domenica 12 settembre 2010

Puglia, buonuscita record di 8 milioni agli ex consiglieri




di MASSIMILIANO SCAGLIARINI

BARI - Ad agosto di solito gli uffici pubblici sono chiusi. Ma non tutti, e soprattutto non per tutti. E così, mentre qualcuno andava al mare, gli ex consiglieri regionali pugliesi sono passati alla cassa per riscuotere gli assegni di fine mandato. Un regalino che vale otto milioni di euro, dei quali tre milioni e mezzo appena erogati sull’unghia. Alla faccia di tutte le crisi. Il 25 agosto gli uffici di via Capruzzi hanno infatti liquidato 40 mandati di pagamento che vanno dai 21mila euro degli assessori esterni Magda Terrevoli e Gianfranco Viesti ai 236mila euro di Sandro Frisullo.

Proprio così: l’ex vicepresidente della giunta Vendola, che durante la detenzione ha continuato a beneficiare dell’indennità da consigliere in virtù di una legge regionale unica in Italia (e che oggi si consola con una pensione da 10mila euro lordi al mese), è il destinatario del bonifico più corposo. In realtà, Frisullo (che vanta tre legislature in via Capruzzi) aveva già portato a casa 152mila euro a titolo di anticipazione sull’assegno di fine rapporto: la sua liquidazione totale, dunque, sfiora i 400mila euro. Per tutto questo ben di dio gli ex inquilini di via Capruzzi devono ringraziare Mario De Cristofaro, il mitologico presidente del consiglio regionale che nel 2003 (in era-Fitto) fortissimamente volle questa legge-prebenda. Nella quale, oltre al vitalizio (che si somma alla pensione), è previsto pure l’asse gno di fine mandato: un anno pieno di indennità (oggi è pari a 129.664,32 euro) per ogni legislatura di servizio. Non contenti, otto mesi dopo la legge che ha aperto la banca, i consiglieri regionali si sono fatti pure il bancomat: nella successiva finanziaria regionale (legge 1/2004, articolo 57) hanno infatti nascosto una normetta che permette di richiedere anticipi fino all’80%.

Tra gli ex della scorsa legislatura ne hanno approfittato in 19, mentre tra i consiglieri in carica l’ultimo è stato Nino Marmo: ha ottenuto altri 34mila euro che si sommano ai 283mila già ottenuti precedent emente. Così come tecnicamente il vitalizio non è una pensione, l’assegno di fine mandato non è una liquidazione: a differenza dei comuni mortali, i consiglieri regionali ricevono infatti l’intero importo (ovviamente al netto delle tasse sul reddito) e non devono lasciarne un pezzetto ai fondi di categoria. E dunque, sono soldini sonanti.

Qualche esempio: Luigi Caroppo, che era già stato consigliere regionale e al primo mandato non aveva chiesto la liquidazione, ha ricevuto 226mila euro. Un altro ex di lungo corso come Mimmo Lomelo ne ha presi 133mila che si sommano ai 229 già ricevuti in precedenza. Ma quelli che in totale hanno incassato di più sono Roberto Ruocco e Giovanni Copertino. Tra anticipi e saldi l’ex An di Cerignola è arrivato a quota 491mila euro, mille euro meno rispetto a Copertino: che però sui banchi di via Capruzzi ci ha passato esattamente 20 anni.




sabato 11 settembre 2010

P3, Martino: “Cesare” è Berlusconi Senatori pagati per far cadere Prodi


«Il suo vice è Marcello dell'Utri». Le pressioni sui magistrati e le manovre in Cassazione per la causa Mondadori.


di Valentina Errante e Massimo Martinelli

ROMA (11 settembre) - Le manovre in Cassazione per favorire la Mondadori, quella alla Consulta per il lodo Alfano, gli incontri a casa di Verdini e il suo interesse per il business dell’eolico, i magistrati amici e i senatori comprati per far cadere il governo Prodi.

