Ricordate Dinasty, quella mielosa soap opera degli anni Ottanta? Ecco, trapiantatela a Palermo, in salsa accademica, però. Norman Zarcone se n’era accorto. Nella città, in cui il traffico mette famiglia contro famiglia, c’è un altro aspetto da considerare. All’interno degli atenei i nuclei di sangue che contano, sono molto forti. Le Iene raccontano la Parentopoli che occupa le università italiane e si soffermano sul caso di Palermo.
Non è una novità, ma a denunciarlo è stato ieri un servizio realizzato da Pablo Trincia: un fenomeno che costringe i migliori “cervelli italiani” ad andare in fuga.Scegliere altri lidi, emigrare all’estero, perché a casa propria nessuno riesce a essere profeta, come recitava un antico detto. Più che altro perché in patria devi far spazio alla valanga di cugini, fratelli, figli e mogli di rettori e presidi.
Altro che riforme e borse di studio. A Palermo ci sono sei Gianguzza, cinque tra Scienze e Medicina. Come se fosse un’occupazione militare. Le dinastie palermitane sono un centinaio, per un totale di 230 docenti imparentati. Gli esempi? Economia e commercio è il regno incontrastato dei Fazio, a Giurisprudenza dominano i Galasso, poi ci sono i Sorbello, gli Inzerillo. Ma soprattutto i Carapezza, a Lettere, con i fratelli Attilio e Marco.
Agraria è nelle mani di 11 nuclei familiari. Tutti questi dati sono stati raccolti da uno studente. Famiglie che si riproducono nell’omertà tra docenti di ruolo, associati e ordinari. Come se fosse una Cupola del sapere.
I baroni provano a minimizzare e spegnere l’incendio. Davanti alla Iena che lo intervista nel suo studio, il Pro Rettore Vito Ferro, sottolinea: “Non esiste un caso parentopoli, solo persone con lo stesso cognome. Noi siamo tenuti a portare avanti le lezioni, non a spiegare i cognomi delle persone”.
Nella facoltà di Architettura comanda Angelo Milone, preside. Là dentro lavorano anche il fratello Mario (ricordate l’ex vice sindaco di Palermo, assessore con delega ai Rapporti con l’università?) e i figli Daniele e Manuela, ricercatori. “Parentopoli? Un problema sociale e morale ma non bisogna farne un dramma”, dice il preside, che ammette le amicizie personali all’interno dell’ateneo, ma glissa sulla scalata alle cattedre dei figli. Coincidenze e silenzi.
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