Si vota il referendum sul nucleare. La Corte di Cassazione accoglie l’istanza presentata dal Pd e sollecitata anche dall’appello di Libertà e Giustizia che chiede di trasferire il quesito sulle nuove norme appena votate nel decreto legge omnibus: quindi la richiesta di abrogazione rimane la stessa, ma invece di applicarsi alla precedente legge si applicherà appunto alle nuove norme sulla produzione di energia nucleare (art. 5 commi 1 e 8). La decisione è arrivata a maggioranza dal collegio dell’Ufficio Centrale per il referendum della Cassazione, presieduto dal giudice Antonio Elefante.
Libertà e Giustizia, con l’appello firmato dai garanti aveva messo in guardia dallo “scippo dei referendum”. In un sistema di democrazia rappresentativa, si legge nell’appello, “esiste sempre il pericolo che il cittadino rimanga troppo distante dai palazzi di governo, diventi spettatore passivo e sempre più scettico. I referendum sono uno dei pochi meccanismi al di fuori delle elezioni che gli permettono di far sentire la propria voce”. Il pericolo, non fosse intervenuta la Cassazione, era che il governo Berlusconi liquidasse il referendum sul nucleare, mettendo così a gravissimo rischio il raggiungimento del quorum per gli altri due.
I giudici della suprema Corte hanno detto “no”. Dovranno però essere ristampate le schede, visto che i quesiti andranno riformulati in base al testo del decreto omnibus. Secondo indiscrezioni trapelate ieri dal Viminale, i tempo tecnici per rifare tutto il materiale entro il 12 e 13 giugno ci sarebbe, ma mancano ancora conferme ufficiali. Per trovare l’unico precedente simile, bisogna riandare indietro nel tempo al 1978 quando il via libera definitivo alla consultazione su legge Reale e finanziamento pubblico dei partiti arrivò a dieci giorni dalla scadenza (anche in quel caso era stata cambiata in extremis dal Parlamento la legge oggetto dei quesiti) senza comprometterne l’esito. Altro problema è poi rappresentato dal voto degli italiani all’estero, che hanno già iniziato a votare per corrispondenza sulle schede ormai superate con il vecchio quesito.
“Si afferma la forza serena della Costituzione contro il tentativo giuridicamente maldestro di raggirare il corpo elettorale, cioè 40 milioni di cittadini”, ha commentato l’avvocato Gianluigi Pellegrino che ha sostenuto per il Pd le ragioni referendarie davanti alla Cassazione.
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