giovedì 23 gennaio 2020

L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. fu così violenta da vetrificare il cervello delle vittime.

eruzione vesuvio 
Uno specchio emerso dagli scavi di Pompei.

È quanto emerso da uno studio condotto dagli archeologi dell'Università di Napoli e pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Il calore rilasciato dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C è stato 100mila volte superiore a quello sperimentato durante l'esplosione delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Le temperature sono state così alte in alcune zone da vetrificare la materia grigia di un uomo. Questo è quanto emerso da uno studio condotto dagli archeologi dell'Università di Napoli e pubblicato sul New England Journal of Medicine.
L'energia termica dell'eruzione ha vaporizzato i fluidi corporei delle vittime e ha sparso roccia fusa, pomice e cenere ardente sulle città di Pompei ed Ercolano. Secondo i ricercatori, la maggior parte delle vittime è deceduta per asfissia, soffocando a causa delle nuvole di gas tossico e della cenere. Uno studio del 2001 pubblicato sulla rivista Nature ha stimato una temperatura di 300° Celsius sulla città di Pompei, e altre ricerche condotte in seguito sembrano confermare temperature simili anche per la città di Ercolano. Il nuovo studio si è basato sull'analisi di un centinaio di scheletri ritrovati sul litorale di Ercolano, dove il team di ricerca guidato da Pierpaolo Petrone dell'Università di Napoli ha ipotizzato si fossero rifugiate le persone che non sono riuscite a scappare.
Dai risultati sono emersi nuovi dati relativi all'evento eruttivo. "C'erano alte concentrazioni di ferro, che potrebbero indicare i fluidi corporei evaporati, e numerose fratture nelle ossa, prove dell'esposizione a picchi di calore improvvisi, nonché crepe nelle calotte craniche", spiegano i ricercatori. "Tutto ciò sembra indicare che i flussi piroclastici abbiano scaldato il tessuto cerebrale, facendo letteralmente esplodere i crani delle vittime", aggiunge.
Ma un corpo in particolare ha suscitato diverse domande negli archeologi: una vittima, recuperata negli anni '60, trovata su un letto di legno che presentava resti di materia grigia nel cranio. Secondo il team di Petrone, il calore estremo potrebbe aver "saponificato” la materia cerebrale, trasformandola quindi in glicerolo e acidi grassi. Il tessuto cerebrale del corpo era stato però "vetrificato", cioè trasformato in vetro. Piero Pucci, coautore dell'articolo e ricercatore presso il Centro di ricerca sulle biotecnologie avanzate Ceinge, ha analizzato il materiale vetroso all'interno del cranio, trovando tracce di acidi grassi come trigliceridi, comuni nel cervello umano, insieme a componenti di capelli, quando nessuna di queste sostanze è stata trovata nella cenere o nel carbone circostante nel sito in cui è stato trovato il teschio, indicando che il materiale era molto probabilmente materia cerebrale. Il team di ricerca ha dedotto che le temperature avrebbero potuto raggiungere i 520° C. "Il calore è stato in grado di bruciare il grasso corporeo e vaporizzare i tessuti molli.
Il materiale vetroso indica la conservazione indotta termicamente del tessuto cerebrale umano vetrificato", spiegano gli autori. Non tutti sono d'accordo con le conclusioni di Pucci e Petrone. Tim Thompson, antropologo forense presso la Teesside University nel Regno Unito, ha riferito alla bioarcheologa Kristina Killgrove che non ritiene plausibile la teoria della vaporizzazione, preferendo la propria teoria alternativa secondo cui le vittime di Ercolano potrebbero essere state essenzialmente "cotte" dal calore di intensità più bassa . "Non sappiamo ancora con certezza tutti gli effetti che l'eruzione vulcanica del 79 d.C. ebbe sul corpo umano. Ma le nuove ricerche sulle cause di morte stanno aprendo nuove frontiere per capire cosa è successo nel Golfo di Napoli quel fatidico giorno", scrive Killgrove in un articolo pubblicato su Forbes. 
Il virus della Cina è arrivato all'uomo dai serpenti © ANSA
Il virus della Cina è arrivato all'uomo dai serpenti.

Lo indica l'analisi della mappa genetica.

