Esplode finalmente il “caso del caso D’Addario”. I ritardi dell’indagine sulle escort portate daGianpaolo Tarantini al premier nel 2008 sono emersi venerdì grazie all’addio del titolare delle indagini, Giuseppe Scelsi, in attrito negli ultimi mesi con il procuratore capo Antonio Laudati.
Davvero un brutto momento per il procuratore di Bari. Dopo essere stato messo nel mirino della stampa e del Consiglio superiore della magistratura per la partecipazione al convegno sulla giustizia finanziato dalla Regione presieduta dal suo indagato (poi archiviato) Nichi Vendola, venerdì pomeriggio un articolo dell’Ansa ha fatto emergere il conflitto che covava da mesi in Procura per l’inchiesta su Tarantini e le escort.
Alle 16 e 17, sotto il titolo “Indagini ferme, lascia il pm del caso D’Addario”, la solitamente compassata agenzia di stampa comunicava che: “Lascerà la procura di Bari il pm antimafia Giuseppe Scelsi … perchè ci sono attriti insanabili con il capo della procura, Antonio Laudati”. La nota Ansa chiariva senza mezzi termini la ragione dell’addio: “Uno scambio di lettere dai toni forti … sull’impostazione da dare alle indagini sul caso D’Addario che sono ferme da troppo tempo”. Un ritardo ingiustificabile, notava l’Ansa, visto che “le prime intercettazioni sono partite a fine 2008 e vi è la confessione di Tarantini, accusato di favoreggiamento della prostituzione, che ha riferito di aver fornito “ragazze” ed escort sia a Berlusconi …. sia all’allora vicepresidente Pd della Puglia,Sandro Frisullo”.
Da mesi ormai tutti gli osservatori notavano l’imbarazzante differenza di velocità della Procura di Bari rispetto ai pm di Milano. I primi erano fermi al palo da un anno e mezzo per fatti del 2008 mentre Ilda Boccassini e compagni erano giunti al processo per fatti del 2010. Lo smacco era ancora più cocente se si leggevano i nomi delle protagoniste di oggi nel faldone di Milano e di ieri in quello di Bari: Barbara Guerra, Ioana Visan e Marysthelle Polanco, stessi nomi, stesso utilizzatore finale. Cambiava solo il favoreggiatore (Tarantini contro il terzetto Mora-Fede-Minetti) e soprattutto cambiava l’atteggiamento e il ritmo delle due procure.
Tre ore e mezza dopo il lancio della notizia che aveva incrinato i delicati equilibri giudiziari baresi, l’Ansa lanciava in rete una tiepida smentita di Scelsi: “Non mi sono dimesso dalla magistratura ma, su mia richiesta… sono stato promosso presso la procura generale presso la corte d’appello di Bari. Quanto alle presunte lettere infuocate smentisco categoricamente che i miei rapporti con il procuratore Antonio Laudati siano stati improntati a toni diversi dalla fisiologica e civile dialettica richiesta dall’Ordinamento giudiziario”. Eppure, stranezza nella stranezza, l’Ansa un’ora dopo pubblicava un secondo articolo che confermava il contenuto del primo e aggiungeva un particolare: “Quel che sembra aver amareggiato Scelsi è stata la notizia pubblicata a fine gennaio in cui una fonte autorevole della procura ha spiegato ai cronisti che nell’indagine sul D’Addario-gate, a due anni circa dal suo avvio, si stava definendo la qualificazione giuridica dei fatti e che non si escludeva una modifica dell’ipotesi di reato. Tutto ciò senza che Scelsi, titolare del fascicolo assieme a Eugenia Pontassuglia e Ciro Angelillis, sapesse nulla sulla modifica dell’accusa di favoreggiamento della prostituzione contestata al reo confesso Gianpaolo Tarantini”.
