venerdì 10 giugno 2011

Economist: Berlusconi ha fregato l’Italia (una delle traduzioni o interpretazioni dell'articolo)



Economist: Berlusconi ha fregato l’Italia

Silvio Berlusconi, si sa, è personaggio iperbolico. Successi ed eccessi nella sua storia di uomo politico e imprenditore sono sempre andati di pari passo. E, d’altra parte, il Cavaliere non ha mai fatto nulla per minimizzarli.

Si dice che durante le mitologiche serate del bunga bunga – per cui attualmente è imputato a Milano con l’accusa di favoreggiamento della prostituzione minorile – il premier amasse intrattenere le sue ospiti snocciolando i propri record. È il primo ministro rimasto più a lungo in carica dagli ingloriosi tempi di Benito Mussolini. Il politico più vincente di sempre. Il più ricco e lungimirante imprenditore del Paese. Senza menzionare il passato di chansonnier, l’abilità di barzellettiere, l’adulazione delle donne, la velocità con cui i capelli gli ricrescono.

I motivi per sorridere, insomma, al Cavaliere non mancano. Eppure, alle sue gioie private da quasi un ventennio fanno da contraltare le sventure di un’Italia sempre sull’orlo del baratro.

Il premier non si è accorto del disastro economico italiano

Non sono tanto gli scandali sessuali del primo ministro ad avere indebolito l’Italia: anche perché hanno imbarazzato più i cittadini di lui. E nemmeno i suoi guai giudiziari, da cui è riuscito a uscire indenne spesso solo grazie al rifacimento ad hoc delle leggi che lo interessavano. Il vero disastro di Berlusconi, ha ricordato il settimanale britannico Economist sul numero in uscita giovedì 9 giugno, è stata però la sua assoluta incapacità di intervenire sull’economia della nazione.

IL LEADER SBAGLIATO.

Un’inettitudine tale da confermare il giudizio già espresso dieci anni fa, quando prima delle elezioni politiche la rivista titolò Perché questo uomo non è idoneo a guidare l’Italia. Adesso, quell’idea è rafforzata da nuove accuse: «Si tratta di un fallimento disastroso, forse persino maligno», ha scritto l’Economist. «In nove anni da presidente del Consiglio Berlusconi non solo non è stato in grado di rimediare ai problemi economici del Paese, ma non si è forse nemmeno accolto della gravità della situazione, magari perché è stato troppo distratto dai suoi guai personali». Ecco perché i britannici hanno titolato: L’uomo che ha fregato l’Italia.

Il fallimento dell’uomo che aveva fatto sognare l’impresa

Non che le occasioni di imprimere un cambiamento al Cavaliere siano mancate. Alla sua discesa in campo con Forza Italia, quasi tutti i poteri forti erano con lui. Imprenditori e uomini d’affari credevano che solamente il suo stile spiccio e senza fronzoli avrebbe dato all’Italia la spinta decisiva a cambiare dinamiche produttive, sistemi corporativi ingessati e la carenza di risorse per i settori strategici. Sembra, però, che tutti siano stati delusi. Perché i dati raccontano che è andata ben diversamente.

COME LO ZIMBAWE.

«La malattia dell’Italia non è in una fase acuta, ma è un disagio cronico che ha tolto ogni vitalità», ha ricordato l’Economist. «Quando le economie europee si contraggono, quella italiana si contrae di più. Quando crescono, quella italiana cresce di meno. Solo a Haiti e nello Zimbawe nel decennio 2000-2010 l’aumento del Prodotto interno lordo pro capite è stato minore di quello italiano», ha continuato il settimanale.

La stagnazione dell’economia ha fatto sì che il debito pubblico raggiungesse il 120% del Pil, il terzo valore più alto al mondo. E questo nonostante gli sforzi del ministro dell’economia Giulio Tremonti – la cui ultima puntata va in onda in questi giorni sulla fantomatica riforma fiscale – per mantenere stretti i cordoni della borsa.

Le riforme sono possibili, ma Berlusconi non le fa

Intervenire per invertire la rotta sarebbe però possibile: l’Italia non è condannata al declino. In una situazione congiunturale simile, i governi di Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi riuscirono negli Anni ’90 a imprimere un radicale cambiamento al sistema Paese. E l’Italia riuscì a entrare – e persino a trainare, in un secondo momento – il club dell’euro.

Per ripetere quel miracolo, auspicato anche dal governatore di Bankitalia Mario Draghi nella sua accorata relazione del 2011 prima di lasciare l’incarico per approdare alla Bce, bisognerebbe intervenire con riforme strutturali.

ZERO COMPETITIVITÀ.

A partire da quella del mercato del lavoro. «Un quarto dei giovani italiani sono disoccupati», ha riassunto l’Economist, «e il lavoro femminile è solo del 46%, la percentuale più bassa in Europa». Non solo: «Negli ultimi dieci anni la competitività in Italia si è ridotta del 5% e il Paese è all’80esimo posto nella classifica di quelli dove è più facile fare affari, dietro Bielorussia e Mongolia», ha concluso.

Per tirare le fila non serve molto altro. O a Roma qualcuno decide di prendersi cura di queste cose, oppure l’Italia diventerà rapidamente la seconda i dell’acronimo Pigs – maiali – con il quale a Francoforte ironizzano sui Paesi meditteranei deboli e spendaccioni. In un caso o nell’altro, ha chiosato il settimanale britannico, per il Cavaliere cambierà poco: «Lui continuerà a sorridere».


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