Il virus cinese 2019-nCoV è arrivato all'uomo dai serpenti: sarebbero questi gli animali nei quali il virus, trasmesso dai pipistrelli, si sarebbe ricombinato e poi passato all'uomo. Lo indica l'analisi genetica pubblicata sul Journal of Medical Virology da Wei Ji, Wei Wang, Xiaofang Zhao, Junjie Zai, e Xingguang Li, delle università di Pechino e Guangxi. La ricerca è stata condotta su campioni del virus provenienti da diverse località della Cina e da diverse specie ospiti. 

Come è accaduto in passato con i virus dell'influenza aviaria e con la Sars, anche questa volta l'indice è puntato sui mercati di animali vivi molto comuni in Cina, dove accanto agli animali allevati nelle fattorie e ai pesci si vendono animali selvatici, come serpenti e pipistrelli. "I risultati della nostra analisi evoluzionistica suggeriscono per la prima volta che il serpente è il più probabile animale selvatico serbatoio del virus 2019-nCoV", scrivono i ricercatori. Le analisi genetiche aggiungono così una tessera fondamentale al mosaico della composizione genetica del virus 2019-nCoV, nel quale finora era chiaramente riconoscibile solo la sequenza della parte di virus ereditata dai pipistrelli e identificata fin dall'inizio come appartenente alla famiglia dei coronavirus, la stessa che comprende il virus della Sars, comparso nel 2002, e della Mers, del 2015; restava da risolvere il mistero della provenienza dell'altra metà del virus.
Adesso è chiaro che il virus 2019-nCoV è un mix di un coronavirus proveniente dai pipistrelli e di uno che arriva dai serpenti e che da questi ultimi sarebbe passato agli esseri umani, adattandosi al nuovo ospite e acquisendo la capacità di trasmettersi da uomo a uomo. Ricombinandosi geneticamente nei serpenti, quindi, il nuovo virus ha fatto il cosiddetto 'salto di specie', acquisendo nuovi recettori che gli permettono di legarsi alle cellule del sistema respiratorio umano. "Le nuove informazioni ottenute dalla nostra analisi evoluzionistica - rilevano i ricercatori - sono molto importanti per il controllo dell'epidemia causata dalla polmonite indotta dal virus 2019-nCoV".
   

L’arrivederci bellico di Di Maio: “I peggiori traditori tra di noi”. - Luca De Carolis

L’arrivederci bellico di Di Maio: “I peggiori traditori tra di noi”

