Il timore: se va male, sarò considerato sconfitto come Craxi.
«Ho sbagliato. Mi è sfuggito, ma non riusciranno a darmi la spallata». Berlusconi si è pentito di avere detto che non andrà a votare per i referendum. Gli era stato consigliato di non pronunciarsi, di non attirare l’attenzione. Dopo la batosta delle amministrative gli «strateghi» del Pdl hanno capito che le parole del Cavaliere mobilitano, eccome se mobilitano di questi tempi, nel senso che tutti quelli che sentono l’odore del sangue (quello del premier) o che più semplicemente vogliono voltare pagina politica si precipitano a votare.«Morditi la lingua», gli avevano detto in coro stereofonico Letta, Alfano, Verdini, Cicchitto. Invece il premier spontaneo non ce l’ha fatta. Ha inanellato involontariamente una serie di spot pro-referendum. Qualche giorno fa aveva detto che queste consultazioni sono «inutili e dannose». E a qualcuno dalla memoria robusta era venuto in mente quando Craxi disse, nel 1991, che quello sulla preferenza unica voluto da Mario Segni era «il più inutile fra i referendum». Memorabile il consiglio del leader socialista ai cittadini di andare al mare: venne giù il diluvio politico, si recarono a votare 27 milioni di elettori, pari al 62 per cento. Adesso i promotori del referendum del 12-13 giugno non sperano tanto, anche se sono convinti di essere vicinissimi alla fatidica soglia del 50 per cento più uno, sfatando la maledizione che dal ‘95 vede fallire tutte le consultazioni referendarie.
Cosa accadrà è ancora tutto da vedere, ma anche Berlusconi ha dei sondaggi con percentuali vicine al quorum. Però fa sapere di essere «tranquillo»: «Se questa sciagura del quorum dovesse accadere andremo avanti». Ma potrà farlo come se nulla fosse? Non ha gradito le recenti esternazioni del Capo dello Stato sul dovere di andare a votare che spingono gli italiani verso le urne. Come se non bastasse, anche le parole del Papa Benedetto XVI sul rispetto dell’ambiente e i pericoli del nucleare hanno lo stesso effetto spingi-quorum nell’elettorato cattolico. L’onda antiberlusconiana potrebbe diventare alta e il rischio di un «effetto Craxi» ha messo in serio allarme la war room del premier. Per questo lo stesso Cavaliere ha riconosciuto di avere sbagliato, di essersi fatto scappare quel «non vado a votare, è un diritto dei cittadini non recarsi alle urne». Come del resto ha detto Bossi, l’altro leader della maggioranza il cui destino è sempre legato a quello di Berlusconi. La vittoria del sì sarebbe la sconfessione di alcuni punti cardine del programma dell’esecutivo su giustizia, ambiente ed energia. Punti che sono altrettanti provvedimenti governativi che Berlusconi, con il suo invito ad astenersi, non difende nelle urne. Fallire il quorum invece sarebbe per il centrodestra una boccata d’ossigeno non indifferente alla vigilia della verifica parlamentare del 22 giugno. Sarebbe un analgesico sulle ferite delle amministrative.
Così, dopo l’errore del premier, gli «strateghi» del Pdl ieri hanno cercato di tamponare la falla. Si era pensato a una raffica di dichiarazioni dei big del Pdl e del governo per raddrizzare la gaffe del premier. Ma si è preferito tenere un profilo più basso per evitare di moltiplicare l’effetto spot contrario. Meglio dire che tutte le scelte - voto, non voto, astensione - sono legittime. E ribadire, come hanno fatto il capogruppo Cicchitto e la vice portavoce Bernini, che comunque vada a finire il governo non è in discussione. E’ esattamente quello che ieri Berlusconi ha voluto che filtrasse da Palazzo Chigi: mostrare tranquillità, dire che non ci saranno spallate al suo governo. Piuttosto, la maggioranza deve concentrarsi sulla verifica parlamentare voluta da Napolitano dopo il minirimpasto. E’ questa magari la preoccupazione maggiore, dicono i berlusconiani, perché il pallottoliere traballa dopo la mini-scissione di Miccichè e le permanenti fibrillazioni dei Responsabili. Elezioni alle viste nel 2012?
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