E poi ”Cesare”, cioè Silvio Berlusconi. E il ”vice Cesare”, cioè Marcello Dell’Utri. Così, alle dieci e 45 di una calda mattina di metà agosto, Arcangelo Martino ha raccontato per otto ore la sua versione sulla loggia P3 al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Chi è Cesare? Quando i pm gli chiedono chiarimenti sulla conversazione del 2 ottobre scorso tra l’ex sottosegretario Nicola Cosentino, anche lui indagato, e Pasquale Lombardi che al telefono dicono «”Cesare” è rimasto contento per quello che gli stiamo facendo per il 6» (il giorno dell’udienza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano), Martino spiega che ”Cesare” era Berlusconi” e ”vice Cesare” e dell’Utri. Per poi chiarire che erano gli altri ad utilizzare questi nomi in codice. Ma che lui ne conosceva il significato.

La causa Mondadori. Se ne comincia a parlare al ristorante, da Tullio, dove una volta a settimana Lombardi riuniva i suoi ”amici”. Accade il 23 settembre 2009, qualche ora prima di andare a casa di Denis Verdini. Ci sono Lombardi, e Flavio Carboni, il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, l’ex avvocato generale della Cassazione Antonio Martone, e forse anche (Martino dice di non ricordare bene) il parlamentare Renzo Lusetti, il magistrato Angelo Gargani, capo di servizio al controllo interno del ministero, la deputata Nunzia di Girolamo e il magistrato Arcibaldo Miller, capo degli ispettori ministeriali. Viene fuori - secondo il verbale - che Mondadori deve pagare 450 milioni di euro di tasse che la società del presidente del consiglio avrebbe evaso.

Martino racconta che Lombardi annuncia un possibile intervento presso la Cassazione per ottenere un esito favorevole. Lo dice e prende un taxi per il Palazzaccio, lasciando i commensali a discutere nella saletta riservata del ristorante. Poi torna, lasciando intendere di aver parlato con il primo presidente Vincenzo Carbone e con il procuratore generale Vitaliano Esposito e spiega il piano. Il problema di Mondadori si potrà risolvere con il trasferimento della causa dalla sezione Tributaria alle Sezioni Unite. Cosa che poi avverrà puntualmente, e sulla quale il procuratore aggiunto Capaldo ha già interrogato due alti magistrati della Corte. Poche ore dopo, racconta Martino, Lombardi si preoccupa di avvisare Denis Verdini e Marcello Dell’Utri che si è trovata la soluzione per il lodo Mondadori.

Il Lodo Alfano. Racconta Martino che sempre da Tullio, Lombardi avrebbe fatto una relazione sulla situazione del Lodo Alfano. Avrebbe anche riferito dei suoi controlli alla Corte Costituzionale, che in quei giorni doveva decidere se bocciare o no la legge. Sostenendo che ci fossero buone speranze per la promozione del lodo. Poi, di fatto ”cassato” dalla Consulta. Qualche settimana dopo, in casa Verdini, dove c’era anche il senatore Marcello Dell’Utri, invece Lombardi indicava i nomi dei giudici che aveva contattato e si diceva ottimista su una decisione a favore della legge. Anche un giudice donna avrebbe votato per la costituzionalità. L’unico a esprimere preoccupazioni sarebbe stato il senatore Dell’Utri.

Verdini e l’eolico. Il 23 settembre, quando Martino, Lombardi e gli altri si presentano a casa Verdini, il coordinatore del Pdl è impegnato con il presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci. E’ Flavio Carboni a dire a Martino e Lombardi che Cappellacci è un uomo di Verdini, perché il coordinatore del Pdl ha contribuito alla sua elezione. Carboni, nel corso di quell’incontro, avrebbe spiegato l’importanza della riuscita degli investimenti economici sull’eolico e a quel punto Martino dice di aver compreso quanto Verdini fosse direttamente interessato alla vicenda. Così come Dell’Utri.

