lunedì 5 settembre 2011

Così il ministro usa i tuoi soldi. - di Marcello Bella



Un costosissimo pool di ex gerarchi democristiani. Che distribuiscono fondi per raccogliere voti. Così Saverio Romano, in attesa di essere giudicato per mafia, si costruisce un robusto bacino elettorale. A spese dei contribuenti.

Come farà il ministro Saverio Romano a fronteggiare l'attacco della Procura di Palermo che lo vuole alla sbarra con l'accusa di avere favorito la mafia e, al tempo stesso, mettere al riparo l'agricoltura italiana dalla tempesta economica che si avvicina? Con una corte di fedelissimi e un elenco interminabile di spese pazze. E' così che il "responsabile" che salvò il governo Berlusconi, da sei mesi ministro delle Politiche agricole, ha creato una macchina del consenso perfetta, un esercito di fedelissimi, schierati nella roccaforte di via Nazionale, pronti a tutto pur di difenderlo e raccogliere voti.

E' lui il vero erede politico della corrente democristiana guidata prima da Lillo Mannino e poi da Totò Cuffaro, l'ex presidente della Sicilia finito in carcere per una brutta storia di mafia e politica. Nello staff di Romano convivono avvocati, ex parlamentari, consulenti, magistrati contabili e amministrativi, manager in pensione e grand commis dei serbatoi elettorali siciliani. A capo del gabinetto ministeriale c'è Antonello Colosimo, magistrato della Corte dei conti. Spedito in giro per l'Italia a pontificare sulle strategie per alleviare la crisi, Colosimo spera di far dimenticare le frasi al vetriolo a lui dedicate dal gip Rosario Lupo, che nell'ordinanza sul "sistema gelatinoso" della cricca di Balducci e dei grandi eventi, parlava dei suoi "rapporti poco chiari" con l'imprenditore Francesco Piscicelli.

Alla corte di Romano c'è un altro magistrato: è il casertano Salvatore Mezzacapo, consigliere del Tar nel Lazio. Piccole scorie sul suo curriculum, per un concorso al Tar del Lazio che ha visto stravincere la moglie. Lui aveva nominato i componenti della commissione. Il cuore nevralgico della macchina politica del ministero è invece nelle mani di Mimmo Di Carlo, ricompensato dopo una vita al fianco di Romano: capo della segreteria particolare del ministro, consigliere di amministrazione della Gesap, società che gestisce lo scalo palermitano Falcone Borsellino, e pure componente direttivo del Consorzio Asi di Palermo. Il nome del segretario di Romano appare negli atti del processo alle Talpe nella Dda, proprio il procedimento che ha visto la condanna definitiva di Cuffaro.

Chiamato a deporre dalla difesa dell'imprenditore della sanità Michelangelo Aiello (condannato per mafia in via definitiva e ritenuto uno dei prestanome di Bernardo Provenzano), Di Carlo ha dovuto ammettere di avere pressato sul manager delle cliniche per far assumere il genero di Pietro Calvo, boss mafioso di Belmonte Mezzagno, il paese da cui viene il ministro dell'Agricoltura. "Non sapevo che avesse questa parentela", s'è giustificato Di Carlo con i giudici.

Altro siciliano doc alla corte dell'agricoltura è Giovanni Randazzo. Ricopre la funzione di capo della segreteria tecnica del ministero. Il suo nome è stato tirato in ballo da Francesco Campanella, politico pentito dell'enclave mafiosa di Villabate, uscito invece indenne dall'inchiesta della Procura di Roma per frode all'Unione europea. Dalla stagione politica di Cuffaro, il "responsabile" dell'agricoltura ha recuperato anche Felice Crosta, l'uomo dalla pensione d'oro. E' uno dei dieci consulenti nominati a titolo gratuito da Romano. Crosta, che percepisce 1.500 euro al giorno di pensione, si occupa di consulenze giuridiche. Altro elemento di continuità con la stagione di Cuffaro è Antonino Giaimo.

In Sicilia si è occupato di fondi europei e programmazione. Anche per lui c'è il doppio incarico. E' nella lista dei legali che si occupano di contenzioso per il Consorzio Asi di Palermo. Altro esperto di legge al servizio di Romano è Tito Varrone. Un vero e proprio ripescaggio: Varrone è stato al fianco di Mariastella Gelmini, per la contestatissima riforma sulla scuola. Volendo andare più indietro nel tempo, spuntano fuori anche i legami mai interrotti con Calogero Mannino, che quello stesso ministero ha guidato prima del naufragio della prima Repubblica. Responsabile del servizio di controllo interno del ministero è l'architetto marsalese Attilio Tripodi.


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