Non è un addio contrito, è un arrivederci con sillabe di guerra. Non è un lasciare il campo, è una ritirata per vedere quali e quante sono per davvero le truppe degli altri, ma presto, di certo dopo gli Stati generali di metà marzo, se la dovranno rivedere con lui. “Sono qui per rassegnare le mie dimissioni da capo politico” scandisce Luigi Di Maio dopo quasi tre quarti d’ora di discorso dentro il Tempio di Adriano, a due passi dalla Camera. Non ha voglia di dirla quella parola, ma alla fine deve formalizzare il passo indietro, con Vito Crimi che da Statuto gli subentra come reggente, in qualità di membro anziano del comitato di garanzia, e subito dice che “Di Maio non sarà più il capo delegazione dei 5Stelle”. Ma non è così, almeno non ancora, perché nella riunione mattutina con i ministri, quella in cui conferma le dimissioni, il 33enne di Pomigliano d’Arco è laconico: “Ne parleremo”.
Cioè sarà tutta da discutere, con i non dimaiani che invocano il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli per quel ruolo. Ma prima c’è la fine di un’esperienza “Oggi si chiude un’era, il Movimento deve rifondarsi” apre Di Maio. E il suo lungo addio è una cascata di accuse ai traditori, ai nemici interni, “quelli che distruggono sempre i partiti”. Il vero motivo dell’addio, fa capire. Ma c’è anche una promessa di rivincita, che ripete più volte: “Io non mollo, il Movimento è la mia famiglia”. In testa ha quello, Di Maio: lasciare qualche settimana il M5S con un reggente. Evitare che gli Stati generali siano un vero congresso, senza una conta di cui non può prevedere gli esiti. E poi riprendersi tutto, contando sull’incapacità di tutti gli altri di costruire un capo o una proposta alternativa. Ma ora lascia, e ci pensava da tempo. “Questo discorso ho cominciato a scriverlo un mese fa”, rivela. Poco dopo aver visto a Roma Beppe Grillo, che cita con due mezze frasi, per assolvere il compito. Neanche un’ombra di autocritica, ma tanta rabbia. “La prima stesura del discorso era ancora più dura” sussurrano mentre dal palco Di Maio comincia a disseminare quel verbo, “fidarsi”, ed è come inveire contro i traditori. “Io mi fido di noi, di voi e di chi verrà dopo di me” giura. Attorno a lui anche i facilitatori di vario ordine e grado, i volti della nuova struttura. “Ci ho lavorato un anno, adesso ho esaurito il mio compito” scandisce. Ora sarà la transizione verso la tre giorni di marzo, dove però non si voterà un nuovo capo politico o un nuovo assetto. “Agli Stati generali discuteremo sul cosa, subito dopo passeremo al chi”. Cioè a un nuovo capo, o a un organo collegiale. Nell’attesa, vuole regolare i conti. “Alcuni di noi si sono prestati al gioco del tutti contro tutti, il rumore di pochi ha coperto il lavoro di moltissimi” è la prima di tante accuse, celebrate con grandi applausi dalla sua platea.
E fa l’elenco dei nemici. “C’è chi è stato nelle retrovie e, senza prendersi responsabilità è uscito allo scoperto solo per pugnalare alle spalle” ringhia, e in diversi in sala soffiano il nome di Alessandro Di Battista. Poi ne ha per l’ex ministro Lorenzo Fioramonti e altri esuli grillini: “Te ne vai dal Movimento e poi continui a votare la fiducia dal Misto? Non è politica: è psichiatria”. Ma ci sono fendenti anche per l’espulso Gianluigi Paragone: “Ho trovato assurdo l’attacco ai probiviri, noi chiediamo il rispetto delle regole”. E ce l’ha sempre con il senatore ma anche con molti altri, quando difende la piattaforma web: “Sei stato eletto in Parlamento con Rousseau e poi la metti in discussione?”. Il ministro ha parole di miele per i Casaleggio, per Gianroberto e il figlio Davide, “un fratello maggiore”. Ed è ufficialmente gentile con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.“Su alcune cose non siamo stati sempre d’accordo - ammette - ma devo riconoscergli una capacità politica e un’onestà intellettuale rara. Sono orgoglioso della scelta che abbiamo fatto”.
E pare un modo per ricordare che a Palazzo Chigi ce l’hanno portato loro, i 5Stelle. D’altronde la rotta politica di Di Maio è diversa da quella di Grillo e Conte. E il ministro lo sottolinea, parla dell’esigenza di un approccio “post ideologico” su molti temi, a partire dall’immigrazione. Insomma, niente confluenza nel centro - sinistra. E il suo futuro? “Vedremo, non è detto che arriverà un nuovo capo politico” temporeggiano i suoi. Ma non è affatto escluso. E in qualunque forma, lui vorrà esserci. Pronto a tornare quello che sente di essere, il capo.

Sono proprio aliene. - Maura Sandri


Schema concettuale di questa ricerca, nella quale gli astronomi hanno calcolato i percorsi tipici delle comete a orbita lunga (in blu) perturbate da un oggetto gassoso di dimensioni giganti (in bianco) e oggetti di origine interstellare (in rosso). Crediti: Naoj.

