La questione morale in magistratura al centro della cerimonia al Quirinale in ricordo dei magistrati uccisi Giacumbi, Minervini, Galli, Amato, Costa e Livatino.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rilanciato una dura reprimenda per il caso Palamara e lo scandalo delle nomine del Csm: “Quel che è apparso ulteriormente fornisce la percezione della vastità del fenomeno denunziato” l’anno scorso “e fa intravedere un’ampia diffusione della grave distorsione” dentro al Csm. Quindi, ha proseguito, vanno messe in discussione le correnti: “Questo è il momento di dimostrare con coraggio di voler superare ogni degenerazione del sistema delle correnti per perseguire autenticamente l’interesse generale. È indispensabile porre attenzione critica sul ruolo e sull’utilità stessa delle correnti”.
Poi, rivolgendosi “ai giovani magistrati”, parla della “fedeltà alla Costituzione, l’unica alla quale sentirsi vincolati”. Ma il presidente sottolinea che “la stragrande maggioranza dei magistrati è estranea alla ‘modestia etica’ di cui è stato scritto” e che è stata la magistratura a far emergere quei comportamenti “in amaro contrasto” con “l’alto livello” di chi è stato ucciso. Allora, “non si può ignorare il rischio che alcuni attacchi alla magistratura” servano a chi vuole porre “in discussione l’irrinunciabile indipendenza”.
Mattarella, infine, ribadisce un concetto scritto in una nota del 29 maggio in risposta a Salvini che chiedeva lo scioglimento del Csm: “Serve il rispetto rigoroso della Costituzione. Si odono talvolta esortazioni rivolte al presidente della Repubblica perché assuma questa o quell’altra iniziativa”. Così “si incoraggia una lettura delle funzioni del presidente difforme da quanto previsto con chiarezza dalla Costituzione”.
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