Si presenta con il volto dell’amico, dell’uomo che nel momento di difficoltà economica può aiutarlo a salvarsi dai debiti. E invece nell’arco di un breve periodo è colui che lo strangolerà, gettandolo sul lastrico, rovinandolo con protesti bancari, pignoramenti e fallimenti. Così si distrugge un’attività economica, un’impresa, una famiglia. Sono centinaia i casi di usura che le vittime denunciano ogni anno e negli ultimi mesi sono sempre più in crescita.
Strangolati dai debiti e dai fallimenti si ribellano, ma non tutti, e denunciano in particolare negli ultimi anni più di quanto lo possa fare una vittima di estorsione. In un Paese che secondo i dati Istat sta scivolando all’indietro, provocando un divario sempre maggiore fra benessere e indigenza, con una grave situazione di crisi e difficoltà economiche progressivamente crescenti, la criminalità organizzata la fa da padrona inquinando l’economia legale di molti territori. E l’usura travolge migliaia di persone.
E così se in diverse città del meridione calano da gennaio a ottobre le denunce di estorsione, aumentano in modo esponenziale quelle per usura al Nord. Piccoli artigiani e commercianti, ristoratori e imprenditori denunciano i loro strozzini che hanno prestato soldi con tassi di interessi superiori alla legge e quindi ad usura, facendoli fallire. In questa ribellione fanno la voce grossa, in maggioranza, le donne.
Questi dati emergono dalla relazione annuale del prefetto Elisabetta Belgiorno, Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, che dipende dalla presidenza del Consiglio e dal ministero dell’Interno, che nei primi dieci mesi di quest’anno ha deliberato quasi 30 milioni di euro a sostegno delle vittime dell’usura e delle estorsioni. Di questa somma quasi 20 milioni sono andati alle vittime dei “cravattari”, raddoppiando il denaro destinato alle vittime dell’usura l’anno precedente.
Strangolati dai debiti e dai fallimenti si ribellano, ma non tutti, e denunciano in particolare negli ultimi anni più di quanto lo possa fare una vittima di estorsione. In un Paese che secondo i dati Istat sta scivolando all’indietro, provocando un divario sempre maggiore fra benessere e indigenza, con una grave situazione di crisi e difficoltà economiche progressivamente crescenti, la criminalità organizzata la fa da padrona inquinando l’economia legale di molti territori. E l’usura travolge migliaia di persone.
E così se in diverse città del meridione calano da gennaio a ottobre le denunce di estorsione, aumentano in modo esponenziale quelle per usura al Nord. Piccoli artigiani e commercianti, ristoratori e imprenditori denunciano i loro strozzini che hanno prestato soldi con tassi di interessi superiori alla legge e quindi ad usura, facendoli fallire. In questa ribellione fanno la voce grossa, in maggioranza, le donne.
Questi dati emergono dalla relazione annuale del prefetto Elisabetta Belgiorno, Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, che dipende dalla presidenza del Consiglio e dal ministero dell’Interno, che nei primi dieci mesi di quest’anno ha deliberato quasi 30 milioni di euro a sostegno delle vittime dell’usura e delle estorsioni. Di questa somma quasi 20 milioni sono andati alle vittime dei “cravattari”, raddoppiando il denaro destinato alle vittime dell’usura l’anno precedente.
La crisi dunque colpisce gli operatori economici e chi la fa da padrona sono i criminali che hanno tanta disponibilità di denaro liquido. Quelle elargite dal Commissario straordinario sono somme gestite dal Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura istituito presso l’ufficio del Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura del Viminale. Il Fondo eroga mutui senza interessi a favore di chi esercita attività imprenditoriale, commerciale, professionale, artigianale o comunque economica, i quali dichiarino di essere vittime di usura e risultino parti offese nel procedimento penale.
Due gli obiettivi: sostenere finanziariamente le vittime dell’usura e incentivarle a collaborare con la magistratura denunciando l’usuraio. Ma non tutti quelli che denunciano chiedono di aver accesso al fondo. C’è ancora una gran parte di questo mondo sommerso, di vittime che hanno paura e non denunciano. Dalla documentazione processuale che arriva al Comitato emerge il profilo di donne che hanno dimostrato che «per riuscire a farcela bisogna vincere la paura, donne che, non hanno marginalizzato la propria dimensione familiare per il lavoro.Dagli atti emergono pure vicende personali riguardanti la fatica quotidiana di conservare piccole imprese individuali, artigianali o a conduzione familiare, con una determinazione tutta femminile», persone perbene che, nonostante le difficoltà, hanno continuato a lavorare onestamente e come scrive il prefetto Belgiorno «a credere nella legalità e nella libertà di impresa, facendo la scelta giusta: denunciando».
