mercoledì 10 febbraio 2010

Marcello Dell'Utri: Io senatore, per non finire in galera

Viaggio in treno con Dell’Utri: spiega racconta, si confida. Un bilancio

"A me della politica non frega niente, io mi sono candidato per non finire in galera”.
Frecciarossa Milano-Roma. Marcello Dell’Utri, senatore del Pdl condannato in primo grado a nove anni per mafia, si addormenta, seduto al suo posto, dopo aver mangiato un panino nella carrozza ristorante. Con lui, una guardia del corpo. Poi squilla il telefono e Dell’Utri – faccia dimessa – si sveglia e parla volentieri, a voce bassa.

Senatore, lei è su tutti i giornali per le dichiarazioni di Massimo Ciancimino.

Due sono le opzioni: o mi sparo un colpo di pistola, o la prendo sul ridere. Di certo farò un’interpellanza parlamentare per capire cosa c’è dietro queste calunnie.

Ma cosa ci guadagna Ciancimino a dire queste cose?

Guadagna molto: intanto gli sconti di pena. La sua condanna a cinque anni, dopo le sue prime dichiarazioni, è stata scontata a tre anni. Non è poco: tra indulti e cose varie non avrà nessuna pena. Poi ci guadagna la salvezza del patrimonio che il babbo gli ha lasciato. Sta tutto all’estero.

E chi è il regista che ha interesse a favorire Ciancimino perchè faccia i vostri nomi?

Sicuramente chi lo gestisce è lo stesso pubblico ministero che era il mio accusatore nel processo di primo grado: questo Ingroia.
Antonio Ingroia è un fanatico, visionario, politicizzato. Fa politica, va all’apertura dei giornali politici, ha i suoi piani. Ciancimino padre io non l’ho mai visto né conosciuto, non ho preso il suo posto, quindi non c’è nulla: è tutto montato. Qui c’è un’inquisizione. C’è una persecuzione: Torquemada non mollava la sua preda finché non la vedeva distrutta.

Però è difficile sostenere che Ciancimino, Spatuzza e tutti i pentiti che l’hanno accusata nel corso del suo processo, siano manovrati.

Ma questo non è un problema, Andreotti ne aveva anche di più di pentiti che l’accusavano.

Infatti Andreotti è stato riconosciuto colpevole del reato di associazione a delinquere (mafiosa) fino al 1980.

Ma la faccenda di Andreotti è complessa, io non l’ho capita bene, bisognerebbe studiarla. Questi, i miei accusatori, sono preparati. C’è una cordata che non finisce più, una cordata infinita.

Secondo Ciancimino il frutto della trattativa tra mafia e Stato fu proprio Forza italia, una sua creatura.

Questo Ciancimino è uno strano. Lo sanno tutti, a Palermo. È il figlio scemo della famiglia Ciancimino.

Non ha l’aria tanto scema.

Non scemo, diciamo che è uno particolarmente labile. Ha un fratello, a Milano, che è una persona dignitosissima, infatti non parla neanche. Tutti sanno invece che questo [Massimo Ciancimino, ndr] è un figlio un po’ debosciato: gli piacciono le macchine, i soldi. E’ capace di fare qualunque cosa.

Anche il pentito Gaspare Spatuzza dice che tra lei, Berlusconi e i fratelli Graviano è stato raggiunto un accordo.

Ma di che parliamo? Falsità, calunnie. Sono tutte persone che hanno davanti anni di galera, è da capire. Salvano la loro pelle.

Paolo Borsellino parla di lei e di Berlusconi nell’ultima intervista che ha rilasciato prima di essere ucciso.

Era un’intervista manomessa, manipolata. Quando l’abbiamo vista per intero [nel dvd allegato al Fatto Quotidiano, ndr] abbiamo capito come stavano le cose. Risulta chiaro che Vittorio Mangano non c’entrava niente: quando parlava di cavalli, intendeva cavalli veri.

Però secondo Borsellino quando si parlava di cavalli ci si riferiva a partite di eroina.

Nel gergo può essere, ma in quella circostanza si trattava di cavalli veri. Ho fornito le prove: era un cavallo, con un pedigree, che si chiamava Epoca.