In realtà, la vera partita che si gioca a Bari non riguarda la posizione penale di Tarantini ma il destino delle sue intercettazioni. Nel fascicolo ci sono decine di telefonate con il premier e le sue ragazze. Oggi sono segrete ma – dopo la chiusura dell’inchiesta – potrebbero finire sui giornali, imbarazzando certamente il premier ma anche chi ha mantenuto la sordina allo scandalo per due anni.
da Il Fatto Quotidiano del 16 aprile 2011
Davvero un brutto momento per il procuratore di Bari. Dopo essere stato messo nel mirino della stampa e del Consiglio superiore della magistratura per la partecipazione al convegno sulla giustizia finanziato dalla Regione presieduta dal suo indagato (poi archiviato) Nichi Vendola, venerdì pomeriggio un articolo dell’Ansa ha fatto emergere il conflitto che covava da mesi in Procura per l’inchiesta su Tarantini e le escort.
Alle 16 e 17, sotto il titolo “Indagini ferme, lascia il pm del caso D’Addario”, la solitamente compassata agenzia di stampa comunicava che: “Lascerà la procura di Bari il pm antimafia Giuseppe Scelsi … perchè ci sono attriti insanabili con il capo della procura, Antonio Laudati”. La nota Ansa chiariva senza mezzi termini la ragione dell’addio: “Uno scambio di lettere dai toni forti … sull’impostazione da dare alle indagini sul caso D’Addario che sono ferme da troppo tempo”. Un ritardo ingiustificabile, notava l’Ansa, visto che “le prime intercettazioni sono partite a fine 2008 e vi è la confessione di Tarantini, accusato di favoreggiamento della prostituzione, che ha riferito di aver fornito “ragazze” ed escort sia a Berlusconi …. sia all’allora vicepresidente Pd della Puglia,Sandro Frisullo”.
Da mesi ormai tutti gli osservatori notavano l’imbarazzante differenza di velocità della Procura di Bari rispetto ai pm di Milano. I primi erano fermi al palo da un anno e mezzo per fatti del 2008 mentre Ilda Boccassini e compagni erano giunti al processo per fatti del 2010. Lo smacco era ancora più cocente se si leggevano i nomi delle protagoniste di oggi nel faldone di Milano e di ieri in quello di Bari: Barbara Guerra, Ioana Visan e Marysthelle Polanco, stessi nomi, stesso utilizzatore finale. Cambiava solo il favoreggiatore (Tarantini contro il terzetto Mora-Fede-Minetti) e soprattutto cambiava l’atteggiamento e il ritmo delle due procure.
Tre ore e mezza dopo il lancio della notizia che aveva incrinato i delicati equilibri giudiziari baresi, l’Ansa lanciava in rete una tiepida smentita di Scelsi: “Non mi sono dimesso dalla magistratura ma, su mia richiesta… sono stato promosso presso la procura generale presso la corte d’appello di Bari. Quanto alle presunte lettere infuocate smentisco categoricamente che i miei rapporti con il procuratore Antonio Laudati siano stati improntati a toni diversi dalla fisiologica e civile dialettica richiesta dall’Ordinamento giudiziario”. Eppure, stranezza nella stranezza, l’Ansa un’ora dopo pubblicava un secondo articolo che confermava il contenuto del primo e aggiungeva un particolare: “Quel che sembra aver amareggiato Scelsi è stata la notizia pubblicata a fine gennaio in cui una fonte autorevole della procura ha spiegato ai cronisti che nell’indagine sul D’Addario-gate, a due anni circa dal suo avvio, si stava definendo la qualificazione giuridica dei fatti e che non si escludeva una modifica dell’ipotesi di reato. Tutto ciò senza che Scelsi, titolare del fascicolo assieme a Eugenia Pontassuglia e Ciro Angelillis, sapesse nulla sulla modifica dell’accusa di favoreggiamento della prostituzione contestata al reo confesso Gianpaolo Tarantini”.
In realtà, la vera partita che si gioca a Bari non riguarda la posizione penale di Tarantini ma il destino delle sue intercettazioni. Nel fascicolo ci sono decine di telefonate con il premier e le sue ragazze. Oggi sono segrete ma – dopo la chiusura dell’inchiesta – potrebbero finire sui giornali, imbarazzando certamente il premier ma anche chi ha mantenuto la sordina allo scandalo per due anni.
da Il Fatto Quotidiano del 16 aprile 2011
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