque Johnny si era sempre guardato dallo smentirle: anzi, ne andava fiero e teneva a farle conoscere a chi di dovere. Ora invece che il renzismo è in disgrazia elettorale e giudiziaria, nega pietosamente di aver detto ciò che ha detto. E cinguetta su Twitter: “Marco Travaglio deve inventarsi sul suo giornale false citazioni di miei articoli pur di provare a far ridere qualcuno dei suoi, stremati, lettori. Purtroppo, negli articoli di Travaglio sono invece le vere citazioni a farci ridere”. Tweet subito seguito da una profluvie di lodi dei suoi fan, intervallati da alcuni dissenzienti che lui zittisce stizzito. Tipo quelli che chiedono quali sarebbero precisamente le “false citazioni” che gli avrei attribuito per far ridere i miei “stremati lettori”, come se non bastassero quelle vere. Purtroppo, nella fretta, il Cortigiano Johnny si è scordato di far rimuovere da Youtube il video integrale della sua lezione all’IIEA: il link è www.youtube.com/watch?v=WsG–yHJgCk, utilissimo sia per combattere la stitichezza sia per verificare se sono io che invento false citazioni di Riotta o è lui che slurpava Renzi&Boschi e ora comprensibilmente se ne vergogna.

Da Dante a Matteo, il cow boy scout. Minuto 7 e 35 secondi: “Come sapete, Matteo Renzi era il sindaco di Firenze. È facilissimo governare Firenze. Dopo l’esilio di Dante e dopo il Rinascimento, a Firenze, non è più successo niente (Firenze divenne fra l’altro la capitale del Regno d’Italia, ma sono cazzate, ndr). Governare Firenze è facilissimo perché è una città ricca, solida, che si governa da sola. Fare il sindaco di Firenze è un po’ come fare il direttore del Louvre a Parigi: è un lavoro comodo e redditizio. Poi Renzi ha deciso di partecipare alle primarie: dal museo al Far West”.


La congiura de’ Renzi. 9’ 15’’: “Con un colpo da maestro fiorentino (a very florentinian coup), è riuscito a conquistare il posto di primo ministro dal suo predecessore, Enrico Letta e, per questo motivo, nel suo partito molti l’hanno criticato. Io penso che sia stata una mossa del tutto naturale: c’è un giovane politico ambizioso che vince le primarie e vuole il posto, non vuole restare in panchina a cuocere a fuoco lento: prende il posto e affronta la sfida”.


La Star Molto Bionda. 9’52’’: “Il suo governo è un governo molto fotogenico ma, allo stesso tempo, è pieno di star”. 10’ 25’’: “Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi subisce molte, molte malignità da parte della stampa italiana perché è bella e bionda, molto bella e molto bionda, ed è, allo stesso tempo, una giovane avvocato capace di mettere in soggezione e che sa molto bene il fatto suo e io non vorrei mai essere dalla parte opposta alla sua a un tavolo di confronto”.

Un po’ Prometeo, un po’ Alessandro Magno. 12’06’’: “Non voglio dire che Renzi quest’energia l’abbia creata. L’energia era già lì, ma Renzi è riuscito a inserire la spina per sprigionarla. Renzi è riuscito a dire a una generazione che voleva cambiare il Paese: ‘Seguitemi e andremo!’”.

Johnny is happy. 13’ 47’’: “Gli italiani avranno tutti i peggiori difetti di questo mondo, ma sono persone di buon senso. L’Italia reale, non quella che vedete alla televisione, ma quella delle persone riunite a tavola il giorno di Natale, ha votato per Grillo per dare un segnale di cambiamento, ma quando ha visto che con Renzi poteva incanalare la sua protesta in un modo razionale e non irrazionale, alle elezioni europee ha dato il 40% dei voti a Renzi e il 20% a Grillo… E io sono contento (happy) che Renzi sia riuscito a ottenere questo”.

Meravigliosa creatura (e pure sexy). 15’ 03’’: “Abbiamo un giovane primo ministro fotogenico, forte, intelligente, sexy, digitalmente esperto, con il suo meraviglioso governo”. In lingua originale, suona ancora meglio: “We have a photogenic, strong, smart, sexy, digitally oriented, young prime minister with his great cabinet”.

Cari, stremati lettori, vi ho inflitto questa raccapricciante cascata di bava proprio a Natale non per cattiveria, ma per spirito di servizio. Se è vero, come diceva Indro Montanelli, che “in Italia non è il padrone che fa i servi: sono i servi che fanno il padrone”, Riotta è più utile dell’oroscopo di Branko: per sapere chi sarà il prossimo padrone, seguite la lingua di Johnny Lecchino. Non sbaglia mai.


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