Gli astronomi del National Astronomical Observatory of Japan hanno studiato il percorso di due famosi oggetti che ci hanno fatto visita recentemente – 'Oumuamua e Borisov, che ora si stanno allontanando dal Sistema solare per non farvi mai più ritorno – arrivando alla conclusione che molto probabilmente hanno avuto origine al di fuori del Sistema solare. I risultati, pubblicati su Mnras, contribuiscono a migliorare la nostra comprensione del Sistema solare esterno e oltre.
Gli astronomi del National Astronomical Observatory of Japan (Naoj) hanno studiato il percorso di due famosi oggetti che ci hanno fatto visita recentemente – e che ora si stanno allontanando dal Sistema solare per non farvi più ritorno – arrivando alla conclusione che molto probabilmente hanno avuto origine al di fuori del Sistema solare stesso.
Non tutte le comete seguono orbite chiuse attorno al Sole. Alcune passano attraverso il Sistema solare ad alta velocità per poi uscire nello spazio interstellare e non tornare mai più. Sebbene sia semplice calcolare dove stiano andando, determinare da dove provengono è molto più difficile.
Esistono due possibili scenari. Nel primo scenario, una cometa si trova originariamente in un’orbita stabile lontana dal Sole (in quella che viene chiamata nube di Oort), ma le interazioni gravitazionali con un oggetto che passa nei suoi paraggi perturbano la cometa e le fanno abbandonare la sua orbita. La cometa quindi cade nel Sistema solare interno dove può essere osservata, prima di venire proiettata nello spazio interstellare. Nel secondo scenario, una cometa ha origine in un posto molto lontano, forse un diverso sistema planetario e, mentre vola attraverso lo spazio interstellare, casualmente attraversa il Sistema solare, per poi continuare per la sua strada.
Arika Higuchi e Eiichiro Kokubo hanno calcolato i tipi di traiettorie che ci si potrebbe aspettare in questi due scenari, e confrontato il risultato dei loro calcoli con le osservazioni di due insoliti oggetti: 1 I/’Oumuamua (scoperto nel 2017) e 2 I/Borisov (scoperto nel 2019). Hanno trovato che lo scenario di origine interstellare garantisce la migliore corrispondenza per i percorsi di entrambi gli oggetti.
Il team ha anche dimostrato che corpi gassosi di dimensioni giganti, che passano vicino al Sistema solare, potrebbero destabilizzare le comete a orbita lunga e posizionarle su percorsi simili a quelli dei due oggetti studiati. Tuttavia, le osservazioni non hanno rivelato corpi gassosi di questo tipo che potrebbero aver alterato le orbite di questi due oggetti. Sono necessari ulteriori studi, sia teorici che osservativi, di piccoli oggetti interstellari per determinare meglio le origini di questi corpi celesti.
Questi risultati, pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society,  contribuiscono a migliorare la nostra comprensione del Sistema solare esterno e oltre.

Rilevate misteriose particelle ad altissima energia. Potrebbero rimettere in discussione il modello standard della fisica. - Luigi Bignami


Il lancio di un pallone sonda dell'esperimento Anita in Antartide. Anita

Negli ultimi anni sono più d’uno i palloni sonda che vengono lanciati dall’Antartide per ricerche spaziali. Sul continente infatti, ci sono venti che li fanno ruotare attorno al centro del Polo Sud e quindi possono essere recuperati dopo essere arrivati anche a 36.000 metri di quota più o meno dove si desidera. Ma andando così in alto possono raccogliere importanti informazioni che sulla superficie terrestre sarebbero quasi impossibili. Durante due lanci dell’esperimento chiamato ANITA (Antarctic Impulsive Transient Antenna) avvenuti nel 2006 e nel 2014 gli strumenti di bordo individuarono l’esistenza di particelle ad alta energia che viaggiavano con un angolo inclinato rispetto alla superficie del pianeta, una caratteristica che indicava che avevano sfrecciato senza impedimenti attraverso il nostro Pianeta. Lo studio di quanto registrato non ha permesso di far rientrare quelle particelle in una categoria di particelle già nota. Ciò significa che potrebbero essere evidenze di fenomeni della fisica che vanno al di là del “modello standard”, il modello che spiega le particelle e le forze presenti nell’Universo.

Le particelle registrate da ANITA hanno mostrato di possedere energie incredibilmente elevate, ossia con valori da con 0,6 e 0,56 exaelettronvolt (un miliardo di miliardi di elettronvolt). Inizialmente si era ipotizzato che fossero neutrini, particelle note per essere in grado di passare attraverso la materia. Ma con energie così elevate, se fossero stati neutrini avrebbero dovuto interagire con le particelle all’interno della Terra piuttosto che scivolare con estrema facilità attraverso migliaia di chilometri di materia che compone il Pianeta.

