Gli inventori sono Vito Di Noto del Dipartimento di Chimica Inorganica (Cima) e Maurizio Fauri del Dipartimento di Ingegneria (Dei).
La nuova batteria utilizza come ione attivo il magnesio ed è destinata a soppiantare le batterie al litio in commercio dai primi anni ’90. Facendo un paragone con quest’ultima, la nuova batteria ha una densità di carica doppia, una densità di energia superiore del 50% e un rapporto energia/peso cinque volte migliore.
Ma non basta: essendo priva di liquido, funziona anche con temperature che possono andare dai –40 fino ai +200 gradi centigradi, cosa che apre la strada a una serie vastissima di possibili applicazioni (la useremo anche nelle astronavi?).
E per di più non inquina. Mentre una batteria al litio esaurita diventa un rifiuto tossico, il magnesio al limite si può anche mangiare (invece di comprarci la magnesia in farmacia potremo prendere quella delle batterie esaurite) Troppo bello per essere vero? E allora sentite questa: un’automobile elettrica alimentata con questa nuova batteria ha un’autonomia di 1.000 chilometri (la panda elettrica della FIAT fa al massimo 200 km.)!
La favoletta ha addirittura un lieto fine: il brevetto è stato depositato il 29 luglio scorso, non dai due inventori, ma a nome dell’Ateneo Padovano, che quindi ora ne possiede tutti i diritti. È la prima volta che succede nei quasi 800 anni storia dell’Università di Padova. Così come forse non succede spesso che esperti di discipline diverse superino rivalità, gelosie, nonché l’orticello delle rispettive specializzazioni e mettano in comune strutture, saperi e risorse umane per ottenere un risultato fuori del comune.
Una storia esemplare come quelle dei filmoni americani. Un fulgido esempio di applicazione del genio italico e allo stesso tempo una dimostrazione di autentico disinteresse e dedizione alla comunità.
Una storia che non poteva non meritare il plauso delle massime autorità dello Stato (e magari anche il conferimento di qualche bella onorificenza) e articoli in prima pagina nei maggiori quotidiani…
E invece no! La notizia di questa scoperta è rimasta sepolta nelle pagine interne di qualche quotidiano locale (come “La Nuova Venezia”, edizione del 28/10/99).
Perché tanto disinteresse?
Indovinate un po’…
Silenzio, non ditelo a nessuno, le lobby del petrolio non gradirebbero...
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