Il dato più alto del 2013 si registra in Emilia Romagna (126 denunce segnalate al Comitato da gennaio a ottobre, come dimostra la tabella a pagina 60), segue la Lombardia, il Lazio e la Puglia, il Trentino Alto Adige e il Veneto. In Liguria nei primi dieci mesi di quest’anno non si è registrata alcuna istanza al Comitato da parte di vittime delle estorsione, mentre ve ne sono 21 che hanno chiesto aiuto perché spremuti dai “cravattari”. Stessa situazione in Sardegna e Umbria.
A Roma, dove è forte il fenomeno dell’usura, una delle vittime, Salvatore, di 39 anni, commerciante, testimone d’accusa in un processo ancora in corso, racconta come è finito nelle mani dei “cravattari” che gli avevano portato via il bar e gli appartamenti di famiglia per aver ottenuto un prestito di 13 mila euro. L’uomo ha denunciato gli usurai romani e poi è stato aiutato a riprendere la sua attività commerciale grazie all’aiuto e al sostegno dei volontari di uno sportello antiusura che aderisce alla Fai, la Federazione antiracket e antiusura di cui è presidente onorario Tano Grasso.
Salvatore racconta di aver sempre lavorato nel bar dei suoi genitori in un quartiere nella zona Nord di Roma. Un locale che pochi anni fa è stato ristrutturato dalla famiglia spendendo tanti soldi. Poi, per una gestione disattenta del bar, nel 2009 il commerciante non riusciva più a pagare i creditori. «Mi sono rivolto prima alle banche, poi non riuscendo ad ottenere un prestito ho chiesto aiuto al proprietario della casa in cui vivevo, il quale si vantava di avere amicizie importanti in alcuni istituti di credito tanto da assicurarmi l’apertura di un conto corrente con uno scoperto di 13 mila euro.
Il proprietario dell’appartamento si è rivelato un usuraio e mi ha fatto da garante in banca però ha preteso da me un assegno di 21 mila euro, con scadenza posticipata al mese successivo, che avrebbe dovuto restituirmi una volta saldato lo scoperto. Ma così non è stato. L’usuraio ha incassato l’assegno mandandomi in protesto e aprendo il calvario che mi ha portato via il bar e altre proprietà».
Salvatore quando si è trovato senza più nulla ha denunciato tutto alla polizia e poi si è rivolto allo sportello antiusura che lo ha aiutato a recuperare ciò che gli era stato tolto, bloccando il pignoramento. Con l’accesso al fondo di solidarietà per le vittime dell’usura ha ottenuto un mutuo con il quale ha pianificato la riapertura del bar.
In tempi di crisi sono tante le storie come quelle di Salvatore. Anche al Nord. Ad Alessandria il titolare di una ditta di costruzione edile è stato vittima di diversi episodi di usura, soprattutto a causa degli elevatissimi interessi corrisposti da un altro imprenditore che forniva tutto il materiale edile. La situazione debitoria in cui si era cacciato lo ha portato nel 2010, mentre era a un passo dal fallimento, a denunciare quello che gli era accaduto. Un’inchiesta è stata aperta sull’usuraio piemontese e nel 2012 il giudice delegato al fallimento ha autorizzato l’imprenditore a svolgere una nuova attività mentre il Comitato di solidarietà gli ha concesso il ristoro del danno provocato.
Grazie alle somme del Fondo per le vittime ha ripreso la sua attività una commerciante di Parma, città dove sono tante le denunce arrivate negli ultimi due anni. Nel 2010 la negoziante di articoli per la casa ha denunciato gli usurai ai carabinieri. Che hanno aperto un’inchiesta. La donna continua tra mille difficoltà economiche la sua attività, fino a quando riceve a un anno dalla denuncia una prima tranche di mutuo concesso dal Comitato. Con questi soldi riesce a portare avanti il negozio e a liberarsi degli strozzini, finiti sotto processo.
Le «ripercussioni sul fragile tessuto economico-produttivo e diffuso disagio sociale costituiscono terreno fertile soprattutto per la criminalità organizzata, che ormai delocalizzata rispetto ai territori di origine, si propone, attraverso i prestiti usurai, come una sorta di “sportello bancario parallelo”», scrive nella relazione Belgiorno. La documentazione a sostegno delle richieste di accesso al Fondo mette in luce che le “prede” sono in particolare commercianti, imprenditori, artigiani, che registrano un calo del volume di affari e «le cui attività si trasformano, via via, in vere e proprie “lavanderie”» del denaro sporco.
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