martedì 26 aprile 2011

Pdl, parte il tiro al bersaglio al pm Ingroia, nemico pubblico n .1 .


Berluscones scatenati contro il magistrato che indaga sulla trattativa mafia-Stato, il caso Ciancimino un pretesto per regolare vecchi conti e parare nuovi colpi. Domani riunione dei senatori Pdl per modificare la legge sui pentiti
di Giuseppe Lo Bianco

PALERMO – Giuliano Ferrara chiede la condanna a dieci anni di carcere per Antonio Ingroia, colpevole di ''attentato ad organi costituzionali''. Il senatore Luigi Compagna vuole una commissione d'inchiesta sulla gestione dei pentiti. Maurizio Gasparri sollecita la Procura di Palermo a spogliarsi dell'inchiesta sulla trattativa mafia-Stato: "Non possono indagare su Ciancimino coloro che ne hanno fatto un oracolo". Il vice presidente dei deputati Pdl, Osvaldo Napoli, chiede addirittura un intervento del Csm sul procuratore aggiunto di Palermo. Per Fabrizio Cicchitto ''la Procura di Palermo arresta Ciancimino e lo interroga escludendo quella di Caltanissetta''. E nel coro del centro-destra alla fine spunta pure la voce di Sgarbi: ''I pm di Palermo continuano a tutelare Ciancimino, icona dell'antimafia". Ma le acrobazie lessicali, le giustificazioni surreali (e i copia e incolla documentali) del giovane figlio di don Vito sono solo un pretesto: dal randello mediatico all'iniziativa parlamentare il passo e' breve. Gasparri annuncia per domani una riunione dei senatori del Pdl per quella che definisce "un'offensiva di verità, in commissione antimafia e nel Paese".

Ecco oggi il nemico pubblico numero uno per il centro destra: il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, allievo di Paolo Borsellino, titolare delle inchieste piu' scottanti sui segreti di questo Paese. Lo accusano di frequentare i convegni e redigere le prefazioni di libri, come quello di Maurizio Torrealta, ''Il Quarto livello'': ma in quella prefazione non c'e' traccia delle indagini su Ciancimino. Lo indicano come il persecutore di Berlusconi, il pm che si ostina a inseguire favolette mediatiche come la trattativa mafia- stato, il pm populista che arringa da un palco centinaia di migliaia di persone, parlando di controriforma della giustizia progettata dal governo Berlusconi. La frontiera mediatica piu' avanzata e', ancora una volta, Ferrara che dalla prima pagina del Giornale individua con precisione il bersaglio da colpire: per lui Ingroia ha “la libido da convegno” e “usa il suo delicatissimo potere d'indagine e di accusa mescolando con un attivismo politico fazioso in forma incompatibile con la Costituzione e la legge della Repubblica”. Sono le stesse accuse mosse un mese fa, quando il procuratore aggiunto parlo' dal palco di piazza del Popolo, a Roma, definendo la riforma della giustizia del governo Berlusconi una ''controriforma''. Puo' piacere, o meno, la sua esposizione mediatica, anche nella forma populista (parlare su un palco davanti a centomila persone), ma, sostenne lo stesso Ingroia, non si puo' negare a un magistrato il diritto di replica: ''“Rivendico il diritto alla libertà di espressione – si difese - quando poi si tratta di riforme che riguardano la giustizia quel diritto diventa un dovere. Mancherei a questo dovere se tacessi. Mi piacerebbe che io, come altri miei colleghi messi nel mirino solo perché esprimiamo opinioni, potessimo avere un diritto di replica agli attacchi che spesso riceviamo da alcune reti televisive”. Oggi che il centro destra lo accusa di avere trasformato il figlio di un sindaco mafioso in un' ''icona antimafia'', Ingroia ricorda di essere stato il primo ad avere messo in guardia da questa ‘’metamorfosi mediatica’’. E cioe’ la sovraesposizione di un teste dal cognome ‘pesante’, portato in giro, per giornali, tv e presentazioni di libri, scortato come un magistrato, ed esaltato come una star dopo avere deciso di rompere, nei modi e per ragioni ancora tutte da chiarire, l'omerta' paterna. Una sovraesposizione che non inficia, pero’, la credibilita’ delle sue dichiarazioni confermate da perizie e riscontri.

In realta' crocifiggendo Ingroia ai giochi di prestigio di Massimo Ciancimino la maggioranza raccolta attorno al premier cerca di raggiungere tre obbiettivi: 1) tenta di gettare il bambino (le indagini riscontrate sulla trattativa, che per il sociologo Arlacchi e' solo ''una favoletta mediatico-giudiziaria'') con l'acqua sporca delle parole inquinanti del teste 2) delegittima il magistrato (e la Procura) che oggi (insieme a quelle di Firenze e di Caltanissetta) si sta avvicinando, grazie anche alle parole di collaboratori vecchi e nuovi, ai segreti dell'origine della fortuna finanziaria (e della conseguente discesa politica) di Silvio Berlusconi. 3) sferra una nuova, violenta, offensiva contro la magistratura, dopo i manifesti sulle Br in procura, individuata, attraverso Ingroia, da Giuliano Ferrara addirittura come ''eversiva'' dell'ordine costituzionale, tradendo uno spirito da resa dei conti lontano anni luce dalla serenita' necessaria per riformare la Costituzione. Oggi Ingroia e' il 'simbolo-bersaglio' di un controllo di legalita' che oltrepassa le vicende di corruzione e tangenti che hanno segnato il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica e si aggira faticosamente in quel ''Labirinto degli Dei'', mirabilmente descritto dallo stesso magistrato nel suo ultimo libro, il labirinto di un'Italia profondamente mafiosizzata dove troppe domande attendono ancora risposte: come quella che lo stesso Ingroia non fece in tempo a rivolgere a palazzo Chigi al presidente Berlusconi (che si avvalse della facolta' di non rispondere), interrogato come indagato di reato connesso nel processo Dell'Utri, il 26 novembre del 2002: ‘’Presidente, ammesso che all’inizio non si sapesse nulla sul conto di Mangano, Cina’, e adesso Dell’Utri, che risultarono tutti poi collegati alla mafia, le chiedo: perche’ non se ne libero’ subito? Perche’ per tanti anni se li e’ tenuti accanto? Le servirono a qualcosa?’’.


http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=222



1 commento:

  1. Naturalmente, la politica corrotta e collusa con la mafia prede spunto da un fatto isolato per aggredire la magistratura che indaga sui fatti che porterebbero, molto probabilmente, alla dimostrazione che i patti tra mafia e politica ci furono e persistono tutt'ora.
    Solo gli imbecilli e i corrotti possono arrivare a tanto, e questa ne è una dimostrazione.

    RispondiElimina