Ma i ricercatori, che hanno pubblicato le loro ipotesi su arXiv.org, non si sono arresi e hanno ipotizzato che potevano comunque essere neutrini provenienti da chissà quale galassia lontana. Ma se così fosse stato li avrebbero identificati anche all’IceCube Neutrino Observatory, un rilevatore anch’esso presente in Antartide, che è in grado di rilevare la più ampia gamma di neutrini, comprese le varianti a bassa e ad altissima energia. Ci sono voluti anni per esaminare i dati dell’esperimento, ma prove dell’esistenza di tali neutrini non ce ne sono, il che significa che i rilevamenti di ANITA ad alta energia sono ora ancora più difficili da spiegare.
Icecube neutrino observatory.
Ci rimangono le possibilità più eccitanti o più noiose“, afferma Ibrahim Safa, che lavora anche su IceCube. “O ANITA ha trovato un segnale di ‘fisica esotica’ o c’è qualche sottile anomalia nelle letture del rivelatore che tutti hanno finora trascurato”.
Stefan Söldner-Rembold dell’Università di Manchester, nel Regno Unito, afferma di essere sicuro che la spiegazione di un’anomalia per le strane rilevazioni è da escludere. “Qualunque cosa sia, che si tratti di nuova fisica o di un processo che non abbiamo ancora capito, è comunque qualcosa di concreto e molto interessante”, afferma.
Ora i fisici sono in attesa di un aggiornamento da parte del gruppo di ricerca di ANITA che verrà pubblicato entro la fine dell’anno, in cui verranno descritti eventuali eventi anomali durante il quarto e ultimo volo del pallone avvenuto nel 2016. Ciò potrebbe fornire dati su ulteriori rilevamenti ad alta energia e aiutare a risolvere il mistero.
Nel frattempo, abbondano le ipotesi su cosa possano essere tali enigmatiche particelle e se davvero sfidano il modello standard. Derek Fox alla Pennsylvania State University ha suggerito che potrebbero essere “stau neutrinos”, una forma più pesante – o “super” – del neutrino tau. Ciò si adatterebbe alla supersimmetria, la teoria secondo cui tutte le particelle fondamentali hanno controparti molto più pesanti. Le rilevazioni ANITA potrebbero anche essere segni di materia oscura o neutrini sterili, sostengono altri. Pizzuto non sta scommettendo se una nuova fisica emergerà dal mistero. “Mi terrò a fedele a qualsiasi modello”, dice. “Penso sia ancora troppo presto per dire se ANITA si è imbattuto in qualcosa di completamente nuovo”. Ma potrebbe essere.

Autostrade, ‘Italia Viva presenta emendamento al Milleproroghe per lasciare le maxi-penali a carico dello Stato in caso di revoca’.

Autostrade, ‘Italia Viva presenta emendamento al Milleproroghe per lasciare le maxi-penali a carico dello Stato in caso di revoca’

