Le persone cambiano, specialmente in politica: in un paper del 2001, Stefano Fassina, responsabile per l’economia del PD, entusiasta sostenitore di Bersani alle primarie del centro-sinistra ma all’epoca economista presso il Fondo Monetario Internazionale, discuteva le possibili riforme dei sistemi pensionistici delle piccole economie emergenti del Sud America, mostrando apprezzamento per le caratteristiche del sistema pensionistico cileno, e per i benefici forniti dai derivati finanziari nella gestione dei fondi pensione.
Andiamo con ordine: il pezzo, dal titolo “Pension Reform in Small Emerging Economies: Issues and Challenges” è stato scritto da Fassina con Dowers e Pettinato, rispettivamente specialista e consulente presso la Inter-American Development Bank (IADB). Fassina e coautori si occupano delle problematiche particolari della riforma delle pensioni in paesi in via di sviluppo, quindi caratterizzati da sistemi finanziari ancora poco strutturati, e sostanzialmente dipendenti dall'esportazione di pochi beni.
La tesi è che anche in questi paesi le pensioni necessitano di riforme strutturali per il solito motivo, cioè l’invecchiamento della popolazione, che rende troppo costosi i cosiddetti sistemi a ripartizione. Nei sistemi a ripartizione, a cui appartiene anche il sistema italiano, sono i contributi pagati ogni anno dai lavoratori attivi a finanziare le pensioni: tali sistemi diventano finanziariamente insostenibili se il totale dei contributi decresce e il totale delle pensioni da pagare cresce, come per l’appunto accade con l’invecchiamento della popolazione. Qual è la soluzione prospettata nel pezzo? Già a pagina 2 dell’articolo si enfatizza l’idea di innalzare l’età pensionabile. (1)
A pagina 4 gli autori notano come vi siano due modelli principali di riforma dei sistemi pensionistici latino-americani: un sistema OCSE basato sul meccanismo della ripartizione, e il modello latino-americano, in cui riveste un ruolo fondamentale il meccanismo alternativo della capitalizzazione. All’interno di questo secondo meccanismo i contributi pagati dai lavoratori confluiscono in un fondo di investimento il quale -al momento del pensionamento- si trasforma nel pagamento di rate mensili o della somma intera.
Non vi sarebbe neanche il bisogno di evidenziarlo, ma gli autori ricordano come il modello latino-americano adotta molti degli elementi caratteristici del sistema pensionistico del Cile, frutto della privatizzazione posta in essere nel 1981 da José Piñera, ministro del lavoro nel governo dittatoriale di Pinochet (si veda un articolo sul tema qui). (2)
Intendiamoci: l’articolo è assolutamente ben scritto e saggiamente argomentato: secondo gli autori il sistema pensionistico a capitalizzazione deve essere adattato rispetto alle caratteristiche specifiche delle piccole economie emergenti come la Bolivia, il Salvador, il Nicaragua e il Paraguay. Ad esempio (pagina 21) –almeno nella fase iniziale- la regolamentazione dei fondi pensione deve essere di tipo “draconiano”, imponendo forti restrizioni sull’acquisto di azioni, a motivo del livello eccessivo di rischio insito in esse. (3) Tuttavia, queste restrizioni hanno senso solo nelle fasi iniziali, e solo nelle situazioni in cui i mercati finanziari sono poco sviluppati (“shallow”).(4)
La gestione dei fondi pensioni deve essere centralizzata a livello statale, ed affidata a società di gestione attraverso aste concorrenziali, che dovrebbero essere in grado di minimizzare le commissioni applicate dai gestori stessi.
Ahinoi, si fatica a ritrovare qui lo Stefano Fassina che oggi si scaglia contro il “pensiero unico neo-liberale”: come accennavo sopra, i tre autori mostrano di apprezzare il grado di finanziarizzazione dell’economia cilena (pag. 12), così come misurata dal rapporto tra capitalizzazione di borsa e PIL, e sottolineano come questo livello di sviluppo finanziario sia anche dovuto al sistema pensionistico a capitalizzazione creato nel 1981. (5)
L’apprezzamento per mercati finanziari sviluppati dipende da argomentazioni alquanto ortodosse: con mercati ben sviluppati è più facile diversificare il rischio, cioè ottenere lo stesso rendimento con un rischio più basso.
A tale proposito, questo Fassina quasi sconosciuto al dibattito italiano loda anche la diversificazione geografica degli investimenti fatti dai fondi pensione. Non solo: se vincoli ai movimenti di capitale nelle piccole economie in questione non permettono l’acquisto diretto di titoli esteri (pag. 18), ecco che si possono ottenere risultati simili utilizzando derivati finanziari come gli asset swap e procedure di cartolarizzazione (securitisation). (6)
Fassina 2001 e Fassina 2012: ma Bersani lo sa?
1) “[…] Innalzare l’età pensionabile oppure il numero minimo di anni di contribuzione diminuisce il rapporto di dipendenza.[…]” (traduzione mia) Nota bene: Il rapporto di dipendenza (dependency ratio) è il rapporto tra il numero di pensionati e il numero di individui che pagano contributi.
2) “[…] Il Cile ha implementato una riforma globale del suo sistema pensionistico nel 1981. Molti paesi appartenenti alla regione hanno da allora adottato elementi del modello cileno, dando luogo a quello che si può definire il modello latino americano. […]” (traduzione mia, pagina 4)
3) “[…] Alcuni analisti sono del parere che l’approccio ideale alla regolamentazione per un paese piccolo con un sistema finanziario poco sviluppato è di tipo draconiano, cioè caratterizzato da regole stringenti rispetto alla gestione dei fondi pensione e in generale delle attività finanziarie. […]” (traduzione mia)
4) “[…] Gli elementi regolamentativi diretti sono maggiormente specifici di un sistema (ndr: pensionistico) in particolare (vedi Shah, 1996). L’elemento principale consiste nell’esclusione di certe classi di attività finanziarie (tipicamente le azioni) quando il sistema è ancora immaturo. Tale restrizione dovrebbe essere limitata al periodo iniziale, e solo nei casi in cui i mercati finanziari sono molto sottili (vedi Vittas, 1998).[…]" (traduzione mia, pagina 20)
5) “[…] Un altro aspetto che emerge è lo straordinario grado di profondità del mercato raggiunta in Cile, dove i livelli di capitalizzazione sono paragonabili a quelli di molti paesi OCSE. L’introduzione di un sistema pensionistico obbligatorio a capitalizzazione è verosimilmente una delle determinanti della maturità finanziaria in questo paese latino americano. […]” (traduzione mia, pagine 12 e 13)
6) “[…] Come notato quando abbiamo definito la struttura delle SEE (ndt: piccole economie emergenti), la scarsa o nulla flessibilità del conto capitale (ndt: della bilancia dei pagamenti) è uno dei fattori che induce le piccole economie emergenti a non permettere ai gestori dei fondi pensione di avere una proporzione maggiore di investimenti internazionali nei loro portafogli. Tuttavia, le moderne tecniche di investimento, come ad esempio gli asset o stock index swap, le obbligazioni indicizzate all’inflazione e la cartolarizzazione, possono fornire strategie di investimento alternative a vantaggio di paesi caratterizzati da vincoli al movimento di capitali. […]” (traduzione mia, pagina 18)
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