mercoledì 27 gennaio 2010

Fotoricatto con ministro

Inchiesta Vip, fatto sparire un servizio "sorprendente". Duello a Palazzo Chigi, Gianni Letta contro Signorini

di Peter Gomez e Antonella Mascali

A Palazzo Grazioli la serietà della situazione la raccontano i musi lunghi degli uomini più vicini al premier.
Le facce di
Gianni Letta e Paolo Bonaiuti che, secondo quanto risulta a il Fatto Quotidiano, nei giorni scorsi hanno parlato con Berlusconi del caso di Alfonso Signorini.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi teme che la presenza di Signorini alla testa del settimanale Chi – finora utile per evitare la pubblicazione di foto imbarazzanti per il governo, il premier e i suoi familiari – finisca per rivelarsi un boomerang.

L’inchiesta milanese su una serie di presunti casi di estorsione e ricettazione, legati alla compravendita d’immagini poi fatte sparire dal mercato, rischia infatti di legarsi a quella romana sul video, approdato in ottobre fin sulla scrivania del premier, in cui l’ex presidente della regione Lazio,
Piero Marrazzo, era ripreso in compagnia di una transessuale.

Un bel problema per Palazzo Chigi man mano che diventa chiaro come la questione dei sexy scandali non sia esclusivo appannaggio del centrosinistra, ma riguardi ovviamente anche il centrodestra.
Più fonti non giudiziarie riferiscono che nei mesi scorsi è circolato (ed è subito stato fatto sparire) un servizio fotografico definito "sorprendente" su un ministro in carica.

Il Fatto non è ancora in grado di dire chi l’abbia ritirato e a che prezzo. È certo comunque che si tratta di cifre da capogiro se per le foto di
Lapo Elkann, immortalato a Parigi con un’altra trans, sono stati versati, grazie alla mediazione del direttore di Chi 300.000 euro, mentre altri 200.000 sarebbero stati spesi per eliminare un video, forse fatto con un telefonino, in cui compare anche Silvia Toffanin, la fidanzata di Piersilvio Berlusconi.
Il mercato insomma è assolutamente bipartisan e spazia dalla politica, alla moda, dal cinema, fino al giornalismo e il mondo della finanza.

A Milano il pm
Frank Di Maio, che va avanti con gli interrogatori di testimoni e vittime evitando però accuratamente di ascoltarle nel troppo affollato Palazzo di Giustizia, ha concentrato la sua attenzione su una ventina di casi.
Nell’elenco ci sono i nomi dell’ex direttore del Corriere della Sera
Paolo Mieli, del vicepresidente del Milan, Adriano Galliani, di Elisabetta Gregoraci, diStefano Bettarini e della sua ex moglie Simona Ventura, del registaLeonardo Pieraccioni, e quello del ministro della Giustizia Alfano.

Non sempre le loro foto riguardano vicende di sesso o d’infedeltà coniugale. Nel caso, per esempio, di Alfano ci troviamo di fronte a immagini, acquistate, ma non pubblicate da Chi, in cui il Guardasigilli è immortalato come una sorta di padrino, mentre si fa fare la manicure.
In ogni caso, l’inchiesta di Di Maio punta in alto. Non tanto per i nomi dei presunti ricattati, ma perché cerca di far luce sul sistema e sul ruolo di Signorini, diventato potentissimo a Milano come a Roma, grazie al suo rapporto personale di amicizia con Marina Berlusconi e la linea (telefonica) diretta che ha con il premier.

L’ex agente fotografico
Fabrizio Corona, di recente condannato per alcuni casi di presunta estorsione fotografica e già ascoltato da Di Maio, in un’intervista a Oggi ha detto: "Non mi meraviglierei (se tutti questi servizi fossero passati sul tavolo del direttore di Chi). Signorini, attraverso il suo giornale, è quello che paga più di tutti. Il fotografo o l’agenzia che hanno uno scoop prima lo portano a lui. Al centro del sistema c’è lui e attorno a lui ruota tutto il gossip. E non è un semplice interesse editoriale. Oggi Signorini è il burattinaio del teatrino che forse più diverte Berlusconi. Ed è questo il nocciolo della questione. Al centro della nuovaVallettopoli non ci sono ritiri ed estorsioni. C’è il gossip come mezzo di controllo della vita del paese. Dalla politica all’economia, se hai in mano delle foto importanti puoi controllare tutto quello che vuoi".

Quasi un servizio d’informazione parallelo, che ha più compiti. Raccogliere notizie piccanti; far uscire foto o storie che altrimenti non troverebbero mai spazio sui giornali (è Signorini a fare da tramite tra i proprietari del video di Marrazzo e Libero); depontenziare i servizi scomodi, pubblicandone solo la parte più accettabile, come è accaduto con
Barbara Berlusconi; far sparire le foto che possono mettere in difficoltà il premier e i suoi amici.