Mangano però parlava anche di un cavallo e mezzo...

Questo era un linguaggio che aveva con altri, con un certo
Inzerillo, non con me. Lì "un cavallo e mezzo" era evidentemente una partita di droga.

Capisce che alla gente può sembrare strano che lei dia dell’eroe a uno che, anche a suo dire, trafficava eroina?

Certo, come no, capisco tutto. Ma io non ho detto che è un eroe in senso assoluto. È il mio eroe!

E lei ha mantenuto i contatti con Mangano anche dopo che è uscito di galera, quando erano ormai noti i reati che aveva commesso.

Ho tenuto i contatti, certo, l’ho detto. La mia tranquillità nasce dal fatto che non ho niente di cui vergognarmi.

Berlusconi è arrabbiato con lei?

No, perché? Mi conosce bene.

Neanche un po’ infastidito da tutti i problemi che gli causa?

Io? Che c’entro io? L’ha voluta lui Forza Italia. Io ho solo eseguito quello che era un disegno voluto dal presidente Berlusconi. Non posso arrogarmi meriti che non ho.

Non sente una responsabilità, visto il suo ruolo politico?

Io sono un politico per legittima difesa. A me della politica non frega niente. Mi difendo con la politica, sono costretto. Quando nel 1994 si fondò Forza Italia e si fecero le prime elezioni, le candidature le feci io: non mi sono candidato perché non avevo interesse a fare il deputato.

Poi, nel 1995, l’hanno arrestata per false fatture.

Mi candidai alle elezioni del 1996 per proteggermi. Infatti, subito dopo, è arrivato il mandato d’arresto.

E la Camera l’ha respinto. Ma le sembra un bel modo di usare la politica?

No, assolutamente. È assurdo, brutto. Speriamo cambi tutto al più presto! Ma non c’era altro da fare...

Perché non si difende fuori dal Parlamento?

Mi difendo anche fuori.

Perché non soltanto fuori?

Non sono mica cretino! Mi devo difendere o no? Quelli mi arrestano!

Se arrestano me cosa faccio, mi candido anch’io?

Ma a lei perché dovrebbero arrestarla? E poi a lei non la candida nessuno, quindi non si preoccupi. Io potevo candidarmi e l’ho fatto.


Ha fatto anche i circoli del Buon governo.

Si figuri che non abbiamo neanche più i telefoni perché non avendo più risorse per pagarli sono stati, diciamo, tagliati.

Voi non avete più risorse?

Sì, sì. Così è. Adesso lasciamo l’affitto della sede di via del Tritone a Roma perché non riusciamo più a mantenerlo.

E il Pdl non vi sovvenziona?

Il Pdl è avverso ai circoli: è fatto di persone che hanno preso il potere e hanno paura di chiunque sia migliore di loro.

Che fa se la condannano in appello?

Vado in Cassazione!

Non si dimette?

Ma sta scherzando?

E se la condannano in Cassazione?

Eh lì vado in galera. A quel punto mi dimetto.

Da
il Fatto Quotidiano del 10 febbraio


martedì 9 febbraio 2010

"Qui? Peggio della galera". Immigrati, video choc dal Cie di Bari (GUARDA)



Bari - (Adnkronos) - Il racconto di alcuni clandestini nel filmato girato all'interno Centro di identificazione ed espulsione tra dicembre e gennaio. Uno di loro: "Veniamo trattati male peggio dei cani. Per favore fate qualcosa...."

Possiamo definirci un paese civile?


mercoledì 3 febbraio 2010

Ci avete fatto caso?


Ci avete fatto caso?


Sta tenendo in una morsa l'intera nazione, al collasso economico, con il ricatto della sua immunità, oltretutto, ogni volta che si deve votare una legge modellata su misura per la sua persona, è fuori, lontano, a concludere affari personali, e a praticare, probabilmente, postriboli.

I suoi viaggi, infatti, da quando è stata resa nota la sua dipendenza da escort sono diventati più frequenti.

Mi domando, ogni momento della mia giornata: ma chi può averlo eletto?
Chi gli ha dato fiducia?

E cerco di capire, seguendo una logica.