I senatori comprati. A Martino gliene parla Ernesto Sica, il sindaco di Pontecagnano indagato nell’inchiesta P3 per il dossier confezionato per bruciare la candidatura alla Regione Campania di Stefano Caldoro. Martino racconta che Sica gli era stato presentato da Umberto Marconi, presidente della Corte d’Appello di Milano. Il sindaco di Pontecagnano gli avrebbe riferito dei suoi rapporti di amicizia con Silvio Berlusconi, che aveva un debito di riconoscenza nei suoi confronti perché grazie a lui, alla mediazione di un imprenditore amico e al pagamento di cospicue somme di denaro, i senatori Scalera (ex Pd oggi Pdl) e Andreotti avrebbero votato contro Prodi contribuendo a far cadere io suo governo. In quell’occasione, Sica avrebbe mostrato anche gli appunti con gli estremi di presunti versamenti a Scalera. Notizie che Martino si preoccupa di ”girare” a Dell’Utri. E poco tempo dopo l’aspirante presidente della Regione Campania viene convocato da Denis Verdini, che lo tranquillizza assicurandogli un posto nella giunta regionale campana. Martino racconta che Sica aveva più volte minacciato di denunciare la corruzione dei senatori, ma che non avrebbe poi presentato alcun esposto. Ed è il coordinatore del Pdl a riferirgli che Berlusconi lo riteneva un ricattatore.

I magistrati amici. Martino snocciola i nomi in apertura di verbale, dicendo che Lombardi si vantava di averne favorito alcune carriere. Oltre a Marra e a Marconi, cita anche Paolo Albano procuratore in Molise e Bonaiuto, presidente di Corte di appello a Napoli. E diceva di essere in ottimi rapporti con l’allora vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, con Vincenzo Carbone e Vitaliano Esposito e con il sottosegretario Caliendo.

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=118422


giovedì 9 settembre 2010

Con la fine della legislatura alle porte niente “Parlamento pulito” -


Se le camere verranno sciolte le 350 firme raccolte dal movimento di Grillo finiranno nell'archivio storico del Senato

Le 350 mila firme (e ne bastavano 50 mila) nel dimenticatoio. Raccolte dal Movimento 5 Stelle diBeppe Grillo per il “Parlamento pulito” adesso sono a rischio. Archiviate nell’ufficio atti legislativi del Senato, con la morte della legislatura finirebbero in soffitta e la proposta di legge d’iniziativa popolare dovrebbe essere ripresentata.


Portate inSenato mentre a Palazzo Chigi l’inquilino era
Prodi (le firme rimangono “in vita” per due legislature) adesso con una crisi di governo che appare imminente rischiano di finire in un archivio storico del Senato, mentre “la materia verrà trattata – spiega il senatore Carlo Vizzini (Pdl), presidente della commissione Affari costituzionali – se il Parlamento deciderà di affrontare il tema di una riforma della legge elettorale”. Intanto tutto è fermo, “come anche tutte le proposte di legge, pure di iniziativa parlamentare, che trattano di riforme costituzionali, perché anche su quel versante non c’è stato un consenso tale tra le forze politiche che abbia consentito di trattare il tema in aula”, spiega il senatore Stefano Ceccanti(Pd).

Quindi, se il Quirinale, invece di sciogliere le Camere, imboccasse la strada di un nuovo governo, tra i cui compiti la legge elettorale dovrebbe essere prioritaria, i parlamentari sarebbero obbligati, dalla deliberazione della commissione, a tenere conto e discutere delle richieste di quelle 350 mila firme: un Parlamento senza condannati (in via definitiva, o anche in primo grado se si tratta di mafia), un limite di due mandati per onorevoli e senatori e la reintroduzione delle preferenze.

Beppe Grillo in un’intervista al Fatto Quotidiano ieri si è rivolto al presidente del Senato
Renato Schifani: “Deve dirci dove sono finite le 350 mila firme che avevamo raccolto per la legge sul Parlamento pulito. Se non ce lo dirà, andremo a prendercele noi”. Sempre ieri sul Corriere della Sera Gian Antonio Stella ha chiesto: “È passato troppo tempo da quando quelle firme sono state portate a Palazzo Madama: non andavano bene? C’era qualcosa che non quadrava?”. E ancora: “O Grillo mente quando accusa il Parlamento di non aver più fornito alcuna risposta (e in questo caso può essere facilmente sbugiardato) o il Parlamento si sta comportando in modo inaccettabile”.

La risposta, quindi, la fornisce lo stesso presidente della commissione senatoriale che ha preso in carico l’esame della proposta di legge in data 22 dicembre 2008: “Sono io che presi a cuore la cosa – afferma Vizzini – tanto che convocai Grillo in audizione”. Un’altra strada sarebbe quella di approvare in commissione la proposta di legge, portandola poi alla discussione in aula, ma “per far questo dovrebbe decidere di discuterne la maggioranza in commissione e se devo essere sincero la vedo dura – dice ancora Vizzini – perché vedo le forze politiche molto distanti sulla possibile riforma della legge elettorale, mi parrebbe strano trattare solo quei tre aspetti e non un disegno complessivo”.

