L'ex premier vuole riaprire tutto: "Dobbiamo convivere con il virus, la gente non può morire di fame in un'Italia ibernata per un altro mese", dice ad Avvenire. Ma la soluzione viene bocciata sonoramente dagli esperti. Lopalco: "False speranze ai cittadini". Cartabellotta: "Non ha imparato nulla dalla tragedia di Bergamo". Pregliasco: "Prematuro"
Le fabbriche riaperte prima di Pasqua, le scuole il 4 maggio. La ricetta di Matteo Renzi è quella del “riapriamo” tutto perché “se restiamo chiusi la gente morirà di fame”. Ma se il problema della liquidità delle famiglie è certo e il governo sta studiando come parare il colpo, la soluzione dell’ex premier – illustrata il giorno dopo i quasi 1000 morti in 24 ore in un’intervista ad Avvenire – viene bocciata dagli scienziati, anche con parole durissime.
Contattato da Ilfattoquotidiano.it, Roberto Burioni, professore di microbiologia e virologia all’Università San Raffaele di Milano, premette: “Dobbiamo senz’altro cominciare a pensare a una ripresa delle nostre vite: non possiamo pensare che la gente stia in casa pensando di rimanere in casa per sempre”. Ma sottolinea: “Però in questo momento la situazione è ancora talmente grave da rendere irrealistico qualunque progetto di riapertura a breve”. Duro il commento di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: “Dalla tragedia di Bergamo non ha imparato proprio nulla”. Mentre l’epidemiologo Pierluigi Lopalco definisce una “follia” l’idea del leader di Italia Viva che rischia di infondere “false aspettative e speranze” nei cittadini. E anche Gianni Rezza dell’Istituto superiore di Sanità ricorda che oggi “non si può dire nulla, non prima della fine del mese”. Contrario anche il virologo Fabrizio Pregliasco: “Pensare di riaprire le scuole è prematuro. È giusto pensare al futuro ma serve molta attenzione”.
“Questo virus ci farà ancora male. Non per settimane, per mesi e mesi. Il vaccino non c’è e se andrà bene torneremo ad abbracciarci tra un anno, se andrà male tra due…”, esordisce Renzi nell’intervista al quotidiano cattolico e invita a non aspettare “che tutto passi” perché “se restiamo chiusi la gente morirà di fame”. Insomma, a suo avviso, con il coronavirus bisogna “convivere” e quindi “consentire che la vita riprenda” e “bisogna consentirlo ora”.
“Sono tre settimane – dice l’ex premier – che l’ Italia è chiusa e c’è gente che non ce la fa più. Non ha più soldi, non ha più da mangiare. I tentacoli dell’usura si stanno allungando minacciosi, specialmente al Sud. Senza soldi vincerà la disperazione. Serve attenzione, serve gradualità, serve il rispetto della distanza. Ma bisogna riaprire”. L’Italia “non può restare ibernata per un altro mese” perché “così si accende la rivolta sociale”, per questo “le istituzioni devono agire senza perdere nemmeno un giorno”.
Le paure sono ovviamente condivise anche dal resto del governo. Ma mentre esponenti Pd e M5s chiedono e studiano un’estensione del reddito di cittadinanza, il leader di Italia Viva lo boccia (“Non funziona, non garantisce la ripartenza”) e vuole un “piano per la riapertura”. Ovvero: “Le fabbriche devono riaprire prima di Pasqua. Poi il resto. I negozi, le scuole, le librerie, le messe”. La proposta “concreta” è che si torni sui banchi “il 4 maggio”, almeno i 700mila studenti delle ‘medie’ e i 2 milioni 700mila delle ‘superiori’. Una proposta che anche Carlo Calenda definisce “poco seria”. Mentre l’ex presidente del Senato, Pietro Grasso, si dice “rattristrato” di “leggere che un ex Presidente del Consiglio, in un momento così difficile, pur di stare al centro dell’attenzione faccia proposte dannose nel merito e pericolose per la tenuta psicologica del Paese. Sic transit”.
E la risposta degli esperti è tranchant. “Pensare di riaprire le scuole il 4 maggio è una follia e fare proclami in questo momento è sbagliato”, risponde l’epidemiologo dell’università di Pisa Pierluigi Lopalco. “Dobbiamo essere cauti a dare illusioni se non abbiamo dati – rimarca – oggi abbiamo solo una flebile speranza in Lombardia ma ad esempio a Milano la situazione non è ancora sotto controllo. Come facciamo a riaprire le scuole se non abbiamo certezze. Non diamo false aspettative e speranze”. La verità, aggiunge poi l’epidemiologo, “ancora non la conosce nessuno, quello che è certo è che se riapriranno subito fabbriche e scuole, senza un piano basato sulle evidenze scientifiche, molti con il coronavirus conviveranno per brevissimo tempo”.
Duro il presidente della Fondazione Gimbe: “Riaprire prima di Pasqua? Governo e Parlamento decidano prima quante vite umane vogliono sacrificare per far ripartire l’economia – dice Cartabellotta – Renzi dalla tragedia di Bergamo non ha imparato proprio nulla”. Critico anche Gianni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto superiore di sanità: “Come epidemiologo devo guardare la salute pubblica e ora occorre rallentare e arrestare l’epidemia. Non possiamo tenere l’Italia chiusa per sempre, ma occorre prima vedere gli effetti delle misure importanti messe in campo dal governo”. In questo momento, aggiunge, “non si può dire nulla, non prima della fine del mese. Poi si possono studiare provvedimenti magari ‘stop and go’ o misure complementari. Vedremo cosa accadrà”.
Quello di Renzi è un discorso “prematuro”, invece, per il virologo dell’Università di Milano, Fabrizio Pregliasco: “Pensare di riaprire le scuole è prematuro. È giusto pensare al futuro ma serve molta attenzione. Dovremmo convivere con il fatto che pandemie come questa possono anche tornare, è accaduto con la Spagnola”. Questo virus, conclude, “non ce lo toglieremo dai piedi velocemente, ma in questa fase è necessario agire per poter arginare la dimensione di morti che c’è stata in Lombardia”.
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