Il partito di Matteo Renzi, apprende l'Ansa, getta la maschera su Autostrade con una proposta di modifica al decreto Milleproroghe: vuole sopprimere l'articolo 35 che riscrivere le regole sulle concessioni autostradali indicando il percorso da seguire in caso di revoca (nella transizione la gestione passa ad Anas) e riduce le eventuali penali a carico dello Stato.
Italia Viva vuole tentare in extremis di salvare le maxi-penali che lo Stato dovrebbe versare ai gestori autostradali in caso di revoca della concessione. Il partito di Matteo Renzi getta la maschera su Autostrade con un emendamento al decreto Milleproroghe che, apprende l’Ansa, è stato depositato nelle commissioni di Montecitorio nel pomeriggio. Il testo indica la soppressione dell’articolo 35 del provvedimento, in fase di discussione alla Camera: la norma prevede nuove regole sulle concessioni autostradali indicando il percorso da seguire in caso di revoca (nella transizione la gestione passa ad Anas) e riduce le eventuali penali a carico dello Stato.
Più nello specifico: il Milleproroghe, così come approvato in Consiglio dei ministri e firmato dal presidente della Repubblica, prevede che Autostrade non possa risolvere il contratto sfruttando un cambio del quadro normativo, come quello avvenuto con il decreto, e in caso di revoca della concessione per suo inadempimento potrà ricevere dallo Stato solo somme pari al valore delle opere fatte. Non più altri indennizzi per il mancato guadagno negli anni rimanenti della concessione in scadenza nel 2038. Introiti che, stando alle stime di Mediobanca, potrebbero avere un valore complessivo che si aggira attorno ai 23 miliardi di euro.
Secondo una recente elaborazione di dati, sempre da parte di Mediobanca, pubblicata dal Il Sole 24ore tra 2009 e 2018 Autostrade ha dimezzato gli investimenti e aumentato i dividendi: ai soci sono andati 6 miliardi, mentre appena 4 sono stati destinati alla manutenzione. Dai 485 milioni del 2009 le cedole sono salite a oltre 740 milioni nel 2017, quando sono anche stati distribuiti 1,1 miliardi di riserve. Per il 2018, l’anno del crollo del ponte Morandi, è invece stato staccato un assegno di 518 milioni: comunque più di quanto speso per riparare e tenere in sicurezza le infrastrutture affidate.
Nel frattempo a manutenzione e sicurezza sono stati dedicati circa 4 miliardi: in media 400 milioni l’anno. Cifra, questa, che risulta perfettamente in linea con il minimo previsto dalla convenzione con lo Stato, che però ricorda Il Sole, richiede anche che il concessionario mantenga la funzionalità delle infrastrutture “attraverso la manutenzione e la riparazione tempestiva”. Stando ai crolli e ai problemi di sicurezza emersi nell’ultimo anno e mezzo, appare evidente che non tutto il necessario è stato fatto. Peraltro se si allarga lo sguardo al periodo 2000-2017 la spesa media annua cala ulteriormente, a circa 270 milioni.
Adesso, in attesa dei risultati definitivi dell’iter per la “caducazione”, come la chiama il premier Giuseppe Conte, il governo aveva approvato norme in grado di alleggerire il carico di spese per lo Stato in caso di revoca. In sostanza, grazie al Milleproroghe, l’esecutivo punta a rendere meno costoso e complicato revocare le concessioni poiché sono state superare alcune norme previste nel codice degli appalti del 2016 che davano grandi garanzie alle società che gestiscono la rete autostradale italiana. Misure che erano anche state censurate in passato dalla Corte dei Conti.
È l’articolo 35 del Milleproroghe – che ora Italia Viva vuole cancellare – a stabilire che Autostrade “per effetto della presente disposizione” non possa operare “alcuna soluzione di diritto” come la concessionaria aveva minacciato di fare, all’indomani della pubblicazione delle bozze del decreto, nel caso in cui il quadro normativo fosse stato modificato. In questo modo è stata neutralizzata la “minaccia” della società del gruppo Atlantia, controllato dalla famiglia Benetton e controllante di Autostrade.
Non solo: perché lo stesso articolo stabilisce che di fatto sono da “intendersi come nulle” anche “eventuali clausole convenzionali, sostanziali e procedurali, difformi, anche se approvate per legge”. Un modo per scavalcare due commi del codice degli appalti che davano la possibilità alle concessionarie di richiedere “penali” e “indennizzi a titolo di risarcimento” di revoca anche in caso di inadempimento da parte del gestore.

Giustizia citofonica - di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 23 Gennaio:

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Non commento la decisione di Luigi Di Maio di lasciare la guida del Movimento 5 Stelle perché l’avevo già commentata con un bilancio di pregi e difetti, meriti ed errori l’11 gennaio (“L’onore delle armi”), quando il Fatto diede la notizia in anteprima grazie a uno scoop di Luca De Carolis e tutti gli altri si sforzarono di smentirla. Non solo lo staff del M5S, a cui avevamo rovinato l’effetto sorpresa. Ma i soliti giornaloni (memorabile il titolo di Repubblica “Di Maio non lascia, ma raddoppia: insieme a lui una donna leader”: infatti arriva Vito Crimi). Semmai ci sarebbe da commentare questa informazione all’italiana, ormai così mal messa che, quando si imbatte in una notizia vera, non la riconosce e rimane sgomenta, smarrita, senza parole. Il che aumenta vieppiù la comicità delle cronache politiche, già peraltro irresistibili di per sé. Noi, lo dico sinceramente, non abbiamo più parole per descrivere quel che fanno i due Matteo. Ci vorrebbero Fruttero e Lucentini, come scrive Settis a pag. 13.

