venerdì 10 gennaio 2020

Contro il taglio dei parlamentari i Radicali nelle piazze raccolgono solo 669 firme. Ma arrivano i senatori leghisti in aiuto dei salva-poltrone.

Contro il taglio dei parlamentari i Radicali nelle piazze raccolgono solo 669 firme. Ma arrivano i senatori leghisti in aiuto dei salva-poltrone

I banchetti tra i cittadini per chiedere il referendum confermativo della legge costituzionale si sono rivelati un flop. Ma il supporto necessario per chiedere la consultazione è arrivato dai parlamentari del Carroccio. E anche se solo ieri un gruppo di sottoscrittori di Pd e Fi si era tirato indietro o comunque aveva congelato la sua partecipazione, oggi i promotori hanno depositato 71 firme. Tra le new entry nella lista: 5 senatori di Fi, 6 della Lega e 1 di Leu. M5s: "Incollati alla poltrona".

La raccolta firme del Partito radicale per il referendum contro il taglio dei parlamentari si è rivelata un flop, ma ci hanno pensato i leghisti a resuscitare quella dei senatori. Quando ormai sembrava che l’operazione di chi vuole salvare le poltrone di Camera Senato fosse destinata a fallire, è arrivato l’intervento di sei parlamentari del Carroccio. Da una parte infatti i radicali hanno annunciato di aver raccolto solo 669 firme sulle 500mila necessarie, ma dall’altra l’iniziativa dei senatori ha raggiunto il quorum superando la soglia dei 64 e lo ha fatto grazie all’apporto dei leghisti. Intorno alle 15 i tre promotori del referendum contro il taglio, Andrea Cangini (Fi), Tommaso Nannincini (Pd) e Nazario Pagano (Fi) si sono presentati in Cassazione per depositare le 71 firme necessarie per la richiesta. Ben 7 in più del numero minimo richiesta di 64 e appena due giorni prima della data utile. Le new entry che hanno aderito dopo le defezioni sono: cinque senatori di Fi, 6 della Lega e 1 di Leu. “Non hanno resistito alla voglia di tenersi strette le poltrone e a quanto pare è arrivato l’aiutino’ della Lega”, filtra da alcune fonti del M5s. “Non vediamo l’ora di dare il via alla campagna referendaria per spiegare ai cittadini che ci sono parlamentari che vorrebbero bloccare questo taglio, fermando così il risparmio di circa 300mila euro al giorno per gli italiani che produrrebbe l’eliminazione di 345 poltrone”.
Eppure ieri sembrava che i partiti fossero ritornati sui loro passi con quattro esponenti di Forza Italia che hanno ritirato il proprio sostegno all’ultimo minuto e le perplessità di una decina di sottoscrittori. La defezione è partita proprio per un ripensamento dell’ala di Forza Italia vicina a Mara Carfagna e quindi a quell’area che ha più voglia di sostenere il governo Conte 2. E quindi non ha nessuna intenzione di minare gli equilibri dell’esecutivo. “Quello sul taglio dei parlamentari è un referendum salva-poltrone“, ha scritto (non a caso) oggi in una nota la stessa Carfagna. “È un vero e proprio trucchetto, che ha come unico obiettivo quello di costringere gli italiani a eleggere nuovamente mille parlamentari, anziché seicento. Per questo ai colleghi senatori che mi hanno chiesto un parere ho detto: non prestatevi a un giochino di Palazzo che screditerà la politica, squalificherà Forza Italia, resusciterà il populismo. La riduzione dei parlamentari è stata approvata con il sì di Forza Italia appena tre mesi fa, dopo quattro letture”. E ha concluso: “Chi vuole il referendum per rimandare il taglio dei parlamentari lo dica apertamente, ci metta la faccia e non utilizzi giochi di palazzo”.
Non c’è ancora la lista definitiva delle 71 firme raccolte a Palazzo Madama. In quella lista, però, non compariranno gli autografi dei senatori del Pd Francesco Verducci e Vincenzo D’Arienzo che hanno ritirato, a quanto si apprende, il proprio sostegno alla petizione. I dem spiegano che i due senatori lo avrebbero fatto in conseguenza “di un fatto politico nuovo” e cioè la presentazione di quella proposta di legge elettorale proporzionale, che fin dall’inizio era stata chiesta dal Pd in relazione al taglio dei parlamentari. Si è tirato indietro anche il senatore M5s Mario Michele Giarrusso: “L’ho ritirata, perché la mia posizione è stata strumentalizzata da alcuni e travisata da altri. Rimango dell’idea che dare la parola ai cittadini con un referendum confermativo senza quorum, è una scelta in linea con la nostra storia di impegno per la democrazia diretta”. E ha chiuso: “A me dispiace aver lasciato la bandiera della democrazia diretta, nelle mani di chi non la merita. Peccato”.
Su 61 azzurri componenti del gruppo di Fi al Senato, restano in 4 ad aver ritirato la firma. A guidare, invece, il drappello forzista dei sostenitori del referendum (oltre la metà del gruppo) c’è Andrea Cangini, uno dei promotori della raccolta firme e tra i più convinti sostenitori della necessità di chiamare in causa i cittadini. Tra gli azzurri hanno firmato (molti da tempo) vari big del partito: dall’ex ministro e attuale presidente della Giunta per le immunità parlamentari, Maurizio Gasparri all’ex presidente del Senato, Renato Schifani. A firmare la richiesta referendaria anche l’ex sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, che mette in guardia dai rischi legati alla “mancanza di una riforma organica” e rievoca Benito Mussolini: ”Una riduzione di questo genere dei parlamentari senza altre modifiche comporta uno squilibrio costituzionale rilevante: si passa dalla centralità del Parlamento alla centralità dell’esecutivo, con una ingerenza dei partiti sull’attività parlamentare di gran lunga più forte dell’attuale”. Ricordiamoci che Mussolini ridusse la Camera a 400 deputati per avere maggior potere dell’esecutivo, poi si rese conto che non bastava e di fatto la soppresse…”, ammonisce.
Tra i sottoscrittori c’è anche Stefania Craxi: “Non l’ho fatto per tattica o altro, ma l’ho fatto per convinzione profonda, perché riformicchie rischiano di creare della storture democratiche. Al contrario, sono sempre più convinta della necessità di una grande riforma istituzionale, che Bettino Craxi iniziò a chiedere nel 1979, ovvero il presidenzialismo, per dare al Paese, governabilità, rappresentanza e stabilità”. Per Schifani invece, il taglio dei parlamentari è “una misura demagogica, che non risolve i problemi di funzionamento dello Stato, da affrontare invece, con una riforma organica della seconda parte della Costituzione”.
I Radicali, dopo aver gridato alla “censura” per non aver raggiunto (e nemmeno sfiorato) il quorum di 500mila firme di sottoscrittori, hanno prima accusato “la censura dei media“. E poi invocato l’intervento del Carroccio. “Abbiamo dato il nostro contributo affinché anche la gamba istituzionale”, hanno dichiarato segretario e tesoriera del Partito Radicale Maurizio Turco Irene Testa, “quella della raccolta delle firme tra i senatori andasse a buon fine. Dobbiamo innanzitutto ringraziare la Lega per aver raccolto il nostro appello e i senatori firmatari per aver consentito che si tenga il referendum”.

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