Lodo Annibali. Il 28 gennaio tornerà l’emendamento per lo stop alla riforma del guardasigilli: i ribelli renziani non sono d’accordo.
Il calendario, per il governo, non è stato fortunato. Non bastavano le dimissioni delle ministre di Italia Viva, la fiducia traballante al Senato (156 voti) e i “costruttori” che latitano. Il primo ostacolo del governo Conte senza i renziani è proprio sul tema che scatena da sempre gli appetiti delle opposizioni e di Matteo Renzi: la giustizia. E l’uno-due dei prossimi dieci giorni rischia di mettere ko il governo, tant’è che non si esclude l’ipotesi di un Conte ter prima di mercoledì. Quel giorno alla Camera e probabilmente giovedì al Senato si voterà sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede sullo stato della Giustizia italiana e il 28 in commissione Affari Costituzionali a Montecitorio scade il termine per presentare emendamenti al dl Milleproroghe: qui il deputato di Azione Enrico Costa ripresenterà il “lodo Annibali” per fermare la norma sulla prescrizione introdotta con la legge Spazzacorrotti. I renziani non potranno non votarlo.
La relazione sullo stato della Giustizia di solito è una formalità: il Parlamento vota su risoluzioni a maggioranza semplice che vengono sempre approvate. Peccato che stavolta proprio contro Bonafede – tanto bistrattato da Renzi che avrebbe voluto sfiduciarlo già a maggio – potrebbe consumarsi la vendetta di Iv. Il ministro parlerà soprattutto di come spendere i 2,3 miliardi del Recovery Plan per assumere personale e snellire i processi, ma Luciano Nobili e il capogruppo al Senato Davide Faraone hanno già annunciato che il partito renziano voterà contro, insieme alla destra. Un voto tutto politico.
E, visto che anche i nuovi “responsabili” Riccardo Nencini, Sandra Lonardo (e forse l’ex berlusconiana Mariarosaria Rossi) in nome del “garantismo” potrebbero già disertare, il rischio che il governo vada sotto è concreto. Sfiduciare politicamente il ministro della Giustizia e capodelegazione del M5S avrebbe un effetto immediato: Conte salirebbe al Colle per dimettersi. Così è scattata la corsa contro il tempo per trovare “costruttori” che neutralizzino i renziani, ma non è detto che i giallorosa ci riescano. Rinviare la relazione non è possibile e anche l’idea di “rimettersi all’aula” (il governo non dà un parere per tenersi fuori dalla contesa) non sembra fattibile: il dato politico resterebbe. Intanto il voto al Senato potrebbe slittare a giovedì mattina: mercoledì alle 16 il ministro sarà alla Camera mentre il voto a Palazzo Madama dovrebbe tenersi qualche ora più tardi. La decisione spetterà alla conferenza dei capigruppo di martedì, dove Iv e la destra hanno la maggioranza.
Se alla Camera i numeri non sono un problema, al Senato sì: il governo si salverebbe solo nel caso in cui si materializzasse un cospicuo numero di responsabili o se i renziani decidessero di astenersi. In questo modo Renzi continuerebbe a trattare con il governo ma è un’ipotesi improbabile. Dal Pd sperano che appena il leader di Iv comunicherà il suo “no” a Bonafede, un gruppo di renziani potrebbe mollarlo: “Qualcosa da qui a mercoledì si muoverà” dice un pontiere dem.
Nel caso in cui il governo uscisse indenne dal voto di mercoledì, già giovedì si ripresenterebbe un altro ostacolo: alla Camera saranno presentati gli emendamenti del decreto Milleproroghe da convertire in legge entro l’1 marzo. E i renziani torneranno all’attacco sulla prescrizione: l’ex FI e passato con Calenda, Enrico Costa, ripresenterà il cosiddetto “lodo Annibali” (come la responsabile Giustizia di Iv Lucia Annibali) per spazzare via la riforma Bonafede entrata in vigore il 1° gennaio 2020 e rinviarla di un anno. I deputati renziani lo voteranno. L’emendamento era già stato presentato un anno fa nel Milleproroghe ma era stato bocciato: adesso, con l’uscita dal governo di Iv, in commissione Affari Costituzionali i giallorosa non hanno più la maggioranza.
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