Leghista suonato - Matteo scaricato dai suoi candidati a Roma e a Milano: destra spaccata.
La campagna elettorale deve ancora iniziare, ma per Matteo Salvini le Amministrative di ottobre sono già un grosso problema. In barba al solito ottimismo sbandierato a favor di telecamera, il leghista ha impiegato sei mesi per trovare i candidati per Roma e Milano, li ha strombazzati come cavalli vincenti e poi è finito per essere sbugiardato da entrambi.
È successo con Guido Bertolaso per la Capitale ed è successo ieri a Milano con Gabriele Albertini, il cui no alla corsa per sfidare Beppe Sala ha aperto l’ennesima frattura pubblica nel centrodestra. Con tanto di smacco personale a Matteo, che ora se la prende con gli alleati per aver “fatto perdere la pazienza” ai suoi candidati, provocandone la fuga.
Ufficialmente, Albertini decide di farsi da parte per motivi familiari. Scrive una lettera a Libero ringraziando per i tanti messaggi di sostegno, assicura che stava “per cedere e dire sì” ma che poi si è fermato: “Non potevo infliggere un disagio a mia moglie. Preferisco sperare di trascorrere con la mia famiglia, finché ci sarà salute, l’ultimo ottavo di vita media”. E nell’uscire dal pressing, Albertini butta lì pure che se avesse vinto avrebbe chiesto a Sala “di entrare in giunta come vicesindaco”, gesto di rispetto per l’avversario ma anche ecumenico segnale per una Milano pronta “alla primavera” dopo “l’inverno della pandemia”.
Tante belle parole di cui Salvini non sa però che farsene, visto che pochi giorni fa anche Bertolaso si è sfilato da Roma lasciandolo col cerino in mano: “Ringrazio chi mi vuole sindaco nella Capitale – la versione del factotum dell’emergenza lombarda – ma cerchino qualcun altro”. E allora il leader leghista – che peraltro aveva scelto due nomi fuori dal suo partito – fiuta la disfatta e si agita, tirando in mezzo Fratelli d’Italia e Forza Italia: “Sono mesi che cerco di costruire e unire il centrodestra in vista delle amministrative. A Roma e Milano avevamo i candidati giusti, ma altri hanno detto no per settimane e mesi e loro hanno perso la pazienza”.
In effetti i passi indietro di Albertini e Bertolaso sono attribuibili solo in parte a ragioni personali, ma molto più alle crepe interne alla coalizione. Il problema è che FdI, a sua volta, scarica le responsabilità su Salvini, che da tempo rimanda il famoso “tavolo” del centrodestra in cui dovrebbero essere definite tutte le principali candidature alle Amministrative, per paura che la trattativa coinvolga vicende molto più nazionali (su tutte: la presidenza del Copasir contesa proprio da Lega e Fratelli d’Italia).
Ed è questo che Daniela Santanchè, riferimento milanese del partito di Giorgia Meloni, rinfaccia al leghista: “Il fatto che Salvini non abbia ancora convocato il tavolo del centrodestra ha determinato la decisione di Albertini. Quando non si hanno risposte e si vive senza sapere poi succede che un candidato si ritiri”.
Non basta allora il nome di Maurizio Lupi, indicato ora come il favorito per sfidare Sala, a calmare i malumori della destra. La lacerazione è molto più profonda e rischia non solo di ritardare la scelta dei candidati su Milano e Roma, ma persino di compromettere l’intesa altrove. A Napoli, per esempio, Giorgia Meloni potrebbe andare da sola sostenendo l’avvocato Sergio Rastelli (figlio di Antonio, ex governatore della Campania dal 1995 al 1999) e lasciando gli alleati al loro destino con Catello Maresca, sperando poi di arrivare al ballottaggio da una posizione di forza.
Uno sgarbo non da poco che potrebbe replicarsi in altre città dove l’accordo è ancora in alto mare, come Salerno o Bologna. Non c’è da stupirsi allora che di questo quadro fracassato, a taccuini chiusi, un big del centrodestra dia una sintesi simile a un epitaffio: “Non esiste più una coalizione”. Figurarsi se possono esistere i candidati.
ILFQ
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