Oltre alle casalinghe di Voghera che sono sempre al telefono a ciarlare con le amiche o che stanno davanti alla tv a vedere programmi deficienti tipo il tronista o ballando sotto le stelle o gli sfigati della domenica o i carcerati nella casa degli imbecilli, e non sono tantissime, chi altri lo ha votato?

Senza dubbio gente senza cervello: i leghisti.

Ma non bastano neanche le casalinghe di Voghera e i leghisti, quindi, bisogna cercare altrove.

Chi può avere interesse a votare un simile individuo?

La chiesa non dovrebbe, ha violato tutti i crismi, ma potrebbe averlo votato per interesse.

Ma non bastano le casalinghe, la chiesa ed i leghisti.

Chi ha maggior interesse a mantenere al potere una feccia di questo tipo?

Le organizzazioni malavitose!

E, infatti, le poche leggi fatte, oltre a quelle per la sua persona, sono quelle fatte a favore della delinquenza organizzata!

Ecco da chi prende i voti il premier dei miei stivali: casalinghe di Voghera, leghisti, clero e organizzazioni malavitose!
(in Italia ne abbiamo ben 4!)

E con questo bel pò-pò di voti non ce lo leviamo più di torno!

Lui candida collusi con le organizzazioni mafiose per ottenere la vittoria assoluta!

Lui non è limpido, lui è torbido!



Ciancimino: i soldi della mafia per la Milano2 di Berlusconi - Peter Gomez


D’accordo, Massimo Ciancimino dirà pure “minchiate”così come ha fatto, per lastampa vicina al centrodestra, il pentitoGaspare Spatuzza.
È vero, finora nessuno è riuscito a capire se il figlio di don Vito, quando afferma che suo padre finanziò la costruzione di Milano 2, assieme ai grandi imprenditori mafiosiBuscemi e Bonura, sia in grado di produrre documenti a sostegno delle accuse.
È indiscutibile poi che sulle ragioni per cui Ciancimino junior ha deciso di parlare pesino ancora molti interrogativi: punta a sconti di pena?
Vuole salvare il tesoro di famiglia?
Tutto giusto.
Tutte domande e obiezioni legittime.
Ma se non si vuole ridurre l’intera storia di questo paese a un processo, da cui per mille motivi si può uscire colpevoli o innocenti,una riflessione andrebbe fatta.
E soprattutto una cosa andrebbe ricordata: il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non ha mai voluto spiegar l’origine delle sue fortune.
Non che le occasioni gli siano mancate, intendiamoci.
L’ultima risale al 26 novembre del 2002.
Quel giorno il tribunale, che stava processando Marcello Dell’Utri, si spostò a Palazzo Chigi per ascoltarlo.
Berlusconi però si avvalse della facoltà di non rispondere. Il codice glielo consentiva, certo.
Ma glielo può consentire il decoro istituzionale, la politica e la stampa?
Anche perché,in questo caso, gli interrogativi non seguono le inchieste.
Le precedono.
Nel 1976 Giorgio Bocca, per esempio, scriveva: “Un certo Berlusconi costruisce Milano 2, cioè mette su un cantiere che costa 500 milioni al giorno.
Chi glieli ha dati?
Non si sa.
Chi gli dà i permessi e dirotta gli aerei dal suo quartiere? [...]
Noi saremmo molto curiosi, molto interessati a sapere dal signor Berlusconi la storia della sua vita”.
Di risposte ovviamente nessuna.
O meglio una arriva.
Ma tre anni dopo, nel ‘79 quando l’attuale deputato Pdl, Massimo Maria Berruti, allora capitano della Guardia di finanza, conduce una verifica sull’Edilnord.
I militari vogliono chiedere al Cavaliere cosa ci sia dietro a due fiduciarie svizzere che hanno pompato miliardi nella sua città satellite.
Ma lui ribatte: non so niente, l’Edilnord non è mia, “sono solo un consulente esterno”.
Salvo Berruti, che pochi giorni dopo lascia la divisa per diventare un suo avvocato, tutti pensano alla balla.
Ma oggi, dopo anni di silenzi e aver ascoltato Ciancimino junior, il dubbio viene.
Forse, almeno quella volta, Berlusconi ha detto la verità.