23 maggio 2010
Il 29enne Elio come Marcello Mastroianni 23 anni fa: miglior attore per La nostra vita di Daniele Luchetti, dedica il premio agli “italiani che fanno di tutto per rendere il nostro un paese migliore, nonostante la loro classe dirigente”.di Federico Pontiggia
CANNES: “I governanti rimproverano al cinema di parlare male della nostra nazione. Volevo dedicare questo premio all’Italia e agli italiani che fanno di tutto per rendere il nostro un paese migliore, nonostante la loro classe dirigente”. E perElio Germano sono applausi a scena aperta alla cerimonia di chiusura del 63esimo festival di Cannes: ex-aequo con il Biutiful con Javier Bardem diAlejandro Gonzalez Inarritu, è lui il miglior attore per La nostra vita diDaniele Luchetti. Bisogna andare indietro al 1994 per trovare un interprete italiano consacrato a Cannes, ovvero la Virna Lisi de La Regina Margot, e addirittura per un predecessore maschile si deve scendere fino al 1987, con il protagonista di Oci ciornie di Nikita Mikhalkov: Marcello Mastroianni. Non serve aggiungere altro per sottolineare l’importanza del traguardo raggiunto da Germano a soli 29 anni (ne compirà 30 il 25 settembre): straordinario “furbetto del canterino” in un one man show proletario nella periferia della sua città natale, Roma, Elio ha portato sul palco del cinema mondiale i ringraziamenti per il suo regista, i produttori Rai Cinema e Cattleya, ma anche un colpo al governo, assente a Cannes col ministro Bondi ma impegnato in patria a demolire lirica, cinema, cultura tutta. Per dirla alla francese, chapeau!
Felici siamo anche per la Palma d’Oro, piantata nella giungla dove avremmo voluto: chissà che la scena d'amore tra un pesce gatto e una brutta principessa non la faccia pendere verso la Thailandia, avevamo scritto. E così è stato: il visionario regista diBig Fish e presidente di giuria Tim Burton ha dato il massimo riconoscimento aUncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives di Apichatpong Weerasethakul. Tra miti animisti e politica antimilitarista, reincarnazioni possibili e fantasmi sensibili, il regista thailandese ha fatto della giungla un nuovo Libro audiovisivo, un incontro tra umano e animale con morti vivissimi e figli-scimmioni dagli occhi rossi. E c’è pure tanta ironia ("Muoio perché ho ucciso troppi comunisti"), per rivendicare alla settima arte lo stile e il potere immaginifico cine qua non: Bim lo porterà nelle nostre sale, non perdetelo! Meno entusiasmo, almeno il nostro, hanno viceversa sortito gli altri esiti di Cannes 63: Grand Prix a Des hommes et des dieux di Xavier Beauvois, sul martirio ecumenico di sette monaci cistercensi in Algeria nel ‘96, che scivola nell’affabulazione televisiva e nell’enfasi spirituale (arriverà da noi con Lucky Red); premio della giuria a Un homme qui criedel chadiano Mahamat-Saleh Haroun, poeticamente edificante, stilisticamente elementare; miglior attrice protagonista Juliette Binoche per la sbiadita, noiosaCopia conforme di Abbas Kiarostami: era già sul poster di Cannes 63, a Juliette dei sospiri ora manca solo una statua d’oro al Palais... Ancora, Emanuelle Devosha consegnato al coreano Lee Chang-dong il premio alla sceneggiatura perPoetry, mentre il francese Mathieu Amalric l’ha spuntata per la regia della sua dolente, Burlseque Tournée e Michael Rowe vince la Camera d’Or al miglior esordio con Anno Bisestile. Chi rimane fuori? Another Year di Mike Leigh, dato per favorito alla vigilia, e My Joy dell’ucraino Sergei Loznitsa, un altro dei nostri favoriti. Pazienza, e viva l’Italia. Ma quella di Germano.
VIDEO DELLA PREMIAZIONE (Repubblica.it)
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