il Fatto Quotidiano 24 aprile 2019) – Provenienza sanscrita, termine caro agli indù, quattro lettere: Guru. Che significa più o meno maestro spirituale. Bello. Sul come e sul perché un termine così antico, denso e nobile sia – qui e ora – appiccicato a gente che maneggia Facebook e Twitter con disinvoltura da nerd ripetente sorvoliamo volentieri: l’arte di maltrattare le parole è un classico della politica italiana, si pensi alle molte volte che si è scomodato il termine “statista” per gente a cui non avreste affidato nemmeno una gelateria. Ora, dopo la foto pasquale di Salvini col mitra, eccoci di nuovo a parlare di guru, e quello di cui si discute oggi si chiama Luca Morisi a cui, sia detto per inciso, paghiamo lo stipendio tutti. Un guru statale, insomma.
COME SI SA, la vita del “guru della comunicazione” ha solitamente tre fasi. La prima: un illustre sconosciuto insegna al politico di turno come si accende un iPad, come si scrive un tweet, come si concentra un pensiero (quasi sempre debolissimo) in 280 caratteri di testo. Poi c’è la fase del trionfo: se il politico a cui il guru fa da badante ha qualche successo (anche virtuale), arriva la celebrazione. Uh, come è bravo il guru, uh, come è forte il guru, con tanto di giornalisti, commentatori e direttori che pendono dalle sue labbra, che si inginocchiano adoranti, magari in cambio di una confidenza, della promessa di un’intervista al Capo, di un segno di attenzione.
La terza fase, triste, solitaria y final, è quella del viale del tramonto: quando le fortune del leader badato si offuscano, quando la popolarità scende perché finalmente ci si accorge che tutta quella strabiliante comunicazione era quel che era, fuffa e furbizia. E allora non solo del guru non si ricorda più nemmeno il nome, ma il politico di turno si accanisce su di lui e dice: “Non abbiamo saputo comunicare!”. Inutile riassumere le puntate precedenti, ma insomma, chi ricorda le fotine seppiate di Renzi che lo facevano sembrare un Bob Kennedy toccato dalla grazia, sa di cosa si parla. Sul guru d’importazione Jim Messina, pagato fior di migliaia di euro per perdere un referendum devastante, caleremo un velo pietoso.
Ora, da qualche tempo, c’è un nuovo guru in città, ed è questo Luca Morisi, assunto al Viminale, pagato da noi per maggior gloria di Salvini Matteo. Uno che parla di “esistenzialismo salviniano”, ossignur, e a cui i giornali dedicano articoli e riflessioni, per dire – in fondo – sempre la stessa cosa: uh, quanto è bravo il guru! Siamo insomma nella fase due, quella del trionfo, quindi basta aspettare. Naturalmente, e giustamente, molti notano che non è bello (e non ci sono esempi analoghi nella recente storia delle democrazie occidentali) un ministro dell’Interno descritto come “Armato e con l’elmetto”(testuale) e fotografato con in mano un mitra. Suona un po’ minaccioso, diciamo, ed è il solito impasto di vittimismo e aggressività: “Vi siete accorti che fanno di tutto per gettare fango sulla Lega?”, comincia il post del guru che stipendiamo tutti. Cioè: poveri noi, ci gettano fango! Che ingiustizia! Scatta poi l’elemento aggressivo e minaccioso del “Siamo armati e con l’elmetto”, con fotina del leader mitraglietta alla mano (nella foto compare pure il guru, pare preoccupato che parta un colpo, a dirla tutta). Il meccanismo comunicativo non è diverso da quello dell’ex marito stalker che aspetta sotto casa l’ex moglie: fase uno, vittimismo (“Guarda cosa mi hai fatto!”); fase due, aggressività: “Guarda che ho un coltello”.
PER FARSI perdonare, dopo qualche ora, ecco la foto di Salvini con tre pupazzi di peluche. Messaggio: è armato e con l’elmetto, ma è anche un tenero cucciolone. Una cosa che sarebbe considerata troppo scema anche in una quarta elementare, se la classe non fosse impegnata a battere le mani e a dire: “Bravo guru!”.
https://infosannio.wordpress.com/2019/04/24/li-chiamano-guru-aiutano-i-politici-a-comunicare-cazzate/?fbclid=IwAR0si9kBKhG05Z7unC6f0FPgUIzGKR-97lRrvKLDGHntUHr99J9o8goVIvc
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