Chiara Gavioli Stefano Gavioli
Per il gip gli arrestati hanno sfruttato la «miseria dei netturbini». La falsa bancarotta e i ricatti: «I numeri? basta solo scriverli».
VENEZIA — «La guerra non la dobbiamo fare noi, la devono fare i dipendenti. Dobbiamo far degenerare la situazione e costringere i nostri a fare un po' di casino. Non bisogna effettuare prelievi di rifiuti, domani potremo trattare meglio». Giuseppina Totaro parla con il suo capo Stefano Gavioli e con Giancarlo Tonetto. Le sue parole racchiudono tutta la strategia di Enerambiente, la società che fa capo all’imprenditore trevigiano, a Napoli. I «prelievi» sono i sacchetti di immondizia, e bisogna lasciarli a terra. Il gioco è questo: se il Comune si ritrova a soffocare tra i rifiuti sarà obbligato a comprarsi i camion (sovrapprezzati) di Enerambiente, senza avere nemmeno il tempo di farne una stima. Nel frattempo i dipendenti vengono usati come pedine di un risiko che ha un solo obiettivo: fare soldi. Lo spaccato che emerge dall'inchiesta che ha portato agli arresti di 11 veneti, tra cui il «re dei rifiuti» Stefano Gavioli, è quello di un gruppo che non esita, come dice il gip, a «sfruttare la miseria dei dipendenti».
Le accuse mosse a diverso titolo dalla procura di Napoli alla «cricca» composta dal capo di Enerambiente, i suoi collaboratori, bancari, funzionari e sindacalisti, sono associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, ricorso abusivo al credito, riciclaggio,corruzione ed estorsione. Siamo nel 2010. Mentre a Venezia la società viene svuotata per essere svenduta, a Napoli la partita si gioca sui lavoratori e sul Comune. La squadra di Gavioli tiene per la gola l'amministrazione costringendola, sull'onda dell'emergenza, a contratti più favorevoli a Enerambiente, obbligandola ad acquistare i camion ad un prezzo sovrastimato. Napoli è alla canna del gas: non sa più come gestire i cumuli di monnezza accatastati e agli angoli delle strade. La prefettura convoca un tavolo di confronto a cui partecipano il vicesindaco Sabatino Santangelo, i vertici di Asia, la municipalizzata del Comune che affidato la raccolta rifiuti a Enerambiente, e Enerambiente stessa, il cui contratto è in scadenza. E' un venerdì di fine ottobre, il termovalorizzatore di Acerra è rotto, alla già strabordante discarica di Terzigno ci sono pesanti scontri. Ma, stando alle indagini dei finanzieri, la «cricca» non si muove di un millimetro. Il Comune chiede la proroga del contratto, Gavioli dice no. Asia allora accetta l'acquisto dei camion, ma vuole fare una perizia per sapere quanto costano. «Non ci provate neanche, altrimenti ci alziamo e ce ne andiamo» dice il veneziano Giancarlo Tonetto, consulente legale di Gavioli «dovete fidarvi della nostra parola».
«Era vitale che Enerambiente non abbandonasse immediatamente Napoli per evitare la paralisi - dice il vicesindaco Santangelo nel verbale dei finanzieri - non avevamo alternative». Risultato: Il Comune cede, il contratto viene prorogato a netto vantaggio economico di Enerambiente. Un risultato cui la società arriva grazie all'alter-ego di Gavioli a Napoli, Giuseppina Todaro, che ha passato settimane a fomentare la rivolta dei lavoratori. E' in questo momento che Gavioli, secondo la Finanza «è pronto a combattere la guerra». E' in questa fase che il suo fido Giancarlo Tonetto impartisce l’ordine: «La situazione deve degenerare». La Totaro racconta a Gavioli del dialogo con i sindacalisti e di aver detto loro che «la partita è grossa, (…) non fate gli stronzi, vedete come cazzo dovete fare per far rispettare questo accordo (…) chiamate chi volete devono arrivare i soldi». Lavoratori strumentalizzati da un lato e denigrati dall'altro. «Quelli sono bastardi, appaiono come angioletti, ma sono bastardi» dice al capo, che le dà ragione. Intanto, stando a quanto dicono le indagini, a Venezia la Enerambiente si sta svuotando in modo illecito. Lo fa capire Gavioli al telefono con la Totaro: «La chiusura di Enerambiente bisogna farla con i numeri giusti (...) i numeri giusti basta solo che li scriviamo». Per Giovanni Faggiano: «Gavioli deve andare al concordato, altrimenti lo arrestano» dice alla segretaria Stefania Vio. I soldi dell’azienda sono finiti anche nelle tasche della famiglia Gavioli: «Abbiamo pagato anche i conti privati di sua sorella» dice Faggiano in una intercettazione. E’ Maria Chiara Gavioli, la donna che, secondo la Finanza, finge di fare la «bella e svampita», dicendo che tutto avveniva «a sua insaputa». Ma gli investigatori non le credono. Per la procura tutti sapevano, tutti ci guadagnavano.
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