Quindi per ora, l’unica risposta che rimane ai 350 mila firmatari e a Beppe Grillo, è quella fornita dalla vicepresidente della commissione
Maria Fortuna incostante il 10 giugno 2009: “Il disegno di legge di iniziativa popolare sarà esaminato congiuntamente agli altri disegni di legge in materia elettorale in base al programma di lavori che sarà definito”. Non è mai stato fatto e oggi il rischio che si vada al voto anticipato appare concreto: con la fine della XVI legislatura la proposta di legge “Parlamento pulito”, presentata nella XV, sarà azzerata. Tutto da rifare.

di
Ferruccio Sansa e Giampiero Calapà

da
il Fatto Quotidiano del 9 settembre 2010

Berlusconi padrone di casa della consigliera Pascale e della ‘raccomandata’ Rai - di Marco Lillo


Berlusconi padrone di casa della consigliera Pascale e della ‘raccomandata’ Rai

Francesca Pascale, assieme a un seggio a Napoli ha trovato pure un tetto (di lusso) a Roma. Sistemata anche Adriana Verdirosi, 'raccomandata' Rai

Magari potessi, magari”, gridava a Gad Lerner la giovane Francesca Pascale nella trasmissioneL’Infedele incentrata sullo svilimento del corpo delle donne. La ragazza difendeva Papi-Silvio di fronte alle critiche per lo stile di vita poco morigerato. “Tutta invidia” secondo la giovane napoletana. “Magari potessi farlo anche io”, diceva allora ammiccando ai telespettatori. Finalmente quell’antico desiderio, almeno in parte, si è realizzato. Un frammento dello specchio delle brame berlusconiano, Francesca lo ha agguantato.

Dopo l’ingresso nel partito di Berlusconi, dopo l’ingresso nella villa sarda di Berlusconi, è riuscita finalmente a insediarsi in pianta stabile in una casa del
Cavaliere. Il Fatto Quotidiano ha scoperto che la ragazza napoletana eletta consigliere provinciale a Napoli nel 2009, abita in un appartamento di Silvio Berlusconi.

Per l’esattezza è inquilina della
Immobiliare Dueville Srl, partecipata al 40 per cento dallaDolcedrago di Berlusconi e per il restante 60 per cento dalla Holding Prima e dalla Holding Ottava, due delle 22 società omonime che controllano la Fininvest. Non basta: sempre mediante la Dueville, nello stesso periodo, il presidente del Consiglio ha comprato un secondo appartamento a Roma in zona Cassia. Sul citofono si legge da pochi mesi il cognome di Adriana Verdirosi, un’altra valletta che compariva nelle liste dei nomi delle candidate per le elezioni europee del 2009, poi depennate grazie all’intervento pubblico di Veronica Lario.

Berlusconi non è nuovo ad acquisti immobiliari a Roma. Nel 2004 comprò mediante un’altra società un attico alla
Balduina dove la conduttrice della RAI Sonia Grey abitava in affitto da anni. Per la sua vecchia fiamma Virginia Sanjust nel 2006 spese 2 milioni e 250 mila euro per un appartamento in piazza Campo dei Fiori. La storia di Francesca Pascale, rispetto alle altre, assume anche un risvolto di interesse pubbblico. L’amica napoletana del presidente del consiglio è stata candidata alle elezioni provinciali del 2009 e gratificata con una consulenza al ministero dei beni culturali. Ora si scopre che il Cavaliere e la giovane promessa del Pdl di Posillipo sono legati oltre che dalla passione politica anche da quella per le belle case. L‘appartamento in questione è inserito in un comprensorio signorile in cima a via Cortina d’Ampezzo, in zona Trionfale, è composto di una sola camera, servizi e terrazzo ed è costato al Cavaliere ben 470 mila euro. Un prezzo molto elevato ma che si giustifica per la presenza del box e soprattutto per il contesto. Il palazzo è videosorvegliato e presidiato all’ingresso da un portiere ed è dotato di una bella piscina condominiale circondata dal verde e dai lettini prendisole.

