Terremoto, Abruzzo/ Lontano dai riflettori, il G8 all’Aquila: esibizione e umiliazione
di Luigi Zanda
L’idea di Silvio Berlusconi, il nostro primo ministro, di non tenere più la riunione del G8 in Sardegna, alla Maddalena, ma a l’Aquila, è certamente affascinante e suggestiva, è quel che si dice un colpo di genio. Porta i potenti del mondo dove l’Italia ha più sofferto negli ultimi tempi. Il messaggio, sotto elezioni, è forte e chiaro: I care, sembra voler dire. Tradotto, Berlusconi dice: ora che ci sono io, qualcuno si occupa di voi.
Gli abruzzesi sanno bene come stanno le cose, specie quei terremotati che vivono nelle tende, dimenticati da tutti. Ma il resto degli italiani, per i quali il terremoto è ormai un lontano ricordo, provano sollievo nel pensare che ora loro non si devono più preoccupare, perchè c’è lui che provvede.
Ma se vogliamo ragionare in termini non di colpi di teatro e di campagne elettorali ma di buona e sana amministrazione del paese, allora servono spiegazioni precise, perché i conti non tornano.
Fino all’altro ieri governo e protezione civile invitavano tutti - parlamentari compresi - a non andare in Abruzzo per non intralciare i soccorsi e la risistemazione provvisoria del territorio dopo il disastro. Adesso sappiamo che tra qualche settimana arriveranno alla periferia dell’Aquila otto capi di stato e di governo, tremila delegati, tremila giornalisti e sedicimila uomini delle forze dell’ordine.
In questa decisione, c’è qualcosa che non quadra.
Intanto sul piano dei costi, perché è difficile credere che garantire la sicurezza di tutta quella gente sia più facile e meno costoso tra le tendopoli che non su un’isola, dove peraltro, molto di quel denaro che si asserisce di volere risparmiare è stato nel frattempo speso.
Poi sul piano dell’immagine e della solidarietà. Gli abruzzesi sono gente seria e orgogliosa, come i sardi. Non amano mettere in piazza i loro sentimenti. Sono riservati e misurati. Hanno creduto nelle promesse del governo e aspettano che Berlusconi ora le mantenga. Non si aspettavano certo di essere esibiti, nel disagio che vivono ogni giorno, nelle tante piccole umiliazioni che subisce chi vive in modo precario e provvisorio.
Molto di quel che dice Berlusconi è pura immagine, perché lontano dai riflettori della tv la cose stanno diversamente e la gente sta male, c’è da chiedersi cosa proveranno gli abruzzesi quando vedranno che il frenetico vai e vieni di capi di stato e ministri e attendenti comporterà un ulteriore aggravio del ritardo e dell’abbandono.
25 aprile 2009 17:53
di Luigi Zanda
L’idea di Silvio Berlusconi, il nostro primo ministro, di non tenere più la riunione del G8 in Sardegna, alla Maddalena, ma a l’Aquila, è certamente affascinante e suggestiva, è quel che si dice un colpo di genio. Porta i potenti del mondo dove l’Italia ha più sofferto negli ultimi tempi. Il messaggio, sotto elezioni, è forte e chiaro: I care, sembra voler dire. Tradotto, Berlusconi dice: ora che ci sono io, qualcuno si occupa di voi.
Gli abruzzesi sanno bene come stanno le cose, specie quei terremotati che vivono nelle tende, dimenticati da tutti. Ma il resto degli italiani, per i quali il terremoto è ormai un lontano ricordo, provano sollievo nel pensare che ora loro non si devono più preoccupare, perchè c’è lui che provvede.
Ma se vogliamo ragionare in termini non di colpi di teatro e di campagne elettorali ma di buona e sana amministrazione del paese, allora servono spiegazioni precise, perché i conti non tornano.
Fino all’altro ieri governo e protezione civile invitavano tutti - parlamentari compresi - a non andare in Abruzzo per non intralciare i soccorsi e la risistemazione provvisoria del territorio dopo il disastro. Adesso sappiamo che tra qualche settimana arriveranno alla periferia dell’Aquila otto capi di stato e di governo, tremila delegati, tremila giornalisti e sedicimila uomini delle forze dell’ordine.
In questa decisione, c’è qualcosa che non quadra.
Intanto sul piano dei costi, perché è difficile credere che garantire la sicurezza di tutta quella gente sia più facile e meno costoso tra le tendopoli che non su un’isola, dove peraltro, molto di quel denaro che si asserisce di volere risparmiare è stato nel frattempo speso.
Poi sul piano dell’immagine e della solidarietà. Gli abruzzesi sono gente seria e orgogliosa, come i sardi. Non amano mettere in piazza i loro sentimenti. Sono riservati e misurati. Hanno creduto nelle promesse del governo e aspettano che Berlusconi ora le mantenga. Non si aspettavano certo di essere esibiti, nel disagio che vivono ogni giorno, nelle tante piccole umiliazioni che subisce chi vive in modo precario e provvisorio.
Molto di quel che dice Berlusconi è pura immagine, perché lontano dai riflettori della tv la cose stanno diversamente e la gente sta male, c’è da chiedersi cosa proveranno gli abruzzesi quando vedranno che il frenetico vai e vieni di capi di stato e ministri e attendenti comporterà un ulteriore aggravio del ritardo e dell’abbandono.
25 aprile 2009 17:53
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