Anche se la prescelta fosse Elisabetta Belloni – una donna al Quirinale, straordinaria novità con quel che ne segue – è giusto, in chiusura, rendere il doveroso omaggio ai protagonisti ignoti di questa rubrichina quirinalizia. Poiché, i franchi tiratori, acquattati e silenti fin dal primo scrutinio (a parte qualche schioppettata dove capita per aggiustare la mira), ieri sono entrati massicciamente in azione regalandoci un paio di gustose vendette.
È bastato, infatti, un solo magistrale agguato dei nostri eroi per fare giustizia di quell’improvvisatore della politica di nome Matteo Salvini. Che, un bel giorno, autonominatosi kingmaker ha proceduto alla più efferata strage di candidati del centrodestra che si ricordi. Indro Montanelli ammirava Stalin perché, diceva, era il comunista che aveva fatto fuori più comunisti. Allo stesso modo Letta, Conte, Bersani, con tutto il cucuzzaro progressista, dovrebbero sincera riconoscenza al “killmaker” della Lega. Il quale dopo avere sterminato Pera, Moratti, Nordio, Frattini (ha risparmiato Cassese, forse impietosito dalla veneranda età), ieri ha compiuto il suo capolavoro mandando a schiantarsi la Casellati, e con lei la credibilità della seconda carica della Repubblica.
Belli carichi ora i cecchini sono in attesa di conoscere il nome dei prossimi potenziali bersagli. E, dunque, se il nome di Mario Draghi fosse tornato di moda, una sua eventuale consacrazione per essere legittimata avrebbe necessitato del consenso più ampio da parte di tutte le forze che sostengono l’attuale governo. Perciò, fuoco! E fuoco probabilmente pure sul plebiscito che verrebbe richiesto da Sergio Mattarella per non escludere a priori l’ipotesi di un sofferto bis. Mentre, se alla fine spuntasse un Casini non ci sarebbe altrettanto gusto a sforacchiarlo. Uno che non farebbe certo lo schizzinoso visto che gli andrebbero bene anche cinquecentocinque voti, purché maledetti e subito. Ma con la candidatura Belloni, amici belli, meglio non scherzare. A questo punto vi vengono a prendere con i forconi.
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