giovedì 21 gennaio 2021

Conte: “Rimpasto in sette giorni”. La contromossa per chi tentenna. Luca De Carolis e Wanda Marra

 

Dopo la fiducia. Il primo scoglio: il voto sulla Giustizia il 27 gennaio Preoccupazione per “l’operazione politica” che ancora non decolla.

Vuole e deve accelerare, chiudere la partita della nuova maggioranza entro sette, massimo dieci giorni. Con un rimpasto, ma senza un Conte ter, cioè senza le sue dimissioni. E vuole segnali concreti di vita, dal suo governo. “Ora dobbiamo fare la differenza”, scandisce il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante il breve vertice con i capidelegazione e i leader dei partiti di maggioranza a Palazzo Chigi, prima di salire in serata al Quirinale. Il premier è provato da giorni e giorni di battaglia logorante, ma anche “tranquillo e concentrato” assicurano fonti di governo. Sa che nei prossimi giorni si gioca tutto per l’ennesima volta: il voto di fiducia delle Camere non basta a garantire la sopravvivenza del suo governo, ora serve un’operazione politica.

E così, nella riunione, il premier e i partiti fanno il punto, convenendo sulla necessità di “rafforzare e allargare” la maggioranza e di farlo il più rapidamente possibile. Sanno che Renzi li aspetta al varco. Secondo fonti del M5S, il capo di Iv avrebbe detto ai suoi parlamentari di resistere ancora dieci giorni, “perché li bloccheremo nelle commissioni e poi dovranno tornare da noi”.

Per questo Conte si è dato una settimana, perché il tempo stringe su più fronti. Mercoledì prossimo il Senato vota sulla Relazione annuale della Giustizia del Guardasigilli grillino Bonafede, e Iv ha già annunciato voto contrario. A Palazzo Chigi sono convinti di poter superare anche questo scoglio, ma è un altro test ad alta tensione. Senza contare che è tutto fermo, mentre la data fissata per presentare il Recovery Plan italiano alla Commissione europea è la metà di febbraio. Dunque bisogna formare i nuovi gruppi parlamentari dei Responsabili alla Camera e al Senato, la quarta gamba per sostituire Iv. E continuare a cercare di conquistare parlamentari alla causa, in modo il più possibile organico. “Lavoriamo su tutti i fronti” dicono dal governo. Ma l’operazione politica più importante è quella nei confronti di Forza Italia. Ci sta lavorando direttamente Conte, insieme a Dario Franceschini. E l’interlocutore numero uno è Gianni Letta. Oltre alla sopravvivenza dell’esecutivo, in gioco per il premier c’è la possibilità di fare una propria lista, mentre per il Pd l’obiettivo è portare a casa quella coalizione elettorale anti-sovranista teorizzata da Goffredo Bettini fin dalla nascita del governo giallorosso. Ma sul tavolo ci sono anche gli equilibri dentro l’esecutivo, dopo giornate molto nervose nella maggioranza. I Cinque Stelle più volte hanno richiamato gli alleati ad agire con più forza sui renziani per riportarli nel Pd. Anche per questo i dem ieri ci tenevano a ribadire lo sforzo fatto da loro. Il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, da giorni sottolinea di aver portato sul sì l’intero gruppo dem (anche gente come Luciano Pizzetti che non aveva mai votato una fiducia) e di aver recuperato i renziani Vito De Filippo e Michela Rostan, oltre a Renata Polverini. Per quel che riguarda il Senato, plurime fonti dem raccontano che il capogruppo Andrea Marcucci ha lavorato per settimane su Riccardo Nencini, che conosce da sempre. Sono proprio Marcucci e Delrio, due tra i più critici nei confronti del premier, tanto da insistere per un Conte ter. Ma su questo il premier non vuole ancora cedere. Punta ancora a un rimpasto limitato, con la creazione di qualche posto in più. Operazione che appare difficile, vista la necessità di ricompensare i “Costruttori”, e le richieste pressanti del Pd.

L’idea di Palazzo Chigi è quella di procedere anche con lo spacchettamento di alcune deleghe. Voci insistenti assegnano il ministero dell’Agricoltura a Nencini. L’ex Iv continua a negare di voler togliere il simbolo a Renzi, ma se lo facesse, con l’ingresso dei suoi nel Gruppo Misto e la conseguente redistribuzione nelle commissioni, depotenzierebbe di molto il potere di ricatto dell’ex premier. E poi un posto per il dem Andrea Orlando va trovato, dicono. Si parla anche di quello di sottosegretario a Palazzo Chigi, in sostituzione di Fraccaro, che però è sostenuto da Conte.

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