Il minore, Renzi, voleva abolire la prescrizione finché la legge Bonafede non l’ha abolita. A quel punto, ha deciso che rivuole la prescrizione. Il 18 febbraio 2015 il capogruppo in commissione Giustizia del suo Pd in Senato metteva a verbale testuali parole: “La posizione ufficiale del Pd è che la prescrizione deve cessare di decorrere dopo l’emanazione del decreto di rinvio a giudizio”. E il neoresponsabile giustizia di Iv, all’epoca Pd, Giuseppe Cucca firmava col collega Casson un emendamento semplice-semplice: “La prescrizione cessa comunque di operare dopo la sentenza di primo grado. Il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la notizia di reato viene acquisita o perviene al pubblico ministero”. Ora che la legge Bonafede la blocca solo dopo il primo grado, Renzi strilla come una vergine violata. E vincerebbe l’Oscar della comicità, se non gli fosse insidiato dall’altro Matteo. L’idea di citofonare a un tizio per chiedergli se spaccia droga, oltre a fargli sospettare che cercasse roba buona e a istigarlo a sparargli in base alla riforma della legittima difesa, apre squarci inesplorati nella vita politica. Intanto perché, oltre a ritrovarcelo fra le palle appena accendiamo la tv o ci connettiamo ai social, rischiamo da un momento all’altro di vedercelo sotto casa appeso al campanello, in concorrenza coi testimoni di Geova e i rappresentanti Folletto: solo le finestre e l’oblò della lavatrice è ancora immune, forse per poco, poi spunterà pure lì, con la felpa da lavavetri o da Omino Bianco. E poi perchè ora saremo autorizzati a diffondere gli indirizzi di Salvini e altri cazzari verdi.

Così, come ha fatto ieri un consigliere 5Stelle nella sede della Lega, chiunque vorrà potrà citofonare e domandare se per caso abbiano notizie dei 49 milioni. Ma il sistema di giustizia citofonica inventato dal noto garantista padano può contribuire non poco a sveltire i tempi delle indagini e dei processi. Si va in un quartiere a caso di una città scelta, si chiede nei bar sport se ci sia in giro qualche delinquente, si segna il nome e l’indirizzo, poi si citofona: “Scusi, lei è un delinquente?”. “Lei è un pusher?”. “Lei fa il pappone?”. “Lei rapina le banche?”. 
A quel punto, i casi sono due. 
1) L’eventualità più probabile, vista la predisposizione del delinquente medio a confessare al citofono: il tizio risponde “Sì, sono un delinquente, ho appena rapinato una banca”. “Io invece scippo vecchiette un giorno sì e l’altro pure”. “Io, appena entro in un supermercato, frego di tutto”. Nel qual caso è inutile perder tempo in indagini o processi: si porta il reo confesso al cospetto di Salvini, che pronuncia una sentenza irrevocabile e immediatamente esecutiva, a seconda della nazionalità e del reato. Se il tizio è africano o asiatico (israeliani a parte) e/o dedito a reati comuni, lo ficca in galera e butta via la chiave. Se è di pura razza italiana e specializzato in reati finanziari, contro la Pubblica amministrazione o di istigazione al razzismo, lo candida nella Lega. 
2) L’eventualità più improbabile: il tizio nega di essere un delinquente, o perché non lo è, o perché lo è ma per misteriosi motivi non tiene a farlo sapere. Nel qual caso, decide Salvini, che non sbaglia mai e ha sempre ragione. Dunque condanna sicura; o, in subordine, candidatura in Parlamento, nei casi specifici di cui al punto 1.

La nuova giustizia citofonica porterà a un balsamico sveltimento dei tempi e a un benefico snellimento delle procedure, perché a quel punto si processeranno soltanto quelli che non sono in casa o non rispondono al citofono. Altro che blocco della prescrizione, altro che legge Bonafede: questo ci vuole per far funzionare la giustizia. Anche il caso Gregoretti, invece di far perder tempo al Senato e al Tribunale dei ministri, si risolverà così, senza costringere il Cazzaro a cambiare idea a ore alterne perché non ha ancora capito perché vogliono processarlo e su cosa devono decidere il Senato e il Tribunale (tant’è che, dopo aver detto che non vuol essere processato e aver fatto votare la Lega in giunta per essere processato, ora pare che stia meditando di farla votare in aula per non essere processato: tanto i suoi cazzari si butterebbero pure in Po, a gentile richiesta). Meglio semplificare. Salvini si citofonerà da solo, in diretta Facebook, e si domanderà: “Scusa, Matteo, tu per caso hai sequestrato 131 migranti su una nave della Guardia Costiera nel porto di Augusta?”. E, dopo rapido autointerrogatorio allo specchio o su Instagram, si risponderà: “Io? Ma se non ero neppure al Viminale! Stavo al Papeete, io!”. Poi si giudicherà da solo, in qualità di Pm, Gip, Gup, Tribunale, Corte d’appello e Corte di Cassazione. E dovrebbe proprio uscirne assolto, semprechè l’avvocato non sia la Bongiorno.