lunedì 27 agosto 2012

Disordine, compagni. - Marco Travaglio


L’elettore del Pd (ce ne sono ancora tanti, anche fra i nostri lettori) deve avere qualche colpa atavica da espiare, qualche peccato originale da scontare. Insomma è nato per soffrire, o è votato al martirio. A novembre stava quasi per esultare alla caduta di B.: “Che bello, ora si vota e vinciamo noi”. Ma dai vertici fu subito avvertito che non era il momento di esultare, né tantomeno di votare: siccome B. non aveva più la maggioranza, bisognava entrare in maggioranza con B.. Però Monti dovrà ascoltarci, soccmel, urlò Bersani: anticorruzione, antievasione, patrimoniale, asta per le frequenze tv, politiche sociali, basta bavagli alla stampa e guerra ai pm. Risultato: niente di tutto questo, perché B. non vuole.Anzi ora il bavaglio lo chiedono e la guerra ai pm la fanno Napolitano, Violante e Scalfari. Ma come, i pm di Palermo non erano dei benemeriti che rischiano la pelle per indagare su mafia, politica e trattative? Contrordine, compagni. L’elettore del Pd legge Repubblica e scopre che i pm congiurano contro il Colle, lo intercettano illegalmente, calpestano le sue prerogative a suon di “abusi” e in vent’anni non han combinato niente. Legge Violante, e scopre che Ingroia “fa politica” e dà fiato al “populismo giudiziari” che vuole “abbattere Napolitano e Monti”. Ma – si domanda disorientato il povero elettore – non s’era detto, ai tempi del caso Moro e del caso Cirillo, che è una cosa brutta trattare coi terroristi e i mafiosi? Conserva ancora il libretto distribuito dall’Unità diretta da D’Alema, grondante indignazione perché la Dc aveva usato i servizi segreti per trattare con Cutolo e far liberare Cirillo dalle Br dietro congruo riscatto: s’intitolava, guarda un po’, “La trattativa”, sottotitolo “L’ordinanza del giudice Alemi sul caso Cirillo: Brigate rosse, camorra, ministri Dc, servizi segreti”. Ora apre l’Unità e trova il compagno senatore Pellegrino che, anziché denunciare la trattativa di “Cosa Nostra, carabinieri, ministri Dc, servizi segreti”, la giustifica: serviva a “rallentare temporaneamente l’applicazione della norma (il 41-bis) per avere tempo di stroncare i corleonesi… Un arretramento tattico che non intaccava la strategia di fondo, ma era funzionale ad assicurarne il successo”. E pazienza se intanto, a causa della trattativa, ci han lasciato la pelle Borsellino, gli uomini della scorta e nel ‘93 una decina di cittadini inermi a Firenze e Milano. Apre Repubblica, nella speranza di trovare almeno lì la linea dura, come ai tempi di Moro. Invece no, sorpresa: “Ci sarebbe da distinguere – scrive Scalfari – tra trattativa e trattativa. Quando è in corso una guerra la trattativa tra le parti è pressoché inevitabile per limitare i danni. Si tratta per seppellire i morti, per curare i feriti, per scambiare ostaggi”. L’elettore non vede l’ora di votare per riportare al governo il centrosinistra, ma gli spiegano che il centrosinistra non si porta più: l’alleato è Casini, quello che governò con B. fino al 2006 e portò in Parlamento galantuomini come Cuffaro (infatti si va con lui anche in Sicilia). Di Pietro invece, non avendo mai governato con B., è un “populista di destra”, anzi “fascista”, e non va più bene. Infatti è l’unico, con Landini, escluso dalla festa Pd, dove però l’elettore può arraparsi con Fitto, Sallusti, persino Latorre e Menichini. Stremato, l’elettore domanda sommesso: posso almeno prendere un po’ per il culo il Cainano, che medita il ritorno con Grande Italia ma ogni tanto si scorda di asfaltarsi il capino? Eh no: Ezio Mauro, su Repubblica, lo ammonisce ad abbandonare le “calandrinate” sui “cognomi e i difetti fisici”, tipiche del “Borghese degli anni più torvi” e della “destra peggiore”, pena l’esclusione dal “campo democratico”. A questo punto l’elettore scoppia in lacrime ed esclama: “Ma cosa ho fatto per meritare tutti questi colpi bassi?”. Ma accanto a lui si rialza implacabile il ditino: “Bassi non si dice, fascista che non sei altro: al massimo, diversamente alti”.
Da Il Fatto Quotidiano del 26/08/2012.

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