Un modus operandi su cui dovrebbe riflettere l’Ordine dei giornalisti che riporta alla ribalta la questione del conflitto d’interessi.
Berlusconi – che è anche editore di giornali di gossip in un paese in cui la politica sembra soffrire solo gli scandali legati al sesso – quale tipo di potere finisce per ritrovarsi in mano? Quanto conta avere a disposizione informazioni che riguardano vicende private di avversari, alleati e direttori di giornale?

Domande ovviamente retoriche. Per rispondere basta osservare la straordinaria carriera di Signorini e dei giornalisti a lui più fedeli.
Solo che ora il gioco comincia a scottare. Forse per questo, in attesa di essere chiamato dal magistrato, ieri il direttore di Chi, ha cominciato ha cambiare la disposizione delle scrivanie in redazione. E ha deciso di spostarsi dal suo ufficio (visibile a tutti) in quello più discreto e riparato di Tv Sorrisi e Canzoni. Perché anche quando si fa un mestiere come il suo la privacy è importante.

Da il Fatto Quotidiano del 27 gennaio




http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2427316&yy=2010&mm=01&dd=27&title=fotoricatto_con_ministro

martedì 26 gennaio 2010

Obama, Maroni e la rivolta degli schiavi - Peter Gomez

Giovedì 7 gennaio il presidente americano Barack Obama si è assunto la piena responsabilità per le falle nei sistemi di sicurezza che hanno reso possibile il mancato attentato di Natale da parte di un aspirante kamikaze islamico imbarcato, senza sufficienti controlli, su un volo diretto negli Usa. "E' stato un fallimento dell'intero sistema", ha detto Obama, "la responsabilità finale è solo mia. Come presidente ho la solenne responsabilità di proteggere la nostra nazione e il nostro popolo. E ho il preciso dovere di imparare da questi errori e di correggerli per renderci piu' sicuri. Quando il sistema fallisce la responsabilità è mia".

Venerdì 8 gennaio, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, è intervenuto sulla caccia all'uomo (nero) in corso a Rosarno. La rivolta degli immigrati, ha spiegato Maroni, è "una situazione difficile, così come in altre realtà", determinata dal fatto che "in tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che da un lato ha alimentato la criminalità e dall'altro ha generato situazioni di forte degrado".

La differenza tra i due interventi è evidente. Obama, che è presidente da un anno,
non se la prende pubblicamente con il suo predecessore. Ma, da uomo di Stato, spiega ai suoi concittadini che adesso il suo primo dovere è riparare le falle del sistema.

Nulla di sorprendente per le
democrazie mature. Persino Bush, in una caso analogo, avrebbe probabilmente fatto lo stesso. Negli Usa, come in Inghilterra o in Francia, chi è stato eletto sa di essere stato scelto per tentare di risolvere i problemi e non per protestare contro le eventuali responsabilità di chi lo ha preceduto. Maroni, ma con lui il 90 per cento delle nostre classi dirigenti, si sente invece in perenne campagna elettorale. Così arriva al ridicolo.

Mentre centinaia di schiavi, pagati in nero meno di 20 euro al giorno senza che l'amministrazione dello Stato si sia mai degnata di perseguire i loro sfruttatori, sono costretti a ribellarsi il problema, secondo il ministro, è la troppa tolleranza nei confronti dell'immigrazione. Maroni cioè se la prende implicitamente con i suoi avversari politici troppo buoni con gli extra-comunitari. E dimentica che, per otto degli ultimi dieci anni, l'Italia è stata governata da una maggioranza di centro-destra di cui la Lega ha fatto parte. Una maggioranza che ha persino approvato una legge sull'immigrazione che si chiama Bossi-Fini.
Insomma
il ministro parla da politico (anzi da politicante) in perenne caccia di consensi e non da uomo delle istituzioni incaricato dagli elettori di riparare le falle nel sistema. Anche se Maroni avesse ragione (e ne ha molto poca) oggi il suo compito è quello di proporre soluzioni, non quello di indicare i presunti colpevoli.

A ben vedere, però, il ministro leghista e i suoi colleghi di Casta qualche attenuante ce l'hanno. L'unico modo per arrestare questo disgustoso italico gioco allo scaricabarile è il controllo sull'operato degli eletti da parte dell'opinione pubblica. Nei sistemi normali la voce dei cittadini passa attraverso i mezzi d'informazione. Quando un Maroni qualsiasi dice castronerie del genere, sono i giornalisti, gli opinionisti e le persone che hanno la fortuna di poter parlare sui quotidiani e sulle tv, a intervenire per richiamare governanti e parlamentari ai loro doveri istituzionali. In quelli malati, come il nostro, trova invece spazio sui media (quasi) solo chi è contiguo o dipendente dalle classi dirigenti. E i ministri perdono il controllo.

http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/?r=85823



Grandi riforme: abolire gli elettori. - Marco Travaglio

Da Il Fatto Quotidiano del 26 gennaio 2010

C’è un che di pervicacemente odioso nel comportamento degli elettori pugliesi del Pd.

