La spregiudicatezza di quest'uomo, il suo scarso rispetto verso le istituzioni, dovrebbero rappresentare un deterrente per un suo approccio in parlamento, ma siamo in Italia, il paese del bengodi, dove il più furbo e disonesto la fa da padrone poichè carente di coscienza e responsabilità.
Ha portato in parlamento un pot pourri di personaggi incompetenti disposti a tutto e noi glielo abbiamo permesso.
Siamo colpevoli anche noi di quanto sta succedendo nel nostro paese, meritiamo di subire la gogna alla quale ci stanno sottoponendo. Peccato che a subire dovremo essere anche noi, quelli che non gli hanno mai creduto e non lo hanno mai scelto come leader.
By Cetta.
Dopo le prime saltuarie esperienze lavorative giovanili come cantante e intrattenitore sulle navi da crociera insieme all'amico Fedele Confalonieri[41] e come venditore porta a porta di scope elettriche insieme all'amico Guido Possa,[42] iniziò l'attività di agente immobiliare[43]e, nel 1961, fondò la Cantieri Riuniti Milanesi Srl insieme al costruttore Pietro Canali. Il primo acquisto immobiliare fu un terreno in via Alciati a Milano, per 190 milioni di lire, grazie alla fideiussione del banchiere Carlo Rasini (titolare e cofondatore della Banca Rasini, nella quale lavorava il padre di Silvio).[29]
Aspetti controversi dell'attività edilizia: i finanziamenti di origine ignota
Per avviare la sua attività imprenditoriale nel 1961 nel campo dell'edilizia Berlusconi ottenne una fideiussione dalla Banca Rasini, indicata da Michele Sindona e in diversi documenti della magistratura come la principale banca usata dalla mafia nel nord Italia per il riciclaggio di denaro sporco e fra i cui clienti si potevano elencare Totò Riina, Bernardo Provenzanoe Pippo Calò.[139] Nella società fondata da lui e Pietro Canali impegnò 30 milioni di lire, provenienti, secondo quanto da lui affermato, dalla liquidazione anticipata di suo padre Luigi, procuratore della Banca Rasini. Il resto venne da una fideiussione fornita dalla stessa banca.[140]
Riguardo invece all'origine di alcuni finanziamenti, provenienti da conti svizzeri alla Fininvest negli anni 1975-1978, dalla fondazione all'articolazione in 22 holding (i quali ammontavano a 93,9 miliardi di lire dell'epoca)[141] Berlusconi, interrogato in sede giudiziaria dal pubblico ministero Antonio Ingroia, si avvalse della facoltà di non rispondere;[142]così, anche a causa delle leggi svizzere sul segreto bancario, non è stato possibile accedere alle identità dei possessori dei conti cifrati inerenti al flusso di capitali transitato all'epoca e in piena disponibilità della Fininvest.[143]
Nell'agosto 1998 il quotidiano La Padania pubblicò un'inchiesta nella quale si contestava a Berlusconi l'origine di diversi aumenti di capitale di alcune società da lui possedute, avvenuti tra il 1968 e il 1977.[144]
Al tempo in cui Luigi Berlusconi era procuratore generale della Banca Rasini, questa entrò in rapporti d'affari con la Cisalpina Overseas Nassau Bank, nel cui consiglio d'amministrazione figuravano Roberto Calvi, Licio Gelli, Michele Sindona e il vescovo Paul Marcinkus, presidente dello IOR), di fatto la banca dello Stato della Città del Vaticano. Tutti questi personaggi hanno poi avuto un grosso rilievo nella cronaca giudiziaria. Secondo Sindona e alcuni collaboratori di giustizia, la Banca Rasini era coinvolta nel riciclaggio di denaro di provenienza mafiosa (il che spiegherebbe la grossa presenza di finanziatori svizzeri nei primi anni di attività di Berlusconi).[145]
Nel 1999 Francesco Giuffrida, vicedirettore della Banca d'Italia a Palermo, durante il processo Dell'Utri, sostenne (in una consulenza da lui eseguita per conto della Procura di Palermo riguardante la ricostruzione degli apporti finanziari intervenuti alle origini del gruppo Fininvest tra gli anni 1975-1984) che non era possibile identificare la provenienza di alcuni fondi Fininvest del valore di 113 miliardi di lire dell'epoca, in contanti e assegni circolari (corrispondenti a circa trecento milioni di euro odierni).[146] La questione riguardava i sospetti di presunti contributi di capitali mafiosi all'origine della Fininvest.
