BUENOS AIRES - Le lamiere contorte dei primi due vagoni del treno numero 3772 che sulla linea Sarmiento collega il sud-ovest umile della provincia alla stazione di Once, nel cuore di Buenos Aires, sono il simbolo della tragedia che ha investito l'Argentina, lasciando una scia di decine di morti (le cifre parlano di almeno 50 vittime) e centinaia di feriti (oltre 600, di questi almeno 200 in condizioni molto gravi), nel secondo incidente ferroviario piu' grave nel Paese dagli anni Settanta. Una barriera di transenne ora isola il binario due, il binario della tragedia, avvenuta in una stazione affollata alle 8.33 del mattino, ora di punta e di fuggi fuggi verso i posti di lavoro. Sul treno della morte viaggiavano almeno mille persone. Erano pendolari, stipati, accalcati, come ogni mattina. ''Mi sono reso conto che non stavamo frenando e che la velocita' era un po' piu' forte del solito - racconta Rodrigo -. Io ero nel vagone-furgone, quello dove si possono portare le biciclette. Ero al terzo posto della formazione. Ho visto un bagliore. Ho sentito come un'esplosione Poi ho visto nasi e labbra rotte, gente a terra che urlava. Feriti dappertutto. Le nostre porte erano aperte, io sono uscito subito''. A provocare l'incidente di fatto sarebbe stato un guasto ai freni, con il treno che ha concluso la sua corsa contro il parapetto.
''Non e' cambiato niente. Questi locomotori non hanno sufficiente manutenzione'', accusa Sergio Chacon, reduce da un altro dramma simile. Lui, che nell'incidente ferroviario di Flores, avvenuto il 13 settembre scorso (erano morte 11 persone e 200 erano rimaste ferite) aveva riportato varie lesioni gravi, e' arrivato a Once una ventina di minuti dopo lo scatenarsi della tragedia. ''Dobbiamo continuare a prendere questi treni perche' non abbiamo un'alternativa, ma nessuno li controlla'', grida pieno di rabbia. Un cordone di poliziotti e militari tiene a distanza telecamere, giornalisti e curiosi. Intanto i Vigili del fuoco estraggono gli ultimi cadaveri, nascosti da una barriera di tendoni azzurri con la scritta Tba (Treni di Buenos Aires), mentre si ingrossa la fila dei disperati in processione, in cerca dei propri cari. Piange Francisca. Da stamani cerca sua figlia Lina, partita a bordo del convoglio. Alla centrale operativa mobile del 103 parcheggiata davanti alla stazione, dove gli operatori hanno le liste dei feriti aggiornate ogni mezz'ora, nessuno ha saputo dirle niente. ''E' partita con questo treno per andare al lavoro come tutti i giorni - dice la donna - ma nessuno sa dirmi dove sia''. Anche Ronald Jimenez e' arrivato in cerca del fratello di 22 anni. ''Continuo a chiamarlo al telefono, ma non risponde nessuno'', dice guardandosi attorno spaesato, mentre i giornalisti lo cercano per raccogliere la sua testimonianza. Romina cerca Jonathan, di 27 anni: ''Mio fratello aveva una maglietta nera, con i jeans. Di solito saliva sui primi vagoni per scendere velocemente e arrivare in tempo in ufficio, per favore - dice mentre si tormenta le mani - ditegli di telefonarmi''.
Lucas e' sulle scale per uscire dalla stazione con i suoi compagni: e' uno dei vigili del fuoco che ha tagliato il tetto del primo vagone, per estrarre i passeggeri in trappola. Nell'impatto il secondo vagone e' entrato nel primo, per una profondita' di sette metri. ''Non posso parlare'', dicecol sudore che gli cola dall'elmetto arancione, ''la' c'e' il direttore del Servizio di emergenza, chiedete a lui''. Poi si allontana dal gruppo e confida: ''E' stata una macelleria''. Con i suoi colleghi ha lavorato con un verricello e le barelle per estrarre uno dopo l'altro i feriti. A tre ore dall'impatto, decine erano ancora dentro, col loro bagaglio di sofferenza, annaspando in mezzo ai morti. Un militare che fa parte del servizio d'ordine si avvicina al chiosco, che si trova proprio davanti al binario due. Compra una bottiglia d'acqua. ''E' una tragedia'', sospira, per poi raggiungere velocemente i suoi compagni. ''Stavamo facendo colazione, abbiamo sentito come un'esplosione. Abbiamo pensato ad una bomba, poi abbiamo sentito le urla e la polvere alzata dall'impatto del treno contro il marciapiede'', racconta Carolina Noguera la proprietaria del banco, che ancora non riesce a credere a quello che e' accaduto davanti ai suoi occhi.