Al citofono risponde
Catiuscia Pascale: “Francesca non c’è”, dice con grande disponibilità, “io sono sua sorella e sono venuta a trovarla. Ogni tanto, visto che vivo a Latina, mi appoggio qui”. Quando il cronista chiede perché la sorella abita in una casa del presidente del consiglio, lei cade dalle nuvole: “ma cosa dice? La casa non è di Berlusconi, mia sorella è in affitto qui da circa un anno e non mi ha mai detto nulla del genere. Mi viene da ridere solo all’idea”. Le visure della conservatoria dei registri ipotecari di Roma raccontano un’altra storia: il 19 ottobre del 2009 la società Immobiliare Dueville Srl con sede in Segrate, rappresentata da Marco Sirtori, compra dalla Alef Immobiliare pagando 370 mila euro in contanti e estinguendo il mutuo di 99 mila euro che ancora gravava sull’immobile. Una somma alla quale bisogna aggiungere i 24 mila euro incassati dal mediatore immobiliare e le tasse pari a 47 mila euro. L’esborso di oltre 540 mila euro è solo un investimento immobiliare del Cavaliere o anche un bel gesto verso la giovane collega di partito? La sorella dice che Francesca Pascale è in affitto e che in famiglia nessuno sapeva dell’insigne locatore. Per capire se si tratta dell’ennesimo caso di un politico ben accasato “a sua insaputa”, Il Fatto Quotidiano ha cercato di ottenere la versione di Francesca Pascale, ma la consigliera provinciale non si è fatta viva.

Il rapporto tra la giovane napoletana e il Cavaliere nasce nel 2006. A quel tempo questa giovane laureata è famosa più per i suoi balletti ancheggianti che per le sue idee. In una trasmissione cult sulla tv locale Telecapri (“Il Telecafone”) balla e canta insieme a tre colleghe: “se mostri un po’ la coscia si alza l’auditelle, se muovi il mandolino si alza l’auditelle, se abbassi la mutanda si alza l’auditelle”. A Napoli il ritornello inventato dal cabarettista Oscar Di Maio lascia il segno. Su Youtube i video dell’attuale consigliere provinciale di Napoli che struscia il suo top mozzafiato sul compiaciuto comico Di Maio restano tra i più cliccati. Il telecafone pelato sorride vestito come un camorrista e canta il suo inno ironico al “cafunciello”. Francesca Pascale e le colleghe improvvisano un merengue sull’erba mentre il lui sventola un tubo di gomma con pose alla Merola (Mario, beninteso, non Valerio) e schizza acqua sulla telecamera.

Purtroppo per i patiti del genere, al culmine di questa fulminante parabola nello show biz partenopeo, che lascia una scia generosa di immagini sulla rete, Francesca Pascale abbandona una strada segnata per scendere (o meglio salire) in campo. La sua ascesa dal sifone di Telecapri alla piscina di Roma, dal Telecafone al Telepadrone, è una tratettoria istruttiva della selezione della classe politica nel mondo berlusconiano. Nel 2006 Francesca Pascale fonda con un paio di amiche
il circolo “Silvio ci manchi” ispirato dalla nostalgia che attanagliava il Vesuvio per la dipartita del premier da Palazzo Chigi.

Le animatrici del comitato fanno tutte carriera: Francesca Pascale è consigliere in provincia dal 2009; Emanuela Romano è assessore a Castellamare di Stabia dal 2010, ma diventa celebre il 28 aprile 2008 quando il padre si cosparge di benzina come un bonzo sotto Palazzo Grazioli minacciando di darsi fuoco se Silvio non provvede a sistemare la figlia. MentreVirna Bello, bionda pienotta che si autodefinisce la Braciolona, è oggi assessore a Torre del Greco. Quando le tre ragazze vengono fotografate mentre scendono dall’aereo privato del Cavaliere a Olbia, è Francesca Pascale quella più decisa del terzetto che si incammina con piglio da leader verso Villa Certosa. E, mentre la Romano con i giornali nega di essere lei, Francesca rivendica la sua deliberata scelta politica: “Ma che scherziamo, certo che siamo noi! A ottobre del 2006 ci siamo presentate e appena qualche settimana dopo siamo partite in aereo per Villa Certosa”. A Repubblica proclamava: “non c’è niente di cui vergognarsi, era una convention politica”.