Alle primarie di cinque anni fa D’Alema ordina di votare Boccia e loro votano Vendola al 51%.

Ora D’Alema riordina di votare Boccia e loro rivotano Vendola, ma al 75%.

Percentuale che a Gallipoli, casa D’Alema, sale all’80 e a Fasano, casa Latorre, all’85.

Più passa il tempo e meno gli elettori capiscono le alte strategie dell’Attila del Tavoliere.

Non che Boccia fosse proprio senza speranze: le ha perse quando D’Alema ha deciso di dargli una mano.

In quel preciso istante persino Vendola, con tutte le cazzate che ha fatto in questi ultimi mesi, è parso uno statista.

Quando poi Max ha dichiarato che “Vendola ha fallito come leader” e “io non ho mai perso un’elezione in vita mia”, è apparso chiaro che Nichi avrebbe stravinto.

Quando infine Max ha assicurato a Boccia che, alla peggio, avrebbe “perso bene”, il giovanotto ormai terreo si è visto definitivamente perduto. Infatti, candidato di un partito al 30%, s’è fatto doppiare da quello di un partito al 2%.

Un trionfo.

Qualche schizzinoso osserva che non è stata una mossa geniale contrapporre a Vendola un candidato già sconfitto da Vendola e poi, per giunta, meravigliarsi se ha riperso con Vendola.

Ma questa è gente che non capisce l’intelligenza di Max.

Che ora, per così poco, non deve darsi per vinto, anzi, insistere nell’opera di rieducazione delle masse.

Magari, fra cinque anni, quando si ripresenterà per la terza volta in Puglia con Boccia al fianco, prenderà solo i voti di un paio di anziane prozie, ma nel frattempo i voti complessivi del Pd saranno scesi a tre: vittoria assicurata col 66%.

L’importante è continuare a seguire gli amorevoli consigli del Pompiere della Sera, che con i suoi Galli della Loggia, Panebianco, Ostellino, Battista e Franco ha gioiosamente sospinto il Pd verso la proficua alleanza con l’Udc di Casini, Cesa e Cuffaro, infinitamente più graditi al popolo del centrosinistra che non, poniamo, un Vendola o un Di Pietro.

Da anni questi giganti del pensiero si affannano a invitare il Pd al dialogo con Berlusconi e a metterlo in guardia dall’antiberlusconismo, come se il travaso di voti del Pd all’Idv fosse colpa di Di Pietro e non merito del Pd.

Ora finalmente assaggiano il risultato dei loro amorevoli consigli: nel giro di un mese l’Attila di Gallipoli ha trasformato il centrosinistra in un campo di Agramante in una delle poche regioni in cui, nonostante lui, aveva ancora un senso e qualche voto.

Ma niente paura: nemmeno le primarie in Puglia serviranno da lezione.

E’ già pronto l’alibi: non potendo dare la colpa a Di Pietro (che si è detto pronto a sostenere tutti i candidati indicati dal Pd, purché gli vengano comunicati prima delle elezioni), il capro espiatorio è già stato individuato nel sindaco di Bari, Michele Emiliano, che per dar retta a Max è uscito pure lui con le ossa rotte dal Risiko dalemiano.

Come se alle primarie non votasse la gente, ma le nomenklature.

Michele Vietti dell’Udc ha le idee ancora più chiare: “Il Pd o abolisce le primarie, o si suicida” (l’Udc le ha abolite prima ancora di farle, anche perché verrebbero continuamente interrotte da retate delle forze dell’ordine).

Ecco, è colpa delle primarie: finché si interpelleranno gli elettori, l’Udc non potrà mai allearsi col Pd.

E manco col Pdl, visto che Casini, Cuffaro e Cesa sono molto popolari anche a destra.

Massimo Franco, sul Pompiere, concorda: guai se il Pd arguisse dalle primarie che i suoi elettori non vogliono l’Udc, guai se tornasse all’“Unione prodiana già bocciata dagli elettori alle politiche del 2008” (in realtà nel 2008 non c’era nessuna Unione prodiana, ma il Pd di Veltroni che l’aveva appena fatta cadere).

