L’editor in chief di WikiLeaks Kristinn Hrafnsson (a destra) e l’avvocata Jennifer Robinson alla Westminster Magistrates Court di Londra
© Afp
La trappola. Clinton all’attacco Trump invece sostiene di non avere «un’opinione in merito». Per il fondatore di WikiLeaks potrebbe riaprirsi anche il processo per stupro in Svezia.
Dopo 7 anni per la prima volta Julian Assange si è svegliato in un luogo diverso dall’ambasciata ecuadoriana a Londra, dopo il drammatico arresto di giovedì il cui eco è lungi dall’essere spento; Assange ha promesso di combattere l’estradizione negli Usa, il che significa che la vicenda è tutt’altro che conclusa. Si apre però un nuovo capitolo, e una battaglia legale lunga e penosa attende il fondatore di WikiLeaks. Se la maggior parte dei politici statunitensi ha festeggiato in modo bipartisan la notizia del suo arresto, Trump, che nel 2016 aveva dichiarato «Io amo WikiLeaks», dopo l’arresto dell’attivista australiano ha risposto di non sapere «nulla su WikiLeaks».
«NON SO NULLA di WikiLeaks, non è il mio campo – ha risposto ai giornalisti – so che è qualcosa che ha a che fare con Julian Assange. Ho visto quello che è successo con Assange, e sarà una decisione, immagino, per lo più del procuratore generale, che sta facendo un ottimo lavoro. Non ho davvero un’opinione al riguardo».
Opinione che al contrario ha Hillary Clinton, che durante un evento a New York ha detto: «Ho una certa familiarità con il lavoro di Assange, deve rispondere per ciò che ha fatto. È chiaro dall’accusa che non si tratta di punire il giornalismo, si tratta di hacking di un computer militare per rubare informazioni del governo degli Stati uniti».
Una delle poche voci politiche non allineate è stata quella di Alexandria Ocasio-Cortez che ai microfoni di Fox News, ha dichiarato: «Per quanto ne so, le accuse specifiche che sono state sollevate per la sua estradizione sono quelle che l’amministrazione Obama aveva valutato e poi rifiutato perché erano un po’ troppo in termini di attacco al giornalismo e ai giornalisti. È questo aspetto specifico delle sorti del giornalismo a preoccuparmi molto».
ORA SI ATTENDE IL 2 MAGGIO, giorno nel quale, per essere stato giudicato colpevole di aver violato i termini della libertà provvisoria, Assange rischia 12 mesi di carcere nel Regno unito. Entro il 12 giugno gli Usa dovranno poi produrre i documenti aggiuntivi per la richiesta di estradizione, alla quale, secondo Jeremy Corbyn, Londra dovrebbero opporsi. Il leader laburista ha ricordato «le atrocità in Iraq e Afghanistan» rivelate da WikiLeaks.
Analogo atteggiamento è stato quello di Noam Chomsky, che ha specificato come l’arresto di Assange sia «scandaloso», perché «mette in evidenza la scioccante portata extraterritoriale degli Stati uniti» aggiungendo che «Ogni volta che assistiamo a un’ingiustizia e non agiamo, addestriamo il nostro carattere ad essere passivo in presenza di ingiustizie e quindi, alla fine, perdiamo ogni capacità di difendere noi stessi e coloro che amiamo».
I PROBLEMI PER ASSANGE non arrivano solo dal Dipartimento di Giustizia Usa, ma, come molti esperti legali prevedevano, anche dalla Svezia, dove l’avvocato di una delle due donne che lo accusano di molestie sessuali, ha dichiarato di voler far ricominciare le indagini preliminari, e le autorità svedesi hanno confermato che queste possono essere riprese, in quanto la loro prescrizione comincerà a metà agosto 2020.
In difesa di Assange si è posto il Guardian, nonostante la relazione problematica con il fondatore di WikiLeaks, e le Electronic Frontier Foundation, associazione di legali per la difesa dei diritti civili digitali, che hanno dettagliato la loro preoccupazione.
«Diverse parti dell’atto di accusa verso Assange descrivono un comportamento giornalistico molto comune – si legge sul sito delle Eff – come l’utilizzo dello storage nel cloud o la ricezione consapevole di informazioni classificate, o la redazione di informazioni identificative su una fonte. Altre parti rendono sospetti degli strumenti comuni, dei software gratuiti come Linux e Jabber. Siamo sollevati che il governo non abbia incluso accuse anche per le pubblicazioni, ma ha almeno altri 2 mesi per farlo. I leaks sono una parte vitale del libero flusso di informazioni che è essenziale per la nostra democrazia. La segnalazione di materiale trapelato, incluse informazioni riservate, sono parte essenziale del giornalismo americano».
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