Il Lingotto non paga tasse sui dividendi e risparmia quasi mezzo miliardo senza attingere alla sua liquidità.
L’affaire Fiat Chrysler Automobiles agita la maggioranza giallorosa. I fatti: Fca Italia chiederà all’assicurazione pubblica Sace la garanzia sull’80% di un credito da 6,3 miliardi erogato da Intesa SanPaolo per le sue attività italiane. Come previsto dal “decreto Liquidità”, la garanzia dovrà essere autorizzata da un decreto del ministro dell’Economia. Per i giornali di proprietà dell’ex Lingotto (il gruppo Gedi che edita, tra gli altri Repubblica e La Stampa) è una grande operazione che salva l’indotto permettendo di pagare i fornitori. Per gli addentellati padronali nella politica, a partire da Italia Viva, le polemiche sono strumentali. Questo, per dire, è Matteo Renzi: “Bene Fca. Sbagliato evocare ‘poteri forti’ e ‘interessi dei padroni’. È un prestito che serve a investire in Italia: che male c’è? Mi sarei preoccupato se non lo avesse fatto”. Le cose però sono un po’ più complesse.
Problema fiscale. Fca dal 2014 ha sede legale in Olanda e fiscale nel Regno Unito. Sulle attività italiane (a cui sono destinati i prestiti garantiti) paga le tasse in Italia (solo mezzo miliardo nel 2019 perché sono in perdita da anni). Diverso è il caso dei dividendi, cioè la parte degli utili distribuita agli azionisti. Di per sé, non sono tassati molto neanche in Italia: viene applicata un’aliquota Ires del 24% solo sul 5% dell’ammontare, cioè un’aliquota effettiva dell’1,2%. Su un dividendo di 2 miliardi parliamo di 25 milioni sottratti all’erario italiano. Poi ci sono gli utili prodotti all’estero. Il fisco olandese di fatto rende esentasse i dividendi, ma permette anche di ridurre l’aliquota formale sugli utili abbattendo gli imponibili. Nel 2019, per dire, Fca ha fatto ricavi per 108 miliardi, e utili per 6,6 miliardi, pagando imposte per soli 1,3 miliardi. Un “tax rate” dell’1,5%, assai invidiabile in Italia e forse dovuto anche alle perdite assorbite negli anni precedenti dall’acquisto di Chrysler.
C’è poi un altro aspetto: anche se è difficile che Fca riesca a portare molti profitti generati dall’Italia fuori dal nostro Paese con i meccanismi elusivi del transfer pricing è pure vero che non sappiamo se nel 2014 siano stati trasferiti all’estero anche beni poco tangibili come marchi, brevetti e ricerca scientifica. A ogni modo tutte le multinazionali concentrano servizi sulla casa madre, cosa che genera utili finanziari (su cui il fisco olandese chiede imposte assai basse). Vale la pena poi di ricordare che a fine 2019 Fca ha riconosciuto 730 milioni all’amministrazione fiscale italiana per aver sottostimato il valore di Chrysler pagando meno tasse.
Il regalo. Fca e la sua controllata Exor ha liquidità sufficiente per garantire prestiti infragruppo senza dover ricorrere alla garanzia pubblica, tanto più che ha in pancia ancora parte dei ricavi della vendita di Magneti Marelli. Se vi ricorre è perché così si tiene la liquidità e, avendo lo Stato italiano un rating migliore di quello dell’ex Fiat (è mantenuto sul livello “investment” solo dall’agenzia Fitch), risparmia sui costi di finanziamento. Considerato il merito di credito tra Stato italiano e Fca è verosimile che su un prestito a 3 anni il risparmio sia anche superiore al mezzo miliardo (e questo al netto dei costi della garanzia pubblica, che sono a carico di Fca). Il divieto di distribuire dividendi vale solo per 12 mesi: significa che Fca nel 2021 potrà staccare agli azionisti 5,5 miliardi del dividendo straordinario previsto dalla fusione con Peugeot, somma pari al prestito garantito dallo Stato. Per l’ex Lingotto è un’operazione perfetta. I soldi verranno usati per saldare i fornitori italiani (che non è una gentile concessione, ma un dovere).
Gli investimenti. La speranza del governo italiano – che la garanzia sui debiti impegnerà Fca a investire davvero in Italia – è cosa buona e giusta. Finora, però, Fca non ha mai mantenuto gli impegni sugli investimenti previsti (gli ultimi annunci, risalenti al 2018, parlano di 5 miliardi nel quinquennio).
Le garanzie. Finora Sace ha effettivamente erogato garanzie su prestiti di una quarantina di milioni e ha operazioni “potenziali” in essere con circa 250 aziende per un totale di 18,5 miliardi. Da sola la garanzia a Fca vale un terzo dell’ammontare “potenziale”.
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