A decine hanno pagato cifre che vanno dai 10 ai 120 mila euro per figli, amici, parenti in Parlamento. In cinque rischiano il processo, la mente dell'imbroglio era un giornalista pubblicista ex militante del Msi.
Tutto era cominciato il giorno in cui lui, Giancarlo Battista, giornalista pubblicista ed ex militante del Msi, si era presentato davanti ai carabinieri per denunciare Italo Bocchino. Il quale, aveva detto ai militari di via In Selci, si faceva pagare in cambio della promessa di assumere persone alla Camera dei Deputati. Un truffa di cui Battista, secondo la denuncia, era il braccio operativo e Bocchino la mente. Accuse che, ben presto, si sono rivelate false. Falsi i reati di cui il giornalista accusava l'onorevole di Fli, falsa la carta intestata e i timbri di Montecitorio, false anche le registrazioni audio che aveva portato agli inquirenti per incastrare la sua vittima: la voce registrata non era quella del vicepresidente del partito guidato da Gianfranco Fini. Per questo oggi a Battista viene contestata la calunnia.
Ma le indagini, condotte dai carabinieri del nucleo investigativo e coordinate dal procuratore aggiunto Alberto Caperna, hanno messo in luce una truffa ben più ampia. Per cui ora, Battista e altri suoi 4 collaboratori (Massimiliano Polselli, Giorgio Limardi, Gianfranco Trionfetti, Raffaello Zavaldi) rischiano di finire a processo: è stato notificato in questi giorni l'avviso di chiusura indagini, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. I reati contestati, a seconda dei singoli casi, sono associazione per delinquere, la truffa aggravata, la sostituzione di persona, la calunnia e il favoreggiamento. False promesse che hanno tratto in inganno molte persone: le vittime citate nell'avviso di conclusione indagini sono cinquantuno.
Tanti coloro che hanno pagato cifre che vanno dai 10 ai 120 mila euro per far assumere figli, amici, parenti alla Camera fidandosi della parola di Battista&Co. che esibivano finti tesserini di Montecitorio, millantavano amicizie con politici e, a fronte dei pagamenti, rilasciavano falsi decreti di assunzione come assistente o consigliere parlamentare su carta intestata. Anche quella falsa. Una truffa in piena regola a cui non mancavano nemmeno i biglietti da visita contraffatti che ha portato nelle tasche dell'associazione quasi due milioni e mezzo di euro. A fronte di contratti che poi non si sono mai concretizzati. E se il Parlamento era lo specchietto per le allodole, non sono mancate altre "promesse", quali ad esempio assunzioni presso la Asl o presso la Banca Nazionale del Lavoro. Anche in quel caso, tutto falso.
Ma le indagini, condotte dai carabinieri del nucleo investigativo e coordinate dal procuratore aggiunto Alberto Caperna, hanno messo in luce una truffa ben più ampia. Per cui ora, Battista e altri suoi 4 collaboratori (Massimiliano Polselli, Giorgio Limardi, Gianfranco Trionfetti, Raffaello Zavaldi) rischiano di finire a processo: è stato notificato in questi giorni l'avviso di chiusura indagini, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. I reati contestati, a seconda dei singoli casi, sono associazione per delinquere, la truffa aggravata, la sostituzione di persona, la calunnia e il favoreggiamento. False promesse che hanno tratto in inganno molte persone: le vittime citate nell'avviso di conclusione indagini sono cinquantuno.
Tanti coloro che hanno pagato cifre che vanno dai 10 ai 120 mila euro per far assumere figli, amici, parenti alla Camera fidandosi della parola di Battista&Co. che esibivano finti tesserini di Montecitorio, millantavano amicizie con politici e, a fronte dei pagamenti, rilasciavano falsi decreti di assunzione come assistente o consigliere parlamentare su carta intestata. Anche quella falsa. Una truffa in piena regola a cui non mancavano nemmeno i biglietti da visita contraffatti che ha portato nelle tasche dell'associazione quasi due milioni e mezzo di euro. A fronte di contratti che poi non si sono mai concretizzati. E se il Parlamento era lo specchietto per le allodole, non sono mancate altre "promesse", quali ad esempio assunzioni presso la Asl o presso la Banca Nazionale del Lavoro. Anche in quel caso, tutto falso.
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