Querelato per diffamazione da Mediaset, nel 2007 Giuffrida giunse a un accordo transattivo con i legali di questa, per il quale il consulente della Procura ha riconosciuto i limiti delle conclusioni rassegnate nel proprio elaborato e delle dichiarazioni fornite durante il processo (definite incomplete e parziali a causa della scadenza dei termini di indagine, che non gli avevano permesso di approfondire a sufficienza l'origine di otto transazioni dubbie) e la dichiarazione conseguente che le «operazioni oggetto del suo esame consulenziale erano tutte ricostruibili e tali da escludere l'apporto di capitali di provenienza esterna al gruppo Fininvest».[147]
I legali di Giuffrida nel processo per diffamazione hanno comunque rilasciato una dichiarazione, riportata dall'ANSA,[senza fonte] in cui sostengono di essere stati avvertiti solo pochi giorni prima (il 18 luglio) del fatto che i legali Mediaset avevano proposto una transazione al loro assistito, di non condividere né quel primo documento ("una bozza di accordo che gli stessi non hanno condiviso, ritenendo che quanto affermato nel documento non corrispondesse alle reali acquisizioni processuali"), né la versione definitiva leggermente corretta ("non sottoscriveranno non condividendo la ricostruzione dei fatti e le affermazioni in esso contenute").
La perizia di Giuffrida era stata ritenuta dai giudici già al tempo basata su "una parziale documentazione", ma era stata ritenuta valida anche in virtù del fatto che non aveva "trovato smentita dal consulente della difesa Dell'Utri", in quanto lo stesso professor Paolo Iovenitti (perito della difesa), davanti alle conclusioni di Giuffrida, aveva ammesso che alcune operazioni erano "potenzialmente non trasparenti" e non aveva "fatto chiarezza sulla vicenda in esame, pur avendo il consulente della difesa la disponibilità di tutta la documentazione esistente presso gli archivi della Fininvest".[147][148][149]
Tale ritrattazione, contenuta nell'accordo transattivo raggiunto dai legali Mediaset e il professor Giuffrida a composizione della controversia instaurata dalla Mediaset stessa per diffamazione, non consente comunque di fare chiarezza sulla provenienza dei capitali del gruppo societario facente capo a Silvio Berlusconi.
Berlusconi, essendo iscritto alla loggia massonica Propaganda 2[150] di Licio Gelli[151], aveva accesso a finanziamenti altrimenti inottenibili: la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2,[152] infatti, affermò, nella relazione di maggioranza firmata da Tina Anselmi, che alcuni operatori appartenenti alla Loggia (tra cui Genghini, Fabbri e Berlusconi), trovarono appoggi e finanziamenti presso le banche ai cui vertici risultavano essere personaggi inclusi nelle liste P2 "al di là di ogni merito creditizio".[153]
Il 1º febbraio 2010 Massimo Ciancimino ha raccontato, basandosi su informazioni ricevute direttamente dal padre e su appunti dello stesso ritenuti autentici dalla Polizia scientifica, che il generale dei carabinieri Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, tra la fine degli anni settanta e gli inizi degli anni ottanta, tramite Marcello Dell'Utri e i costruttori Antonino Buscemi e Franco Bonura aveva investito soldi in Milano 2.[154][155][156] Il 18 settembre Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un appunto di Vito Ciancimino con su scritto: "In piena coscienza oggi posso affermare che sia io, che Marcello Dell'Utri ed anche indirettamente Silvio Berlusconi siamo figli dello stesso sistema ma abbiamo subito trattamenti diversi soltanto ed unicamente per motivi geografici".[157]
Giovanni Scilabra, ex-direttore generale della Banca Popolare di Palermo, in un'intervista ha affermato che Vito Ciancimino e Marcello Dell'Utri nel 1986 gli chiesero un finanziamento di circa 20 miliardi di lire per Berlusconi.[158]
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