Ora, sempre col Pompiere nel taschino, Attila è atteso dalla mission più impossible della vita: dopo aver perso tutte le elezioni e averle fatte perdere anche a Boccia e al Pd, deve riuscire a perdere pure la Puglia contro un Carneade scelto da quel genio di Raffaele Fitto.

Ma, con un po’ d’impegno, ce la può fare.



venerdì 22 gennaio 2010

Anna Maria Moncini, vedova di Bettino Craxi.

(ANSA) - ROMA, 21 GEN - 'Per me e' arrivata la lettera degli italiani, perche' il presidente li rappresenta tutti', dice Anna Craxi sulla lettera di Napolitano. La vedova dell'ex leader Psi commenta cosi' la missiva del capo dello Stato per il decennale della morte di Bettino Craxi. 'Mi ha fatto immenso piacere.
(ansa)

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"Gli aneddoti raccontati da Vespa nel libro, e che hanno scatenato l'ira di Craxi jr, emergono dalle interviste fitte di dettagli inediti a due presunte fiamme di Bettino Craxi, Ania Pieroni e Patrizia Caselli. Della Pieroni (amante di Craxi fino al '91, durante il suo periodo d'oro e di potere) si sapeva già quasi tutto. La Caselli emerge invece come l'amante del periodo successivo al '91, quando il leader del Psi iniziò caddè in rovina e finì poi i suoi giorni latitante ad Hammamet. La prima non fa segreto - nel libro di Vespa - dei dettagli della storia d'amore con Craxi, raccontando anche gli espedienti che i due usavano per potersi incontrare di nascosto. «Non ero la preferita, ero l'unica - rivela - Tu sei la mia malattia, mi diceva». «Sì - spiega Ania - è proprio stata una grande storia d'amore».

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La finzione fa parte del mondo dello spettacolo, vero signora Anna?

Non è stata lei a vivere gli ultimi momenti di suo marito ad Hammamet, ma una sua amante e lei lo sa benissimo.

Ma resta pur sempre la moglie che ha accettato tutto pur di restare moglie di un presidente del consiglio che aveva racimolato tanto danaro, ma tanto da poterlo spartire a moglie e amanti, non aveva importanza per lei che fosse danaro di provenienza illecita ed in gran parte sottratto a noi italiani.

Ora pretende anche che a scriverle la lettera siamo noi italiani rappresentati da un vecchio e decrepito presidente della repubblica.

Mi cancelli dall'annovero, signora, io non sono tra quegli italiani: non ho stima del presidente, non ne ho per lei, non ne ho per il suo defunto marito!


giovedì 21 gennaio 2010

Beppe Grillo sponsorizza Vendola in Puglia.

Grazie, Beppe.
Sponsorizzare Vendola, uno dei pochi non dalemiano e, pertanto, non colluso con i peggiori poteri politici, è stata una scelta ponderatissima!
Salviamo solo la parte buona della politica, il resto deve andare al macero!


mercoledì 20 gennaio 2010

Il valore dell'esempio




















Dopo aver definito il boss mafioso Vittorio Mangano "un eroe" e aver riabilitato il corrotto Bettino Craxi, Silvio Berlusconi e i suoi uomini stanno per approvare una legge che cancellerà centinaia di migliaia di processi. Per salvare il premier, i diritti delle vittime dei reati vengono così azzerati. E i criminali tornano o restano in libertà. Noi de Il Fatto quotidiano questo mondo alla rovescia non lo vogliamo.

Per noi, nel pantheon immaginario che dovrebbe essere alla base del convivere civile, non ci sono i delinquenti.

Ci sono, invece, tutti quegli uomini e quelle donne che hanno speso la vita per combattere la criminalità organizzata, per arginare la corruzione, per garantire al Paese la libertà di parola, di voto e di pensiero.

In una frase: tutte quelle persone che hanno tentato di rendere l'Italia un po' migliore. I nostri eroi sono questi. In redazione ne abbiamo scelti cinque: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Sandro Pertini, Enrico Berlinguer e Giorgio Ambrosoli.

Ma potevano essere molti di più. Per questo adesso vi chiediamo, cari lettori, che anche voi facciate una scelta. La vostra scelta.

Vogliamo sapere quali sono i vostri eroi.

Indicate, se volete, i loro nomi qui sotto.

Spiegate nei commenti il perché della vostra decisione.

E domandate ai vostri amici, attraverso la rete o il passaparola, di fare altrettanto.

Noi pensiamo che in questo paese le persone perbene, a destra come a sinistra, siano ancora una larga maggioranza.

E partendo da un piccolo sondaggio come questo vogliamo cominciare a dimostrarlo.

Perché se saremo tantissimi anche loro, quelli che inneggiano a Mangano e santificano Craxi, cominceranno a rendersene conto.

Peter Gomez

http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578