Da allora, quando il Cavaliere scende a Napoli, Francesca lo aspetta all’hotel Vesuvio e Silvio trova sempre un momento per parlare con lei. Politicamente all’inizio è un disastro: raccoglie solo 88 voti nel 2006 nel suo quartiere Posillipo alle municipali. Il Cavaliere però stravede comunque per lei. Nel 2008 il suo nome spunta tra le papabili per il Parlamento europeo ma Veronica guasta tutto. Nel giugno 2009 arriva il risarcimento: Francesca Pascale ottiene 7600 consensi nelle elezioni che decretano il successo di
Luigi Cesaro e vola in consiglio provinciale. Si segnala subito per una verve insolita per una debuttante. Quando Nicola Cosentino insiste sulla candidatura a presidente della Campania nonostante la richiesta di arresto, è una delle poche nel Pdl che ha la forza per dirgli a brutto muso: “Berlusconi non punta su di te”. In un’intervista a Conchita Sannino di Repubblica si autocandida addirittura a coordinatrice del Pdl in provincia. Eppure, a sentire la capogruppo dell’Italia dei Valori, Maria Caterina Pace, a questa effervescenza mediatica non si accompagna un’attività istituzionale nelle sedi deputate. “Partecipa ai consigli provinciali che si riuniscono in media una volta al mese ma per il resto non saprei cosa dire di lei. Farebbe parte della commissione pari opportunità”, spiega la consigliera Idv, “che ha portato avanti dei progetti importanti come lo sportello anti-violenza in ogni pronto soccorso per tutelare le donne. Ma lei non si è mai vista. Mi dicono stia spesso a Roma”. Nessuno pensa alla creazione di un comitato “Francesca mi manchi” ma in molti si chiedono cosa faccia nella capitale. “Anche io non la vedo quasi mai. Dicono che avrebbe una consulenza al ministero dei beni culturali”, dice il capogruppo in provincia del Pd, Giuseppe Capasso. Ma al ministero precisano: “Francesca Pascale da un anno non lavora più qui”.

L’altra casa romana appartenente alla società Dueville di Berlusconi si trova sulla Cassia e oggi è disabitata. È stata comprata il 14 settembre del 2009 (dopo un preliminare siglato ad aprile) per un prezzo di 380 mila euro. Il Cavaliere si è aggiudicato un quinto piano che affaccia sul parco dell’Insughereta, composto di salone, due stanze, doppi servizi e ampia terrazza per un prezzo davvero buono, visto che al piano terra si vende a 250 mila euro un appartamento composto di due stanze e servizi. La società di Berlusconi ha appena finito i lavori di ristrutturazione e l’appartamento non è ancora abitato. Un ragazzo che abita lì vicino dice che la nuova inquilina è una ragazza. Sul citofono c’è scritto
Verdirosi. Adriana Verdirosi è un’altra valletta che era apparsa nella lista delle candidate di Papi nel 2009. Nell’articolo di Libero che parlava dei corsi di politica per selezionare le nuove europarlamentari, e che ha favorito l’arrabbiatura di Veronica Lario sul ciarpame senza pudore, il suo nome c’era.

Mario Prignano ricordava la sua esperienza di cantante in Giappone con il singolo Sunny Day.Ma in realtà Adriana Verdirosi divenne famosa nel 2007 quando Luca Telese la portò in tv nella trasmissione Tetris (allora trasmessa da Raisat) come modello di valletta raccomandata. Era stata segnalata ironicamente (o almeno così si credeva) dall’allora presidente di Raisat come raccomandata da un politico. “Io lo chiamo Cicci ed è giovane dentro”, diceva allora Adriana Verdirosi ridendo in tv. Tutti pensavano a uno scherzo. Il duetto tra la ragazza che si ostinava a non svelare chi si celava dietro quel nomignolo e il conduttore che la incalzava era un tormentone fisso della trasmissione. Tre anni dopo il suo cognome compare sul citofono della casa di Silvio Berlusconi. Da allora di lei si son perse le tracce ma non è detta l’ultima parola. Le elezioni sono alle porte.

Da
Il Fatto Quotidiano del 9 settembre 2010