PALERMO.
Prima nei verbali, poi anche in aula, Gaspare Spatuzza, l'aspirante collaboratore di giustizia al quale non è stato riconosciuto oggi il programma di protezione dalla Commissione del Viminale sui pentiti, ha ricostruito, dal suo punto di vista, tanti filoni investigativi: dalle relazioni tra mafia e politica alle verità nascoste sulle stragi del 1992 e sulle bombe del 1993.
Dalle sue rivelazioni, che hanno toccato anche Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri quale "referente" di Cosa nostra, sono scaturite una serie di nuovi spunti su un tema generale riconducibile al cosiddetto "patto" tra Stato e mafia.
Se ne occupano, sotto profili distinti, le tre Procure che avevano chiesto di ammettere il collaboratore, fedelissimo dei boss Giuseppe e Filippo Graviano, al programma di protezione: Firenze, Palermo e Caltanissetta.
Il racconto più ampio Spatuzza lo ha consegnato in prima battuta ai magistrati fiorentini che indagano sulle stragi del 1993.
Ma le connessione e le affinità criminali con altre vicende hanno finito per smistare i verbali anche ai magistrati siciliani.
A Palermo le dichiarazioni del collaboratore di Brancaccio, che in carcere si è dedicato agli studi teologici, sono stati incanalati verso il capitolo della "trattativa" già da tempo alimentato (lo ha fatto ancora oggi) dal lungo racconto di Massimo Ciancimino.
A Caltanissetta il contributo di Spatuzza è finito nell'ambito delle inchieste ancora aperte sulle stragi Falcone e Borsellino.
Ed è proprio a Caltanissetta che il pentito viene gestito con interesse, dal momento che ha rivelato di possedere tante conoscenze sui "mandanti senza volto" degli attentati di Capaci e via D'Amelio.
La sua collaborazione è cominciata, con un nuovo percorso spirituale, mentre era detenuto nel carcere di Ascoli Piceno il 26 giugno 2008 ma, almeno per il processo a Marcello Dell'Utri nel quale ha deposto il 4 dicembre 2009, avrebbe dato l'impressione di fare rivelazioni "a rate".
In realtà, secondo i magistrati siciliani, non è possibile fissare in modo così netto i tempi della collaborazione passata attraverso vari momenti e vari temi.
Del resto la carriera criminale di Spatuzza è stata molto intensa: il killer della cosca di Brancaccio è stato infatti accusato di sei stragi e 40 omicidi, collezionando numerosi ergastoli. In questo rosario di delitti c'é di tutto: dall'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, alla partecipazione alla strage Borsellino per la quale si autoaccusa di avere rubato la 126 usata per l'attentato smentendo la ricostruzione del pentito Vincenzo Scarantino.
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